Dal sito a lui dedicato
La figura di Galileo Chini (1873 – 1956) è praticamente unica nel panorama dell’arte italiana fra il XIX e il XX secolo. Personalità poliedrica e precoce, si cimenta in maniera eccelsa in ogni aspetto dell’arte. Grandissimo decoratore, ceramista sublime (fonda la manifattura “L’Arte della Ceramica” e successivamente “Le Fornaci San Lorenzo”, introducendo l’Art Nouveau nella tradizione italiana), illustratore, scenografo (sue le scene della prima Turandot di Puccini), urbanista, pittore dalla forte personalità che spazia dal Simbolismo al Divisionismo, fino a una fase finale più cupa ed espressionista.
Artista di levatura europea, partecipa a tutte le principali esposizioni Internazionali (Londra, Bruxelles, Gand, San Pietroburgo tra le altre) e in Italia alle Biennali veneziane e alle Quadriennali romane. Decora importanti edifici pubblici e privati, e nel 1911 parte per il Siam, chiamato dal Re Rama V per decorare l’interno del nuovo palazzo del Trono di Bangkok, dove realizza la sua più straordinaria opera decorativa. Al ritorno in Italia continua un’attività creativa incessante.
Crede fermamente nell’unione delle arti e dell’artigianato e nel loro ruolo fondamentale nella riqualificazione del territorio.E’ membro della Commissione istituita per il ripristino degli edifici della Passeggiata di Viareggio e realizza l’intero apparato decorativo delle Terme Berzieri a Salsomaggiore. Insegna all’Accademia di Firenze, dove sono suoi allievi Ottone Rosai, Primo Conti e Marino Marini. Negli ultimi anni di vita si concentra su un’intima e lirica pittura da cavalletto, fino alle opere denuncia sulle devastazioni della Seconda Guerra Mondiale e alle ultime cupe rappresentazioni della morte.
Ancora 2 immagini di Chini
Due altre immagini (NB: boicottiamo tutti quei siti che non permettono di copiare né testo né immagini!)
Jean Béraud (Pietroburgo 1849-Parigi 1935)
Riapparso alla ribalta con la mostra sulla Prostituzione a Parigi passata dalla capitale francese a Torino, questo pittore in Italia è praticamente uno sconosciuto. Alle aste fuori d’Italia, tuttavia, raggiunge prezzi strabilianti.
Figlio dello scultore Jean, a Pietroburgo per lavoro, rientrò in Francia a 4 anni, dopo la morte del padre. Pittore della vita parigina, fu testimone ad un famoso duello di M.Proust.
Questo Beraud mi pare un bel fenomeno, veramente valido. Non è che si trova qualcosa di suo lì dalle tue parti?![]()
Nasce a Milano il 20 novembre 1902 da una famiglia di origine piemontese.
Diplomato al Liceo Berchet di Milano, dal 1920 frequenta l’Università di Pavia dove si laurea in Chimica nel 1924.
Contemporaneamente segue le Scuole Serali per gli Artefici alla Regia Accademia di Belle Arti di Milano negli anni 1920, 1921 e 1922 sotto la guida di Beltrame, Lentini e Palanti.
Nel 1925, mentre presta il servizio militare a Roma, frequenta i corsi tenuti dal pittore novecentista Domenico Cucchiari all’Accademia di Scuola Libera e nel 1927 si trasferisce a Firenze per completare la sua formazione pittorica con Felice Carena all’Accademia di Belle Arti.
Al rientro a Milano apre il suo primo studio in Via Bronzetti, intervallando la sua attività italiana con frequenti soggiorni a Parigi. Questo studio é anche un salotto frequentato da intellettuali e pittori, tra i quali: Renzo Bongiovanni Radice, Leonardo Borgese, Piero Gadda Conti, Antonello Gerbi, Mauro Reggiani, Ernesto Rogers, Mario Sironi e Fiorenzo Tomea.
Giovanissimo si impone all’attenzione della critica e del pubblico e già nel 1924 é presente alla Biennale di Venezia.
Dopo il successo della prima personale alla "Fiera Letteraria" a Milano nel 1929, sue opere vengono esposte alle Biennali del 1930, del 1936, del 1938 e del 1950.
Come pittore, disegnatore e acquafortista partecipa alle Sindacali Lombarde dal 1929 al 1939 e alle Quadriennali di Roma dal 1935 al 1948. Nel 1939 espone al Salon des Indépendants e al Salon des Tuileries di Parigi. E’ presente a Berlino e in numerose mostre italiane e internazionali.
Nel 1936 incontra Irma Schulz, giovane soprano finlandese, che diventerà la sua compagna per 60 anni.
Per via delle leggi razziali, nel 1939 si trasferisce a Parigi dove frequenta la scuola di A.Lhote. All’invasione delle truppe tedesche si rifugia a Berna per tutto il 1940, rientrando periodicamente in Italia. Nell’aprile del 1944 è costretto a trovare asilo, con la moglie Irma, nei campi profughi in Svizzera. Ritorna definitivamente in Italia nell’agosto del 1945 e riapre lo studio in via Carnaghi, nel quale si era trasferito nel 1936.
Nel vivace panorama artistico che caratterizza il dopo-guerra Carlo Vitale inizia a svolgere una intensa attività espositiva presso numerose gallerie private in Italia (Barbaroux, Cairola, Gavioli, Gussoni, Ranzini, Sagittario, Salvetti) e all’estero (in particolare Argentina e Brasile).
E’ presente nelle mostre collettive organizzate, fra le altre, dalla Famiglia Artistica Milanese, dalla Società Artistica e Patriottica e dalla Permanente. Partecipa alla maggior parte delle esposizioni istituzionali, soprattutto quelle dedicate alla grafica; inoltre, incide e disegna su commissione di grandi complessi industriali e commerciali.
Parigi rappresenta sempre un punto di riferimento per Carlo Vitale: in questa città trascorre regolarmente lunghi periodi ogni anno fino al 1972.
Negli anni ‘60 e ‘70 l’attività espositiva è molto intensa. Collabora con diverse gallerie: Pirra (Torino), Galeasso (Asti), Ponte Rosso (Milano), L’Antenna (Dalmine), Carini (Milano) ed organizza mostre ad Helsinki ed a Rochester (USA).
Contemporaneamente a quell’artistica, Carlo Vitale ha svolto, fin dagli anni ‘30, l’attività d’insegnamento, ripresa poi nel dopoguerra e terminata all’Accademia di Brera nel 1975.
Dal 1980 soggiorna per lunghi periodi a Camogli, località che ha ispirato tanti suoi quadri. Vi si trasferisce definitivamente nel 1985 e lì muore l’8 marzo 1996.
Innumerevoli sono stati i premi ricevuti dall’artista e le pubblicazioni a lui dedicate.
In sede critica si sono occupati di Carlo Vitale, tra gli altri: Carlo Carrà, Orio Vergani, Lorenzo Camusso, Dino Villani, Ugo Nebbia, Felice Carena, Adalberto Rossi, Leonardo Borgese, Sergio Solmi, Nori Andreini Galli, Luigi Colombo, Raffaele De Grada, Nicoletta Colombo, Antonello Negri, Luciana Baldrighi, Laura Bonazzoli, Tiziana Cordani, Elena Gavazzi, Stefano Fugazza, Marina De Stasio, Matteo Fochessati, Maurizio Guerrini, Renzo Basora, A.Scaglia, C.Cuzzoni e D.Ferrari, Susanna Zatti, Giuliana Godio, Franco Sborgi, Adalberto e Arianna Sartori, Fiorenzo Degasperi.
Carlo Fornara (Prestinone, 1871 – Prestinone, 1968) è stato un pittore italiano, legato alla corrente pittorica del primo 900 italiano nota come divisionismo.
Nato in una umile famiglia di contadini della Val Vigezzo, nel 1871 mostrò il suo talento dopo aver iniziato a frequentare la locale scuola d'arte Rossetti Valentini di Santa Maria Maggiore, seguendo gli insegnamenti di Enrico Cavalli, grande conoscitore dell'arte francese di quell'epoca, il quale lo influenzò in maniera decisiva affinché seguisse la via della pittura.
Nella primavera del 1891 espose due opere La bottega del calderaio e Ricordanze, alla Prima Triennale di Brera, occasione fondamentale perché lo mise in contatto per la prima volta con le istanze divisioniste, tuttavia durante il suo soggiorno a Lione tra il 1894 ed il 1895, Fornara si avvicina alla corrente pittorica del neoimpressionismo, che si manifesta nell'opera En plen air, che venne tuttavia rifiutato nel 1897 dalla terza Biennale di Brera, nonostante venisse giudicata molto positivamente da artisti del calibro di Giuseppe Pellizza da Volpedo e Giovanni Segantini, due dei maggiori esponenti della corrente divisionista.
Nel 1899 partecipò alla III Esposizione internazionale d'arte di Venezia.
Entrato in contatto con Alberto Grubicy de Dragon, titolare della Galleria Grubicy e fratello del promotore del divisionismo a livello europeo, il mercante d'arte e pittore lui stesso Vittore Grubicy de Dragon, fu molto apprezzato da entrambi e messo in contatto con Segantini, che volle il giovane artista come suo assistente per l'Esposizione di Parigi del 1900.
Grazie al patrocinio dei Grubicy, Fornara fu presente in tutte le esposizioni pittoriche nazionali ed internazionali di una certa rilevanza di quegli anni, ma l'adesione alla scuola divisionista iniziò gradatamente ad indebolirsi fino a scemare del tutto intorno agli anni venti quando l'artista iniziò una sua ricerca pittorica con uno stile del tutto personale. A partire dal 1922 si ritirò definitivamente nella sua amata Val Vigezzo dove morì nel 1968.