Volevo aprire un bel thread sulla poesia :)

Sandro Bondi : poeta , politico , immaginifico

Ad una misteriosa commessa della Camera
Dolente fulgore
Mite regina
Misteriosa malia
Polvere di stelle

chi sa se poi gliel'ha data ... la mano :D
 
sempre bondi , che abbia delle tendenze :-?

A Giuliano Ferrara
Antro d’amore
Rombo di luce
Parole del sottosuolo
Fiume di lava
Ancora di salvezza
 
é tornato Benvolio, nelle vesti del salvator di donzelle !!:benedizione:
chissà se vuole ancòr la misura del vecchio taverniere
dopo che dianzi ebbe a bere feccia per vino, ed assai
... che gli piaccia ??

grande Shakespeare

BENVOLIO -
Ti prego, buon Mercuzio, andiamo a casa.
Fa molto caldo oggi, e i Capuleti
sono in giro: dovessimo incontrarli,
non potremo evitare d’azzuffarci.
Il sangue, in questi giorni di calura,
fa il matto e bolle più del necessario.

MERCUZIO -
Tu mi somigli a un di quei compari
che, come sono entrati in una bettola,
ti sbattono la spada sopra un tavolo,
gridandole: “Dio voglia, non sia mai,
ch’abbia a usar di te!”;
e poco dopo,

al secondo bicchiere, come niente,
ci infilzano lo stesso taverniere.
 
Ed io ho amato un fiore di biancospino
nelle tue giunture, nelle tue ossa,
nelle aperte contrade. Guarda
non piú di ieri; e la sagoma amata
dorme accanto ai futuri cipressi
colla giovinezza della tua gloria.

Ma dimmi; e perché mi ami?
la tua giovinezza passata
e futura era una foglia
e perché da un lembo stai.

Ma tanto, quel che ho amato
era la tua giovinezza scorsa
e remota come un canto
nel canto imminente della sera.
Lorenzo Calogero
 
e sembra un sogno, ma non ho nessuno.
O anima, o madre dei poeti
e al tuo benigno regno, io poveruomo,
forse nessuno. E languisco nelle tenebre
che mi ha lasciato il tuo smaltato
smalto; io due volte, pronto,
sul punto di uccidermi e anche questo
mi assale in dubbio. I detriti potranno fare
povere cose miracolose e questo mi sale
al labbro, ove io avevo un punto povero
un punto povero di poeta ….
 
IL VISCONTE Ah……avete un naso troppo grande……
CIRANO, grave. Infatti!
IL VISCONTE, ridendo . Ah!
CIRANO, imperturbabile. Questo è tutto?....
IL VISCONTE Ma...

CIRANO
È assai ben poca cosa!
Se ne potevan dire.... ma ce n'erano a josa,
variando di tono. — Si potea, putacaso,
dirmi, in tono aggressivo: «Se avessi un cotal naso,
immediatamente me lo farei tagliare!»
Amichevole: «Quando bevete, dée pescare
nel bicchiere: fornitevi di
un qualche vaso adatto!»
Descrittivo: «È una rocca!...
È un picco!.. Un capo affatto!
Ma che! l'è una penisola, in parola d'onore!»
Curioso: «A che serve quest'affare, o signore?
forse da scrivania, o da portagiojelli?»
Vezzoso: «Amate dunque a tal punto gli uccelli,
che vi preoccupaste con amore paterno
di offrire alle lor piccole zampe un sì degno perno?»
Truculento: «Ehi, messere,
quando nello starnuto
il vapor del tabacco v'esce da un tale imbuto,
non gridano i vicini al fuoco nella cappa?
Cortese: «State attento, che di cotesta chiappa
il peso non vi mandi per terra, a capo chino!»
Tenero: «Provvedetelo di un piccolo ombrellino,
perchè il suo bel colore non
se se vada al sole!»
Pedante: «L'animale che Aristofane vuole
si chiami ippocampelofantocamaleonte
tante ossa e tanta carne
ebbe sotto la fronte!»
Arrogante: «Ohi, compare, è in moda quel puntello?
Si può infatti benissimo
sospendervi il cappello!»
Enfatico: «Alcun vento, o naso magistrale,
non può tutto infreddarti, eccetto il Maestrale!»
Drammatico: «È il Mar Rosso, quando ha l'emorragia!»
Ammirativo: «Oh, insegna da gran profumeria!»
Lirico: «È una conca? Siete un genio del mare?»
Semplice: «Il monumento si potrà visitare?»
Rispettoso: «Soffrite vi si ossequii, messere:
questo sì che vuol dire qu
alcosa al sole avere!»
Rustico: «Ohè, corbezzole!
Dàgli, dàgli al nasino!
È un cavolo gigante o un popon piccolino?»
Militare: — «Puntate contro cavalleria!»
Pratico: «Lo vorreste mettere in lotteria?
Sarebbe il primo lotto!» O in fin, parodiando
Piramo, tra i singhiozzi: «Eccolo, l'esecrando
naso che la bellezza del suo gentil signore
distrusse! Or ne arrossisce,
guardate, il traditore!»

Ecco, ecco, a un di presso, ciò che detto mi avreste
se qualche po' di spirito e di lettere aveste.
Ma di spirito, voi, miserrimo furfante,
mai non ne aveste un'oncia, e di lettere tante
quante occorrono a fare
la parola: cretino!

Aveste avuto, altronde, l'ingegno così fino
a potermi al cospetto dell'inclita brigata
servirmi tutti i punti di questa cicalata,
non ne avreste nemmeno la metà proferito
del quarto d'una sillaba, chè, come avete udito,
ho vena da servirmeli senz'alcuna riserva,
ma non permetto affatto che un altro me li serva.



IL DUELLO

LA SALA, eccitata al maggior segno.
Largo! — Largo! — Scostatevi! —
Silenzio! — Or viene il buono!
(Quadro. Circolo di curiosi in platea. I marchesi
e gli ufficiali misti ai borghesi e alle
persone del popolo; i paggi montati sulle altR ui
spalle per meglio vedere. Tutte le
donne impiedi nei palchetti. A destra De
Guiche e i suoi gentiluomini.
A sinistra LeBret, Ragueneau, Cuigy, ecc.).

CIRANO, chiudendo un poco gli occhi.
Aspettate... che scelga le mie rime... Ci sono!
(Fa quanto dice, a misura.)

Ecco, ed io gitto con grazia il cappello,
poscia comodamente, pian pianino,
mi libero del mio vasto mantello
che mi attabarra, e lo spadon sguaìno.

Di Celandone più gentil, più fino
di Scaramuccia al gioco dello stocco,
vi prevengo, mio caro paladino,
che giusto in fin della licenza io tocco.


(Primi impegni di ferro.)
Meglio v'era tacer, signor mio bello!
Dove t'infilzerò, dimmi, tacchino?
Sotto il giubbetto, al fianco, ti sbudello?
nel cuor, sotto l'azzurro cordoncino?
— Volteggia la mia punta: un moscerino!
Tintinnano le cocce, odi che schiocco!
Sì, certamente... in mezzo del pancino,
giusto alla fin della licenza io tocco!

Mentre io vò in cerca
di una rima in ello....
tu rompi, bianco come un pannolino!
Vuoi forse darmi la parola: agnello?
— Tac! e la punta io paro onde il festino
ti pensavi di farmi, o malandrino! —
Ecco: t'apro la via,
— chiudo lo sbocco...
Su, reggi bene, guattero, l'uncino!
Giusto alla fin della licenza io tocco.

(Annunzia solenne:)

LICENZA
Raccomàndati a Dio, bel principino!
Ecco: io m'inquarto, io par
o, io fingo, io scocco...
(Spaccandosi.)
Eh, là! prendi, piccino!
(Il Visconte barcolla; Cirano saluta.)
Giusto alla fin della licenza, ho tôcco.

(Acclamazioni. Applausi dai palchetti. Vengono giù fiori e fazzoletti. Gli ufficiali
circondano Cirano e si felicitano con lui. Ragueneau balla per l'entusiasmo. Le Bret
è felice, insieme, e costernato. Gli amici del Visconte lo sotengono e lo portano via.)

sia poesia ed anche profezia
come già più sopra, prìa
 
Teste fascië 'nscià galéa
ë sciabbre se zeugan a lûn-a
a mæ a l'è restà duv'a a l'éa
pe nu remenalu ä furtûn-a

E au postu d'i anni ch'ean dedexenueve
se sun piggiaë ë gambe e a mæ brasse neuve
d'allua a cansún l'à cantà u tambûu
e u lou s'è gangiou in travaggiu dûu

vuga t'è da vugâ prexuné
e spuncia spuncia u remu fin au pë
vuga t'è da vugâ turtaiéu
e tia tia u remmu fin a u cheu


e questa a l'è a ma stöia
e t'ä veuggiu cuntâ
'n po' primma ch'à vegiàià
a me peste 'ntu murtä

e questa a l'è a memöia
a memöia du Cigä
ma 'nsci libbri de stöia
Sinán Capudán Pasciá

E suttu u timun du gran cäru
c'u muru 'nte 'n broddu de fàru
'na neutte ch'u freidu u te morde
u te giàscia u te spûa e u te remorde

e u Bey assettòu u pensa ä Mecca
e u vedde ë Urì 'nsce 'na secca
ghe giu u timùn a lebecciu
sarvàndughe a vitta e u sciabeccu


amü me bell'amü
a sfurtûn-a a l'è 'n grifun
ch'u gia 'ngiu ä testa du belinun
amü me bell'amü

a sfurtûn-a a l'è 'n belin
ch'ù xeua 'ngiu au cû ciû vixín
e questa a l'è a ma stöia
e t'ä veuggiu cuntâ

'n po' primma ch'à a vegiàià
a me peste 'ntu murtä
e questa a l'è a memöia
a memöia du Cigä
ma 'nsci libbri de stöia
Sinán Capudán Pasciá.

E digghe a chi me ciamma rénegôu
che a tûtte ë ricchesse a l'argentu e l'öu
Sinán gh'a lasciòu de luxî au sü
giastemmandu Mumä au postu du Segnü

intu mezu du mä gh'è 'n pesciu tundu
che quandu u vedde ë brûtte u va 'nsciù fundu
intu mezu du mä gh'è 'n pesciu palla
che quandu u vedde ë belle u vegne a galla
 

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