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Petrolio, quotazioni oggi in calo e le previsioni degli analisti sono confuse
Dopo avere guadagnato il 5% nella seduta di ieri, le quotazioni del petrolio sono tornate in calo stamane, con il Brent sceso a 58,24 dollari al barile, -95 centesimi rispetto alla chiusura di ieri, e il Wti a 50,45 dollari, -98 centesimi. In ogni caso, i prezzi del greggio restano al di sopra dei livelli di inizio settimana, sostenuti nelle scorse ore dai timori per il possibile blocco dello stretto di Bab el-Mandeb, tra il Mar Rosso e il Golfo di Aden, dal quale transitano quotidianamente 3,8 milioni di barili.
Lo stretto rischierebbe di essere non attraversabile, a causa delle tensioni interne allo Yemen, dove i ribelli sciiti Houthi, sostenuti dall’Iran, combattono contro l’esercito regolare del presidente, appoggiato dall’Arabia Saudita, che nel corso della notte tra mercoledì e giovedì ha condotto alcuni raid aerei contro le milizie.
APPROFONDISCI - Petrolio: boom inatteso delle quotazioni, ecco cosa sta accadendo in queste ore
Lo Yemen non sarebbe un problema
Tuttavia, gli analisti hanno evidenziato come lo stretto potrebbe essere aggirabile senza gravi impatti sul trasporto del greggio e, in ogni caso, esso è presidiato in gran parte dalle truppe americane, francesi e da quelle della Nato, per cui difficilmente si arriverebbe allo scenario temuto ieri del blocco, anche qualora lo scontro yemenita dovesse degenerare.
Venuta meno la reazione emotiva delle scorse ore, il mercato tornerà a guardare ai fondamentali, i quali suggerirebbero, al contrario, che le quotazioni del petrolio potrebbero più realisticamente abbassarsi che non salire nelle prossime settimane. L’Iran è a un passo dal raggiungimento di un accordo con gli USA sul nucleare, cosa che porterebbe alla rimozione delle sanzioni ONU contro le sue esportazioni di petrolio. A quel punto, Teheran potrebbe tornare ai livelli del 2011, quando la sua capacità era di 3,6 milioni di barili al giorno, circa 1,1 milioni in più di quella odierna.
APPROFONDISCI - Petrolio, tra Iran e Iraq è sfida a colpi di barili. E a godere sono i gestori dei serbatoi
Previsioni petrolio divergenti
E Bloomberg ha fatto notare come nel Golfo Persico il paese avrebbe accumulato scorte nei serbatoi per 7-35 milioni di barili immediatamente disponibili, nel caso in cui le sanzioni dovessero essere allentate. Per l’International Energy Agency, la produzione sarebbe ristabilita ai livelli pre-sanzioni entro 3 mesi.
Poiché sul prezzo del greggio pesano anche fattori geo-politici difficilmente prevedibili, le stime per i prossimi mesi divergono ai massimi dal 2007. Se Standard Chartered pronostica 90 dollari al barile per l’ultimo trimestre dell’anno, Bayerische Landesbank vede le quotazioni a 50 dollari. La media tra i 39 analisti che si sono cimentati nell’azzardo di prevedere i prezzi futuri è di 69 dollari per fine anno, ma la previsione più alta diverge da quella più bassa dell’80%, dando il senso della confusione che regna pure tra gli addetti ai lavori.
APPROFONDISCI - Petrolio a 20 dollari al barile? Per Bloomberg è possibile, c’è l’allarme scorte USA
Dopo avere guadagnato il 5% nella seduta di ieri, le quotazioni del petrolio sono tornate in calo stamane, con il Brent sceso a 58,24 dollari al barile, -95 centesimi rispetto alla chiusura di ieri, e il Wti a 50,45 dollari, -98 centesimi. In ogni caso, i prezzi del greggio restano al di sopra dei livelli di inizio settimana, sostenuti nelle scorse ore dai timori per il possibile blocco dello stretto di Bab el-Mandeb, tra il Mar Rosso e il Golfo di Aden, dal quale transitano quotidianamente 3,8 milioni di barili.
Lo stretto rischierebbe di essere non attraversabile, a causa delle tensioni interne allo Yemen, dove i ribelli sciiti Houthi, sostenuti dall’Iran, combattono contro l’esercito regolare del presidente, appoggiato dall’Arabia Saudita, che nel corso della notte tra mercoledì e giovedì ha condotto alcuni raid aerei contro le milizie.
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Lo Yemen non sarebbe un problema
Tuttavia, gli analisti hanno evidenziato come lo stretto potrebbe essere aggirabile senza gravi impatti sul trasporto del greggio e, in ogni caso, esso è presidiato in gran parte dalle truppe americane, francesi e da quelle della Nato, per cui difficilmente si arriverebbe allo scenario temuto ieri del blocco, anche qualora lo scontro yemenita dovesse degenerare.
Venuta meno la reazione emotiva delle scorse ore, il mercato tornerà a guardare ai fondamentali, i quali suggerirebbero, al contrario, che le quotazioni del petrolio potrebbero più realisticamente abbassarsi che non salire nelle prossime settimane. L’Iran è a un passo dal raggiungimento di un accordo con gli USA sul nucleare, cosa che porterebbe alla rimozione delle sanzioni ONU contro le sue esportazioni di petrolio. A quel punto, Teheran potrebbe tornare ai livelli del 2011, quando la sua capacità era di 3,6 milioni di barili al giorno, circa 1,1 milioni in più di quella odierna.
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Poiché sul prezzo del greggio pesano anche fattori geo-politici difficilmente prevedibili, le stime per i prossimi mesi divergono ai massimi dal 2007. Se Standard Chartered pronostica 90 dollari al barile per l’ultimo trimestre dell’anno, Bayerische Landesbank vede le quotazioni a 50 dollari. La media tra i 39 analisti che si sono cimentati nell’azzardo di prevedere i prezzi futuri è di 69 dollari per fine anno, ma la previsione più alta diverge da quella più bassa dell’80%, dando il senso della confusione che regna pure tra gli addetti ai lavori.
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