C'ERA UNA SVOLTA...

L'intellighentia burocratica europea - che si caga sotto per i sondaggi delle europee - .

Al termine dell'intervento di Conte non mancano pesantissime critiche da parte dei leader europei.

"Io amo l'Italia ma oggi mi fa male vedere la degenerazione politica di questo paese,
iniziata vent'anni fa con Berlusconi e peggiorata con questo governo", tuona Verhofstadt
rinfacciando all'Italia di essere diventata "il fanalino di coda dell'Europa" (guarda il video).
Poi definisce il nostro governo "odioso" e lo accusa di non avere
"una strategia per la crescita ma solo una tattica per farsi rieleggere con regali e debiti".
"Per quanto tempo ancora sarà burattino di DiMaio e Salvini...."

Anche il capogruppo del Ppe, Manfred Weber, non è stato affatto tenero:
"L'Italia è il paese che cresce meno in Europa e il cui governo non riesce a mettersi d'accordo
nemmeno su un progetto già approvato come la Tav. Il vostro governo non è disposto a fare riforme
e ha un debito che cresce sempre di più".

Durissimo anche l'intervento di Bullmann che, però, attacca il governo gialloverde
per la linea dura di contrasto all'immigrazione clandestina.
"Il vostro governo - scandisce il leader dei socialisti - deve smettere di mostrarci questo viso inumano".
 
Nonostante le apparenze, oggi ha guadagnato un punto.

Ha incassato, a lungo, come sanno fare i pugili che si allenano anche per questo.
È apparso imbarazzato, contrito, stupito, a tratti disorientato.
Ma non ha perso la pazienza, come accadde a Berlusconi di fronte agli attacchi del tedesco Schultz.


Di fronte a chi gli dava del burattino di Salvini e Di Maio, al tedesco Weber che gli rinfacciava una politica economica da fanalino d’Europa,
di fronte al socialista che gli diceva di lasciare in pace gli italiani, di togliere il disturbo per non arrecare altro danno,
Giuseppe Conte a lungo ha incassato.

E si è rotto anche un presunto idillio, sin qui non era mai stato colpito all’estero dalle polemiche politiche,
dalla lite continua dei suoi due vicepremier con la Ue, poi di colpo nell’aula di Strasburgo ci è finito in mezzo senza avvertimenti,
è stato investito tutto d’un colpo, prima dal liberale, poi dal socialista, infine dal popolare.
Tutti contro di lui, come in un processo all’uomo e all’Italia.

Eppure, alla fine, prima che suonassero il gong, Giuseppe Conte si è concesso una ripresa non scontata.

Al leader dei liberali Guy Verhofstadt, che lo ha definito «burattino», non le ha mandate a dire:
«Io non sono un burattino, e non rappresento lobby o comitati d’affari».
Dalla difesa è passato all’attacco.
«Alcune parole non sono nemmeno degne di un commento o di una risposta. Avete offeso un Paese, non me».

E infine la stoccata finale, quel paragone, ancorché scivoloso, con Berlusconi:
«Avete ironizzato per un mio fuorionda con la Merkel, illegittimamente rubato,
ma non vi siete vergognati quando erano altri a fare certi apprezzamenti sulla Merkel».

Dopo un processo parlamentare inedito, a tratti violento, anche se in un’aula quasi deserta,
dopo aver subito gli applausi di scherno, Conte si concede una pausa con gli italiani che ci rappresentano fra Bruxelles e Strasburgo.
Li vede in una saletta del palazzo del Parlamento, ci sono i grillini, vecchi leghisti come Mario Borghezio,
ma anche Sergio Cofferati e Raffaele Fitto, che pure non ha fatto un intervento tenero in Aula.

«Capisco che ci possa essere dialettica, critica, anche aspra, ma non possiamo essere trattati in questo modo
come Paese fondatore della Ue, non si possono tollerare alcune degenerazioni che ho visto oggi
e che non sono una bella pagina di dibattito parlamentare»,

dice rivolto a tutti, sia a coloro che lo applaudono, gli fanno i complimenti per la replica, sia agli esponenti di Forza Italia e del Pd.

«non dobbiamo avere vergogna di dire la parola Patria, la dobbiamo riscoprire».
 
"Io burattino non lo sono, non mi sento. Interpreto e sono orgoglioso di rappresentare un intero popolo.
Sono orgoglioso di interpretare la voglia di cambiamento del popolo italiano e sono orgoglioso di
sintetizzare una linea politica di un governo che non è burattino, perchè non risponde a logiche, a lobby,
non risponde a comitati d'affari. Forse burattini lo sono chi risponde a lobby, gruppi di potere e comitati d'affari".
 
Non sanno più a cosa attaccarsi, ma così facendo perdono perdono perdono.
Abituati a chi diceva sempre "signorsì", ora si sentono persi. Spaesati.
Chi osa ribellarsi a noi ? ..........era ora dico io. E speriamo continui così.
E togliamo finalmente i sussidi a queste lobbies. Chi ha un'azienda marcia da solo. E rischia.
Chi ha un giornale, scriva cose sensate e vedrà i risultati. Rischiando.

Da Strasburgo arriva un nuovo affondo contro i gialloverdi.
È stato messo nero su bianco nella Relazione annuale per il 2019 dalle organizzazioni partner
della piattaforma del Consiglio d'Europa per la protezione del giornalismo.

L'accusa che viene mossa ai due azionisti del governo Conte è - nientemeno - di minare la libertà di stampa in Italia.
Questa, stando al report, si sarebbe, infatti, "deteriorata" nell'ultimo anno.

"La maggior parte degli allarmi registrati sono stati inviati dopo l'insediamento del nuovo governo di coalizione il primo giugno".

Una critica che, visti canoni secondo cui vengono redatte queste classifiche, appare del tutto strumentale.

Il rapporto Democrazia a rischio: minacce e attacchi contro la libertà dei media in Europa
accusa i gialloverdi di aver fatto peggiorare le condizioni per l'esercizio della libertà dei media.

"Di Maio e Salvini - si legge nel documento diffuso oggi - hanno regolarmente espresso sui social media
una retorica particolarmente ostile ai media e ai giornalisti". Non solo.

Il Consiglio d'Europa rinfaccia all'Italia di essere finita tra i Paesi con il maggior numero "allarmi".
"Lo stesso numero della Federazione Russa", fanno notare gli stessi che non hanno mai avuto grandi simpatuie per Vladimir Putin.

"La crescente violenza contro i giornalisti è particolarmente preoccupante", aggiunge il documento.

Ma quanti sono questi allarmi? Diciannove, in tutto.
E da chi vengono ?.

In primis, dalla mafia e dal crimine organizzato che, a detta del report, "rimangono una delle maggiori minacce dei giornalisti".
Tanto che ci sono ancora ventun giornalisti costretti a vivere in modo permanente sotto la protezione della polizia.

In secondo luogo, intimidazioni e attacchi arrivano da "membri di gruppi neofascisti".

Ma a preoccupare Strasburgo sono soprattutto Di Maio e Salvini. Perché, a detta dell'organo europeo,
"la maggior parte degli allarmi registrati nel 2018 sono stati inviati dopo l'insediamento del nuovo governo".

E perché i due vicepremier "esprimono regolarmente sui social media una retorica particolarmente ostile ai media e giornalisti".

Tra le accuse che il dossier del Consiglio d'Europa muove contro Salvini ci sono anche i continui scontri con Roberto Saviano.
Lo accusano di averlo "minacciato di rimuovergli" la scorta.

A Di Maio, invece, viene rinfacciato di aver "insultato i giornalisti" e di aver "avviato una politica di abolizione dei sussidi pubblici alla stampa".

Più in generale, poi, il report rileva "un costante rischio di violenza alimentato dalla retorica ostile di membri del governo e dei partiti di coalizione al governo".
 
Società con un volume d’affari pari a 250 milioni di euro sono state sequestrate dai carabinieri del comando provinciale di Torino,
insieme ai colleghi di Cosenza, Milano e Vercelli, nell’ambito di un’inchiesta che ha portato al’arresto di sei imprenditori torinesi.

I militari hanno eseguito un decreto di sequestro preventivo per riciclaggio, auto-riciclaggio e trasferimento fraudolento di valori
per 29 società, attive nel settore energetico e consulting finanziario
, e per 79 conti correnti bancari,
25 carte postepay e prepagate, sei macchine, negozi, contanti e lingotti d’oro per un valore di 2,5 milioni di euro.

Le indagini, scattate dopo il ritrovamento di lingotti d’oro e denaro contante per un valore di 1,3 milioni di euro in un ‘self storage’,
hanno portato a smantellare un gruppo criminale che, in Italia e all’estero, ha costituito, con identità false, più di 20 società fantasma
per ottenere finanziamenti per diversi milioni di euro. Nell’inchiesta, 31 persone sono indagate, a vario titolo,
per associazione finalizzata a condotte di truffa, riciclaggio, frodi fiscali e fittizie intestazioni di beni.

C’è anche l’Hamburgeria di Eataly a Settimo, comune alle porte di Torino,
tra le attività sequestrate dai carabinieri nell’ambito dell’operazione
.
Il negozio faceva capo ad ‘Opera srl’, una delle 29 società ‘fantasma’ del valore di 250 milioni di euro poste sotto sequestro.
 
Come viene applicato il sistema di calcolo della pensione?

Si possono distinguere 3 casi:
  1. A coloro che hanno iniziato a lavorare dopo il 1°gennaio 1996 viene applicato il cosiddetto “contributivo puro”, calcolando la pensione interamente con il sistema contributivo.

  2. Ai lavoratori che al 31 dicembre 1995 avevano un’anzianità contributiva inferiore ai 18 anni, viene applicato il sistema misto pro-rata,
  3. calcolando con il sistema retributivo la quota di pensione maturata fino al 31 dicembre 1995 e con il sistema contributivo quella maturata dal 1°gennaio 1996.

  4. Infine, anche ai lavoratori che al 31 dicembre 1995 avevano maturato almeno 18 anni di contributi, che prima della Riforma rientravano nel sistema di calcolo retributivo,
  5. viene ora applicato il sistema misto pro-rata. Ovvero, la pensione viene calcolata con il sistema retributivo per la quota di pensione maturata fino al 31 dicembre 2011,
  6. mentre viene quantificata con il sistema contributivo per quella maturata a partire dal 1°gennaio 2012.
 
Un'ottima iniziativa. Ma deve essere estesa a tutti.

Arriva attraverso un emendamento al decretone su reddito e quota 100 l’annunciato taglio dei privilegi pensionistici dei sindacalisti. Fin dalla scorsa estate il vicepremier Luigi Di Maio ha promesso interventi perché con le norme attuali i sindacalisti “possono avere una pensione di privilegio”. L’emendamento, presentato in commissione Lavoro al Senato, prevede la modifica del metodo di calcolo dell’assegno, disponendo che il trattamento pensionistico dei lavoratori impegnati in attività sindacali sia uguale a quello della categoria professionale di riferimento. Qualche anno fa l‘Inps ha calcolato che se la pensione lorda dei sindacalisti venisse conteggiata applicando le stesse regole dei dipendenti pubblici sarebbe più bassa, in media, del 27%, con punte che arrivano fino al 66 per cento.

Al fine di ”correggere le storture” da un lato si chiede di rivedere i criteri per il conteggio dei contributi figurativi (che sono a carico della gestione previdenziale di appartenenza) negli anni dell’aspettativa sindacale. Dall’altro si prevede il progressivo ricalcolo contributivo dell’assegno per chi già percepisce un trattamento pensionistico secondo il vecchio sistema retributivo e che derivi per “oltre il 50%” dai contributi figurativi.

Per i lavoratori collocati in aspettativa sindacale, spiega in una nota che accompagna l’emendamento, le retribuzioni da riconoscere ai fini del calcolo della pensioni “sono commisurate alla media delle retribuzioni percepite negli ultimi cinque anni precedenti al momento del collocamento in aspettativa e di volta in volta adeguate in relazione alla dinamica salariale e di carriera della categoria e qualifica professionale posseduta dall’interessato”.
 
Applichiamo l'equità sociale. L'Inps dispone dei dati. Magari non tutti. Ma degli ultimi 50 anni sicuramente.

Bene, su questa base, ricalcoliamo la pensione a TUTTI. Perchè se ci deve essere un futuro pensionistico
per almeno un'altra generazione, questo è quanto bisogna mettere in atto.

Con buona pace di chi i soldi li ha presi e li ha portati a casa. Ora basta.

Elimiamo l'assurdità delle pensioni retributive date a chi ha lavorato 15 anni 6 mesi 1 giorno.
 
E siamo sempre lì. Non esiste una giuria che sia indipendente.
Però quest'anno l'hanno fatta fuori dal vaso.......

Dopo il trionfo di Mahmood al Festival di Sanremo cresce la polemica
sulla scelta soprattutto delle giurie di esperti e giornalisti di affidare il primo posto al rapper italo-egiziano.
Il dubbio è che Mahmood abbia potuto vincere non tanto per la qualità della sua canzone,
quanto per la sua storia personale.

Madre italiana della Sardegna, padre egiziano, Mahmood è nato a Milano
ed è rapidamente diventato la nuova bandierina della sinistra contrapposta a Matteo Salvini.

"Un vincitore molto annunciato. Si chiama Maometto, la frasetta in arabo c'è, c'è anche il Ramadan e il narghilè,
e il meticciato è assicurato. La canzone importa poco. Avete guardato le facce della giuria d'onore?".

C'è chi accusa la giornalista di aver fatto un commento razzista,
ma a stretto giro è lei stessa a dover spiegare il significato delle parole:

"Meticciato: combinazione di elementi linguistici o culturali di diversa provenienza o natura.
In questo caso privilegiato sulla qualità di una canzone. Per il resto, il razzismo è nella testa di chi legge e vorrebbe impedire il pensiero critico".
 
Dopo la vittoria di Mahmood al Festival di Sanremo è scoppiata la polemica sulle procedure di voto
che hanno portato il rapper italo-egiziano a trionfare nella 69esima edizione in finale contro Ultimo e il Volo.

Nell'ultima parte della trasmissione ci sono stati pochi e fondamentali minuti
per dare la possibilità ai telespettatori di esprimere il televoto, con nuovi codici assegnati da un notaio ai tre finalisti.

Un elemento di novità che ha in parte disorientato il pubblico, qualcuno si è lamentato sui social,
ma le operazioni comunque procedono e sul palco dell'Ariston arriva il momento della proclamazione del vincitore.

Quando Claudio Baglioni, Virginia Raffaele e Claudio Bisio svelano che a vincere il Festival è stato Mahmood però nasce un giallo,
che per tutta la notte scatenerà grandi polemiche per un possibile equivoco.

La regia Rai ha mostrato le percentuali di voti incassati dai finalisti:
Mahmood al 14%,
Ultimo il 47% e
Il Volo il 39%.

Poco dopo però i numeri cambiano: Mahmood vince con il 38,9%, Ultimo arriva secondo con il 35,6% e il Volo terzi con il 25,5%.

Il sospetto che qualcuno abbia ribaltato il risultato per ottenerne uno più gradito serpeggia sui social.

Finché non vengono svelate le percentuali di voto arrivate dalla Giuria d'onore e dalla giuria della sala stampa:

Mahmooh ha trionfato con il 63,7%,
Ultimo ha ottenuto appena il 24,7% e
il Volo l'11,6%.

A spingere alla vittoria il rapper italo-egiziano è stata quindi non solo la stampa,
ma anche la giuria seduta in platea all'Ariston, piena zeppa di personaggi dello spettacolo ben noti al pubblico.

Ben noti soprattutto per il propio orientamento politico, dal regista Ferzan Ozpetek alla conduttrice Serena Dandini,
passando per il giornalista Beppe Severgnini, Camila Raznovic, Claudia Pandolfi e Joe Bastianich e infine il presidente Mauro Pagani.

Una manina in fondo c'era, ed era mancina.
 

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