CAPITOLO 28 Le installazioni
Le installazioni sono qualcosa simile al metter su il banco della verdura al mercato, solo che manca tutto, anche la verdura e ci si deve arrangiare con quel poco che c’è. Gli artisti, di solito amanti dei direttori di museo, ovvero affittuari di un critico famoso, spargono un po’ dappertutto quanto sono riusciti a comprare per due soldi al mercatino delle robe vecchie; subito dopo attribuiscono ad alta voce un valore sociale assai edificante al loro operato (tipo: qui si esprime il disordine della società odierna, oppure: anche le cose più modeste esprimono un linguaggio tutto da scoprire). Fatto ciò, passano all’incasso presso l’Ente Pubblico pagatore e spariscono, lasciando a chi espone la rogna di dove buttare poi tutte le cianfrusaglie, con i loro profondi significati.
Spesso l’artista sente anche la missione di sensibilizzare qualcuno a qualcosa: Questo mastello rovesciato vuole ricordare ai ricchi europei che l’Africa muore di fame, anche se poi in verità gli spettatori risultano essere o scandinavi magri peggio dell’Urlo di Munch o, per converso, congolesi obesi come un dirigibile.
Non si sa se le installazioni possano essere vendute, né se ciò sia mai avvenuto. Anzi, sembra proprio che il fatto sia da escludere, anche in nome della dignità degli operatori culturali, che disprezzano il vile denaro. Poiché comunque gli artisti del genere sono quasi tutti in sovrappeso, significa che qualcuno alla fine paga (è stato fatto il nome di un certo Pantalone, che però giura di non saperne niente, il che pare persino probabile).
La moda delle installazioni nacque ai tempi di Tangentopoli, durante le feste di partito, quando i percorsi tra le candeline accese portavano inevitabilmente ad un malloppo di contanti tenuto insieme da un elastico. Allorché l’orchestra suonava il Valzer delle Candele, quello era il segnale di partenza: tutti i presenti si lanciavano attraverso i percorsi disegnati dalle fiammelle e il primo che arrivava in fondo arraffava il sacco e se lo portava via.
Passata Tangentopoli, tutto questo rituale non fu più considerato necessario: politici e banchieri si riempivano le tasche, le mutande e i calzini di denaro prestato dai cassieri, poi dichiaravano fallita qualche banca e in tal modo pareggiavano i conti. Il tutto senza né installazioni né altre superflue coperture artistiche. Per questo motivo le installazioni divennero un prodotto low cost, il tutto fu chiamato razionalizzazione (parola che suona assai strana in bocca ai volti neandertaliani dei politici) e gli artisti scapparono disperdendosi nelle strade: nasceva la Street Art.