Macroeconomia Crisi finanziaria e sviluppi (2 lettori)

stockuccio

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una frase che incontro spesso

"Non c'è modo di evitare il collasso finale di un boom indotto da un'espansione creditizia. La scelta è solo se la crisi debba avvenire prima come risultato dell'abbandono volontario di un'ulteriore espansione del debito o più tardi con la totale catastrofe del sistema monetario coinvolto"


Ludwig Von Mises

XX. INTEREST, CREDIT EXPANSION, AND THE TRADE CYCLE

'There is no means of avoiding the final collapse of a boom brought about by credit expansion. The alternative is only whether the crisis should come sooner as the result of a voluntary abandonment of further credit expansion, or later as a final and total catastrophe of the currency system involved.'
 

stockuccio

Guest
come suggeriva il post 56 di Capirex nel thread su Dubai, se gli emirati non provvedono potrebbero esserci conseguenze negli investimenti esteri neggli stessi Emirati (che non diffondono informazioni sui loro debiti) e più in generale nei Paesi emergenti principalmente asiatici http://web-xp2a-pws.ntrs.com/content//media/attachment/data/econ_research/0911/document/dd112709.pdf
anche a Mazzalai, come al sottoscritto, puzza un pochino la tempistica dell'annuncio di dubai ... 'Francamente risulta difficile credere che un default, anche se parziale, su circa 60 miliardi venga condiviso cosi all'improvviso, senza alcuna consultazione di governi o banche centrali in un momento decisivo per le sorti dell'economia mondiale e con i mercati sulla soglia di una resistenza fondamentale.' ... mi aspetto di peggio


per chi ha parecchio tempo per leggere :) http://www.voxeu.org/reports/great_trade_collapse.pdf


PS ... pare che il caso dubai sia in via di soluzione ... ho appena aggiornato il thread relativo ... se così sarà rimarrà comunque il fastidio per il casino creato inutilmente ..... e non credo casualmente
 
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mostromarino

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se ot cancellate pure

è che la voce della svizzera..non la ascoltate mai..

da corriere del ticino,oggi





Il super yen soffoca il Giappone

Chiesta una dichiarazione congiunta da parte dei Paesi del G7

È stato il ministro delle Finanze Hirohisa Fujii a scoprire le carte nel giorno in cui la valuta nipponica ha aggiornato i massimi degli ultimi quattordici anni sul biglietto verde, sceso a quota 84,82 yen contro dollaro
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TOKYO Il Giappone lancia l’ipotesi di una dichiarazione congiunta del G7 per «raffreddare» la corsa dello yen e arrestare la caduta libera del dollaro, preparandosi a possibili interventi a difesa della sua economia, alle prese con segnali di ripresa instabile e con rischi di deflazione.
È stato il ministro delle Finanze Hirohisa Fujii a scoprire le carte nel giorno in cui la valuta nipponica ha aggiornato i massimi degli ultimi 14 anni sul biglietto verde, sceso a quota 84,82, mentre in Borsa le preoccupazioni del default di Dubai World hanno abbattuto il Nikkei (–3,22%) e causato la quinta settimana consecutiva di chiusura con un saldo al ribasso. «Vorrei rispondere in modo flessibile con una dichiarazione comune sulle valute», ha rilevato Fujii in merito all’opzione G7, al termine della riunione di gabinetto, aggiungendo di essere «flessibile» sulle modalità per contattare le autorità valutarie di USA ed Europa e di essere «molto preoccupato» per i corsi monetari.

Le oscillazioni unilaterali yen/dollaro sono dannose e «l’attuale fluttuazione è anormale», ha osservato il ministro, rimandando al testo del summit finanziario del G7 di Istanbul, tenutosi un mese fa, contro i movimenti disordinati: «continuiamo a monitorare i mercati valutari attentamente e a cooperare come appropriato», recitava il comunicato finale. In un ulteriore segnale di allerta, in vista di un possibile intervento diretto sui mercati che manca da marzo del 2004, il Governo e la Bank of Japan (BoJ) hanno cominciato a verificare con le banche commerciali il rapporto di cambio dollaro/yen.

Nonostante gli sforzi per rilanciare i consumi interni (la spesa delle famiglie ha segnato un promettente +1,6% a ottobre), l’economia nipponica dipende a doppio filo dall’export: «è importante considerare che l’industria basata sulle esportazioni sarà duramente colpita dal rialzo dello yen», ha commentato in serata il premier, Yukio Hatoyama. «Di riflesso – ha aggiunto – c’è necessità a sufficienza per prendere in considerazione misure economiche, tra cui un budget di bilancio supplementare». Toyota e Nissan, ad esempio, hanno registrato a ottobre la prima produzione globale in aumento per la prima volta in 15 mesi: il colosso mondiale dell’auto ha fatto stime sul secondo trimestre ipotizzando un dollaro in media a 90 yen, mentre la Nissan (con la Honda) si è più prudentemente fermata a 85 yen.

Ebbene, quanto a Toyota, la variazione di uno yen in meno nel valore del dollaro è causa di 30 miliardi di yen (circa 350 milioni di franchi) di minori profitti operativi, in base alle proiezioni degli analisti. Proprio ieri, tra gli altri dati macroeconomici diffusi, la disoccupazione di ottobre si è ridotta al 5,1% (dal 5,3% di settembre), mentre l’inflazione «core» (al netto di alcune voci volatili) ha avuto una flessione annua del 2,2% e l’ottavo mese consecutivo di contrazione, rilanciando il rischio deflazione. «La situazione è ancora fragile, seguiremo gli sviluppi sui mercati e il loro possibile impatto. Poi prenderemo le misure necessarie», ha assicurato il vicepremier e ministro della Strategia nazionale, Naoto Kan. Inflazione ancora giù, –2,2% in ottobre Brusca frenata in Giappone per i prezzi al consumo: in ottobre, l’inflazione core (al netto di alcune voci volatili) ha registrato una flessione annua del 2,2%, pari all’ottavo mese consecutivo di contrazione. Il dato diffuso dal Ministero degli affari interni e delle comunicazioni è in sostanziale linea con le attese degli analisti e rilancia i timori legati alla deflazione. L’inflazione core registrata a novembre nei 23 quartieri di Tokyo, indicatore che anticipa la tendenza a livello nazionale, ha segnato un calo dell’1,9%, contro quello del 2% ipotizzato dalle previsioni medie.


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mostromarino

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IL COMMENTO

EUROPA «SUBPRIME» E RISCHI PER L’EURO

GIOVANNI BARONE-ADESI
*
La differenza tra i rendimenti delle obbligazioni dei vari Governi che usano l’euro ha superato il tre per cento.
Questo, grosso modo, vuol dire che il mercato assegna una probabilità su tre alla perdita totale di un investimento nelle obbligazioni greche a dieci anni o due probabilità su tre di perdita con recupero di metà dell’investimento.

Fino ad ora i Governi europei si sono finanziati senza troppa fatica dalle loro banche nazionali, che a loro volta scambiavano questi titoli con prestiti della Banca centrale europea, l’unica emittente dell’euro.
In sostanza quindi la Banca centrale europea ha salvato i singoli Governi, in barba al trattato di Maastricht.
Questa politica ha permesso all’Europa di affrontare la crisi senza drammi, ma non può essere continuata ancora a lungo senza minare la credibilità della moneta europea.

Pertanto il presidente della BCE, Trichet, ha iniziato a suggerire che la BCE non espanderà l’offerta di liquidità e che i Governi devono mettere a posto i loro conti in vista di questo cambiamento.

Ha inoltre aggiunto che il budget greco ha un problema di credibilità.

Intendeva così scoraggiare il ricorso da parte di altri Governi a simili furbizie, che non ingannano il mercato.
Infatti, nonostante le agenzie di rating ancora diano una A al debito greco, il suo prezzo è più basso di quello di Paesi come le Filippine o la Colombia, che ricevono dalle agenzie di rating valutazioni dei loro meriti di credito inferiori a quella greca.
Le banche europee non sono assolutamente in grado di finanziare i loro Governi se la Banca Centrale Europea non continua ad aumentare la sua offerta di liquidità. Secondo l’International Monetary Fund, le banche europee occultano ancora metà delle perdite subite nel 2007-2008.

Molte di esse in realtà operano con capitale negativo.
Una riduzione della liquidità offerta dalla Banca Centrale rischia di esporre la loro insolvenza.
Nell’impossibilità di finanziare il debito con la creazione di moneta, il Governo greco cerca di convincere la Cina a estendere un prestito.

La Cina già controlla il Pireo, il porto principale della Grecia.
Non è chiaro che sia interessata anche all’Acropoli. Inoltre un prestito è utile se utilizzato per finanziare ristrutturazioni che migliorino la competitività di un Paese.
Nell’immobilismo che caratterizza i Paesi mediterranei, un prestito sposta semplicemente di uno o due anni l’inevitabile resa dei conti.
Appare sempre più evidente il problema dell’Europa a due velocità.
La mancanza di riforme nei Paesi della retroguardia ne compromette lo sviluppo e, in assenza della possibilità di svalutare la moneta, rende impossibile il finanziamento dei loro programmi pubblici.

Le conseguenti tensioni sociali rischiano di mettere a dura prova l’esistenza dell’euro.
Già centocinquant’anni fa gli imperi tedesco, austroungarico e il regno d’Italia diedero vita ad un’unione monetaria che ebbe vita tormentata e infine fallì.
La debolezza attuale del dollaro maschera temporaneamente le difficoltà dell’euro, ma il mantenimento dell’unità monetaria, in assenza di unità nella politica economica, ha un futuro difficile


cdt ,oggi
 

Broker88

Senior Member
Molto con le pinze visto che a dirlo è una delle "infallibili"...

REPORT DA ALLARME ROSSO: MORGAN STANLEY PREVEDE CRISI DEBITO UK NEL 2010


"La Gran Bretagna rischia di diventare il primo paese tra le economie del G8 a rischiare una fuga di capitali e lo scoppio fragoroso di una crisi sul debito sovrano nei prossimi mesi" ha scritto ai clienti la banca americana. A picco la sterlina.

"La Gran Bretagna rischia di diventare il primo paese tra le economie del G8 a rischiare una fuga di capitali e lo scoppio fragoroso di una crisi sul debito sovrano nei prossimi mesi" ha scritto ai clienti Morgan Stanley. Per la banca americana c'e' il pericolo che un "miscela tossica di problemi" arrivi al capolinea il prossimo anno, sull'onda dei timori che Westminster non sia in grado di recuperare la credibilita' fiscale.


Il rapporto di Morgan Stanley, intitolato "Tougher Times in 2010" (Tempi piu' duri nel 2010) reso pubblico ieri sera in un articolo di Ambrose Evans-Pritchard pubblicato sul Telegraph online, non e' legato in nessun modo alla debacle del Dubai, ma e' un avvertimento sul fatto che le nazioni hanno "semplicemente comprato tempo dutante la crisi, ricorrendo agli stimoli fiscali e spostando le perdite private sui bilanci pubblici".

"I salvataggi - per quanto necessari - non hanno risolto il problema sottostante. Hanno fatto accumulare una seconda serie di difficolta' degradando il debito sovrano dei paesi di mezzo mondo", scrive Evans-Pritchard. Per quanto riguarda Londra, si legge nel report di Morgan Stanley (preparato dal team di investimento in Europa della banca composto da Ronan Carr, Teun Draaisma e Graham Secker) "i crescenti timori sul Parlamento inglese spaccato a meta' peserebbero negativamente sia sulla sterlina sia sul rendimento dei bond UK, il che rappresenterebbe qualcosa di simile a un salto nel buio, e aumenterebbe le probabilita' che qualcuna delle agenzie di rating rimuova il rating AAA della Gran Bretagna".

La Banca d'Inghilterra sarebbe costretta ad alzare i tassi, mettendo a repentaglio la ripresa (UK e' l'unico paese d'Europa ancora in recessione), la sterlina crollerebbe di un altro 10% rispetto ad un paniere di valute ponderate in termini di scambi commerciali, il che rappresenterebbe - unito ai cali degli ultimi 2 anni - il peggior crollo del pound dai tempi della rivoluzione industriale, superiore perfino al -30% dai massimi, ai tempi in cui la Gran Bretagna fu costretta a fuoriuscire dal Gold Standard durante il caos economico del 1931.


Per Morgan Stanley, sempre secondo l'articolo del Telegraph, questa catena di eventi farebbe schizzare i rendimenti sui gilts UK di almeno 150 punti base. La borsa di Londra andrebbe probabilmente bene, ma i costi dell'accesso al credito salirebbero ben oltre il 5%, il livello che vediamo oggi in Grecia e un livello ben piu' alto rispetto ad altri paesi come Italia, Messico e Brasile (indicati - parrebbe - come nazioni deboli della catena).

Nel rapporto Morgan Stanley scrive infine che i possibili guai di Londra sono soltanto una delle tre "sorprese" che gli ninvestitori si devono aspettare nel 2010. Le altre due sono: 1) il rimbalzo del dollaro; 2) la buona performance in borsa delle azioni del settore farmaceutico.
 

Yunus80

Del PIG non si butta nulla
Quindi dovremmo rimpinzarci di trentennali UK, finanziando l'acquisto con un mutuo contratto in dollari...
Domani corro in banca a chiederli :up: :lol: :ciapet:
 

tommy271

Forumer storico
IL COMMENTO

EUROPA «SUBPRIME» E RISCHI PER L’EURO

GIOVANNI BARONE-ADESI
*
La differenza tra i rendimenti delle obbligazioni dei vari Governi che usano l’euro ha superato il tre per cento.
Questo, grosso modo, vuol dire che il mercato assegna una probabilità su tre alla perdita totale di un investimento nelle obbligazioni greche a dieci anni o due probabilità su tre di perdita con recupero di metà dell’investimento.

Fino ad ora i Governi europei si sono finanziati senza troppa fatica dalle loro banche nazionali, che a loro volta scambiavano questi titoli con prestiti della Banca centrale europea, l’unica emittente dell’euro.
In sostanza quindi la Banca centrale europea ha salvato i singoli Governi, in barba al trattato di Maastricht.
Questa politica ha permesso all’Europa di affrontare la crisi senza drammi, ma non può essere continuata ancora a lungo senza minare la credibilità della moneta europea.

Pertanto il presidente della BCE, Trichet, ha iniziato a suggerire che la BCE non espanderà l’offerta di liquidità e che i Governi devono mettere a posto i loro conti in vista di questo cambiamento.

Ha inoltre aggiunto che il budget greco ha un problema di credibilità.

Intendeva così scoraggiare il ricorso da parte di altri Governi a simili furbizie, che non ingannano il mercato.
Infatti, nonostante le agenzie di rating ancora diano una A al debito greco, il suo prezzo è più basso di quello di Paesi come le Filippine o la Colombia, che ricevono dalle agenzie di rating valutazioni dei loro meriti di credito inferiori a quella greca.
Le banche europee non sono assolutamente in grado di finanziare i loro Governi se la Banca Centrale Europea non continua ad aumentare la sua offerta di liquidità. Secondo l’International Monetary Fund, le banche europee occultano ancora metà delle perdite subite nel 2007-2008.

Molte di esse in realtà operano con capitale negativo.
Una riduzione della liquidità offerta dalla Banca Centrale rischia di esporre la loro insolvenza.
Nell’impossibilità di finanziare il debito con la creazione di moneta, il Governo greco cerca di convincere la Cina a estendere un prestito.

La Cina già controlla il Pireo, il porto principale della Grecia.
Non è chiaro che sia interessata anche all’Acropoli. Inoltre un prestito è utile se utilizzato per finanziare ristrutturazioni che migliorino la competitività di un Paese.
Nell’immobilismo che caratterizza i Paesi mediterranei, un prestito sposta semplicemente di uno o due anni l’inevitabile resa dei conti.
Appare sempre più evidente il problema dell’Europa a due velocità.
La mancanza di riforme nei Paesi della retroguardia ne compromette lo sviluppo e, in assenza della possibilità di svalutare la moneta, rende impossibile il finanziamento dei loro programmi pubblici.

Le conseguenti tensioni sociali rischiano di mettere a dura prova l’esistenza dell’euro.
Già centocinquant’anni fa gli imperi tedesco, austroungarico e il regno d’Italia diedero vita ad un’unione monetaria che ebbe vita tormentata e infine fallì.
La debolezza attuale del dollaro maschera temporaneamente le difficoltà dell’euro, ma il mantenimento dell’unità monetaria, in assenza di unità nella politica economica, ha un futuro difficile


cdt ,oggi

A parte il quadro fosco sulla Grecia, la cui economia è parzialmente al traino di Italia e Germania quindi di riflesso una boccata d'ossigeno dovrebbe arrivare, ma mi risulta nuova che l'Impero Germanico, l'Austria-Ungheria e il Regno d'Italia diedero vita ad una unione monetaria.

Forse intendeva l'Unione Monetaria Latina tra Francia, Belgio, Svizzera, Italia, Grecia e Stati pontifici che però basava unicamente la libera circolazione delle monete nazionali in base al fatto che la quantità di metallo prezioso contenuto nelle stesse era identico per tutti. Quindi il valore delle stesse era comune.
Questo in linea di principio, poi con gli anni andò in un altro modo ...
 
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