E COMUNQUE IO PARLAVO DA SOLA ANCHE PRIMA DEL COVID19

Morti, malati, quarantena, crisi economica, attacco batteriologico, virus naturale.

E poi polemiche, paura, propaganda, task force contro le fake news e molto altro.

Il mondo ai tempi del coronavirus è impazzito.

È complicato, al momento, fornire un’interpretazione lucida e attendibile sulla situazione provocata dal Covid-19.
Se, ad esempio, da una parte viene sostenuta la tesi di un virus sviluppatosi tra la fauna e trasmesso all’uomo,
dall’altra vi sono versioni che propendono per la natura “umana” dell’odierna pandemia.
Quotidianamente si diffondono notizie complottiste o addirittura fandonie che forniscono spiegazioni sulla propagazione
di un virus che è ormai in tutto il globo grazie alla mondializzazione dei mercati,
del commercio e dei rapporti “semplificati” tra persone di diversa provenienza.

Al momento, l’unico dato certo è il diffondersi della malattia in quasi tutto il pianeta
e la difficoltà dei governi di fornire risposte chiare e convincenti.

Il coinvolgimento globale del coronavirus, infatti, è sotto gli occhi di tutti.

Al di là dei Paesi occidentali, già di per sé abbastanza evoluti in materia di ricerca, prevenzione e cura di numerose patologie,
la pandemia pare essere meno presente in alcuni Paesi, in particolare l’Africa nera e il sud-est asiatico.


Da quando il covid-19 si è spostato dalla Cina all’Europa, in particolare l’Italia, arrivando poi in Spagna,
Gran Bretagna, Germania, Francia e anche negli Stati Uniti, da più parti si è fatta strada l’ipotesi di un virus “scappato” da lavoratori cinesi.

Ma che cos’è un attacco biologico?

Vi sono diverse modalità di condurre un’aggressione bellica a uno o più Stati stranieri.

Una di queste è l’attacco condotto con armi biologiche, indecifrabili, non localizzabili
e per questo particolarmente insidiose per la loro estrema capillarità nella diffusione.

Per anni, durante la cosiddetta “guerra fredda”, gli analisti occidentali e, dall’altra parte sovietici,
si sono interpellati sull’utilizzo dell’arma biologica, in particolare se questa arrecasse effettivamente
danni rilevanti al nemico o si rivelasse un boomerang per il Paese aggressore.

All’epoca, fortunatamente, ci si è attenuti ad una situazione di minacce e null’altro.

Ma nell’attuale grande partita a Risiko, non si è tenuto conto degli effetti collaterali che le armi biologiche,
anche se solamente in fase di studio e attualizzazione, avrebbero potuto provocare.

L’irresponsabilità di alcuni Governi, in primis Cina e Corea del nord, ha portato a sospettare
che almeno uno dei due Stati abbia inteso, seppur con il dubbio del dolo/colpa,
sperimentare gli effetti di un’eventuale pandemia mondiale sugli andamenti economici,
favorevoli o meno, rispetto ai canoni di una diffusione mondiale di un virus.

Il dossier cinese del 2019

E in questo periodo è emersa anche la notizia della presentazione, avvenuta nell’agosto 2019, di un dossier “segreto”
delle autorità cinesi che avrebbe fornito informazioni circa i benefici economici di un’eventuale pandemia mondiale
provocata da un virus a fronte del quale, seppur “inopinatamente” sfuggito al controllo dei laboratori militari cinesi,
avrebbero ottenuto le autorità cinesi.

Successivamente a questo documento, nel settembre 2019, i cinesi avrebbero condotto una simulazione di propagazione,
da parte di un paziente affetto da Coronavirus proprio nella zona dell’aeroporto di Wuhan, e munito di una “dirty bomb”.

E poi, il 2 novembre 2019, un “tecnico” del laboratorio di medicina militare di Wuhan,
stanziato a poca distanza dal locale mercato del pesce, viene trovato morto a seguito di una non meglio descritta “infezione da coronavirus”.

A fronte di questo allarme la Russia, tramite le informazioni ottenute dai propri servizi segreti,
anticipando la concorrenza occidentale e dimostrandosi più che all’altezza della situazione,
avrebbe chiuso i confini e limitato l’epidemia, anticipando tutti i servizi di sicurezza mondiali
e assicurandosi la quasi piena immunità dal virus.

Secondo questa versione, l’Occidente per intero non viene informato dell’imminente pandemia
e non prende provvedimenti idonei all’espandersi di quest’ultima.

A questo punto, i labili confini dell’Ue, così come quelli degli Usa, vengono infranti da un numero indefinito di infetti
che, nel mese di marzo, provocano un’epidemia che presto si trasforma in una pandemia mondiale.

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La Cia, assai solerte in questo specifico caso, allerta i vertici Usa che, comunque, sottovalutano l’allarme.

In Europa invece, dove la comunità cinese è preponderante rispetto alle altre, arriva un incolpevole portatore di batteri del virus Covid -19.

E accade anche che alcuni negozi gestiti da cinesi decidono di chiudere l’attività per “riposo” dal 23 marzo al 20 aprile,
ancora prima delle decisioni del governo italiano.

Il parere degli israeliani

Il 27 gennaio scorso i debunker del circuito di Poynter hanno contattato Dany Shoham,
ex ufficiale dei servizi segreti israeliani, esperto di armi biologiche, il quale smentisce categoricamente
di aver affermato che il coronavirus possa essere stato originato dal laboratorio di Wuhan.

“Ho suggerito un possibile collegamento al programma di guerra biologica cinese – afferma Shoham –ripreso da Tgcom –
sotto forma di fuga del virus, ma ho aggiunto che finora non ci sono prove o indicazioni per tale incidente.
L’intero evento potrebbe ovviamente essere del tutto naturale, ed è così che sembra essere in questo momento.
Sono necessarie ulteriori informazioni sull’origine del virus”.

Un’analisi basata sulle prime informazioni sull’epidemia, divenuta ad oggi una vera e propria pandemia,
analisi insolitamente moderata rispetto ai canoni israeliani, ma che la dice lunga sui sospetti internazionali
di una divulgazione dolosa/colposa di un virus sfuggito di mano agli esperti scienziati militari cinesi.

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L’incognita Isis o Al Qaeda

In tutto questo c’è anche chi ritiene di dover considerare anche un possibile ruolo di Isis o Al Qaeda nella vicenda covid-19.
Ma al momento, l’incognita del terrorismo islamista che da sempre ha minacciato l’Occidente di ricorrere a qualsiasi arma,
convenzionale o meno, per combattere i miscredenti, è considerata solo speculazione.

Nel penultimo numero del web magazine Al-Naba, i ‘redattori’ dello Stato islamico pongono, infatti,
particolare attenzione alla pandemia di coronavirus, allertando gli adepti a “evitare di recarsi in Europa”.

Le direttive della Shari’i vincolerebbero, quindi, i seguaci dell’organizzazione terroristica, ad oggi operativa,
ad attenersi alle direttive emanate dalla presunta autorità suprema, il Califfo, il quale avrebbe interpretato
la recente pandemia come “un obbligo di fedeltà percependo che le malattie non colpiscono da sole ma per comando e decreto di Dio”.

L’interpretazione della leadership dell’Isis rivelerebbe ai consociati di “confidare in Dio”, evitando le conseguenze dirette della malattia,
con consigli pratici, simili a quelli dettati dall’odiato Occidente.

Tutto ciò, secondo alcune analisi, non escluderebbe che l’origine della pandemia possa avere avuto origine
proprio dai laboratori artigianali degli islamisti mediorientali, possibilmente in collaborazione con qualche governo consenziente dell’estremo oriente.

La Stampa contro i russi

In queste settimane complicate per la propagazione del virus, in Italia spunta anche la polemica
innescata dall’autorevole quotidiano “La Stampa” che ipotizza un invio “undercover” di personaggi
legati allo spionaggio russo sul territorio italiano, mascherati da esperti nell’ambito delle pandemie biologiche.

Pronta la risposta del ministero della Difesa russo che, per bocca del General Maggiore Igor Konashenkov,
ha ovviamente smentito qualsiasi infiltrazione di spie.

Non si intravvede, comunque, una motivazione logica per la quale il governo di Mosca avrebbe dovuto inviare
personale da infiltrare in Italia alla ricerca di chissà quale segreto.

È bene ricordare, infatti, che le spie russe da sempre sono infiltrate nel nostro paese e questo genere di infiltrazioni
da decenni rappresenta motivo di “interesse” da parte dei nostri servizi segreti.
 
E c'è pure chi gioisce. Povere capre.E ci facciamo infinocchiare da questi babbei ?

Finalmente si chiudono le danze europee.
Dopo giorni di valzer diplomatico, l’Eurogruppo ha raggiunto un accordo per il piano anti-crisi
da adottare tra i Paesi membri per fronteggiare l’emergenza economica causata dal Coronavirus.


“L’Eurogruppo ha trovato l’accordo. Un pacchetto di dimensioni senza precedenti
per sostenere il sistema sanitario, la cassa integrazione, la liquidità alle imprese e il Fondo per un piano di rinascita. L’Europa è solidarietà”,

twitta il commissario Paolo Gentiloni.

“Messi sul tavolo i bond europei, tolte dal tavolo le condizionalità del Mes.
Consegniamo al Consiglio europeo una proposta ambiziosa. Ci batteremo per realizzarla”,

spiega il ministro dell’Economia, Roberto Gualtieri.

In pratica, sì al Mes per le spese sanitarie e no agli Eurobond.

Il solo requisito per accedere alla linea di credito del Mes sarà dunque che gli Stati
si impegnino a usarla per sostenere il finanziamento di spese sanitarie dirette o indirette,
cura e costi della prevenzione collegata al Covid-19, si legge nelle conclusioni dell’Eurogruppo.

Come ipotizzato, c’è anche l’intesa sulla Bei e sul programma SURE, il meccanismo anti-disoccupazione.

La linea di credito sarà disponibile fino alla fine dell’emergenza.

Dopo, gli Stati restano impegnati a rafforzare i fondamentali economici,
coerentemente con il quadro di sorveglianza fiscale europeo, inclusa la flessibilità.


Vengono quindi eliminate le condizioni per accedere al Mes, ma restano alcuni paletti da rispettare una volta superata la crisi.


“Eccellente accordo fra ministri delle Finanze europei sulla risposta economica al Coronavirus:
500 miliardi di euro disponibili subito. Poi un fondo per il rilancio. L’Europa decide e si mostra all’altezza della gravità della crisi”

twitta il ministro dell’Economia francese, Bruno Le Maire.

L’Eurogruppo si dice d’accordo a lavorare ad un Recovery Fund per sostenere la ripresa.
Come da richiesta francese, il fondo sarà temporaneo e commisurato ai costi straordinari della crisi
e aiuterà a spalmarli nel tempo attraverso un finanziamento adeguato.

“Soggetti alla guida dei leader, le discussioni sugli aspetti pratici e legali del fondo, la sua fonte di finanziamento,
e strumenti innovativi di finanziamento, coerenti con i Trattati, prepareranno il terreno per una decisione”.

Tra gli strumenti con cui alimentarlo, “ci potrebbe anche essere un debito comune, ma questo non vuol dire mutualizzazione del debito”,
ha precisato Le Maire.

La Francia è riuscita quindi a convincere almeno in parte Angela Merkel ad appoggiare la sua proposta
di creare un nuovo fondo di solidarietà temporaneo, che sia Parigi che Roma considerano l’apripista agli Eurobond.

Per la Germania potrebbe essere più accettabile coinvolgere invece il bilancio Ue,
ma l’Eurogruppo ha preferito lasciare ai leader le decisioni da prendere sul nuovo strumento.


Il piano ha un valore complessivo da mille miliardi di euro, ha detto il ministro delle Finanze francese, Bruno Le Maire, basato su quattro pilastri:

240 miliardi del Mes,
i prestiti Bei per le imprese per 200 miliardi
e il meccanismo per finanziare le Cig per 100 miliardi.

Infine il piano per la ripresa che avrà un valore indicativo di circa 500 miliardi.


L’accordo dell’Eurogruppo arriva a fine di una lunga trattativa e proprio nel giorno in cui la
numero uno della Bce Christine Lagarde definisce “impensabile” cancellare i debiti
e rinnova il suo invito per una risposta di bilancio forte al Coronavirus, chiedendo ai governi di superare le differenze.

Una cancellazione dei debiti contratti per contrastare lo shock economico senza precedenti causato dal Coronavirus?

“Non è il momento di farsi domande sulla cancellazione, in questo momento siamo concentrati su come sostenere l’economia.
Più in là vedremo come rimborsare i debiti e gestire le finanze pubbliche nel modo più efficiente”.
 
Si sono concluse le trattative del giovedì santo a Bruxelles da parte dell’Eurogruppo che, per chi non lo sapesse,
è l’insieme dei ministri dell’economia dei paesi dell’Unione Europea.

Come sempre i giornali ci presentano i risultati ottenuti con parole gonfie di retorica.

Gentiloni (commissario UE per l’economia): “Accordo su pacchetto con fondo per rinascita”.
Le Maire (ministro francese dell’economia): “Un piano di rilancio di 500 miliardi”.
Gualtieri (ministro italiano dell’economia): “Messi sul tavolo i bond europei, tolte dal tavolo le condizionalità del #Mes.
Consegniamo al Consiglio europeo una proposta ambiziosa. Ci batteremo per realizzarla”.


Fuor di retorica, qual è la sostanza politica ed economica?

In realtà ci sono dei problemi giganteschi, che come al solito i giornali non mettono in evidenza.




# I TEMPI SBAGLIATI

Mentre i ministri “europei” discutono e producono retorica, in nazioni occidentali al di fuori dell’Unione Europea,
come la Svizzera, il Regno Unito, gli USA, il Canada sono già arrivati soldi alle persone
che hanno dovuto smettere di lavorare ed alle imprese in difficoltà.

Anche alcuni paesi dell’Unione Europea, come la Germania, hanno già fatto arrivare denaro contante a chi ne aveva bisogno.

Lo hanno fatto facendo da soli, senza cercare soluzioni “europee”.

Tutto questo mentre in Italia alle troppe parole non sono seguiti fatti concreti a livello economico
(e a livello sanitario troppi italiani sono ancora in attesa di almeno una mascherina)
e chi ha bisogno di sussidio non ha ancora visto nulla, se non la solita immensa burocrazia.

In termini di tempi l’Eurogruppo ha fornito le seguenti risposte concrete:

al momento nessuna disponibilità immediata di fondi, ma potete subito fare richiesta ad uno dei “pacchetti” che abbiamo predisposto:

– il Meccanismo Europeo di Stabilità (MES)

– la Banca Europea degli Investimenti (BEI)

– il programma SURE contro la disoccupazione

Viene evocata la possibilità di attingere ad un eventuale Fondo per la Ripresa “Recovery Fund”
da 500 miliardi proposto da Italia e Francia, ma al momento si tratta di una proposta, nulla è stato deciso.

Non si parla più di eurobond, che restano solo “una proposta”, come il “Recovery Fund”.

I tempi sono tremendamente sbagliati, perché le nostre imprese stanno fallendo adesso o da qui a qualche settimana.
Non c’è tempo per fare trattative, servirebbe invece uno strumento per disporre di finanziamenti immediati agli stati e dagli stati ai cittadini ed alle imprese.



# LE CIFRE SOTTOSTIMATE

Se guardiamo alla cifre messe sul tavolo per fare fronte alle conseguenze economiche del coronavirus,
siamo molto distanti dall’effettivo fabbisogno degli stati europei.

Senza avere il tempo ed i mezzi per stimare il fabbisogno finanziario complessivo,
se per l’Italia viene stimato un fabbisogno finale dell’ordine di 500 miliardi di euro,
per l’intera Unione Europea il fabbisogno potrebbe essere dell’ordine di 3’500 miliardi di euro,
per pagare gli extra-costi sanitari, per dare un sussidio alle persone rimaste senza un reddito,
per sovvenzionare le imprese restate senza liquidità e non farle fallire.

I vari leader politici sparano cifre altisonanti, anche se per il momento, come detto sopra, ben poco è stato effettivamente stanziato:

Gentiloni parla di un piano di rilancio da 500 miliardi (85% in meno di quanto necessario),

Gualtieri parla di 200 miliardi stanziati dalla BEI e 100 miliardi del programma SURE (il 91% in meno di quanto necessario)

Il presidente dell’Eurogruppo Mario Centeno parla di 1000 miliardi, mettendo insieme tutto insieme.
E siamo comunque al 71% in meno di quanto necessario.

Per quale motivo i leader politici europei non parlano di finanziamenti del giusto ordine di grandezza?

Per diverse ragioni.

per stupire i cittadini-elettori con numeri roboanti, ben superiori a quelli a cui siamo abituati
(in Italia la manovra finanziaria è dell’ordine di 30 miliardi di euro ed ora si parla di centinaia di miliardi),
al fine di far sembrare “incredibili” i risultati ottenuti

– perché Germania ed Olanda non sono disposte a farsi carico dei rischi di prestare ad altri paesi
cifre dell’ordine di 3’500 miliardi: per questo motivo le trattative sulle cifre messe in gioco sono “al ribasso”, ma non ce lo possono dire

– per guadagnare tempo: nuovi finanziamenti dovranno essere messi in campo in seguito,
essendo quelli attuali largamente insufficienti. “In seguito” significa altre future trattative politiche,
svolte sotto la pressione di rivolte sociali in arrivo a causa dei precedenti interventi insufficienti.

Qualcuno spera di ottenere in futuro qualche cosa di più, senza poterlo neppure dire ora




# DEBITI SU DEBITI

Tutte le grandi cifre sbandierate dall’Eurogruppo sono dei prestiti, non sono erogazioni a fondo perduto.

Lo sono i 1000 miliardi di Centeno,
i futuri eventuali 500 miliardi del Recovery Fund proposto da Francia e Italia, neppure approvato.
Lo sono anche i 400 miliardi del “bazooka di Conte” annunciati nei giorni scorso,
finanziamenti alle imprese con garanzie (limitate!) fornite dallo Stato.

Tutto questo mentre nel Regno Unito la Bank of England annuncia che finanzierà il deficit del governo britannico
necessario per fare fronte alle conseguenze economiche del Covid-19 con elargizioni di denaro a fondo perduto.

Ovvero il Regnu Unito non si dovrà indebitare per finanziare gli interventi urgenti e necessari.

Alla fine di questa crisi sanitaria ed economica l’Italia si ritroverà con un debito aggiuntivo, pubblico o privato, di 500 miliardi di euro,
che graverà soprattutto sulle spalle delle imprese già colpite dalla crisi e di tutti i contribuenti già colpiti dalla crisi.

Si tratta di un debito aggiuntivo pari al 28% del PIL, sapendo che attualmente il livello complessivo di indebitamento del nostro paese,
pubblico e privato, è dell’ordine di 5’000 miliardi, quindi con un aumento previsto del 10%.

Può sembrare poco, ma se consideriamo che attualmente i crediti deteriorati sono in Italia a 325 miliardi,
il rischio evidente è che centinaia di migliaia di imprese falliscano sotto il peso di tale debito e che milioni di famiglie
sprofondino nel baratro della povertà, in aggiunta a quelle che già ci sono.


Se il governo adottasse una soluzione come quella degli inglesi, ottenendo denaro a fondo perduto dalla banca centrale, questi rischi non ci sarebbero.

Anzi, si potrebbe chiedere anche di più, il necessario per portare finalmente all’Italia una vera ripresa economica
che ci manca da almeno 30 anni, per fare uscire dalla povertà tutti le famiglie ed offrire a tutti una opportunità di lavoro dignitosamente remunerato.
 
# LE CONDIZIONALITA’

L’Eurogruppo non ha quindi stanziato fondi per l’Italia, ma ha solo stabilito le condizioni alle quali i debiti potranno essere contratti.

Il fondo del MES concederà prestiti a basso interesse solo per le spese sanitarie degli stati.

I quattro soldi della BEI e del SURE sarebbero denaro dato in prestito a basso interesse.

Se gli stati avessero bisogno di altri fondi, questi verranno prestati ancora a basso interesse,
ma solo a fronte di pesanti condizioni di “riforme strutturali” che distruggerebbero l’economia di un paese
già fortemente colpito dalla crisi del coronavirus: sarebbe peggio di quanto già avvenuto con la Grecia.

In alternativa l’Italia potrà sempre rivolgersi ai “mercati”, emettendo titoli di stato tradizionali.

In questo caso gli interessi potrebbero essere calmierati dagli interventi di Quantitative Easing della BCE,
che acquistando titoli in abbondanza eviterebbe l’impennata dei tassi di interesse.

Tuttavia la Germania, nelle parole di Jans Weidmann governatore della Bundesnbank,
ha già fatto sapere che non accetterà che la BCE deroghi al suo mandato,
per cui gli acquisti di titoli saranno limitati e l’Italia dovrà esporsi alle speculazioni dei mercati,
con un aumento dello spread e dei tassi di interesse a nostro carico.

Il rischio peggiore è che con un’Italia che arriverà ad un rapporto debito/PIL del 180% (sale il debito, crolla il PIL),
i titoli italiani vengano considerati dai mercati “spazzatura” e che addirittura le banche italiane
vengano obbligate a disfarsi dei titoli, per cui i mercati, per acquistarli, chiederanno dei tassi di rendita ancora più elevati.


E si parla sempre comunque di debiti, denaro da restituire a chi ce lo ha prestato, ad alto interesse.

# IL DEBITO CHE NON E’ UN DEBITO: CAMBIAMO PARADIGMA

Ancora continua a circolare il ritornello che “è evidente che i debiti vanno pagati”.

Ma questa evidenza è stata chiaramente smentita da quanto sta avvenendo nel Regno Unito.

Cerchiamo di capire come stanno veramente le cose.

Da dove arrivano i soldi che l’Italia, sia il governo che le imprese, dovrebbe prendere in prestito e poi restituire?

Per avere la risposta dobbiamo capire come funziona il sistema bancario.

Quando una capofamiglia o una impresa chiede un credito di 100 mila euro ad una banca,
questa non presta denaro che aveva “nei forzieri” (anche perché oggi il denaro sono solo note scritturali su dei computer),
ma effettua una operazione di compensazione fra crediti e debiti.

Ovvero: la banca scrive sul conto corrente del destinatario la cifra 100’000 e si preoccupa di chiedere
le necessarie garanzie affinché quel prestito venga restituito, chiedendo in aggiunta degli interessi
per remunerare la propria attività e per coprirsi dai rischi di insolvenza (una sorta di polizza assicurativa).

Quando il prestito sarà restituito, quel denaro emesso verrà “distrutto” e resteranno solo gli interessi a vantaggio della banca.

Quindi non si tratta di un prestito di denaro che deve essere restituito come avviene quando presto un martello al mio vicino di casa,
ma si tratta di un meccanismo finanziario di compensazione di crediti e debiti a fronte di garanzie fornite.

Così funziona l’erogazione del credito alle imprese ed alle famiglie: denaro che si crea e si distrugge,
in un flusso continuo di creazione e di distruzione che si auto-compensa, lasciando al netto gli utili per le banche.

Così funziona l’acquisto dei titoli di stato sui mercati.

A parte la quota di titoli acquistati dai risparmiatori, le banche e gli istituti finanziari acquistano titoli
emettendo del nuovo denaro scritturale, essendo sicuri che quel denaro rientrerà alla scadenza dei titoli e lucrandovi sopra gli interessi.

Le centinaia di miliardi di euro di cui l’Italia avrà bisogno in questi mesi, quelle che ci presterà il MES
(in più rispetto ai soldi che noi stessi abbiamo versato negli anni precedenti), quelle che ci presterà la BEI,
quelle che ci presterà il SURE, quelle che ci presterà il “Recovery Fund”, quelle degli ipotetici eurobond,
quelle che arriveranno da nuove emissioni di titoli di stato… Tutti questi soldi saranno creati dalle banche dal nulla,
scrivendo numeri su dei computer e assicurandosi che verranno restituiti con gli interessi.


Non si tratta quindi di prestiti di denaro effettivi, ma di meccanismi di finanziamento a compensazione,
che alla fine non ci avranno dato proprio nulla, dato che dovremo restituire l’intero importo, aggiungendovi pure gli interessi.

A Londra hanno capito che questo meccanismo non è sostenibile nella gravità dell’attuale crisi economica del coronavirus.

Per questo la loro banca centrale, che ha questo potere, crea del nuovo denaro
e lo dà a fondo perduto al governo, in modo da salvare l’economia del paese.

Cosa che potrebbe anche fare la Banca Centrale Europea, ma non lo fa, dato che i governi non glielo chiedono.

Per uscire da questa crisi è quindi necessario un cambio di paradigma:

uscire dallo schema della moneta-debito, creata mediante meccanismi di compensazione,
e passare allo schema della moneta-positiva, direttamente accreditata ai governi dall’Istituto di Emissione.

La prima richiesta da fare, per chi crede ancora nell’Unione Europea,
è che la BCE immediatamente crei le centinaia migliaia di euro necessarie ai governi, erogandole a fondo perduto.
Il famoso “helicopter money” di Milton Friedmann.

Se questo non accade, senza perdere tempo è necessario mettere in atto il “Piano B”.

Il “Piano B” prevede che sia lo stato stesso ad emettere una moneta parallela pubblica, sotto forma di “biglietti di stato”
moneta elettronica e cartacea emessa direttamente dal governo, che assume valore sul territorio nazionale
in quanto il governo l’accetta per il pagamento delle tasse.

In alternativa o in parallelo il governo potrebbe estendere gli attuali strumenti di compensazione dei crediti fiscali (CCF)
già in uso per le ristrutturazioni edilizie, rendendoli liquidi e multilaterali ovvero consentendo di utilizzarli per i pagamenti fra cittadini,
emettendo nuovi CCF e facendoli circolare come moneta parallela.

Tutte queste misure sono assolutamente consentite dai trattati europei e sono quindi immediatamente attuabili.

Non c’è tempo da perdere in inutili trattative europee, dato che le intenzioni di Germania, Olanda & c. sono del tutto evidenti.

Ora la cosa importante è non farsi abbindolare dalla “Fake news” dei politici europei
e mettere in atto immediatamente le soluzioni che esistono e che sono già state portate al tavolo del governo grazie all’iniziativa
Piano di salvezza nazionale
 

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