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Bannato di là per aver svelato la verità
Carlo Corsi
Il recentissimo acquisto di una sua litografia mi ha ricordato che questo bravo autore è sostanzialmente dimenticato nel dibattito artistico o culturale di oggi. Secondo me merita di più. Ha dato una sua versione italiana di certa cultura francese, tanto che io lo chiamerei, fatte le debite proporzioni, il Bonnard italiano.
Il recentissimo acquisto di una sua litografia mi ha ricordato che questo bravo autore è sostanzialmente dimenticato nel dibattito artistico o culturale di oggi. Secondo me merita di più. Ha dato una sua versione italiana di certa cultura francese, tanto che io lo chiamerei, fatte le debite proporzioni, il Bonnard italiano.
CORSI, Carlo. - Nacque a Nizza l'8 gennaio 1879 da Achille, che era tenore. Fu fratello del soprano Emilia. Stabilitosi a Bologna, manifestò sin dall'infanzia uno spiccato interesse per la pittura. Compiuti gli studi classici, si iscrisse, dietro pressioni familiari, alla facoltà di ingegneria. Frequentò in questo periodo la Pinacoteca civica dove, attratto dalla pittura emiliana del Seicento, si cimentò in un paziente lavoro di copista. Incoraggiato dal pittore bolognese A. Scorzoni, suo primo maestro, abbandonò ben presto l'università per dedicarsi esclusivamente alla pittura e nel 1901 fu tra gli espositori della Società Francesco Francia
Nel 1902 si trasferì a Torino dove seguì i corsi all'Accademia Albertina; frequentò lo studio del pittore G. Grosso, dal quale ricevette una rigorosa formazione accademica. Nel 1906, dopo il diploma, tornò a Bologna, in seguito alla morte del padre. Scarsi dati biografici testimoniano gli interessi artistici del C. in questo periodo. Durante un viaggio in Europa nel 1907, più che documentarsi sui recenti sviluppi dell'arte figurativa, visitò i musei olandesi e il Louvre, attratto dai grandi maestri del passato, da Vermeer a Frans Hals. La conoscenza delle contemporanee vicende della pittura francese avverrà in seguito, dopo il ritorno in Italia, attraverso le riproduzioni in bianco e nero di alcune delle opere degli impressionisti e di Cézanne.
La donna è la protagonista delle sue opere, ritratta ora all'interno di una stanza su un divano o dietro una tenda, ora all'aperto in un giardino o sulla spiaggia. Trattate con un linguaggio alieno da ogni riferimento naturalistico, tutto basato sul colore e sugli effetti di luce, le immagini femminili affiorano dalla superficie pittorica ora appena accennate con larghe stesure di colore, ora sinteticamente descritte con rapidi segni cromatici, densi di materia. Di volta in volta l'artista propone nuove soluzioni e invenzioni coloristiche, aspetti diversi di una ricerca unitaria che, partendo dal dato naturale, lo trasfigura liricamente in immagine pittorica, sino a giungere a formulazioni astratte.
Nel 1912 fu invitato per la prima volta alla Biennale di Venezia. La sua pittura era ormai giunta ad un'elaborazione completa.
Alcuni critici, tra cui G. Raimondi (1955), hanno individuato la matrice delle opere del C. di questo periodo nella poetica degli interni dei nabis, di Bonnard e Vuillard. In realtà più che di una scelta culturale cosciente si tratta per il C. di un'adesione istintiva, come lui stesso sostiene: "...con riferimento ai miei primi lavori la critica citò i pittori francesi, i post-impressionisti. Non furono i soli, in verità, su cui feci le mie esperienze; ma del resto era direi fatale che, in uno spirito di intelligenza mediterranea, pur senza imitarli, fossi portato naturalmente a muovermi su un terreno pittorico dove si muovevano anch'essi" . Da sottolineare il ruolo informativo svolto dalle mostre della Secessione romana durante le quali, nelle edizioni del 1913 e '14, furono presentate opere di Klimt, Matisse, Bonnard, Vallotton, e Vuillard.
Partecipò in questi anni anche alla Biennale di Venezia (1914) e alla Mostra d'arte italiana a San Francisco (1915). Negli anni 1920-30 la ricerca del C. rimase immune dalle suggestioni volumetriche e monumentali della cultura di "valori plastici" e del Novecento. Così come aveva negato la sua partecipazione al futurismo, il C. restò isolato, ma non assente, dalle vicende dell'arte italiana del ritorno all'ordine e del fascismo.
In relazione con la sua vitalità intellettuale si pone intorno al 1947 una nuova fase di ricerca: oramai completamente sganciato da ogni riferimento naturalistico, il C. realizza con particolare felicità inventiva una serie di collages astratti, utilizzando carte colorate, cartoni ondulati, nastri, manifesti strappati. La sperimentazione del colore come elemento autonomo darà luogo nelle successive prove pittoriche degli anni 1950-60 ad un uso oramai totalmente libero della materia cromatica.
Il C. morì a Bologna il 27 agosto del 1966. Opere del C. sono conservate presso il Museo civico di Bologna, la Galleria nazionale d'arte moderna di Roma, la Galleria d'arte moderna di Milano, la Pinacoteca civica di Alessandria ecc.