Una delle fanfaluche più spassose propagandate dai nostri statisti scappati di casa
è quella del popolo che ora finalmente governerebbe al posto delle élite.
È una retorica pulciosa e scarmigliata che, con tutte le trombe, le trombette e i tromboni di complemento al seguito,
ci ammorba da mesi e che promette di dettare l’agenda della nostra politichetta da strapazzo per un periodo lungo assai.
Praticamente non si parla d’altro. Non passa giorno che non arrivi un qualche scienziato a spiegarci
quanto rivoluzionaria sia la rivoluzione rivoluzionante che rivoluzionariamente rivoluziona le stanze del potere.
Perché ora sì che è cambiato tutto, ora sì che la plebi umiliate e offese hanno conquistato il loro posto al sole,
il loro sbocco al mare, il loro spazio vitale e ora c’è solo da aspettare le radiose giornate di maggio per vedere la rotta,
la Waterloo, la Caporetto della tecnocrazia, della massoneria, della multinazionaleria, della trilateralia che sfruttava e vessava e mobbizzava le genti.
Ma ora non più.
E via con l’oratoria pomposamente italiota sul nuovo che tutto cambia, tutto stravolge, tutto rende compiutamente democratico,
distinguendo una volta per tutte - grazie alla narrazione del rutilante circo dei media, che in quanto a luoghi comuni
e alle grattate di panza all’italiano medio è specialista assoluto - il popolo puro e probo e casto e trasparente di qua e la casta lurida e laida e schifosa e omertosa di là.
Che immagini indimenticabili.
Il Popolo che progetta un futuro radioso, incontaminato e a tasso zero di inquinamento
e la Casta che lancia la spazzatura dal finestrino e sgorga l’olio del motore nel lago,
il Popolo che regala pane e cioccolato ai bisognosi
e la Casta che rumina, rutta e si mangia pure la gambe del tavolo,
il Popolo che dà a tutti secondo i loro bisogni
e la Casta che rapina le vecchiette fuori dalle Poste,
il Popolo che declama le laudi di San Francesco
e la Casta che sbava sul Grande Fratello Vip,
il Popolo che accarezza bambini biondi
e la Casta che tira lo sciacquone.
Una roba devastante. Ci hanno azzerato il cervello. Ce le hanno piallate come alle bambole, ce le hanno fatte a dadini con l’ermeneutica del popolo.
E noi giù a bercela come beoti tutta questa narrativa da stazione, questa letteratura edificante da Minculpop
con la quale da sempre i maiali di Orwell raccontano le favolette al resto della fattoria.
Cambiano i tempi, cambiano le facce, ma in fondo, diciamoci la verità, non cambia mai niente.
E tra le cose che non cambiano mai c’è la verità.
E una di queste verità è che la mitologia del popolo è una buffonata, una fanfaronata, una cialtronata.
Non esiste alcun popolo al potere né è mai esistito né mai esisterà.
E per fortuna. Il mondo è sempre stato guidato dalle élite, perché questa è la natura delle società umane.
Ci possono essere élite oneste e capaci ed élite ignobili e corrotte, ma sempre di élite si parla.
Masaniello era un’élite, perché da tutta la plebaglia che rappresentava è lui, con il suo cerchio magico, che è emerso, non un altro.
Robespierre era un’élite, che aveva sostituito quella reale.
Spartaco era un’élite rispetto alla marea di schiavi che fece ribellare.
I liderini del Sessantotto, con le loro espadrillas scalcagnate, i loro maglionazzi forforosi e le loro tisane alla curcuma, erano un’élite.
Mario Moretti era un’élite rispetto a Raimondo Etro.
Hitler era un’élite.
Ma anche Roosevelt.
E pure Churchill.
Financo il Papa è un’élite, perché, alla fine, è lui tra milioni di sacerdoti quello scelto dallo spirito santo per guidare la Chiesa. E potremmo andare avanti all’infinito.
Ma pensate anche agli ambiti più banali.
Se vi mettete a osservare dei bambini che giocano a pallone in un campetto (sempre che se ne trovino ancora…)
dopo dieci minuti capirete chi gioca bene e chi no, ma già dopo due avrete intuito chi comanda, chi è leader, chi è il faro di quel piccolo consesso sociale.
E così in un’aula scolastica o nei chiostri dell’università o in qualsiasi ambiente di lavoro.
E così tra gli schiumatori professionali del web: uno inizia a insultare e tutti gli altri pecoroni lo seguono.
E vogliamo parlare delle dinamiche del Bar dello Sport? C’è sempre qualcuno che scrive l’agenda, che detta i tempi,
che la racconta lui come nessuno mai, sia che ci si ingaglioffisca sulla Var di Inter-Juve,
che si sbraiti contro gli amici degli amici che qui è ora di finirla o che si vagheggino i bei tempi
quando sulla riviera romagnola si era conosciuto lo Zanza, che ogni sera timbrava una svedese diversa.
La leadership - per carisma, per competenza, per chimica, per empatia, per filiera - è una dinamica atavica e consustanziale alla natura umana.
Ogni movimento politico, sociale, economico, culturale che interpreti l’onda lunga della storia, la lunga durata del modellarsi delle comunità finisce sempre - sempre! -
con il far emergere i comandanti, i rappresentanti, i mediatori tra le pulsioni della base e la realtà effettuale.
E quindi nell’esatto momento in cui mediano e sintetizzano, questi snaturano e contraddicono la purezza
tutta letteraria, tutta immaginaria e, quindi, assolutamente inesistente del popolo in quanto tale.
Che si rivela invece per quello che è: una fola, una figura retorica, un balocco nelle mani dei demogoghi che conduce inesorabilmente all’anarchia o al dispotismo.
Quindi, visto che le élite non possono non esistere, possono però essere di due tipi:
quelle che, una volta giunte al potere, lavorano con intelligenza e perseveranza per il popolo
e quelle che, una volta giunte al potere grazie al popolo, del popolo se ne sbattono.