CINQUE MINUTI PER FARE UNA CAZZATA LI TROVO SEMPRE

Non mollano la presa. Al posto di questo giornalista avrei vergona a scrivere certe scempiaggini

Ma questo dov'era quando i governi di sinistra hanno BLOCCATO - ZERO - la rivalutazione Istat annuale ?

Con la legge di Bilancio previsto un conguaglio che a marzo annullerà la rivalutazione degli assegni: così lo Stato risparmierà 2,29 miliardi

Prima l'aumento, poi la stangata. Per i pensionati non c'è pace.
Basta guardare l'ultima circolare Inps che da un lato annuncia gli incrementi sugli assegni e dall'altro lascia presagire l'arrivo di una amara sorpresa.

A gennaio infatti la rivalutazione sugli assegni scatterà senza le penalizzazioni previste dalla legge di Bilancio.
La comunicazione dell'Istituto di previdenza sociale (circolare 122/2018) diffusa il 27 dicembre parla chiaro:
l'adeguamento degli assegni terrà conto della variazione dell'inflazione dell'1,1%.
Inoltre il meccanismo adottato per il ricalcolo sarà basato sulla legge 388/2000 e non sui paletti imposti dalla manovra.
Gli assegni avranno un adeguamento del 100 per cento fino a tre volte il minimo,
del 90 per cento fino a cinque volte il minimo
e del 75 per cento per gli assegni oltre questa soglia. Ma è a questo punto che arriva la doccia fredda.

L'Inps, sempre nella stessa circolare, «segnala» l'arrivo della stangata con due righe:
«In previsione dell'entrata in vigore della legge di bilancio per l'anno 2019, gli incrementi per il 2019 descritti nella presente circolare potranno subire variazioni».

Parole chiare che aprono le porte alle sforbiciate.
Insomma a gennaio i pensionati avranno un assegno più pesante per poi perdere una parte dell'aumento
ottenuto con un successivo conguaglio che recepirà le indicazioni della manovra.
Vediamo dunque come cambiano gli importi con il trattamento automatico dell'Inps e con le «modifiche» apportate dalla legge di Bilancio.

Un pensionato che incassa al mese un assegno da 2.300 euro lordi a gennaio riceverà un assegno da 2.324,44 euro.
Poi arriverà il conguaglio (probabilmente a marzo) e lo stesso assegno passerà a 2.319,48 euro lordi.

5 EURO IN MENO AL MESE - E questa la chiami sforbiciata ? LO 0.25%

La musica non cambia se aumenta l'importo: un assegno da 4.700 euro a gennaio sarà di 4.744,64 euro
per poi scendere nei mesi successivi a 4.720,68 euro.

24 EURO IN MENO AL MESE ? LO 0,5 %

Di fatto con i «ritocchi» voluti dal governo, per le pensioni superiori a 3 volte il minimo e inferiori a 4 la rivalutazione sarà del 97%,
del 77% per gli importi tra 4 e 5 volte il minimo,
del 52% tra 5 volte e 6 volte il minimo,
del 47% oltre 6 volte,
del 45 oltre 8 volte
e solo del 40% oltre 9 volte il minimo.

Dietro queste percentuali si nasconde la mazzata sui pensionati che porterà nei prossimi tre anni 2,29 miliardi nelle casse dello Stato.

MA TU LO SAI CHE IL 99% DI QUSTI PENSIONATI E' ANDATO IN PENSIONE CON IL SISTEMA RETRIBUTIVO ?

SE VENISSE LORO RICALCOLATA LA PENSIONE CON IL SISTEMA CONTRIBUTIVO,
COME SAREBBE EQUO E CORRETTO, PERDEREBBERO ALMENO IL 20-25% DELL'ASSEGNO MENSILE:
 
Praticamente diventi scemo .........ed è quello che vogliono.

Se gli acquisti online vi hanno forse salvato quest'anno da lunghe file in auto verso le vie dello shopping,
click dopo click, pacco dopo pacco, attenzione e concentrazione vengono però pesantemente erose.

Lo dimostra uno studio pubblicato sulla rivista Plos One secondo cui lo shopping online riduce la concentrazione e rallenta i tempi di reazione.

Lo studio è stato condotto presso il Key Laboratory of Adolescent Cyberpsychology and Behavior, della Central China Normal University, a Wuhan in Cina.
Gli esperti hanno coinvolto tre gruppi di volontari e hanno studiato i loro tempi di reazione e la loro concentrazione prima e dopo tre differenti attività: leggere una rivista, riposarsi o fare shopping online.

Gli esperti hanno controllato la concentrazione e i tempi di reazione dei volontari sia con dei test ad hoc
sia con esami obiettivi (simili all'elettroencefalogramma) basati sulla misurazione delle onde cerebrali nel cervello di ciascuno.

Ebbene è emerso che solo coloro che avevano fatto shopping online sperimentano un calo di concentrazione e una riduzione dei tempi di reazione subito dopo l'attività.
Il motivo, spiegano gli scienziati, è che comprare online è una enorme fonte di distrazione che inevitabilmente penalizza le capacità di attenzione e concentrazione
e i tempi di reazione senza risparmiare neanche gli individui più avvezzi al multitasking.
 
E' quello che per anni hanno fatto Renzi ed il PD.

Non sono un seguace di Matteo Salvini.
Sia politicamente – ma la cosa, qui, è ininfluente – sia socialmediaticamente.
Insomma, non seguo su Twitter l’attuale ministro dell’Interno italiano e leader della Lega Nord.
Il che significa che i suoi tweet, di per sé, non compaiono quando il mio dito tocca l’iconcina azzurroalata sullo smartphone.
Eppure so che l’altro giorno si è mangiato pane e Nutella e, il giorno dopo, un arancino di riso.

Informazioni la cui rilevanza politica e sociale dovrebbe essere nulla: semplice chiacchiericcio che – sia chiaro – ha la sua ragion d’essere.
Anche per il vicepresidente del Consiglio dei ministri che certo è persona di Stato, ma è anche una persona
e come tale ha diritto a un po’ di sano cazzeggio, cosa che, di per sé, non inficia la dignità della carica che ricopre – almeno, non più delle sue idee politiche.

Ma torniamo alle scelte alimentari di Salvini: pur non essendo seguace e pur essendo informazioni a dir poco marginali, ne sono venuto a conoscenza.
Perché? Non solo perché molti hanno condiviso, indignati, quegli (esteticamente) orribili selfie, ma anche perché la notizia – anzi, la “notizia”,
tra virgolette – è stata ripresa dalle principali testate giornalistiche. C’è persino chi ha proposto campagne di boicottaggio dei prodotti consumati da Salvini.

Il controllo delle notizie
Ora, se la conseguenza fosse solo l’aver inflitto a me e agli altri non seguaci di Salvini il suo faccione sorridente
mentre addenta prodotti alimentari più o meno raffinati, poco male.
Il fatto è che così facendo si è impostato il dibattito non intorno ai pericoli dell’attività vulcanica in Sicilia
o al pentito ucciso a Pesaro nonostante fosse sotto protezione, ma intorno al tempo libero di Matteo Salvini
– che è un ministro: ha la responsabilità politica di quel che viene e non viene fatto, ma certo non è suo compito indagare sugli omicidi o evacuare le case danneggiate.

Se Salvini è al centro del discorso politico e sociale non lo si deve solo a chi condivide le sue idee e le sue scelte,
ma anche a chi ne condivide i post – per criticarli, per insultarlo, per prenderlo in giro, per indignarsi.
E, peggio ancora, ai mass media che inseguendo le fette di pane e gli arancini di Salvini cedono al leader della Lega Nord il controllo delle notizie.

Il linguista statunitense George Lakoff – riferendosi evidentemente a Donald Trump, non a Salvini, ma la sostanza non cambia –
ha identificato quattro tipi di tweet, quattro modalità di controllare il dibattito che è bene conoscere
in un momento dove, grazie ai social media, il dibattito pubblico è davvero nelle mani di tutti.

Al primo posto abbiamo, ovviamente, la distrazione: se c’è qualche tema spinoso all’orizzonte, una bella polemica pretestuosa e quel tema passa in secondo piano.
Se poi quel tema spinoso passa lo stesso, abbiamo il diversivo: è un attacco, una macchinazione,
una fake news inventata da invidiosi e avversari politici; concentratevi su di loro, non su quel che dicono.
C’è poi il test: la si spara grossa per vedere come reagisce l’opinione pubblica, quanto si è assuefatta a idee un tempo aberranti tipo lasciar annegare delle persone in mezzo al mare.
Ma il più insidioso è il “preemptive framing”, perché – è uno dei cavalli di battaglia della linguistica cognitiva di Lakoff
i fatti non valgono nulla senza una cornice concettuale che dà loro un senso.
E controllare quella cornice vuol dire controllare i fatti: vedi le migrazioni concepite come invasioni, la chiusura dei porti come misura di sicurezza nazionale eccetera.

“Ma non si può ignorare Salvini: è un ministro!” ribattono alcuni. Vero, per quanto i suoi tweet alimentari, in realtà,
li potremmo tranquillamente ignorare; quanto agli altri, c’è modo e modo di riprenderli.
Sempre Lakoff ha più volte messo in guardia i media dal riprendere le bugie dei politici nella convinzione che le persone le riconoscano come tali:
funziona solo con quelli che già sanno che quella è una bugia, non con gli altri.

Se proprio la dichiarazione non la si può ignorare, non va semplicemente ripresa ma inserita in quello che Lakoff chiama “truth sandwiche”, il panino della verità.
Perché la prima cosa che si legge è quella che rimane in mente, per cui occorre sempre partire dalla verità, poi raccontare la bugia per concludere, di nuovo, con la verità.

Tutti per uno, tutti contro tutti
Fin qui, tecniche classiche, meccanismi della comunicazione – o retorica, come la si chiamava un tempo – che certo non sono nati con i social media.

Quella che forse è cambiata è la modalità di comunicazione, perché sui social media non c’è controllo sul pubblico:
un politico che tiene un discorso pubblico sa con chi sta parlando e nella grande metropoli non dirà le stesse cose
che direbbe in una cittadina di provincia (o a un incontro con gli industriali), e anche le trasmissioni radio e tv hanno un determinato pubblico, sui social media si parla al mondo.

Il fenomeno, sia chiaro, riguarda tutti noi che infliggiamo ai colleghi le nostre foto di famiglia e ai parenti notizie di attualità,
cosa che mai faremmo di persona perché, di persona, ci renderemmo subito conto che non interessano per niente.
Se per i rapporti sociali ciò è una rottura di scatole, per la comunicazione politica potrebbe essere un disastro,
perché un messaggio politico che vada bene a tutti – a tutte le classi sociali ed economiche, a simpatizzanti, critici e indifferenti – è praticamente impossibile.

E qui sta la bravura di Salvini, Trump e di altri comunicatori dell’agorà virtuale: non cercare l’impossibile consenso
ma al contrario coltivare il dissenso. Insultando e ridicolizzando chi non la pensa come te o ha semplicemente dei dubbi
– tattica usata, con successo, da alcuni giornalisti e divulgatori – oppure con messaggi studiati per compiacere i fan e indignare tutti gli altri (vedi il pane e Nutella di Salvini).

Tecnica indubbiamente efficace: sfruttandola con abilità, si riesce a monopolizzare il dibattito pubblico.
Con un piccolo effetto collaterale: polarizzare il pubblico, estremizzare le discussioni trasformando ognuna in uno scontro tra due fazioni che niente hanno in comune.
Insomma, il venire meno di un vero dibattito pubblico.
 
Personalmente è una catena che non apprezzo...però qualcosa di buono fa.....non da noi però.

Per la quarta volta consecutiva, Lidl Svizzera è stata eletta «Retailer of the Year»
e inoltre per la seconda volta consecutiva ha ricevuto il riconoscimento «Migliori aziende di tirocinio della Svizzera».
Nel 2018 sono stati creati circa 210 nuovi posti di lavoro, sono state aperte 6 nuove filiali ed è stata inaugurata la nuova sede centrale.

Il successo di Lidl Svizzera si evidenzia anche nella politica ecologica di trasporto in quanto ha portato in Svizzera
i primi camion a gas naturale liquefatto con tanto di stazioni di rifornimento.
Rispetto ai veicoli a diesel, questi veicoli emettono il 10-15% in meno di CO2, il 35% in meno di ossidi di azoto, il 50% in meno di rumore e il 95% in meno di polveri sottili.
A medio termine, Lidl Svizzera vuole viaggiare in modo totalmente privo di combustibili fossili.

Non solo, con il marchio Terra Natura, Lidl Svizzera da settembre contrassegna la carne di maiali
il cui allevamento, trasporto e macellazione sono regolarmente controllati dalla Protezione Svizzera degli Animali.

A novembre inoltre ha iniziato il passaggio del suo assortimento di banane con l'obiettivo futuro di offrire solo banane con il marchio di qualità di Fairtrade Max Havelaar.

Nell'ambito della loro cooperazione, all'inizio del 2017 il WWF e Lidl hanno definito degli obiettivi di sostenibilità vincolanti. I seguenti obiettivi sono già stati raggiunti:
• il cacao in tutti i prodotti di marca propria con una percentuale di cacao superiore all'1% è certificato.
• il 100% dell'olio di palma in tutti i prodotti Food di marca propria è stato adeguato almeno al livello standard RSPO Segregated o Bio Suisse.
L'olio di palma nei prodotti Near Food di marca propria è stato adeguato almeno al livello standard RSPO Mass Balance o Bio Suisse.
• Dal 2017, Lidl Svizzera è membro della Rete svizzera per la soia, che si impegna per una coltivazione responsabile e un approvvigionamento sostenibile di soia per mangimi.
• Il 100% delle lampadine in assortimento è costituito da LED a basso consumo energetico.

6 nuove filiali e 100 milioni di investimenti

Nel 2018 Lidl Svizzera ha aperto 6 nuove filiali su tutto il territorio nazionale.
Viganello (TI), Moutier (BE), Horgen (ZH), Lyss (BE), Binningen (BL) und Sarnen (OW).
Di conseguenza, Lidl Svizzera gestisce già 123 filiali su tutto il territorio.
Entro la fine dell'anno commerciale in tutto ci saranno 10 nuove filiali, con le quali Lidl Svizzera raggiungerà il suo ambizioso obiettivo di espansione di 8-10 filiali.
Gli incarichi di costruzione di opere nuove e di ristrutturazione nonché il Facility Management sono stati assegnati anche quest’anno quasi esclusivamente a imprese svizzere,
che con essi hanno potuto eseguire lavori per un valore complessivo di circa 100 milioni di franchi.

Creati 210 posti di lavoro

Il team aziendale si è ingrandito anche quest’anno. Alla fine del 2018 Lidl conta un organico di circa 3.500 dipendenti, 210 in più rispetto all’anno precedente.
Inoltre circa 55 giovani hanno svolto un tirocinio a Lidl Svizzera. Fa particolarmente piacere che l'azienda abbia ricevuto
per la seconda volta consecutiva un riconoscimento da parte di “Great Place to Work” come una tra le migliori aziende di tirocinio.
Lidl Svizzera è convinta che lo sviluppo di successo proseguirà nell’anno a venire.
 
Dice un antico adagio che in Medio Oriente la violenza è sempre operante, semmai concede qualche tregua, spostandosi a turno da una comunità all’altra.

L’unica comunità che si può escludere da questa massima è rappresentata dai curdi.

Per loro non ci sono praticamente tregue. Per loro le disgrazie sono perenni.
In effetti, dagli accordi Sykes-Picot (un secolo fa, coi Trattati di Sèvres, quando inglesi e francesi ridisegnarono a tavolino sulle macerie dell’impero ottomano, a loro comodo e vantaggio,
i confini di gran parte della regione) ad oggi con i curdi la Storia è stata più che matrigna. È stata crudele.
Certo, c’è il Kurdistan della piena autonomia del Nord Iraq, conquistata con le armi, ma il cui futuro promette l’ennesimo tragico rovescio
una volta che a Baghdad dovesse consolidarsi un potere centrale (prima o poi accadrà); e c’è il Kurdistan del Nord siriano,
dove i combattenti dell’Ypg si sono ritagliati un territorio autogestito, pagandolo a caro prezzo, con feroce guerra contro lo Stato Islamico, costata loro migliaia di morti.

Lotta contro l’Isis che beffardamente Donald Trump ritiene erroneamente “già vinta” e che senza questo contributo sarebbe risultata comunque assai più lunga, sanguinosa e incerta.
E con quale moneta i curdi vengono ripagati? Col tradimento. Con l’abbandono.

Perché questo significa in sostanza il ritiro del piccolo contingente americano deciso dal capo della Casa Bianca.
Piccolo ma sufficiente, sul piano politico-simbolico, a contenere gli appetiti di tutti gli altri protagonisti della crisi.
Per i curdi, la solita storia. Ma stavolta c’è un motivo in più per spiegare la minaccia di annientamento sull’Unità di Protezione Popolare (questo il significato di Ypg):
si tratta infatti di un esperimento democratico forgiato nella lotta e che vede compartecipi curdi ma anche arabi, assiri, circassi, più altre minoranze.
Un modello unico, nell’area mediorientale, di convivenza, di giustizia sociale, di dimostrata uguaglianza delle donne, e di governo laico.
Progetto ideologicamente poco gradito dalle parti di Washington, e del tutto osteggiato dagli altri interessati:
la Siria di Bashar al-Assad (che mira alla ricomposizione territoriale della nazione),
l’Iran (si allontana da quel fronte il suo principale nemico),
la Russia (ora sente di avere le mani libere come ‘potenza indispensabile’),
e soprattutto la Turchia di Erdogan: deciso a “regolare i conti” anche con i curdi d’oltreconfine, ‘manu militari’ se occorre,
per azzerare qualsiasi progetto irredentista in grado di contaminare la già repressa minoranza curda di Turchia.

Al dittatoriale neo-sultano del Bosforo, Trump concede dunque un’altra chance di riagganciarsi alla Nato dopo la sbandata pro-russa e pro-iraniana.
 
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Cosa dire a questi due ?

Avrebbero voluto trascorrere una nottata (quella tra il 2 e il 3 gennaio, gulp!) all'aperto,
magari ammirando le stelle da una delle passeggiate a bassa quota più spettacolari del lecchese, il Sentiero del Viandante.

Hanno finito per costringere i volontari del soccorso alpino e i vigili del fuoco ad un'uscita serale che, francamente, usando la testa, avrebbero potuto loro risparmiare.

Protagonisti di quanto successo questa notte sono due ragazzi di 21 anni, un maschio e una femmina,
partiti nel pomeriggio da Milano e arrivati in treno a Varenna per poi intraprendere il celebre camminamento a mezza costa con vista sul Lario.

Sembra proprio che avessero intenzione di dormire all'aperto ma si sono persi e il freddo della notte li ha spinti a telefonare per chiedere aiuto.
I soccorsi si sono attivati subito - la chiamata è giunta intorno all'una - con la stazione di Valsassina e Valvarrone del soccorso alpino e i vigili del fuoco di Bellano.
I due giovani però non sapevano dare indicazioni sul luogo in cui si trovavano e dopo un paio di contatti telefonici la batteria si è scaricata e non erano più raggiungibili.

Grazie a una stretta collaborazione tra Cnsas e vigili del fuoco, i ragazzi sono stati ritrovati verso le 5:00 di stamattina a 800 metri di quota, in comune di Lierna.
Avevano preso il Sentiero dei viandanti in direzione Ortanella. Erano infreddoliti (hanno rischiato una forte ipotermia) ma erano comunque illesi

. Sono stati accompagnati a valle per il rientro in autonomia.
 
dopo....sempre dopo....è facile a dirsi.

Sembra che la "Imbuto" sia una pista con parecchie gobbe.
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La prima cosa che ho detto ai miei figli è stata : - se sei in difficoltà - siediti di lato.
Ora. Scendere per 50 metri come sta scritto qui, vuol dire che qualche problema l'aveva.
O forse andava troppo forte. O forse qualcuno ha sottovalutato il pericolo.
Ma dare la colpa agli altri.....

«Se solo non ci fossero state quelle barriere frangivento la mia piccola sarebbe forse ancora viva»

Camilla mentre scendeva sulla pista Imbuto del comprensorio Via Lattea a Sauze d'Oulx è finita violentemente contro un frangivento,
quella barriera utilizzata per la gestione del manto nevoso sulle piste da sci che viene montata in prossimità degli impianti di risalita,
delle stazioni di partenza e d'arrivo di skilift e seggiovie.
Proprio quella barriera sequestrata dagli inquirenti per il papà Francesco ha causato la morte della figlioletta.
«Non era la prima volta che facevamo quella pista aggiunge l'uomo e Camilla era molto portata per lo sci».

Il percorso secondo i vertici della società che gestisce l'impianto era sicuro.
«La pista era regolarmente palinata con i cartelli che consigliano di rallentare spiega Giovanni Brasso, presidente della Sestrieres Spa e la visibilità era buona».

Tutto è accaduto in pochi minuti. Camilla che, sugli sci aveva imparato ad andarci fin da piccolina,
ieri mattina era salita fino in cima alla pista Imbuto chiamata così per un restringimento che obbliga gli sciatori
a passare tra le rocce, pronta a divertirsi insieme al papà e ai compagni di scuola.
Erano da poco trascorse le 14.30 quando la piccola ha perso il controllo degli sci finendo fuori pista.
Da lì non è più riuscita a fermarsi, scivolando a valle per 50 metri nonostante avesse puntato le racchette
o aperto gli sci a spazza-neve per provare a rallentare. La pendenza, la paura probabilmente, le hanno invece fatto acquistare velocità.

«Quando i soccorsi sono arrivati conclude il papà ancora respirava».
Trasportata dall'elicottero del 118 al pronto soccorso di Torino, Camilla è morta per un arresto cardiocircolatorio a causa di un forte trauma toracico.
 
Siamo in cima a Monte Fraiteve, a quota 2.680 metri, e percorriamo la pista Cresta e la pista Imbuto, entrambe di colore rosso, di media difficoltà.

La pista Cresta è molto particolare in quanto si sviluppa proprio seguendo la cresta della montagna ed offre, sul versante destro,
una panoramica vista su Sestriere e, sul versante sinistro, si affaccia sul Vallone del Rio Nero.

Il primo tratto è ripido, con una pendenza costante e molto uniforme; chi non se la sentisse di percorrerlo può seguire il percorso alternativo per principianti:
la stradina 27 blu, che si immette nella parte finale della pista Cresta che, da questo punto, è classificata come blu, perciò adatta anche agli sciatori meno esperti.
Infatti il pendio diventa dolce e molto agevole. Dopo alcune centinaia di metri la pista si biforca.

A destra si prosegue con la 27 bassa blu, mentre a sinistra ci immettiamo nel percorso più impegnativo, la pista Imbuto, nuovamente rossa.

Prende il nome proprio dalla sua forma, in quanto si restringe decisamente e si incanala in un passaggio obbligato tra le rocce.
E' una pista che esisteva già tanti anni fa, ultimamente però non era più stato possibile aprirla al pubblico in quanto richiedeva dei lavori di ripristino che sono stati effettuati nell'estate.
Oltrepassato il tratto tra le rocce, il tracciato si allarga nuovamente, gira verso sinistra e si immette nel Vallone del rio Nero.
Si procede lungo un bel pendio tecnico a ridosso della cresta e perciò spesso all'ombra.
Nella parte conclusiva la pista si restringe e si trasforma in uno stradone che confluisce nella 51.

La discesa nel complesso ha un dislivello di 300 metri e si sviluppa sulla lunghezza di oltre un chilometro.
 
Vederne sparire qualcuno, non mi farebbe dispiacere.....ma il "supremo" dov'è ? Non parla qui ???

"Se l'Anci desidera un incontro per segnalare eventuali difficoltà applicative collegate alla legge sull'immigrazione e sulla sicurezza,
ben venga la richiesta di un incontro con il governo, al quale anche il Presidente del Consiglio è disposto a partecipare insieme al Ministro dell'Interno",
fanno sapere fonti di Palazzo Chigi, "Sono inaccettabili le posizioni degli amministratori locali che hanno pubblicamente dichiarato che
non intendono applicare una legge dello Stato. Il nostro ordinamento giuridico non attribuisce ai sindaci il potere di operare un
sindacato di costituzionalità delle leggi. Disapplicare una legge che non piace equivale a violarla, con tutte le conseguenti responsabilità".
 

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