ho trovato un interessante pamphlet sul caso LTCM, per ora lo posto qui poi magari se interessa a qualcuno lo rimetto in un 3d dedicato
Il caso LTCM
1 Il modello finanziario del LTCM
La Long-Term Capital Management, Limited Partnership
(“LTCM”) era la società, fondata all’inizio del 1994, con sede nel
Connecticut, che gestiva il fondo Long-Term Capital Portfolio,
Limited Partnership (“il fondo LTCM”), costituito nel territorio off-
shore delle Isole Cayman.
Il fondo LTCM era un hedge fund che utilizzava il convergence
trading, una strategia non direzionale di tipo market neutral, che
generalmente utilizza titoli obbligazionari, mortgage backed securities
e strumenti derivati per fini di copertura.
Un fondo che pone in essere convergence trades parte dal
presupposto che vi sono inefficienze sul mercato, destinate a
scomparire nel lungo periodo. Il gestore punta su tali anomalie,
sperando in un processo di convergenza dei valori. La differenza tra i
valori è di modesta entità e offre un guadagno limitato. Ecco perché i
gestori, che utilizzano tale strategia, fanno considerevole uso della
leva finanziaria per incrementare il rendimento.
Il LTCM utilizzava un modello finanziario, derivato dalla
ricerca scientifica più aggiornata, che permetteva di tracciare, in modo
straordinariamente fedele alla realtà, le curve dei tassi d’interesse di
mercato e di individuare gli assets, che si discostavano dai valori
teorici espressi dalle curve, per porre in essere convergence trades.
La validità del modello proprietario del fondo LTCM era
garantita dalla fusione tra l’esperienza di arbitraggista sui mercati
obbligazionari, di Meriwether, il più famoso trader di Wall Street
dell’epoca e le teorie più all’avanguardia di ingegneria della finanza
apportate dai due premi Nobel Merton e Scholes che, insieme a Black,
sono stati gli ideatori della moderna finanza attraverso la loro teoria
sul pricing delle opzioni.
Con tale modello, il LTCM poteva, ad esempio, tracciare la
curva dei rendimenti dei titoli obbligazionari per individuare i titoli
che, a parità di scadenza e caratteristiche, offrivano rendimenti
divergenti, in un senso e nell’altro, dal rendimento espresso dalla
curva per quella scadenza.
La strategia di convergence trading, utilizzabile in un caso
simile, consisteva nell’acquistare il titolo che offriva uno spread
positivo rispetto alla curva di riferimento e nel vendere allo scoperto
quello con spread negativo. Se la curva dei rendimenti tracciata era
corretta, l’inefficienza era destinata a scomparire nel lungo periodo
attraverso un processo di convergenza dei rendimenti, a cui
contribuiva l’ingresso di altri operatori con posizioni analoghe. Si
otteneva così un duplice guadagno, determinato dalla vendita del titolo
in posizione long ad un prezzo più elevato, grazie alla diminuzione del
suo rendimento, e dalla chiusura della posizione short ad un prezzo
inferiore.
Il fondo LTCM, inoltre, si distingueva poiché, come le
investment banks, utilizzava il VAR (value at risk) come metodologia
di misurazione dei rischi del portafoglio di negoziazione ed il RAROC
(risk adjusted return on capital) come sistema della misurazione della
performance.
La metodologia del valore a rischio consente di stimare, per
ogni singola posizione o per l’intero portafoglio, l’ammontare che con
una certa probabilità può essere perduto nell’arco di uno specifico
orizzonte temporale. In tale approccio il rischio di un asset o di un
portafoglio è inteso come la variabilità dei rendimenti attorno al loro
valore medio e la deviazione standard è la misura utilizzata per
quantificare lo scostamento dei rendimenti attesi dal loro valore
medio.
Nell’ipotesi che i rendimenti di periodo di ciascun asset o del
portafoglio, si distribuiscano secondo una funzione di densità
normale
, due sono gli elementi che concorrono alla misurazione del
rischio: il valore della deviazione standard e l’intervallo di confidenza
cui riferire la quantificazione del rischio. Il primo identifica
l’ampiezza dell’intervallo all’interno del quale, con una determinata
probabilità ci si attende potranno distribuirsi i rendimenti; in altri
termini identifica l’ammontare massimo che, con una certa
probabilità, potrà essere perduto.
Per quanto concerne il secondo elemento concorrente alla
misurazione del rischi, all’aumentare dell’intervallo di confidenza
considerato aumenta la probabilità che i rendimenti siano compresi in
tale intervallo e diminuisce quindi la probabilità che la perdita stimata
non sia corretta
Nel caso di una distribuzione di probabilità normale, i valori di una variabile
casuale possono essere completamente caratterizzati da due parametri: la media e
la deviazione standard.
Dato che il portafoglio del LTCM era costituito da posizioni
lunghe e corte, l’intervallo di confidenza era riferito ad una sola coda
della distribuzione: per le posizioni long la perdita probabile era
fissata nella metà sinistra della distribuzione mentre, per le posizioni
short, nella metà destra. Ovviamente, non venivano prese in
considerazione le posizioni lunghe e corte che presentavano
correlazioni perfettamente negative tra i loro rendimenti, poiché in
quel caso il rischio complessivo era nullo.
La probabilità che la perdita di una posizione sia inferiore ad un
ammontare pari ad una deviazione standard è dell’84%, mentre esiste
una probabilità del 97,5% che non superi l’ammontare di due
deviazioni standard.
Ai fini della quantificazione del rischio è, inoltre, rilevante la
scelta dell’orizzonte temporale di valutazione. Tale scelta è in genere
riferita al grado di liquidità del mercato di riferimento della singola
posizione. Nel caso di posizioni che possono essere facilmente chiuse
sul mercato secondario, può essere riferita ad un orizzonte giornaliero.
Una volta definiti i parametri del modello di valutazione
(intervallo di confidenza e orizzonte di valutazione) la quantificazione
del rischio di una singola posizione può essere ottenuta da una
semplice relazione.
Per quanto riguarda il rischio di un portafoglio, questo è
influenzato, oltre che dal rischio di tutte le posizioni, dalle relazioni
esistenti tra le variazioni dei rendimenti di queste. In particolare il
rischio di portafoglio dipende dal valore assunto dai coefficienti di
correlazione
, che quantificano l’intensità delle variazioni dei
rendimenti per ogni posizione. Risulta, dunque, di fondamentale
importanza l’individuazione di appropriate metodologie di stima della
matrice delle varianze e covarianze dei fattori di rischio, in grado di
rappresentare la volatilità attesa dei fattori di rischio e la relazione tra
questi.
Il sistema della misurazione della performance, del LTCM, era
basato sull’indicatore di RAROC, definito dal rapporto tra il
rendimento atteso di una attività aggiustato tenuto conto della
componente di rischio ed il capitale impiegato per il suo
finanziamento. L’applicazione operativa, da parte del LTCM, del
sistema basato su questo indicatore richiedeva una valutazione
specifica dei rendimenti attesi, delle perdite attese e della volatilità
delle stesse riferita ad ogni singola operazione. L’aggregazione di ogni
singola operazione consentiva una valutazione della combinazione
rischio-rendimento atteso per l’intero portafoglio del fondo.
La gestione dei rischi del LTCM, che si avvaleva degli evoluti
sistemi suesposti, permetteva la copertura dei rischi che il LTCM non
intendeva sopportare e quindi la riduzione della volatilità del
portafoglio del fondo. Tale riduzione consentiva di aumentare il grado
di leva finanziaria utilizzato nella gestione, fino ad un livello tale che
il coefficiente di correlazione (?) è una misura statistica che assume valori
compresi tra –1 e +1:
se ? è pari a 0, i rendimenti previsti non presentano alcuna correlazione;
se ? assume un valore vicino a +1, i rendimenti previsti si muovono nella
stessa direzione e con uguale intensità;
se ? assume un valore prossimo a –1, i movimenti nei rendimenti previsti
avvengono in direzioni opposte e con stessa intensità.
la volatilità attesa fosse pari a quella di un portafoglio unhedged. Si
otteneva così a parità di rischio un rendimento maggiore.
In altre parole, il LTCM, costruendo un portafoglio hedged e
leveraged, sopportava un rischio analogo, ma aveva un rendimento
maggiore, rispetto ad un portafoglio unhedged e unleveraged con
stesso livello di volatilità. Ecco perché Meriwether sosteneva la tesi
secondo la quale il fondo LTCM sopportava un rischio simile a quello
di un investimento sull’indice S&P 500, senza l’utilizzo della leva
finanziaria, pur utilizzando un rapporto medio di leverage pari a 12:1.