Derivati, futures e certificati, sugli indici e commodities - Cap. 1 (2 lettori)

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Grifo104

Forumer storico
Probabile ... ma i corsi del greggio tradiscono un sotterraneo timore ...


Estratto da Borsainside:


Quotazione petrolio


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Il prezzo del petrolio influenza notevolmente l'andamento delle borse. Il greggio è il motore dell'economia globale ed è perciò la materia prima più seguita dagli investitori.
I due tipi di petrolio più diffusi sono il WTI ed il Brent. Il primo viene estratto negli USA, in particolare nel Texas (da cui il nome, West Texas Intermediate), il secondo soprattutto dal Mare del Nord.
L'11 luglio del 2008, prima della crisi finanziaria, il future sul WTI ha raggiunto al NYMEX un nuovo massimo storico a $147,27 al barile, mentre il future sul Brent è salito all'ICE di Londra fino a $147,50 al barile.

Per approfondire vedi Etimologia e storia del petrolio e Investire nel petrolio
Per consultare le quotazioni dei maggiori produttori di petrolio clicca su Titoli petroliferi
Sotto Borsainside pubblica i grafici con la quotazione del petrolio in tempo reale (sia WTI che Brent). I prezzi sono espressi in dollari americani.
Grafico Petrolio WTI

WTI Petrolio greggio $81.01 ▼-1.08 -1.33% 2014.10.24 end-of-day Grafico Petrolio Brent

Brent Petrolio greggio $86.13 ▼-0.70 -0.81% 2014.10.24 end-of-day
 

Grifo104

Forumer storico
Un bell'articolo che fa ben capire che l'inflazione in America e' mascherata. E' molto piu' forte di quanto si pensi. Ed i tedeschi hanno ragione su di un unico punto: la liquidita' in Eurozona non manca ... e' anche troppa. Sono le riforme che languono. E loro sono i primi a trasgredire tarpando gli investimenti. Che ne pensate ?



Borse, il peggio è passato? Tutto dipende da Fed e Bce

di Walter Riolfi, con un articolo di Morya Longo


18 ottobre 2014




A sentire gli operatori di Wall Street, venerdì sera, il «peggio» era «già passato». Dopo aver visto la borsa rimbalzare in quel giorno, davano la notizia per certa, senza nemmeno avere la decenza di usare il condizionale «sarebbe già passato». Ma cos'era o cos'è quello che il semplicismo dei mercati definisce «il peggio»? La deflazione, avrebbero esclamato qualche giorno prima, quando le azioni parevano in caduta libera; addirittura la recessione o quasi, che nelle loro approssimative analisi sarebbe causata dall'Europa e da qualche altra debolezza e problema in giro per il mondo: ebola compresa.

Umori altalenanti
Venerdì sera, ogni fonte di preoccupazione pareva svanita. Quasi tutti ammettevano che sì, c'era qualche timore, ma l'economia americana marciava comunque a ritmi del 3% o più; che gli utili societari erano ai massimi storici; che persino il mercato immobiliare dava segni di risveglio. Cosicché, osservavano gli analisti di una media casa d'investimento, «il secolare mercato Toro è ancora in forza», concludendo con l'ineffabile espressione che Wall Street era «ancor più attraente di quanto fosse una settimana prima».

Le aspettative sulla Fed...
Da quel che si capisce, la sole cose, intervenute tra giovedì e venerdì, capaci di creare questo rapido mutamento d'umore sui mercati sono state le dichiarazioni di quattro esponenti della Fed che suonavano più o meno così: non toccheremo i tassi d'interesse per tutto il 2015 e il quantitative easing avrà ancora vita lunga. Se si vuole c'è stato anche l'annuncio che la Bce inizierà a comprare abs (titoli cartolarizzati). Ma questo Qe sui generis non è tale, per la limitatezza degli abs esistenti sul mercato, da creare grandi aspettative tra gli operatori: i quali, o per lo meno quasi la metà dei quali s'aspetta persino un quantitative easing sui titoli di Stato d'Eurozona per fine anno o inizio 2015, secondo un sondaggio Reuters.

... E quelle sulla Bce
Se le aspettative di nuova abbondante liquidità sono sempre ben riposte quando si tratta della banca centrale americana, così sensibile ai desideri o ai ricatti dei mercati e sempre così sollecita nel far coincidere la propria politica monetaria con quella economica dell'amministrazione di Washington, quelle attese sono invece assai precarie quando sono rivolte alla Bce. Se la Bundesbank di Jens Weidmann è ostile all'acquisto di abs, figuriamoci a quello di Btp, Bonos o degli stessi Bund che rendono meno di zero per le scadenze inferiori ai 4 anni. Anche perché il problema d'Eurozona non sta nella mancanza di liquidità, ma nel fatto che quella liquidità non viene impiegata e spesso nemmeno richiesta dalle imprese. E magari finisce in qualche banca straniera che, come nel caso di Bank of New York Mellon, ha deciso di far pagare lo 0,20% a chi deposita euro. Solo presso questa banca, i conti in euro sono pari a 33 miliardi di dollari, il 15% del totale.

Se il sistema produttivo non ha (in questo momento) grande bisogno di altra liquidità, sono i mercati finanziari a pretenderne sempre di più, specie quando arriva attraverso il quantitative easing. E questa liquidità finisce nelle azioni, nei titoli di Stato e nei bond anche di infimo rating. Delle ragioni economiche, così come dei presunti rischi geopolitici, Wall Street (e le borse in genere) se ne curano poco e spesso solo in maniera pretestuosa.

Di tutte le assurdità agitate dai mercati americani, quella più abusata è la paura della deflazione: quando i prezzi, depurati dal fattore energia, viaggiano vicini al 2%, le aspettative d'inflazione tra i consumatori sono di un punto percentuale più alte e i salari iniziano finalmente a salire di quasi il 3% all'anno. Un po' diverso è il caso d'Eurozona, sebbene anche da noi sia più corretto parlare di troppo bassa inflazione (s'intende sempre escludendo i prezzi dell'energia) che di deflazione.​
 
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