CRISI ECONOMICA
IL RITORNO ALLA REALTÀ DOPO IL DOPING
ALFONSO TUOR La crisi non è affatto superata e il costo degli interventi di Governi e banche centrali, che hanno permesso di evitare temporaneamente il collasso del sistema finanziario e di frenare la caduta dell’economia, è enorme e sta creando nuovi rischi per il futuro dell’economia mondiale.
Il fallimento di Dubai, il rialzo dei rendimenti sui titoli pubblici di Italia e Grecia e i ribassi delle azioni delle banche potrebbero rappresentare un segnale che sia prossima un’altra fase di grande attività di questa crisi, che contrariamente a tutte le aspettative potrebbe manifestarsi prima della fine dell’anno.
Cerchiamo di procedere con ordine.
Cominciano ad emergere chiari segnali di allarme dei mercati dei capitali sulla sostenibilità nel tempo dell’esponenziale crescita dell’indebitamento degli Stati.
L’ultimo campanello d’allarme è giunto dalla penisola arabica con la moratoria sul debito del fondo di Dubai.
Ma quella che è di fatto la dichiarazione di insolvenza dell’Emirato è solo l’ultimo tassello di un mosaico che si stava chiaramente delineando da alcuni giorni.
I premi sui Credit Default Swap (un discutibile strumento attraverso cui ci si dovrebbe assicurare contro i rischi di insolvenza dell’emittente di un’obbligazione) sui titoli statali di Stati Uniti e di Gran Bretagna erano sensibilmente saliti, come si era allargato il differenziale dei rendimenti dei titoli statali all’interno di Eurolandia con il forte aumento degli spread sui titoli di Grecia e di Italia, ossia dei Paesi gravati da debiti pubblici che superano il 100% del loro PIL e quindi a maggior rischio di insolvenza.
Se questo processo, come è probabile, continuerà e se si estenderà ad altri Paesi, determinerà l’esplosione di una nuova fase di forte attività di questa crisi finanziaria, che come un vulcano dall’estate del 2007 intervalla periodi di quiete a periodo di forte eruzione.
Ma soprattutto contribuirà a mettere in luce l’insostenibilità nel tempo delle politiche finora seguite per affrontare la crisi.
Infatti, il miglioramento dei dati economici, che registrano negli Stati Uniti e in Eurolandia una crescita economica nel terzo trimestre di quest’anno, sono solo il frutto dei piani di rilancio statali, di un costo del denaro di poco superiore allo zero e del ricorso alla stampa di moneta da parte delle banche centrali.
La crescita attuale non è il frutto di una dinamica economica che si sta rimettendo lentamente in moto, ma unicamente il risultato di queste impressionanti dosi di doping.
Questa affermazione è del resto implicitamente riconosciuta da autorità monetarie e politiche, che continuano a ripetere che un cambiamento di politica economica sarebbe prematuro, poiché vi sarebbe un grande rischio di una ricaduta in recessione.
Governi e banche centrali non si esprimono però sulla sostenibilità di queste politiche e nemmeno sui nuovi pericoli che potrebbero emergere dalla conseguente esplosione dei debiti pubblici e dalla politica del denaro facile e a costo zero.
Eppure questi rischi cominciano ad essere sotto gli occhi di tutti.
Il primo elemento è l’impressionante e crescente scollamento tra mercati finanziari ed economia reale.
Questo risultato è la conseguenza dell’approccio in base al quale le autorità americane hanno deciso di affrontare la crisi: salvare il sistema finanziario (tramite anche il trasferimento ai contribuenti di una parte delle ingenti perdite di banche e società finanziarie), stabilizzare i mercati finanziari attraverso l’irrorazione di enormi quantità di liquidità e varare un piano di stimolo con il proposito di rilanciare la crescita.
Questo approccio è stato seguito anche dai Paesi europei, seppur con modalità diverse.
I risultati non sono affatto esaltanti. La liquidità non ha risolto, ma ha semplicemente rinviato i problemi delle grandi banche.
Secondo il Fondo monetario internazionale, le banche hanno finora denunciato solo la metà delle loro perdite, l’altra metà è ancora nascosta nelle pieghe dei bilanci degli istituti di credito, aiutati in quest’opera di occultamento dal cambiamento delle regole contabili.
Ad esempio, per la Bundesbank vi sono almeno 90 miliardi di euro di perdite nascoste nei bilanci delle sole banche tedesche.
Dunque, il sistema bancario non è stato risanato ed è ancora in condizioni precarie, nonostante i grandi utili presentati da alcuni grandi gruppi bancari.
Questi ultimi sono l’espressione più evidente degli effetti perversi delle politiche adottate.
Essi sono infatti dovuti all’uso del denaro facile e a costo zero per quel tipo di attività di speculazione sui mercati responsabile della crisi, cui si voleva porre un freno.
Le continue iniezioni di liquidità delle banche centrali e il denaro a costi di poco superiori allo zero hanno invece rimesso in moto i mercati finanziari.
I corsi delle azioni e delle obbligazioni sono volati, i prezzi delle materie prime hanno ripreso a salire e via dicendo.
Questi movimenti al rialzo sono dovuti principalmente all’aspettativa che le politiche monetarie non cambino.
Ma mentre i mercati finanziari nuotano nella liquidità, l’economia reale non ha sete e non beve.
Sia negli Stati Uniti sia in Eurolandia il volume dei crediti elargiti dal sistema bancario ad imprese e famiglie è in contrazione in termini assoluti.
Quindi all’euforia dei mercati finanziari, destinata a formare nuove e pericolose bolle, si contrappone la sobrietà di imprese, che non hanno ripreso ad investire, e di famiglie, spaventate dall’aumento della disoccupazione, che tentano di risparmiare o di ridurre i loro debiti.
Ma nel frattempo sono esplosi i debiti pubblici. Dunque l’indebitamento complessivo delle economie occidentali si è aggravato.
E ora i nodi cominciano a venire al pettine. Le politiche finora adottate hanno solo permesso di guadagnar tempo, ma non hanno risolto alcun problema. Inoltre esse non sono sostenibili nel tempo.
Quindi sarà profondamente delusa la speranza di uscire dalla crisi facendo volare i debiti degli Stati e stampando moneta.
E lo scollamento tra mercati finanziari ed economia reale è destinato a chiudersi a scapito dei primi che in questi ultimi mesi sono stati i principali beneficiari delle dosi di doping, costituito dal denaro facile e a costo di poco superiore allo zero dispensato dalle banche centrali.
corriere del ticino oggi