BRUTTO PERIODO PER I LADRI D'APPARTAMENTO

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Quello che leggete nell’immagine qui sopra non è uno scherzo, ma uno screen di un articolo del Fatto Quotidiano del 2019.

Abbiamo congelato il titolo perchè, conoscendo il giornale, ormai al limite del feticismo europeista,
magari lo farà scomparire domani, ma , per ora, potete trovare anche il link qui.

“A 50 anni, e anche oltre, si può essere straordinariamente felici, e sotto tutti i punti di vista… mentale, fisico e sessuale”,
anche se come cinquantenne preferiremmo Nicole Kidman…



Torniamo a noi e prendiamo un estratto dall’articolo:

Poi ha raccontato di tenere molto al suo aspetto fisico, tanto da allenare i glutei in ascensore ma non solo:

Anche durante le riunioni. Soprattutto quando sono interminabili. Appoggio la schiena contro la sedia e contraggo i muscoli.
Se mi dicono qualcosa, spiego che mi sto preparando per andare a sciare”.

”A Washington – ha proseguito – mi alzo alle 5 e fino alle 6 cincischio con la mia bella tazza di tè. Mi sembra di dominare il mondo.
Subito dopo, palestra o piscina, nel palazzo dove abito. In palestra, faccio gli addominali e utilizzo qualche macchina per le braccia,
perché dopo i 60 anni, la ‘tendina’ è in agguato, e bisogna impegnarsi a fondo.
E mentre pedalo sulla cyclette leggo i dossier

Probabilmente mentre è intervenuta sullo spread , affermando che “Non è compito della BCE limitare gli spread”,
stava proprio facendo un esercizio con le natiche, occupandosi di mantenerle belle sode, esercitandole.

Possiamo tranquillamente dire che stava pensando di più al proprio culo che all’Italia o all’Europa,
il che è ancora più esplicativo in quali mani Commissione Europea, Consiglio e Parlamento ci abbiano messi.

Immaginate un Baffi o un Keynes che afferma “Durante le riunioni del governo faccio pesistica”.

Il fatto è che ogni governo ha il governatore che si merita:
l’Italia degli ani sessanta e settanta aveva Menichella, Carli e Baffi, il Giappone ha Kuroda, e l’Unione Europea ha la Lagarde.

Che pensa con le natiche, e si vede….
 
Commenti vari :

Cari signori miei, i nodi stanno arrivando al pettine. Se non altro questo covid stà denudando il vero Re.

E' da quando questa storia si è aggravata che dico che sto scherzo rischia di costarci 35-40 punti di PIL,
mentre tanta gente sostiene che il nostro beneamato governo (sigh!) sta scialacquando denaro elargendo 25 miliardi di euro.

Ho anche sostenuto fin da subiro che le uniche due cose da fare in questo momento sono:
sospendere tutti i trattati europei firmati e stampare moneta con la zecca e farla circolare parallelamente agli euro (che problema c'é).

Se questo paese si vuole salvare ha bisogno di una valanga di soldi a pioggia a salvataggio di imprese e famiglie......
e che servono molti miliardi non è utopia ma molto più realistico di quello che si possa credere.

Ci troviamo in mezzo ad una crisi mai vissuta prima...con le borse che crollano, la UE inesistente e la BCE che non fa assolutamente nulla.

Il neoliberismo è alle corde e la globalizzazione sconfitta.

E' giunta l'ora di prendere coscienza che si sta entrando in una nuova era, ove diventa di fondamentale importanza chiudersi entro i propri confini,
diventare autosufficienti e puntare sul mercato interno.

Per fare questa cosa non abbiamo bisogno di nessuno......solo di 60 milioni di cittadini disposti a lavorare per il proprio benessere......
e di uno stato che li supporta con il proprio denaro.

Viviamo un momento straordinario.....abbiamo la scusa perfetta per allontanarci dalla UE....quando mai ci capita un'altra occasione così?

Faglielo capire ai milioni di italioti che cantano sui balconi o che non vedono l'ora di andare al prossimo concerto di vasco;
vaglielo a dire ai milioni di lobotomizzati che continuano a votare...ci sei anche tu?

....non passeranno altre due settimane che la faccenda si farà tragica per tutti.

Le borse e soprattutto le banche non reggeranno fino a fine settimana prossima con perdite oltre il 5%, nonostante i rimbalzi.

Si avvicinano anche gli stress-test che nessuna banca reggerà con il crollo delle azioni.

Quando i c...... che cantano sui poggioli si rendono conto che gli hanno fottuto i soldi del conto corrente....
e che faranno sempre più fatica ad approvvigionarsi nei supermercati, vedrai come gli passa la voglia di cantare.
 
Da quanto tempo lo stavo scrivendo ? Questi arrivano ora, dopo che i buoi sono scappati.....

La Consob passa all'azione. Dopo i ripetuti crolli di Piazza Affari e l'allarme lanciato anche dal Copasir
sui rischi per le nostre aziende strategiche e non solo, la Commissione che vigila sul mercato azionario italiano
ha deciso di vietare le vendite allo scoperto per tre mesi a partire da domani.

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Secondo l'autorità italiana, che ha emanato una nota con la quale ha reso pubblica la decisione, le misure messe in atto
"si sono rese necessarie alla luce delle forti turbolenze innescate negli ultimi giorni dalla pandemia da Covid-19".

Il divieto prevede lo stop alle vendite allo scoperto ma anche ad altre operazioni speculative "ribassiste" realizzate tramite derivati o altri strumenti finanziari.

La stessa Consob ha dichiarato di aver proceduto a questa decisione dopo un lungo confronto con le autorità europee
ed alla luce di quanto già deciso da altre commissioni, a partire da quelle di Francia e Spagna.

Ma c'è anche un altro provvedimento particolarmente importante.

La Consob ha infatti scelto di adottare per questo trimestre un regime di trasparenza rafforzata sulle partecipazioni
in quelle società italiane con più alta capitalizzazione e ad azionariato diffuso.

I criteri adottati dalla Consob sono: una capitalizzazione superiore ai 500 milioni e agli assetti proprietari.

Adesso, la soglia è quella dell'1% per le società non PMI, mentre si è fissato al 3% quello per le PMI.

La scelta della Commissione è estremamente importante.

Nei giorni scorsi era arrivato da più parti il grido di allarme sui rischi di speculazione nella Borsa italiana
a causa del crollo dovuto allo choc della pandemia di coronavirus.

Piazza Affari in una seduta drammaticamente storica ha perso il 17% facendo segnare un record negativo nella storia della Borsa italiana.

E anche se oggi ci sono stati primi (timidi) segnali di ripresa legati in gran parte alla resilienza di Wall Street
dopo il tracollo dei giorni scorsi, la Borsa di Milano non riesce comunque a pareggiare i conti con le perdite enormi della precedente settimana.

La differenza sembra, attualmente, incolmabile.

E il rischio che si continui a far perdere valore ai titoli delle più grandi aziende italiane è un tema che a questo punto
non può non toccare anche la sicurezza nazionale, visto che la crisi profonda delle nostre maggiori società
implica un pericoloso ingresso di soci o investitori che potrebbero avere interessi ben divergenti da quelli nazionali.
 
"ringraziamo per le donazioni pervenute quest'oggi, fra le quali tre da 10milioni di euro ciascuna".

Berlusconi ha deciso di mettere a disposizione della sua regione di residenza, tramite una donazione, la somma di 10 milioni di euro.

Dieci milioni di euro
anche dall’albiatese Giuseppe Caprotti, figlio di Bernardo, fondatore di Esselunga.

Poi ecco Moncler, che ha comunicato la stessa volontà di mettere a disposizione 10 milioni di euro per potere avviare il progetto promosso dalle Regione Lombardia

La famiglia Agnelli e le sue società hanno annunciato la donazione di 10 milioni di euro per rispondere all'emergenza coronavirus.
 
Questa la realtà. Il 16 è trascorso e chi non ha pagato è (sarebbe) passibile di multa.
Incapaci al 1000%

La “beffa” continua, soprattutto per chi aveva pagamenti in scadenza il 16 marzo e ora a tutti gli effetti è moroso
per non aver versato l’importo dato che il decreto ancora non è entrato in vigore


17 Marzo 2020

AAA Cercasi testo del decreto approvato ieri pomeriggio ma, guarda e riguarda, cerca e ricerca,
in Gazzetta Ufficiale il testo ancora non c’è.

Ci sono però le “bozze”, casualmente “uscite” come al solito da Palazzo Chigi in esclusiva per il Corriere della sera.

Così, ancora non sono finite le vicende del mastodontico decreto “Cura Italia”

Considerato a tutti gli effetti una manovra finanziaria, non convince del tutto le opposizioni,
al punto che Giorgia Meloni lo ha già ribattezzato “Cerotto Italia” perché in vari settori si limita a mettere solo una toppa.

Chi pensava che per la sera di lunedì tutto sarebbe stato risolto e avrebbe potuto dedicarsi a studiare attentamente il nuovo testo,
pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale e, quindi, entrato in vigore, ha dovuto ricredersi.

Continua così la favolai.

Il decreto che di giorno in giorno è slittato da giovedì fino a lunedì (prima al mattino poi al pomeriggio)
con la presa per il fondoschiena per chi doveva pagare oggi un tributo allo Stato
(l’Iva, l’Irpef sugli stipendi, la rata della rottamazione delle cartelle esattoriali, e altri adempimenti, ecc.)
di sentirsi dire dal ministro Gualtieri: «Pagate se potete»
.

Adesso si scopre che il rinvio è al 20 marzo per alcuni
e al 31 maggio (con pagamento in rata unica) per tutti gli altri (almeno così sembrerebbe in attesa di conoscere il testo finale).

Un rinvio davvero inutile e inspiegabile.

Forse il governo pensa che un piccolo imprenditore o una partita Iva che si trova chiuso in casa
e non sa quando e se potrà riprendere l’attività, a fine maggio sarà riuscito a tornare a pieno ritmo per saldare tutti i tributi?

Intanto però la “beffa” continua soprattutto per chi aveva pagamenti in scadenza il 16 marzo
e ora a tutti gli effetti è moroso per non aver versato l’importo dato che il decreto ancora non è entrato in vigore.

Nessuna traccia sulla Gazzetta Ufficiale di lunedì 16 marzo che riporta altri provvedimenti, altri decreti,
persino l’istituzione di un consolato onorario in Koror (Repubblica di Palau)
o la limitazione delle funzioni del console onorario a Guayaquil (Ecuador), ma niente decretone.

Insomma il solito “pasticcio all’italiana”.

Dobbiamo confessare che ce lo aspettavamo perché ogni volta che il governo presenta una manovra finanziaria,
per conoscere il testo definitivo bisogna sempre aspettare qualche giorno in più.

Tale situazione, con il governo Conte bis si è “aggravata” con balletti continui su cifre e norme;
vedi la finanziaria 2019 approvata in extremis quasi alla vigilia di Natale con la fiducia senza neanche un dibattito parlamentare.

Stavolta pensavamo che data la situazione di emergenza, il governo si sarebbe comportato diversamente,
invece il penoso balletto da giovedì scorso a oggi dimostra che la confusione è sempre grande.

A tal fine non si capisce perché il governo ha voluto fare un decretone unico, anziché una serie di interventi distinti.

Per esempio per la questione della scadenza del 16 marzo si poteva benissimo risolvere tutto con un decreto di poche righe.

Perché non è stato fatto? Forse perché c’era bisogno di annacquare i provvedimenti “scarsi” nel calderone di tutto il resto?

Eh sì, non riusciamo a trovare un’altra motivazione…

Soprattutto perché il governo ha già detto che, in seguito, arriveranno altri provvedimenti.

Del resto già pensare che con 500 o 600 euro (ancora non siamo riusciti a capire nemmeno l’entità precisa di tale importo)
si possa consentire a piccoli imprenditori, lavoratori autonomi e partite Iva di superare questo momento difficile e, magari,
far ripartire l’attività, francamente pare molto difficile.

Una “elemosina”, inferiore anche al reddito di cittadinanza, che certo appare meglio di non avere nulla
(in serata il ministro Gualtieri ha tenuto a sottolineare che non si tratta di un “una tantum” ma di un importo mensile,
a dimostrazione della confusione e dei cambiamenti ancora in atto)
ma che dimostra la scarsissima considerazione che il governo ha per queste categorie.

Se chiudessero definitivamente tutte queste attività (è quello il serio rischio che si corre, ma di cui il governo non sembra accorgersi)
l’Italia sarà più ricca o più povera?

Speriamo che ci pensino seriamente.

Intanto continuiamo ad aspettare la pubblicazione del testo del decreto… purtroppo la “favola” continua.
 
C’era una volta…
C’era una volta un decreto per affrontare l’emergenza economica dovuta al coronavirus

. Il governo aveva fretta, voleva dimostrare di agire tempestivamente e, così, decise inizialmente di vararlo giovedì.

Però, poi, sembrava che ci avessero ragionato poco; così lo spostarono al venerdì, dopo incontri, incontri e incontri.

Tuttavia, qualche superstizioso, decise che venerdì non era il giorno più adatto rispettando il detto
“né di Venere né di Marte ci si sposa né si parte né si dà inizio all’arte”.

Però il decreto cosa c’entrava?

Il decreto doveva essere un capolavoro, quindi ecco arrivare un sano rinvio al sabato.

Sabato altri incontri, altre riunioni ma si poteva varare un decreto di sabato pomeriggio? No davvero!

“Decretotto non andare via” avrebbe cantato Baglioni. Allora ecco il rinvio alla domenica.

Domenica mattina, ma no facciamo al pomeriggio (il pranzo della domenica è sacro anche in tempo di coronavirus).

Allora ecco altre riunioni, poi ancora riunioni, al punto che, ormai, non c’era più il tempo per riunire il Consiglio dei ministri
(pur non essendoci neanche la scusa della partita del campionato di calcio da andare a vedere).

Qualche ingenuo cronista, allora, cominciò a pensare:

“vuoi vedere che hanno fatto davvero un decreto da favola che accontenta tutti e sistema ogni emergenza
al punto da rinviarlo al lunedì mattina alle 9 – inizialmente – alle 10 poi perché altrimenti non avrebbero potuto dormire tutti fino a tardi…?”

Le anticipazioni però smentiscono tutti e fanno mettere le mani nei capelli
soprattutto a quelle piccole imprese e alle partite iva che stanno subendo il maggior danno e che riceveranno solo qualche briciolina…

Intanto, però, alla corte del Conte re c’è chi ha pensato che forse serviva una ulteriore riunione per sistemare il testo.

Ecco allora, in tv, apparire il ministro Gualtieri.

Vuoi vedere che ci dirà qualcosa?

E qualcosa disse: “il decreto di domani rinvierà i pagamenti in scadenza domani, però chi può paghi…”.
e in tanti alla fine se la prenderanno come l’ortolano.

Capito la favola?

PS (Da questo momento come colonna sonora ci vorrà solo la canzone di Masini quella che comincia con
“Se mi guardo nello specchio con il tempo che è passato” e al ritornello esplode nel più rabbioso “Vaff…”
 
Riprendiamoci il controllo dei dati personali

Migliaia di aziende sanno tutto di noi per il solo fatto di averle contattate;
ora c’è la possibilità di mettere in pratica il diritto a essere “dimenticati”

Hai ancora dei dubbi se utilizzare una App come Mine o simili, che promettono di farti riprendere il controllo sui tuoi dati?

Ebbene, leggi i risultati di questa ricerca condotta proprio da Mine a proposito della condivisione dei tuoi dati online
e di come essi siano alla mercé delle aziende e di malintenzionati.

Sotto i riflettori alcuni numeri che parlano da soli:

  1. L’83% dei tuoi dati è detenuto da aziende che probabilmente non conosci – I dati di una persona in media sono detenuti da 350 marche;
  2. Oltre 190.000 richieste di diritto all’oblio inviate alle aziende in meno di un mese grazie a strumenti come Mine consentono agli utenti di riavere indietro i loro dati;
  3. Le prime cinque aziende con cui condividiamo i nostri dati sono Microsoft, YouTube, Netflix, PayPal e Spotify.
Andando nel dettaglio, l’83% dei dati di una persona in media è detenuto da società con cui hanno interagito solo una volta.

Il 32% però sono aziende o siti che non hanno nemmeno richiesto agli utenti di aprire un account per memorizzare le loro informazioni.

Mine, lanciata in Europa nel gennaio 2020, ha scoperto che la maggior parte dei dati delle persone
sono in possesso di un numero ristretto di aziende: 350.

Tuttavia, il primo 5% di utenti della App Mine ha scoperto che ben 2.834 aziende hanno avuto accesso ai loro dati.

Per tutti noi, questo numero cresce in media di 8 nuove società al mese.

Il 90% degli utenti sono rimasti scioccati dalle dimensioni della loro “impronte digitali” sul web, e scommettiamo che potrebbe succedere anche a voi.

Un dato, poi, è particolarmente preoccupante: solo il 17% dell’impronta digitale di una persona media
è giustificato da servizi digitali che usa frequentemente. Il resto è quasi sempre inutile.

Mine consente alle persone di cancellare i propri dati dai servizi online non desiderati inviando in automatico
una richiesta di “diritto a essere dimenticati” che le aziende devono rispettare entro 30 giorni
secondo il regolamento generale dell’UE sulla protezione dei dati (GDPR).

Dal momento del suo lancio, la nuova App ha rilevato che le aziende che ricevono il maggior numero di richieste
sono quelle legate a tecnologia, shopping on line e viaggi.

È ancora presto, ma da quando Mine è stato lanciato, un mese fa, il 37% delle aziende hanno completato le richieste
ed il 26% sono attualmente in dialogo con gli utenti, dimostrando che stanno prendendo sul serio la GDPR.

Le aziende tecnologiche sembrano essere le meno reattive, con solo il 5% delle richieste di cancellazione dati completate, finora.

La ricerca qualitativa condotta da Mine ha scoperto che molte persone avevano perso fiducia nella privacy dei dati.

Il 92% degli intervistati dicono di sentirsi a disagio per il numero di aziende che raccolgono dati su di loro
e l’88% ritiene che rinunciare alla propria privacy sia il costo per l’utilizzo di Internet senza altre opzioni.

Nonostante questa scarsa fiducia nella privacy, molti hanno colto al volo l’occasione per riprendere il controllo dei loro dati.
Infatti, dal momento del lancio, Mine ha potuto contare già decine di migliaia di utenti.

«Il fatto che così tante persone abbiano usato Mine per recuperare i propri dati conferma la nostra convinzione che,
invece di parlare di privacy, abbiamo bisogno di spostare la nostra mentalità per lottare per la proprietà dei dati»
ha dichiarato Gal Ringel, CEO e co-founder di Mine.

«Qualsiasi forma di esperienza online non è possibile senza la condivisione dei nostri dati
e cercare di nascondere la nostra presenza online non è una soluzione, è solo un evitare il problema.
Piuttosto, con regolamenti come il GDPR, CCPA e LGPD che danno ai consumatori più diritti sui loro dati,
dovremmo essere autorizzati a condividerli con le aziende solo quando necessario,
ed anche essere in grado di riprenderli quando il nostro scambio con quella società ha concluso».

Mine funziona utilizzando algoritmi di apprendimento automatico non intrusivo;
non legge, raccoglie o memorizza alcun contenuto di posta elettronica
e si impegna a utilizzare le informazioni minime assolute al fine di fornire il suo servizio.
 
Una notizia apparentemente secondaria ci spiega però la situazione dei supermercati
e dei negozi al dettaglio in questo momento negli USA.

In un comunicato ufficiale contenuto nel blog aziendale si afferma che :

Con la diffusione del COVID-19 abbiamo notato un aumento nel numero di persone che comprano online,
il che ha impattato sul servizio per i nostri clienti . Così,in breve tempo, abbiamo deciso dare la priorità
alle spedizioni di prodotti per la casa, forniture mediche e altri prodotti ad alta domanda
che arrivano ai nostri centri logistici e con cui possiamo rifornire gli stock e spedire ai nostri clienti.
Stiamo lavorando con i nostri fornitori 24 ore al giorno per assicurare la disponibilità di questi prodotti essenziali
e continuare a portare una capacità aggiuntiva per soddisfare gli ordini dei clienti.


Che cosa succede negli USA? Quello che vedete nelle seguenti foto:



Prodotti freschi esauriti:



File al di fuori dei grandi supermercati (superstore, saver’s club, walmart)



Code davanti ai negozi di armi e munizioni



Walmart, per la prima volta , ha deciso di chiudere di notte per riassortire i negozi.

Altri hanno invece messo dei limiti negli acquisti di disinfettanti e carta igienica.

Il problema non è la produzione, abbondante, ma la catena logistica che non regge questi limiti.

Quindi un mare di persone si è rivolto ad Amazon, che negli USA ha un assortimento più ampio di quello italiano, arrivando anche agli alimentari,
mandando però in crisi anche il colosso delle vendite online.

Perchè noi non abbiamo neanche idea di quello che è successo, e che succederà, negli USA.
 

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