Caso Iraq e il concetto di responsabilità

genesta

Forumer attivo
Durante il mio servizio di leva come sottotenente, sin da quando mi trovavo alla "Cecchignola" a Roma, ci hanno fatto la testa così sulla responsabilità gerarchica.

Non voglio soffermarmi sul concetto di responsabilità nel suo significato etico per il quale ciascuno é "responsabile delle proprie azioni", ma dell'accezione comune all'interno della società.

E' stabilito che debba sussistere una scala gerarchica che coordini le azioni e faccia rispettare le regole.

Ma, un capo esiste solo per dare delle direttive e lasciare poi libera scelta se osservarle oppure no, ovvero ha delle precise responsabilità sull'esito di esse?

Nell'ambito militare, il gruppo di soldati semplici é controllato direttamente dal caporale il quale, a sua volta, deve rendere conto al proprio sergente, e così via fino ad arrivare al generale di brigata e a quello di corpo d'armata.

Dopodiché, la gerarchia fuoriesce dal rango prettamente militare e si "mescola" con la politica: il generale di stato maggiore (quale era Dalla Chiesa prima di diventare prefetto) deve rendere conto del proprio operato direttamente al ministero di grazia e giustizia (oggi inglobato, se non vado errato, dal ministero degli interni).

In questo sistema, un soldato semplice può operare secondo libero arbitrio?

Se questo succede, é evidente che qualcosa non funziona. Cioé, o il soldato non é controllato, secondo preciso dovere, dal proprio superiore, oppure il proprio superiore ne é connivente.

In entrambi i casi, qualora le azioni del soldato causino danni di qualunque genere, il responsabile é il proprio diretto superiore il quale, quest'ultimo, se ha disatteso le proprie mansioni lo ha fatto perché, a propria volta, non é stato sorvegliato a dovere dal proprio dirigente.

Purtroppo, al solito, il sistema non funziona secondo il principio per cui nasce.

Prendiamo il caso di ciò che succede in Iraq.

Un gruppo di soldati riesce a beccare alcuni dimostranti disarmati e li picchia a sangue nella (molto probabile) convinzione di averne il potere.

E chi doveva controllarli, dov'era?

Ammesso che lo scalpore duri abbastanza nel tempo da non far spegnere la fiamma dell'indignazione globale, in base al sistema gerarchico, chi dovrebbe rispondere di queste azioni?

A dispetto della concezione gerarchica, al massimo saranno soltanto gli stessi soldati (questa é storia).

Cosicché si darà ancora una volta il "contentino" al popolo, il quale dimenticherà velocemente il tutto, i dirigenti non avranno avuto nessuna ripercussione ed il cancro nell'ordinamento rimarrà intatto.

L'effetto di una causa può essere estirpato ma potrà mai essere definitivamente scongiurato se non si risale al germe che lo ha cagionato?
 
La tua riflessione contiene già la risposta.

Comunque .. in realtà per come la vedo c'è una responsabilità personale in ciascun elemento.
Quindi anche in un soldato. Non è sufficiente il controllo da parte dei superiori per evitare che questi compia volontariamente un atto scellerato.

Comunque è vero .. la gerarchia sembra molto un sistema che alimenta se stessa, ed in cui i vertici hanno molti vantaggi senza troppi svantaggi.
 
Proprio così.

Sembra quasi, da come lo prospettano i signori governanti, che il dover governare il paese sia una croce da portare sul groppone.

E invece é un privilegio che viene accordato solo a chi sa essere lestofante.

La riflessione di prima porta a un'altra:

Quanti iniziano a commettere reati per necessità, o perché spinti dall'esasperazione, ridotti dalle cattive amministrazioni del potere a uno stato di disagio sociale?
 

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