da parte mia
preferisco
-la terapia Ortomolecolare
-il siero di Bonifacio che non si trova che in soluzioni omeopatiche svizzere (una vera fregatura.... troppo diluito)
- terapia Giovanni Puccio (la sta seguendo il marito di una mia amica e sembra funzionare... stò a guardare... ]
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sabato 15 maggio 2010
Il siero di Bonifacio
Liborio Bonifacio era un veterinario di Agrigento che esercitava ad Agropoli, in provincia di Salerno.
All'inizio degli anni 50 fece un'osservazione: le capre non hanno mai il cancro.
Quest'idea lo portò a produrre una sorta di "estratto biologico" derivato dalle capre che era composto dalle
feci dell'animale (Bonifacio in realtà parlava inizialmente di
villi intestinali, non di feci, ma in un suo libro descrive la procedura parlando proprio di escrementi) mescolate ad urina ed acqua ed il risultato filtrato e sterilizzato. Il veterinario arrivò a concepire il prodotto finale per l'uso sull'uomo dopo alcuni esperimenti su cavie animali. Emersero anche esperimenti (non autorizzati) su cavie umane..
Il liquido finale venne chiamato il "
siero di Bonifacio".
Il malato di cancro doveva iniettarsi la sostanza (distribuita dal "
Comitato comunale per la lotta contro il cancro") ogni due giorni e lo stesso Bonifacio annunciò risultati eclatanti su svariati tipi di tumore: dovevano essere usate le feci di capre femmine (se il tumore era un sarcoma) o maschio (se un carcinoma). Tra le raccomandazioni contenute nel foglietto illustrativo preparato dallo stesso Bonifacio vi era quella che in caso di trasfusione doveva essere usato sangue di uomo in caso di carcinoma e sangue di donna in caso di sarcoma.
Il primo utilizzo del siero su essere umano fu su una donna con metastasi da tumore mammario il cui figlio si rivolse a Bonifacio per un aiuto. Bonifacio seppe dal medico della donna che si trattava di un caso terminale. Il siero fu iniettato e per sei giorni la donna ebbe un
miglioramento fisico evidente. Mentre Bonifacio si apprestava a preparare la seconda dose la donna
morì. Fu in seguito a questo "incidente" che il veterinario formulò l'ipotesi di differenziare il sesso delle capre dalle quali ricavare il siero secondo il tipo di tumore da curare.Su richiesta dello stesso Bonifacio, il prodotto fu sperimentato all'ospedale
Pascale di Napoli su 10 cavie e tre uomini con tumori ormai inoperabili con risultati assolutamente negativi. Il veterinario si mostrò successivamente insoddisfatto del metodo di sperimentazione.
In quegli anni non esisteva internet e
l'analfabetismo regnava in molte regioni d'Italia, la "
scoperta" quindi ebbe difficoltà a diventare nota e l'unico mezzo di diffusione era il passaparola: nella campagna campana c'era un veterinario che curava i tumori.
La notorietà arrivò attorno agli anni settanta quando anche alcuni quotidiani parlarono di quella storia. Cominciavano i "
viaggi della speranza", intere carovane in treno di malati che si accalcavano davanti l'abitazione del veterinario e che ricevevano il siero. Nessun pagamento ma una libera offerta. Le voci di "efficacia" si sparsero come sempre in maniera aneddotica: racconti, storie di amici, parenti e conoscenti. Si sparsero anche leggende, come quella che voleva la
Regina Elena (moglie dell'ex re d'Italia) malata di cancro e poi guarita grazie al siero segretamente somministrato. Nessuna statistica scientifica nè evidenza,
solo il passaparola, fino al momento dell'esposizione nazionale. Uscì un articolo sul mensile
Epoca (notissimo in quegli anni) con la storia ed un'intervista al veterinario del siero. Fu il
boom.
Erano descritti 11 casi di guarigione, tumori intestinali, della laringe, del pancreas, retto e stomaco. In un solo caso il paziente non era stato sottoposto a nessuna terapia antineoplastica (radioterapia, chirurgia) prima della somministrazione del siero.
Dicembre 1969, la rivista
Nazime descrive tre casi trattati nel reparto malattie infettive dell'università di Roma con il siero: uno di loro muore, il secondo con tumore al fegato ha come risultato un miglioramento dell'ittero (tipica colorazione giallastra della pelle dei malati di malattie al fegato) e la scomparsa di una metastasi, mentre del terzo paziente, proclamato guarito, non si hanno notizie, nemmeno sul tipo di tumore. Nel gennaio del 1970, la rivista "
Il progresso italo-americano" scriveva che Bonifacio fu costretto a fuggire e rifugiarsi in una località segreta per evitare le migliaia di richieste che lo assillavano. Ignoti ladri entrarono a casa sua rubando centinaia di dosi del siero.
La folla continuava ad accalcarsi ad Agropoli, furono inviate petizioni al governo e persino al Papa. Il ministro della sanità di allora (
Ripamonto) decise che "
il prodotto doveva quindi essere distribuito esclusivamente negli ospedali della provincia di Salerno e sotto la supervisione del medico provinciale, Professor Gallo".
La pressione si fece dunque sempre più importante fino a quando le voci dell'efficacia del prodotto arrivarono a Roma. Il ministero della sanità (allora si chiamava così) fu praticamente costretto dalla "volontà popolare" (in realtà c'è chi sussurra che un alto funzionario del ministero avesse preso un'iniziativa personale poichè non erano noti tantissimi casi di guarigione) ad iniziare una sperimentazione.
Il comunicato stampa della
Commissione Bonifacio che effettuò la sperimentazione del 24 giugno 1970 diceva sulle caratteristiche del siero:
"Dalle analisi effettuate dall'Istituto superiore della salute risulta che il prodotto in esame consiste in un estratto acquoso contenente tracce di proteine diluite in soluzione di glucosio e somministrato attraverso flebo contenenti vitamine, normalmente in commercio. Tuttavia, basandoci su quanto scritto, non è possibile definire il prodotto come "siero". La sostanza non è costante nella sua fabbricazione e nel confezionamento. Il ministero ha rilevato che le fiale sono state preparate e chiuse a mano, una tecnica che rende facile la contaminazione anche del singolo flacone".
Dalle pagine di Epoca con l'intervista a Bonifacio però emergono altri particolari. Il brano seguente è tratto dalla relazione dell'
American Cancer Institute che riunì in un volume centinaia di cure inefficaci per il cancro e racconta anche la storia di Bonifacio. L'istituto riporta molti dei documenti dell'epoca ed in questo brano in particolare credo ci sia un errore di traduzione (dall'italiano) o almeno...lo spero...
Nel documento americano infatti appare la descrizione dell'esperimento che avrebbe permesso a Bonifacio di formulare la sua ipotesi. Nel documento si fa riferimento a cinquanta "
neonati" (newborn kids)...ma mi risulta difficile accettare che questo esperimento si sia svolto sulla pelle di 50 neonati (umani) e preferisco dare per assodato sia stato condotto con piccole capre appena nate...sperando che sia sbagliato il documento americano [
Aggiornamento: confermato, grazie a ubik15, che per kids in inglese si
intende anche "capretto"]:
Strofinavo la pelle sulla schiena pennellandola con
benzopirene (idrocarburo cancerogeno) e ripetendo l'applicazione ogni giorno per 20 giorni l'effetto del terribile prodotto cancerogeno non tardava. Volendo essere assolutamente sicuro continuai ad applicare benzopirene su cinquanta
caprette [
50 newborn kids] per quaranta giorni. Alla fine dell'esperimento, che avrebbe ucciso qualsiasi animale adulto, i cinquanta cuccioli erano in piena salute. Il tumore non li aveva attaccati Ho concluso quindi che la capra fosse resistente a qualsiasi tumore come altri animali sono resistenti ad altre malattie.
Come si vede lo sviluppo e la conclusione dell'ipotesi sono molto deboli e senza alcun valore scientifico, Bonifacio fa di un singolo episodio un caso
generale (non è detto che quella sostanza causi il cancro nelle capre ad esempio o ancora non è detto che bastino 40 giorni per causare il cancro...) ed è quello che succede in svariati casi di terapie alternative, basti pensare a Simoncini che afferma che la causa del cancro sia la candida perchè i tumori sono bianchi (come la candida...).
Lo stesso articolo di Epoca parlava di altri sei medici che utilizzavano in varie zone d'Italia il siero di Bonifacio e ne faceva i nomi.
La sperimentazione nazionale fallì: non vi furono risultati nella cura dei tumori e la pratica fu considerata
archiviata. Sul report della commissione incaricata di sperimentare il siero (sperimentazione avvenuta dal 18 marzo al 28 maggio 1970) era scritto:
Sul totale dei 16 pazienti trattati, 11 erano donne e 5 uomini. In accordo con le direttive del dottor Bonifacio, 11 di questi pazienti (7 donne e 4 uomini) sono stati trattati con siero M [maschio, ndr] perchè avevano un cancro epiteliale ed i restanti con siero F [femmina, ndr] per un cancro di origine connettivale.
Erano rappresentati diversi tipi di tumore, da quello uterino, ai melanomi ai tumori cerebrali.
Il trattamento durò dai 23 ai 75 giorni con somministrazione da 14 fino a 44 iniezioni di siero. Un paziente fu ricoverato per 25 giorni subendo 13 iniezioni ed "
avendo riferito un peggioramento delle condizioni locali e generali, il trattamento fu sospeso". Quattro pazienti morirono durante il trattamento.
Dei restanti pazienti, sei mostrarono un chiaro e progressivo peggioramento del tumore e delle condizioni generali, mentre i restanti cinque non mostrarono un peggioramento ma nemmeno un miglioramento.
Il verdetto fu di
condanna:
In conclusione risulta chiaro che il prodotto in sperimentazione non presenta nessuna azione curativa sul cancro, non cambia la sintomatologia e non esercita effetti benefici sulle condizioni del paziente. Questo verdetto automaticamente esclude la possibilità di sperimentare il prodotto su un gruppo più vasto di pazienti.
La commissione inoltre esaminò 2144 documenti di Bonifacio che descrivevano altrettanti casi di "guarigione". Non furono considerati adatti nemmeno per una sperimentazione preliminare perchè per la maggioranza "
privi di diagnosi precisa e di ogni documentazione specifica".
Nonostante questo Bonifacio continuò a somministrare il suo siero.
In un momento nel quale la storia pareva ormai conclusa e dimenticata ci fu un altro colpo di scena. Nel 1980 una coppia di ricercatori siciliani annunciarono ad un congresso che erano riusciti a
migliorare dei tumori in cavie predisposti proprio utilizzando il siero di Bonifacio.
Gli stessi ricercatori cominciarono a rilasciare interviste alla televisione, ad alcuni giornali e persino a riviste "leggère" tanto da far riesplodere il caso Bonifacio ma creare malcontento nell'ambiente medico che vedeva le discussioni sulla salute e sui tumori sbattuti sulle pagine di riviste estive e da "gossip". Furono infatti sdegnate le reazioni di chi esponente della medicina, doveva commentare quelle "pubblicità":
“Esistono alcune caratteristiche comuni agli scopritori e propagandisti di tutti questi metodi: persone che tendono ad essere isolate dalla comunità scientifica ufficiale, non usano i canali di comunicazione tradizionale dei ricercatori, sono affette in genere da complessi di persecuzione, per cui la scienza sarebbe contro di loro e li ostacolerebbe in tutti i modi. Il pericolo, direi, di metodi del tipo in questione, è che pazienti, i quali potrebbero giovarsi di terapie tradizionali di sicura efficacia, come la chirurgia, la radioterapia, la chemioterapia antitumorale, vadano in mano a chi li sottopone a pratiche di nessuna efficacia. Con danno per il paziente, con perdita di tempo, di soldi, e di serie opportunità di guarire". Dott. Silvio Monfardini, Istituto dei tumori di Milano
Ma la "bomba" era scoppiata nuovamente. Dalle pagine dei giornali la notizia rimbalzò di bocca in bocca, storie di guarigioni miracolose, interviste in TV di donne salvate in pochi giorni, emozione ed odore di santità. Questo portò la figura di Liborio Bonifacio di nuovo al centro dell'attenzione italiana.
Fu così richiesta una nuova sperimentazione e vi furono anche pressioni da parte di magistrati che "ordinarono" la distribuzione del prodotto (questa storia ricorda moltissimo quella di Di Bella...).
Era il 19 gennaio 1982 quando fu istituita una nuova "
Commissione Bonifacio". Prima di iniziare la sperimentazione umana fu predisposta una prova su cavie da effettuare negli Stati Uniti, ma a maggio 1982, il colpo di scena: in una conferenza stampa Liborio Bonifacio annunciò a tutti il suo ritiro dalla scena e dalle sperimentazioni.
Proteste, manifestazioni, lettere e denunce, subissarono ministeri, ospedali e giornali. C'era anche chi si sentiva tradito dallo stesso Bonifacio che giustificò quella "rinuncia" con i presunti ostacoli, pregiudizi e sbarramenti alla sua sperimentazione.
Non rientrò più nella polemica, fino alla sua morte avvenuta poco dopo il 17 marzo 1983. Quella data significò anche la fine definitiva della sperimentazione mai iniziata.
Il figlio continuò a distribuire il siero.
Concludendo questa mi sembra la tipica "
storia all'italiana". Un'intuizione sbagliata conduce ad una conclusione altrettanto errata. Racconti e testimonianze di "guarigione dal cancro" che diventano prove e documenti e da questo soldi e risorse (e tempo? E vite umane?) utilizzati solo per accontentare il "
popolo", un popolo che preferisce aggrapparsi ad una speranza inesistente e basata sul nulla piuttosto che ai secoli di studi, prove, evidenze. Dall'altra parte la politica che approfitta del "popolo" per mettersi in mostra e cavalcare le emozioni per scopi personali. Forse il "complotto" c'è davvero ma non nel senso oggi comunemente accettato: sfruttare il dolore della gente è vigliacco, da un lato come dall'altro.
Resto sempre convinto che nessuno scoprirà mai LA cura per il cancro. Forse è per questo che ogni tanto ne salta fuori uno che sostiene l'insostenibile, per
soddisfare la nostra sete di speranza.
Chiudo con una puntualizzazione che probabilmente chiarirà meglio le cose: le capre contraggono il cancro (anche abbastanza frequentemente).
Il tumore più frequente delle capre è quello
squamocellulare, lesione della pelle, con una base liscia e margini frastagliati. Un segnale può essere un'ulcera che non guarisce o una ferita che sanguina per lungo tempo. Sembra che in questo tipo di tumore siano coinvolti anche fattori ambientali (appare cioè un'incidenza maggiore di questi tumori in capre che vivono in ambienti polverosi, ventosi e caldi, per esempio nei deserti). Le capre muoiono anche di cancro in altri
organi e
tessuti.
Se volete chiedere conferma ad un veterinario...o se qualche veterinario volesse confermare o smentire qui...
Con questo chiudo una storia dell'Italia degli anni '70. Non fu una lezione, anzi, praticamente lo stesso episodio (con momenti ancora più squallidi) si ripeterà più avanti, con la storia del Prof. Di Bella che sto ricostruendo con molta difficoltà, per la complessità ed i risvolti che l'hanno caratterizzata, per un prossimo articolo.
Alla prossima.
Fonti e bibliografia:
-
American Cancer Society
«
La mia cura contro il cancro», L. Bonifacio, 1970, Savelli Editori
guarda
confrontarmi con te su questo argomento lo trovo stupido
e poichè stranamente mi interessa molto da vicino e sono decisamente coinvolta
ti mando a fare in K
basta ... confrontati con qualcun altro... sono troppo coinvolta e ti considero un kRET
in giro trovi davvero molto e puoi informarti coscientemente.... e in caso di bisogno puoi sempre seguire le terapie ufficialòi
chi te lo impedisce