Macroeconomia Crisi finanziaria e sviluppi (3 lettori)

mostromarino

Guest
Forse intendeva l'Unione Monetaria Latina tra Francia, Belgio, Svizzera, Italia, Grecia e Stati pontifici che però basava unicamente la libera circolazione delle monete nazionali in base al fatto che la quantità di metallo prezioso contenuto nelle stesse era identico per tutti. Quindi il valore delle stesse era comune.

penso proprio si riferisca a quella...che si allargo`con aderenti con diversi distinguo

d`altronde...che altro avrebbero potuto fare..come accordo monetario,se non sulla base della determinazione della lega...
per una circolazione internazionale ?...
 

stockuccio

Guest
Tre lezioni dal Dubai. E ora attenti ai porti

Oscar Giannino








L’esplosione della speculazione immobiliare in Dubai insegna almeno tre cose. E mette ora le imprese italiane creditrici di fronte a una scelta. O compongono presto un trust unitario. Oppure le banche estere che sono più esposte tratteranno al meglio le garanzie per sé e i propri clienti. E rischiamo di prenderci un’altra sveglia. Non sul mattone dubaino, questa volta. Ma sui porti di mezzo mondo. Andiamo per ordine.
La prima lezione è che quando come nel caso del Dubai non si hanno attività reali – né materie prime né attività di trasformazione – puntare tutto sull’obiettivo di offrire al mondo globalizzato un hub di servizi tax free – in Dubai non c’è obbligo di partner locali per società di qualunque tipo, l’aliquota personale è zero, la tassazione societaria per 25 anni è garantita free of charge – comunque non garantisce che il prezzo degli asset immobiliari continui ad avvalorarsi, sostenendo in quanto tale l’esposizione crescente per realizzarli. Francamente, capisco che i governo del Dubai abbia ribadito che non risponde del debito di Dubai World, come del resto era esplicitamente scritto nel prospetto di ogni sua emissione obbligazionaria: è infatti una lezione per le banche internazionali e soprattutto britanniche, esposte per l’equivalente del 100% del pil di Dubai, non per per l’emiro Rashid al Maktoum che aveva preso le sue esplicite precauzioni.
La seconda lezione è per le imprese che lavoravano in Dubai, perché si troveranno esposte a bei buchi nel conto economico atteso. E la lista è lunga, anche di italiane o comunque di sussidiarie italiane di gruppi multinazionali: per restare solo alle maggiori ABB, Ansaldo Energia, Astaldi, Belleli, Fisia Italimpianti, Snamprogetti, Saipem, Danieli-Officine Meccaniche, IANUA, Nuovo Pignone, Italconsult, Pizzarotti, Tecnosistemi, Italian Design, Technip Italy, Pacorini SpA, Salini… un bel mix di engineering, edilizia, design, arredo casa, ceramica e mattonelle.
La terza lezione è ancor poco chiara ai più, ma interessa un settore centrale e decisivo negli affari mondiali: il traffico commerciale navale, cioè l’arteria principe della globalizzazione. Vedremo se i responsabili Deloitte della ristrutturazione del debito, nominati da Dubai Wolrd in riservata trattativa con le maggiori banche internazionali creditrici, a fronte degli impegni assai poco calorosi offerti dal governo del Dubai – che non risponde dei 60 bn $ in bonds di Dubai World da restituire al 2011– e a maggio ragione tanto più di quello di Abu Dhabi, non si rifaranno su uno degli asset che più fa gola di Dubai World, cioè Dubai World Port. Ricordo a tutti che è il quarto gigante al mondo per gestione diretta di terminali logistici marittimi: in 49 porti disseminati tra USA, UK, Germania, Emirati, Africa, Cina, Vietnam, Australia e via continuando, con altri 13 mega progetti in via di realizzazione. Bush aveva posto il veto alle attività del gigante britannico P&O nei maggiori porti USA, quando nel 2006 esso fu rilevato dai dubaini. Ma i 48 milioni e rotti di TEU movimentati da Dubai World Port nel 2008, che al terzo trimestre di quest’anno registravano solo un -6% sul terzo trimestre 2007 e cioè erano a mala pena scalfiti dal -15% di calo del commercio mondiale a cui chiuderà se va bene il 2009, insieme a molti porti in mezzo mondo farebbero gola a gran parte delle banche creditrici. Inutile dire che per le banche americane e nordeuropee l’interesse prioritario è esattamente opposto a quello italiano, nel commercio navale. Noi dobbiamo difendere i flussi che dall’Asia passano per il Golfo, Suez e il Mediterraneo. Loro, hanno l’interesse a minimizzarli.
Attenzione dunque: il buco che molte aziende italiane stanno rischiano non riguarda loro da sole, riguarda noi tutti. I creditori italiani dovrebbero essere energicamente invitati dal governo a costituire un trust unitario nel più breve volgere di tempo possibile, trust al quale dare una rappresentanza bancaria e legale altrettanto unitaria da costituire al più presto presso i ristrutturatori ufficiali del debito dubaino. Altrimenti, i più esposti avranno i porti che attualmente fanno molta più gola di nuova carta finanziaria degli Emirati. Noi, niente.



la lista dei 'supervisionati' pubblicata dal Financial Times
 
Ultima modifica di un moderatore:

stockuccio

Guest
ogni tanto lo riporto ...


MIOPIA GLOBALE: 2010 ANNO DELLA VERITA'!

eye-water_id620886_size1.jpg
Nella miopia, gli oggetti tendono ad apparire sfocati e solo quando essi sono vicini, la visione migliora e diventa più nitida. Ci vorrà del tempo ma piano, piano, lentamente, la realtà fondamentale assumerà contorni sempre più definiti.
Un indice ISM manifacturing che stupisce negativamente, anche il sottoscritto, con una occupazione che torna ad arretrarere anticipando un dato occupazionale per venerdi non certo entusiasmante e una nuova e salutare ondata deflativa sulle illusioni di prezzi in continuo aumento. Purtroppo anche il settore manifatturiero conferma una anemica ripresa senza occupazione. Gli inventari nel frattempo continuano a raccontare la favola della ripresa economica americana.

MANUFACTURING AT A GLANCE
NOVEMBER 2009


Index Series
Index
November
Series
Index
October
Percentage
Point
Change


Direction Rate
of
Change

Trend*
(Months)
PMI
53.6
55.7
-2.1
Growing
Slower
4
New Orders
60.3
58.5
+1.8
Growing
Faster
5
Production
59.9
63.3
-3.4
Growing
Slower
6
Employment
50.8
53.1
-2.3
Growing
Slower
2
Supplier Deliveries
55.7
56.9
-1.2
Slowing
Slower
6
Inventories
41.3
46.9
-5.6
Contracting
Faster
43
Customers' Inventories
37.0
38.5
-1.5
Too Low
Faster
8
Prices
55.0
65.0
-10.0
Increasing
Slower
5
Backlog of Orders
52.0
53.5
-1.5
Growing
Slower
4
Exports
56.0
55.5
+0.5
Growing
Faster
5
Imports
51.5
51.0
+0.5
Growing
Faster
3
OVERALL ECONOMY
Growing
Slower
7
Manufacturing Sector
Growing
Slower
4
Ebbene l'unico settore produttivo americano quello manifatturiero foraggiato dagli stimoli del governo americano anche se quello meno significativo, ha gà finito la sua corsa, ha già terminato di provare a produrre occupazione.
Non spaventatevi, ma sarà un post lungo, molto lungo alla vecchia maniera. Ci sono molte cose da dire, oggi, troppe cose.
Lucio un caro Compagno di viaggio, si è offerto di darmi una mano, di sollevarmi talvolta dal compito delle traduzioni e insieme abbiamo tradotto un pezzo di un grande analista, una delle poche stelle polari di Icebergfinanza, JohnHussman in Reckless Myopia, un pezzo che esplora la miopia dei mercati, se non che io la chiamerei cecità permanente della storia.
" Mi sbagliavo. Non riguardo all'implosione dei mercati del credito, della quale ho avvertito con urgenza nel 2007 e all'inizio del 2008. Non circa la recessione, che abbiamo spostato anticipandola a novembre 2007. Non riguardo alla caduta del mercato azionario, che ha cancellato l'intero guadagno del periodo 2002-2007, che non era stato una sorpresa.
Non riguardo al "flusso e riflusso" di dati a breve termine, che ho spesso notato potevano produrre una potente (anche se forse bruscamente interrotta) crescita del mercato anche a fronte di pericolose tendenze di lungo termine.
Non mi aspetto nemmeno la "sorprendente" seconda ondata di sofferenze del credito, che ci si può aspettare nel 2010. (…). Ma, chiaramente, mi sono sbagliato sulla misura in cui Wall Street avrebbe potuto rispondere al "flusso e riflusso" dei dati economici - in particolare alla ovvia e temporanea tregua nel reset dei mutui tra marzo e novembre 2009 - e guidare le azioni fino al punto dove sono non solo nuovamente sopravvalutate, ma straordinariamente subordinate a una ripresa economica sostenuta ed al raggiungimento e mantenimento di margini di profitto record negli anni a venire.
Avrei dovuto supporre che la tendenza di Wall Street verso la miopia sconsiderata - radicata negli ultimi dieci anni - sarebbe tornato al primo segno di stabilità, anche temporaneo. Il desiderio degli investitori di inseguire le tendenze prevalenti, e la loro riluttanza a tener conto di prevedibili rischi a lungo termine, ha guidato una serie successiva di rialzi speculativi e crolli durante l'ultimo decennio - la bolla dot-com, la bolla tecnologica, la bolla mutui, la bolla private equity, e la bolla delle materie prime. Ed eccoci di nuovo qui.

Ci troviamo di fronte due possibili scenari del mondo. Uno è un mondo in cui i nostri problemi economici sono in gran parte risolti, i profitti sono in via di guarigione, e le cose saranno presto tornate alla normalità, tranne che per un sacco di disoccupati il cui destino è, ammettiamolo, di nessun interesse per Wall Street. L'altro è un mondo che ha goduto di un breve intermezzo prima di un terribile secondo atto in cui una quota ancora maggiore di perdite su crediti sarà sopportata, e in cui il numero di scelte politiche sarà più limitato, perché abbiamo già emesso più passività governative di una repubblica delle banane, e deprezzerà profondamente la nostra moneta, se lo faremo di nuovo. "
Abbiamo sfacciatamente subbordinato al rischio sistemico gli aiuti incondizionati all'intero sistema finanziario mondiale, aggiungo io, al punto tale da aver creato degli autentici mostri "too big to fail" da esserne ostaggio per il resto della nostra esistenza e tutto per non avere avuto il coraggio di far assumere ad azionisti e obbligazionisti le proprie responsabilità. Non solo è mancato il coraggio di nazionalizzare questi autentici "zombies" ma le lobbies hanno impedito qualsiasi possibilità di cambiare il sistema, addirittura spingendo per assumere norme contabili demenziali a dir poco.
Proseguendo con Hussman, esploriamo gli scenari per il prossimo anno, in perfetta sintonia, ormai da tempo a parte la variabile inflazione....
" Non è affatto chiaro se i dati recenti hanno eliminato ogni incertezza in quale dei due mondi siamo.Prendendo la media ponderata del risultato dei due scenari del mondo, otteniamo ancora uno scarso bilanciamento tra rendimento/rischio. Se mi sono o no concentrato troppo sulla probabile "seconda" ondata di rischi di credito è un qualcosa che si scoprirà nei trimestri a venire - il mio record di analisi economica è abbastanza forte che una "mancanza" su questo fronte sarebbe una grossa anomalia. Quello che io penso è che negli ultimi dieci anni, gli investitori (tra cui persone che resistono come professionisti degli investimenti) sono diventati molto più sensibili alla miopia sconsiderato di quanto mi sarebbe piaciuto credere. Sono diventati speculatori fino al punto del disastro.
Francamente, sono portato a credere che i mercati non sono più affidabili o hanno l’aria di meccanismi inconsiderati. Il ciclo ripetuto di bolle e crolli prevedibile nel corso degli ultimi dieci anni lo rendono chiaro. Piuttosto, gli investitori sembrano rispondere ai rischi emergenti con non più di circa tre mesi di anticipo. Peggio, troppi analisti e strateghi sembrano tener conto del futuro nel modo più pedestre, prendendo le stime degli utili per l’anno a venire al loro valore nominale, e applicando stupidamente alcuni multipli arbitrari e storicamente inconsistenti.
Come scrive John, la speculazione in fondo non fa altro che riflettere la visione di leader politici che cercano sempre e solo soluzioni veloci senza guardare in alcun modo alle conseguenze di lungo termine, incoraggiando gli investitori ad abbracciare sempre e solo il demenziale dogma del breve termine. Paul Volcker è stato l'ultimo presidente della Fed ad evere la percezione che la disciplina e l’accettazione del disagio temporaneo siano sinonimo di positività per il lungo termine.
Come abbiamo più volte visto….. come sempre nella storia, capacità finanziaria e perspicacia politica sono inversamente proporzionali. La salvezza a lunga scadenza non è mai stata apprezzata dagli uomini d'affari se essa comporta adesso una perturbazione nel normale andamento della vita e nel proprio utile. Cosi si auspicherà l'inazione al presente anche se essa significa gravi guai nel futuro. Questa è la minaccia per il capitalismo (...) E' ciò che agli uomini che sanno che le cose vanno molto male fa dire che la situazione è fondamentalmente sana! JK GALBRAITH.
E' agghiacciante, giorno dopo giorno, questa nemesi continua, attraverso l'urlo della Storia che indica la strada da evitare, l'esaltazione, l'avidità, l'ignoranza e spesso la pura demenza indicano vie fallimentari.
Azionisti ed obbligazionisti hanno la preminenza sull’economia reale, lobbies e centri di potere economico e politico e finanziario, stanno letteralmente sequestrando la democrazia, la vita reale di ogni paese.
Avete mai visto qualcuno in Italia preoccuparsi seriamente della FAMIGLIA, avete mai visto qualcuno preoccuparsi di un problema sia esso sociale o economico, senza essere condizionato da interessi privati o corporativi, nel paese delle mille caste.
Abbiamo trovato le risorse per ipotetici sostegni al sistema finanziario e non vi è un solo euro per la FAMIGLIA!
Negli ultimi tempi Bernanke cerca di difendere l’indipendenza della banca centrale americana, un’indipendenza figlia di una ideologia estremista sostanzialmente fallita che cerca di difendere a qualsiasi costo una scuola di pensiero che volge ormai al tramonto.
Secondo Bernanke la Fed ha giocato un ruolo importante nell’ arrestare la crisi, un ruolo che dovremmo preservare non degradare la capacità dell’istituzione di promuovere la stabilità finanziaria e rilanciare una ripresa economica senza inflazione.
Peccato che il signor Bernanke dimentichi che la Fed è uno dei maggiori responsabili di questa crisi, della madre di tutte le crisi, con la sua demenziale politica di "boom & bust" crescita e crollo, il monetarismo oltranzista, peccato che il signor Bernanke dimentichi che lui grande studioso della Grande Depressione e della Lost Decade, non è stato in grado di comprendere e prevedere nulla, anzi ha assecondato e chiuso un occhio su un’infinità di segnalazioni rispetto al pericolo di una devastante crisi finanziaria ed immobiliare.
È come attribuire a un medico responsabile di un errore nella diagnosi il merito di aver inventato una cura miracolosa. Oggi noi tutti abbiamo bisogno di un nuovo medico, oggi noi tutti abbiamo bisogno di diventare medici di noi stessi, della nostra vita, dei nostri risparmi, delle nostre speranze, abbiamo bisogno di prendere in mano il nostro destino senza lasciarlo in mano a coloro che hanno dimostrato di interessarsi sempre e solo della loro salute e non di quella dei loro pazienti.
"Vorrei un medico che non ha mai rinunciato a cercare una cura, ma preferisco qualcuno con una migliore capacità di diagnosi.... "
Come scrive Luigi Zingales sul SOLE24ORE al di la delle petizioni degli economisti per salvare l’indipendenza della Fed vi è ben altro.
Ma la reazione degli economisti ignora completamente il motivo per cui l'emendamento di Ron Paul ha trovato così ampio consenso in Congresso. Negli ultimi diciotto mesi la Fed ha smesso di occuparsi puramente di politica monetaria: si è messa a fare politica fiscale.

Quando è intervenuta per salvare Aig (o meglio le controparti che si erano assicurate con Aig), la Fed ha trasferito risorse dai contribuenti alle banche. Quando ha deciso di abbassare i tassi d'interesse a zero per permettere alle banche di rimpinguare il proprio capitale, la Fed ha trasferito risorse dai risparmiatori alle banche. Quando ha deciso di comprare mille miliardi di dollari di titoli legati ai mutui per tenere bassi i tassi sui nuovi mutui e sostenere i prezzi delle case, la Fed ha trasferito risorse dai contribuenti ai possessori di case (e alle banche che li avevano finanziati). Si può discutere sull'opportunità di queste decisioni, ma non si può negare che si tratti di una forte redistribuzione di risorse, simile a quella che generalmente avviene attraverso le imposte e la politica industriale. In un paese democratico la leva fiscale non può essere affidata a un'autorità tecnica che non risponde agli elettori, tantomeno negli Stati Uniti, che sono nati sul sacrosanto principio di "no taxation without representation."

L'errore della Fed non è stato tanto quello di aver preso queste decisioni, ma di fare lobbying per conquistarsi il diritto a continuare a prenderle. Lungi dal voler limitarsi alla sua competenza primaria (la politica monetaria), la Fed ha fortemente sostenuto l'iniziativa dell'amministrazione Obama di attribuirle il ruolo di regolatore sistemico (e salvatore di ultima istanza). Contemporaneamente, la banca centrale ha fortemente osteggiato la proposta di trasferire a una agenzia ad hoc la protezione dei consumatori. In poche parole, la Fed sta cercando di accaparrarsi il massimo potere possibile, suscitando giustamente le preoccupazioni del legislatore. Ad aumentare questi timori ha involontariamente contribuito un recente libro sulla crisi, "In Fed we trust" ("Abbiamo fiducia nella Fed"). Scritto dall'inviato del Wall Street Journal presso la banca centrale, il libro dipinge in termini molto positivi lo sforzo di Ben Bernanke per salvare il paese dagli abissi di una nuova depressione. Nel farlo, però, inevitabilmente attribuisce alla Fed e al suo governatore un ruolo (e quindi un potere) enorme, tanto che il sottotitolo del libro recita «come la Fed è diventata il quarto potere dello stato».
Una banca centrale così potente deve essere supervisionata dal potere politico: ne va di mezzo la democrazia. Ma una supervisione politica può essere estremamente pericolosa per la politica monetaria. A differenza della banca centrale europea, la Fed ha un doppio mandato: non solo la stabilità dei prezzi, ma anche l'occupazione. Con la disoccupazione al 10,2%, pressioni politiche per alimentare l'inflazione non sono un rischio, sono una certezza. Per tutelare la propria indipendenza nella politica monetaria la Fed deve abbandonare ogni velleità a ricoprire altri ruoli. È meglio fare una cosa sola, ma farla bene.

Si meglio fare una cosa sola, ma neanche quella è riuscita a farla bene, forse l'unico intervento degno di nota dell'ultimo secolo della Federal Reserve è stato quello di Paul Volcker quando placò l'inflazione, ma a costo di una terribile recessione.
Mai una sola volta, la banca centrale ha provveduto a sottrarre il carrello dei liquori da un festa che rischiava di degenerare, mai una sola volta ascoltando l'ideologia demenziale di mercati in grado di autoregolamentarsi, introducendo addirittura un camion pieno di alcolici nei mercati come sta avvenendo ora, dove il carry trade sta letteralmente sommergendo di alcool tutti i mercati.
Che una terribile dinamica deflattiva in atto e gli illuminati delle banche centrali cercano in ogni maniera di seminare inflazione attraverso una illusoria "asset inflation" che distrugge risorse, che si limita a creare una inflazione virtuale, salvo poi esclamare come fa Mishkin che la proposta di Ron Paul per limitare l'indipendenza della Fed è estremamente pericolosa e potrebbe aizzare l'inflazione.
Paul's bill “would be very dangerous in terms of promoting inflation,” Mishkin said. You make the central bank beholden to politicians on a short-run basis, you get very bad outcomes: high inflation and less of the ability to deal with shocks like the ones we had recently.”​
Assolutamente isalarante, la dichiarazione di Mishkin, una dichiarazione di chi sa di avere l'acqua alla gola. L'indipendenza della Federal Reserve è legata ad altri aspetti, ma non certo ai rischi dell'inflazione!
Date un'occhiata a questi due articoli su Bloomberg .... ARMING-GOLDMAN_WITH_PISTOLS_AGAINST_PUBLIC e
Dec. 1 (Bloomberg) -- Deutsche Bank AG Chief Executive
Officer Josef Ackermann said the financial industry’s
contribution to economic growth outweighs the losses suffered
during the worst financial crisis since the Great Depression.
Il settore finanziario ha contribuito alla crescita economica, riparando al danno subito dalla peggiore crisi finanziaria dalla Grande Depressione.... se almeno facessero silenzio, questi illuminati, farebbero decisamente migliore figura.
Il Giappone si è aggiunto alla festa, terrorizzato dal fantasma della deflazione, dando via ad un nuovo ed imponente programma di "quantitative easing" sommergendo i mercati di denaro, di alcool!
Quello che ben pochi hanno il coraggio di esplorare, al di la dell’indipendenza della Fed è quella del tesoro americano dove da tempo ormai si alternano i figli della Finanza, figli di conflitti di interesse abnormi, il dipartimento del tesoro americano, il tempio di Wall Street dove ormai da anni si alternano banchieri che camminano su un sottile e misterioso filo di intrecci politici e finanziari.
Quello è assolutamente indipendente, immagino!
Tornando all’analisi di prima, ecco che Hussman esprime la mia stessa convinzione che il prossimo anno abbiamo almeno l’80 % delle probabilità di assistere ad una nuova recessione, "double dip recessione" accompagnata da una contestuale dinamica nel mercato immobiliare. Certo lui sottolinea che non si tratta di certezze, ma le prove osservate su qualunque mercato sono chiare.
Come abbiamo visto ad Assisi è dura per i responsabili politici comprendere come le tre grandi deflazioni della storia, ( Grande depressione del 1873 Grande Depressione del 1929 e la crisi Giapponese del 1990 ) abbiano impiegato decenni e non mesi, trimestri o anni per rivedere una sostenibile espansione economica. E’ dura per tutti ma è la realtà!|
Eccesso di debito, eccesso di produzione e iniqua ditribuzione dei redditi, sono i fattori principali che hanno determinato questa crisi oltre alla demenziale ideologia della massimizzazione a breve termine di tutto ciò che era insostenibile.
Il mercato è saturo, S A T U R O e immerso nel debito, D E B I T O!
Riguardatevi questi due grafici della Fed di San Francisco, testimoniano a quale livello di rientro dal debito siamo. Abbiamo bisogno di un decennio e nella migliore ipotesi di un lustro altro che mesi o anni.
household+debt+1.png
thanks to FED San Francisco
household+debt+3.png
Come abbiamo visto nelle analisi dedicate, dando un'occhiata al CAPE SHILLER, oggi il mercato è sopravvalutato almeno di un 40 % ma credo che il prossimo anno con la realtà economica lo sarà anche molto di più.
Miopia globale, miopia totale, al di la dell'analisi comportamentale che avrebbe bisogno di altre considerazioni, di essere intrecciata con altre realtà che esulano dal volere dell'uomo. Come ha scritto David Leonhardt sul NYT la media degli ultimi dieci anni riferita agli utili societari, rispetto alla previsione degli utili del prossimo anno, piuttosto che il raffronto con quelli appena passati è una chiara stella polare, come sono stelle polari gli strumenti messi a disposizione da Robert Shiller e John Campbell.
Probabilmente conclude Leonhardt, il recente exploit dei mercati si è spinto oltre l'immaginario, troppo per l'analisi fondamentale. Lo stesso Benjamin Graham ci dice che i profitti vanno valutati almeno nell'arco di cinque anni, preferibilmente sette o dieci, e non sappiamo cosa ci dice il CAPE SHILLER!
Date un'occhiata inoltre alla dinamica dei consumi, dimenticate le meraviglie che analisti e giornalisti in questi giorni vi racconteranno sulle spese di un mondo che deve ritrovare il suo equilibrio, un mondo perduto, quello dei consumi, soggetto ad una nemesi "deleveraging" inarrestabile.
thanks to Economistsview
6a00d83451b33869e2012875d732aa970c-800wi
Grafici che non hanno bisogno di alcun commento se non ricordare a tutti che i consumi incidono per oltre il 70 % nella crescita del PIL americano.
Paul Krugman, ieri ha lanciato un allarme di una possibile nuova recessione il prossimo anno, altro che 2011. Paul sostiene di non aver mai creduto sino in fondo alla possibilità di una doppia recessione anche se era evidente che si trattava di una seria possibilità in quanto la crescita è stata sostenuta dagli stimoli governativi che scenderanno di intensità e l'aumento del settore manifatturiero era figlio della leggenda degli inventari, la ricostituzione delle scorte che svanirà nei trimestri che verranno.
Si potrebbe essere ottimisti se vi fosse anche solo un timido accenno di una ripresa della domanda finale, degli investimenti, ma nulla suggerisce che questa dinamica sia in atto. Le probabilità di una ricaduta in recessione stanno aumentando.
Avrei voluto raccontarvi anch'io una bella favola, avrei voluto intravvedere all'orizzonte segnali di luce, ma è difficile, terribilmente difficile, sono tenue luci artificiali, lasciate da coloro che hanno assistito inermi alla Madre di tutte le crisi, provocandola con le loro demenziali ideologie. Oggi il timone è ancora una volta nelle loro mani......il prossimo uragano probabilmente all'orizzonte.
 

Broker88

Senior Member
Acciderbolina la notiziola è parecchio brutta in tempi di ripresa... :rolleyes:

GALLUP, BLACK FRIDAY: VENDITE AL DETTAGLIO USA CROLLANO -25% SUL 2008
di WSI-AGI


Un'altra conferma sul fatto che i dati economici vengono manipolati dai governi per indurre all'ottimismo di massa. Il weekend di Thanksgiving negli Stati Uniti e' andato malissimo, i consumatori non spendono. E la borsa intanto sale.

Le vendite al dettaglio nel lungo weekend di Thanksgiving chiamato Black Friday, sono andate molto peggio di quel si e' voluto far intendere, secondo l'istituto di statistica e sondaggi americano Gallup. In una rilevazione appena pubblicata, durante lo scorso weekend la spesa dei consumatori Usa in negozi, ristoranti, pompe di benzina e acquisti online e' stata in media di $69 al giorno per persona, esattamente come la settimana precedente. Tuttavia rispetto al weekend di Thanksgiving del 2008 si e' verificato un crollo di -25%, nonostante l'anno scorso si fosse nel pieno della crisi finanziaria. I consumatori americani, secondo Gallup, nel 2008 spesero in media $92 al giorno.


Cio' dimostra una volta di piu', con dati seri alla mano - ed essendo Gallup totalmente indipendente e' certo sia cosi' - che i numeri macro-economici sono continuamente decostruiti, impacchettati e serviti come merce avariata ai media (soprattutto TV e quotidiani), che diffondono un prodotto manipolato senza compiere alcuna analisi aggiuntiva e senza verificarne l'attendibilita'. Il messaggio che era stato lasciare filtrare sui media dopo Thanksgiving era omogeneo ovunque: pur senza euforia, i consumatori americani hanno ripreso a spendere, per cui la crisi e' finita e ci sia avvia verso un Natale discretamente positivo. Adesso sappiamo che questo scenario e' falso.

Ancor piu' grave comunque e' che i mercati finanziari (Wall Street in testa) siano ormai essi stessi "drogati" dalla manipolazione dell'informazione, assistiamo ad una quasi "statalizzazione" delle borse in direzione di un rialzo fasullo che dura ormai da 9 mesi e che non ha alcun senso. Un rialzo messo in scena ad uso e consumo delle grandi banche internazionali e di pochi centri di potere che le controllano.

Attenzione quindi a non farsi incantare dal falso ottismo diffuso ad arte, non resta che vigilare e segnalare. I numeri di Gallup sul crollo di -25% (nemmeno in tempo di guerra!) dei consumi negli Stati Uniti nel weekend piu' caldo dell'anno sul fronte delle vendite al dettaglio, quello che da' il via alla stagione natalizia in cui le aziende fatturano il 40% di tutti e 12 i mesi, questi numeri reali dovrebbero aiutarci a capire quanto difficile sia invece la situazione economica, vista dal basso, dalla parte dei cittadini e non dalle banche. La moltitudine soffre, pochi sguazzano nel denaro a cui si approvvigionano dalla Fed a costo zero, guadagnano cifre scandolose e non prestando a loro volte quel denaro, come istituziolmente dovrebbero.
 

Users who are viewing this thread

Alto