Non è la prima volta che il dollaro viene dato per moribondo e, in passato, queste previsioni si sono sempre infrante contro la solidità del biglietto verde. Arroccato nel ruolo di valuta di riferimento globale dalla seconda guerra mondiale in poi, il dollaro lo rimane ancora oggi e di gran...
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....tutto ruota
solo ed esclusivamente in difesa del dollarone...
.................... Pochi giorni fa
Cina e Brasile hanno raggiunto un accordo per gestire le loro transazioni commerciali scambiando yuan e real, emancipandosi così dal dollaro. Nel suo tragitto
di allontanamento dagli Usa (fino a che punto?) e di avvicinamento a Pechino,
l’Arabia Saudita starebbe valutando la possibilità di farsi pagare in yuan le ingenti forniture di petrolio vendute alla Cina. Di dimensioni ben più modeste, ma simbolicamente significativa, è anche l’intesa raggiunta tra la francese
TotalEnergies e la cinese Cnooc per la fornitura di carichi di
gas liquefatto (gnl) da pagare in moneta cinese. A lavorare ai fianchi il dollaro
è pure l’India che nel frattempo compra sempre più petrolio russo. Potenza economica
prepotentemente emergente, è convinta che il futuro sia
multipolare e che non abbia senso incatenarsi ad alleanze “per la vita” con l’ uno o l’altro polo.
Nuova Delhi è stata molto attenta a non allinearsi tra gli schieramenti stabiliti dalla guerra in Ucraina. Con
Mosca è già in essere un accordo per commerciare in rubli e rupie e pochi giorni fa ha annunciato un’iniziativa per offrire la sua valuta per il commercio a paese che sono a corto di dollari e temono le ricadute della stretta monetaria della Fed. Un’opzione che in questo momento potrebbe risultare allettante per paesi come
Sri Lanka, Bangladesh ed Egitto. La banca centrale indiana ha anche da poco dato il via libera a un accordo per la regolazioni degli scambi con la Tanzania con le rispettive valute nazionali.
In prospettiva però il fattore che rischia di pesare di più sulla valuta statunitense sono le sanzioni contro la Russia, inedite per dimensioni e portata, e la decisione di
Washington di congelare le riserve della banca centrale russa in dollari detenute presso le banche centrali occidentali.
E se domani facessero lo stesso a me? Si chiedono a questo punto governi ed élite di mezzo mondo. La stessa
Svizzera sta pagando la sua adesione alla linea occidentale e l’addio alla sua storica neutralità.
I ricchi cinesi e asiatici mostrano oggi più ritrosia a depositare i loro soldi nei forzieri di
Berna e Zurigo, temendo che un giorno, magari quando la questione di Taiwan entrerà nella fase più calda, i loro averi possano essere bloccati indefinitamente tra
le Alpi.