CINQUE MINUTI PER FARE UNA CAZZATA LI TROVO SEMPRE

DANY1969

Forumer storico
:hua::d:
Buona settimana a tutti :)

Norvegia - Isole Lofoten
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Buongiorno. La temperatura diminuisce.....qui aumenta......

L’operazione Northen Shield, avviata lo scorso 4 dicembre dalle Forze di Difesa Israeliane (Idf)
con l’intento di scovare e distruggere una serie di tunnel scavati dagli Hezbollah all’interno del territorio israeliano,
sembra spostare il confronto militare tra Israele e il Partito di Dio dalla Siria al Libano.

Secondo fonti militari israeliane, sebbene non costituisca più una minaccia, sarebbe stato scoperto nella notte del 15 dicembre,
un quarto tunnel dopo quelli individuati nei giorni scorsi. Ad oggi, i segnali confermerebbero un incremento della retorica
fatta di reciproche minacce tra Israele ed Hezbollah. Questi ultimi, a fine novembre, hanno diffuso un video,
riconducibile alla campagna di guerra psicologica, in cui venivano inquadrati alcuni soldati delle Idf all’interno del quartier generale di Kirya a Tel Aviv,
accompagnato dal messaggio in ebraico “se osi attaccare, te ne pentirai”. La risposta israeliana non si è fatta attendere
e, appunto, all’operazione Northen Shield si è aggiunta la richiesta, rivolta dal premier Benjamin Netanyahu a Mike Pompeo,
di imporre sanzioni al Libano e alle Forze Armate Libanesi (Laf) per l’azione condotta dagli Hezbollah.


Gli Stati Uniti, secondo quanto scritto su Haaretz da Yaniv Kubovich lo scorso 12 dicembre,
hanno rifiutato di applicare sanzioni indistintamente al Libano e alle Laf, non riconoscendo l’equiparazione tra lo Stato libanese e gli Hezbollah,
verso i quali invece verranno elaborate ulteriori sanzioni per colpire il movimento sciita sotto il profilo finanziario.
La posizione statunitense è pertanto differente da quella sostenuta da alcuni esponenti del governo israeliano,
quali ad esempio il ministro per l’Istruzione Bennet che sostiene che non vi sia distinzione tra Hezbollah e Libano
e che quindi la milizia sciita non vada trattata “sotto il profilo militare”, come fu fatto nella guerra del 2006.
Dettagli apparentemente formali, ma che in realtà confermano un differente approccio tra i principali paesi sostenitori del Libano e delle Laf libanesi,
riuniti nell’International Support Group per il Libano (Isg) e di cui fanno parte Usa, Russia, Gran Bretagns, Francia, Cina, Ue, Nazioni Unite e Lega Araba,
ai quali si sono poi aggiunti Italia, Germania e Banca Mondiale e la posizione d’Israele.

La questione non è di poco conto, perché è evidente che, facendo ricadere la responsabilità delle azioni degli Hezbollah sul governo libanese,
quest’ultimo sarebbe chiamato a rispondere dell’accordo siglato nel 2006 che pose fine alla guerra dei 34 giorni.
Accordo, è bene ricordarlo, che, grazie al lavoro del contingente internazionale di Unifil, ha garantito più di dodici anni di relativa stabilità
in una delle aree più a rischio del Medio Oriente. La missione, guidata da quattro Comandanti italiani, quali il generale Claudio Graziano,
il Generale Paolo Serra, il Generale Luciano Portolano e l’attuale comandante della missione il Generale Stefano Del Col,
vede dispiegati circa 10.500 soldati provenienti da 43 paesi diversi, oltre ad una componente navale che pattuglia la costa
in coordinazione con le forze navali libanesi. Il contesto in cui opera la missione Unifil e il suo mandato sono definiti dalla risoluzione 1701 dell’Onu.
Un mandato che può essere cambiato soltanto dal Consiglio di Sicurezza dell’Onu, con l’accordo dei 5 membri permanenti
e la cui modifica può rimettere in discussione la contribuzione dei paesi partecipanti alla missione.

L’incontro tripartito

Va specificato che non esiste un confine legale tra il Libano ed Israele, ma solo una linea di demarcazione (Blue Line) tracciata nel 2000
dopo il ritiro delle forze israeliane dal Sud del Libano. Un’area che negli ultimi 13 anni ha vissuto il più lungo periodo di stabilità da oltre 30 anni.
Un elemento di forza della missione è l’incontro tripartito, presieduto dal Comandante della missione Unifil,
che è l’unico forum dove gli eserciti di Libano e Israele si incontrano periodicamente presso la linea di confine tra i due paesi,
per discutere problematiche legate all’implementazione del mandato della missione, alle violazioni e a prevenire conflitti.
Si tratta del più importante confidence building measure della missione poiché è l’unico forum, peraltro preso ad esempio
anche in altre missioni internazionali, dove due paesi formalmente in guerra s’incontrano.
Ciò avviene dal 2006 e vi sono stati più di 120 incontri, secondo la formula tripartito, senza che mai nessuno ne sia uscito.
 
Nel suo discorso pronunciato all’Heritage Foundation il consigliere per la sicurezza nazionale degli Usa, John Bolton,
ha presentato i dettagli del nuovo approccio che Washington adotterà ogni volta che si tornerà a parlare di continente africano.

Bolton ha parlato di una “nuova strategia per l’Africa” per controbilanciare l’influenza cinese
e per concentrare in maniera più intelligente e utile gli investimenti in un continente in cui, solo nel 2017,
solo gli aiuti americani hanno toccato gli 8,7miliardi di dollari, mentre gli investimenti hanno raggiunto l’importante cifra di 50 miliardi di dollari.
Flussi di denaro che secondo il consigliere per la sicurezza nazionale Usa non sono serviti ai Paesi africani
per praticare quella svolta in cui tutti speravano. Sintomo di impotenza che si scontra con la preoccupazione causata dai dati,
ricordati da StartMag, riguardo i finanziamenti cinesi in Africa: secondo la Ong AidData,
infatti, tra il 2000 e il 2014 i finanziamenti di Pechino nel continente nero hanno sfiorato i 121,6 miliardi di dollari.


Bolton ha annunciato che gli Stati Uniti non “getteranno” più i soldi dei loro contribuenti per finanziare Paesi che non condividono ideali e principi americani,
ma che piuttosto verrà seguito un principio simile a quello adottato durante il Marshall Plan.
Questo significa che gli investimenti americani saranno concentrati unicamente nei paesi che dimostrano di abbracciare,
o quantomeno inseguire, gli standard occidentali. Da qui lo spunto per annunciare la possibile fine del supporto Usa al Sud Sudan.

Gli americani sono preoccupati del modello di business che Pechino sta tentando di esportare molto al di là dei suoi confini.
Come già successo col porto di Hambantota in Sri Lanka , la Cina tende a favorire ingenti prestiti che però
– a differenza, per esempio, della Banca Mondiale che solitamente richiede il loro pagamento entro decenni –
devono essere saldati in pochissimi anni. Non avendo liquidità molti paesi tendono quindi a cedere infrastrutture
o aziende strategiche per ripagare i prestiti cinesi. Esempio pratico portato da Bolton è lo Zambia che,
detenendo attualmente un debito con la Cina che oscilla tra i 6 e i 10 miliardi di dollari, rischia di dover cedere a Pechino le sue compagnie energetiche.

Grande attenzione sul Corno d’Africa. Qui i cinesi nel 2017 hanno installato una loro base militare a Djibouti
situata a poche miglia dalla base statunitense di Camp Lemonnier. Proprio in quest’area, secondo Bolton,
sono capitati troppi episodi poco piacevoli. Un esempio pratico sono le decine di casi di piloti americani
che hanno subito gravi danni agli occhi a causa dei laser cinesi che disturbavano i caccia Usa durante le manovre di atterraggio.

In breve, le pratiche predatorie perseguite dalla Cina ma anche dalla Russia ostacolano la crescita economica in Africa,
minacciano l’indipendenza finanziaria dei paesi africani e inibiscono le opportunità per investimenti americani nella regione.
Per questo Bolton ha annunciato l’iniziativa “Prosper Africa” che, come suggerisce il nome,
si impegnerà a far prosperare quello che alcuni considerano il “continente del futuro”, certo sempre con un occhio di riguardo per gli interessi americani.
“Il nostro desiderio è vedere un’Africa che fiorisca senza dover abbandonare la sua indipendenza”, ha sottolineato il consigliere John Bolton.

Anche in Africa, come già successo con il dossier Iran e Jcpoa, Stati Uniti e Unione europea sembrano muoversi con relativa indipendenza,
non più a braccetto come di consueto. Infatti anche l’Ue, come vi abbiamo raccontato su questa testata,
ha lanciato il suo Piano Marshall per l’Africa, tanto che già si parla di un prestito europeo pari a 45 miliardi di dollari da spalmare in sette anni e che dovrebbe partire dal 2021.


Il Continente nero si trova al centro di una partita importante e che si giocherà a più riprese.
Pechino si sta facendo strada in Africa a un ritmo che preoccupa sia Washington che Bruxelles,
soprattutto se si tiene in considerazione il progetto della Nuova via della seta.

Così Stati Uniti e Ue, anche se con progetti indipendenti, cercano di rispondere alle ambizioni cinesi
lanciando i loro rispettivi progetti di rilancio del Continente africano.

E l’Italia? Roma dovrà riuscire a sfruttare i possibili margini di manovra che si apriranno durante lo scontro tra le potenze europee
e la Cina cercando allo stesso tempo di non essere schiacciata durante quello che sarà sicuramente uno scontro tumultuoso tra i big internazionali.
L’Italia potrebbe davvero proporsi come interlocutore privilegiato con i paesi in via di sviluppo,
vicini geograficamente al Paese e nei quali c’è la possibilità di ampliare lo spazio internazionale di manovra per Roma.
Il Bel Paese dovrebbe però riuscire a evitare di esacerbare lo scontro tra Bruxelles, Washington e Pechino,
cercando allo stesso tempo di dimostrare la sua capacità di rappresentare una piattaforma di distensione
ed equilibrio che possa rivelarsi un valore aggiunto per la maggior parte degli attori internazionali coinvolti.
 
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"Ringrazio i tifosi perchè sono una delle realtà più belle del calcio europeo. Sempre e comunque forza Milan",
aveva detto il ministro dell'Interno e vicepremier arrivando all'Arena civica di Milano per la festa dei 50 anni della curva sud del Milan.
Qualcuno gli ha però ricordato dei guai con la giustizia di uno dei capi ultras rossoneri.
"Ognuno indaghi ed è giusto", ha detto Salvini, "Io stesso sono indagato. Sono un indagato in mezzo ad altri indagati".
Poi ha parlato della sua vita da tifoso: "Vado a San Siro da quando ho 5 anni, ne ho 45 e non smetterò, nonostante i risultati",
ha spiegato, "Io sono per il tifo corretto, colorato e colorito. Episodi di violenza non mi appartengono e non appartengono a nessuno sportivo" ha aggiunto.
Di lunga data la sua passione per la squadra rossonera, ha ricordato: "Ho cominciato a seguire il Milan che era in serie B
quindi siamo già messi meglio. Ho vinto tutto quello che potevo, spero che mio figlio abbia la metà delle soddisfazioni che ho avuto io".
 
Riporto se qualcuno non va a leggersi l'articolo di I.O.

In sintesi, è arrivato il momento di cambiare smartphone, almeno se uno di questi che stiamo per elencare è in vostro possesso.

Per quanto riguarda gli iPhone saranno considerati incompatibili con WhatsApp tutti i device che usano la versione del sistema operativo iOS 7 o inferiore.

Non solo Android e iOS però nel mirino dell’obsolescenza, addio anche a Windows Phone 8.0, BlackBerry OS e BlackBerry 10.

Passiamo ad Android. A lasciarci le penne saranno invece con versione del sistema operativo 2.3.7 o precedente.
 
Adesso vediamo gli sviluppi .......

Un audio in cui una voce di donna spiega che la deputata si sarebbe gettata a terra:
«Questa signora, che molto dopo ho saputo essere la deputata Mara Lapia,
riprendeva l’uomo col telefonino e lo intimava a lasciare i documenti e diceva ‘lei non sa chi sono io?».


Intanto è stato denunciato per lesioni il presunto aggressore di cui non sono state rese note le generalità:
era stata subito identificato dalla Squadra Mobile di Nuoro sulla scorta del racconto della parlamentare.
Lunedì mattina, dopo aver ascoltato tutti i testimoni presenti all’interno e all’esterno del supermercato,
teatro dell’aggressione, gli investigatori hanno trasmesso gli atti alla Procura ed è scattata la denuncia.
 
Eh già......la puzza della coca.......

«Si sente la puzza in tutto il supermercato, quando entrate voi si diffonde la puzza ovunque»,
ha detto l’uomo alla parlamentare M5s, che aveva protestato con la commessa
perché inavvertitamente le aveva rovesciato addosso una lattina di Coca Cola, sporcandola.


La parlamentare aveva fotografato la targa della sua macchina prima di allontanarsi.
E sarebbe stato questo gesto a far scattare l’ira dell’uomo, che poi l’ha colpita violentemente nel piazzale del parcheggio.
 
O come sono messi male ....male male male, povera repubblica.

Lunga vita a Federica De Benedetto.

Sì, alla consigliere comunale leccese processata dagli ultimi residui antifà, ossessionati dal ritorno del Ventennio.

«Non avete idea di quanti messaggi di questo tipo (“non devi parlare, devi penzolare”) stia ricevendo sia privatamentee pubblicamente da sedicenti antifascisti.
Idioti, violenti e pericolosi che usano la scusa politica per sfogare la propria frustrazione»,
scrive su Facebook Federica, colpevole di aver pubblicato il 12 dicembre uno scatto natalizio che la ritrae insieme a un’amica
davanto a uno striscione con la scritta argento X MAS corredato da un pericolosissimo commento “Memento audere semper”.

Storditi dalla citazione dannunziana – “Ricordati di osare sempre ” – alcuni idioti (pigri e ignoranti)
hanno iniziato a dare segni di squiibrio sui social, commenti sdegnati, processi mordi e fuggi a quella svergognata neo-fascista della consigliera di Forza Italia.

Mas.
Tanti significati evocativi e tanta ignoranza.
Chi da ragazzino non ha resistito alla curiosità di chiedere ai genitori di questi “maiali”, alias motoscafi armati siluranti,
protagonisti di leggendari atti eroici nelle due guerre mondiali? Certo poi c’è anche la Decima Flottiglia Mas, “che ebbe fasti in Inghilterra”.
Mas
è anche, come sa bene la De Benedetto, l’acronimo di “Memento audere semper”, motto coniato da D’Annunzio
in occasione della Beffa di Buccari, l’incursione tricolore nella costa croata nella notte tra il 10 e l’11 febbraio del 1918.
Prima della marcia su Roma, è bene avvertire gli antifà di cui sopra.

Poi basta mettere una X davanti a Mas e diventa il diminutivo, per uso colloquiale o commerciale, di Natale negli States. Merry Christmas, avete presente?
Lo striscione della foto incriminata, con X-Mas scintillante a caratteri cubitali, non nasconde infingarde allusioni guerrafondaie.
Eppure quell’istantanea è bastata a scatenare un goffo putiferio armato dalla Cgil leccese, subito ripreso e amplificato da Repubblica.

mas-forza-italia.jpg



Di fronte al processso di piazza online la De Benedetto ha replicato con colta ironia soccorrendo
le pattuglie antifasciste nel cammino impervio della conoscenza.

Sulla Beffa di Buccari la consiglieza leccese spiega che si trattò in’incursione cui prese parte il Vate,
poi informa che il socialista Benito Mussolini all’epoca, nel 1918, non aveva ancora fondato i Fasci di combattimento
e che c’era «un naviglio austro-ungarico a bordo di un MAS, gioiello del genio cantieristico italiano».

Poi il colpo di teatro: Federica De Benedetto, contenta di aver riaperto involontariamente una pagina di storia
e dispiaciuta che non si possa ancora parlare della seconda guerra mondiale senza suscitare la paure del fascismo,
ha invitato l’Amministrazione comunale e i sindacalisti alla proiezione di Red Land, il 19 dicembre a Lecce.

Chissà se andranno.

«Poi alla fine, se vorrete, apriremo il dibattito su una brutta scritta natalizia che in uno slang inglese,
diffuso quanto cacofonico, celebra in Piazza Mazzini la piu cristiana delle celebrazioni».
 
Ma anche queste .......male male male

Due sindacaliste della Cgil sono indagate dalla Procura di Venezia per diffamazione aggravata
dopo le accuse di ostacolo a interrompere la gravidanza che erano state mosse contro il Servizio sanitario locale veneto.

Lo rende noto la Regione Veneto.

A entrambe è stata notificata la conclusione delle indagini preliminari, assieme all’avviso di garanzia.
Tutto è partito dalla denuncia di una delle due donne, supportata dalla seconda,
che ha raccontato di avere tentato invano di abortire in 23 strutture ospedaliere sino all’intervento della Cgil.

Un racconto inventato, probabilmente al fine di screditare la Regione Veneto
e di supportare la tesi secondo cui in Italia l’applicazione della legge 194 non viene rispettata.

Era il marzo del 2017 quando la notizia venne diffusa: all’epoca i giornali scrissero che una donna
dopo avere ricevuto un no da 23 strutture sanitarie del Nord Est era finalmente riuscita ad abortire a Padova grazie all’aiuto della Cgil.
 
Il sospetto circola da anni e non è mai stato né del tutto confermato né del tutto smentito.
Ora uno studio australiano promette di fare chiarezza tra il presunto rapporto tra uso del cellulare e tumori al cervello.

Ecco, secondo i ricercatori coordinati dall’Arpansa (Australian Radiation Protection and Nuclear Safety Agency), non vi sarebbe alcuna correlazione.

Lo studio – che è stato pubblicato sul British Medical Journal Open e realizzato in collaborazione tra la University of Wollongong,
Monash University e University of Auckland – ha esaminato l’incidenza di diversi tipi di tumori cerebrali negli adulti tra cui glioma,
glioblastoma e meningioma diagnosticati fra il 1982 e il 2013.

Le diagnosi di 16.825 casi di cancro al cervello sono stati confrontati con la sottoscrizione di abbonamenti alla telefonia mobile nel Paese.

È emerso che i tassi complessivi del tumore cerebrale sono rimasti stabili per tutto il periodo esaminato,
e non hanno mostrato alcun aumento rispetto alla crescita dell’uso di cellulari in Australia.
C’è stato in effetti un aumento di glioblastoma nel 1993 e nel 2002, attribuito però a tecniche diagnostiche migliori
grazie ai progressi nella risonanza magnetica. Sebbene l’uso dei telefonini sia aumentato rapidamente dal 2003, i
noltre, da allora non è stata registrata alcuna crescita nei tumori cerebrali.

Sempre dal 2003 non si è verificato alcun aumento dei tumori cerebrali del lobo temporale, l’area più esposta quando si utilizza un cellulare.
 

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