Val
Torniamo alla LIRA
Un periodo storico particolare, certo.
Che ha visto il mondo affrontare una situazione di emergenza, prima sanitaria e poi economica, senza precedenti.
E durante il quale, però, c’è il rischio che il ricorso costante ai decreti ministeriali possa finire per intaccare le libertà dei cittadini.
A lanciare l’allarme, attraverso le pagine de La Verità, è stato il giurista Cesare Mirabelli,
che non ha nascosto le proprie perplessità di fronte all’operato del governo Conte:
“Il prolungamento dello stato d’emergenza?
Ci deve essere il presupposto che lo giustifichi.
Non può esservi emergenza per una situazione eventuale e futura”.
“Ci si può naturalmente dotare di strumenti che verranno utili se e quando l’emergenza si verificasse,
altro conto è instaurarli immediatamente. Uno deve apprestarsi sempre, cioè predisporre piani,
sapere cosa si fa se e quando un’eventualità dovesse verificarsi. Ma non adottare fin da subito misure pensate per il se ed il quando”.
In caso di nuove emergenze, d’altronde, i tempi e i modi per intervenire rapidamente ci sono:
“Provvedimenti urgenti possono essere adottati, in caso, anche a livello locale, ad esempio da un sindaco oppure, in materia sanitaria, disposti dal ministro della Sanità.
Il Consiglio dei ministri può adottare a sua volta misure urgenti con i decreti legge.
E invece c’è da chiedersi se sia giustificata l’attribuzione immediata di poteri che andrebbero esercitati solo in presenza del presupposto di emergenza”.
Il punto delicato, oggi, riguarda l’esercizio della libertà :
“I diritti costituzionali non possono essere soppressi o sospesi.
È legittimo limitarli, se la legge lo dispone per salvaguardare un altro bene costituzionale come la salute,
ma ciò deve essere giustificato, temporaneo e proporzionato al fine da perseguire”.
Il ricorso allo strumento dei dpcm, ha insistito Mirabelli, taglia fuori il controllo del Parlamento e del Presidente della Repubblica, eliminando così le forme di garanzia:
“Quando si toccano diritti costituzionali e di libertà, temo un rischio di assuefazione per così dire.
Né è sufficiente un’informativa o una comunicazione in Parlamento.
Si esagera quando il decreto legge diventa uno strumento ordinario.
I rischi esistono: si attenuano l’eccezionalità e la temporaneità che le misure dovrebbero avere”.
Che ha visto il mondo affrontare una situazione di emergenza, prima sanitaria e poi economica, senza precedenti.
E durante il quale, però, c’è il rischio che il ricorso costante ai decreti ministeriali possa finire per intaccare le libertà dei cittadini.
A lanciare l’allarme, attraverso le pagine de La Verità, è stato il giurista Cesare Mirabelli,
che non ha nascosto le proprie perplessità di fronte all’operato del governo Conte:
“Il prolungamento dello stato d’emergenza?
Ci deve essere il presupposto che lo giustifichi.
Non può esservi emergenza per una situazione eventuale e futura”.
“Ci si può naturalmente dotare di strumenti che verranno utili se e quando l’emergenza si verificasse,
altro conto è instaurarli immediatamente. Uno deve apprestarsi sempre, cioè predisporre piani,
sapere cosa si fa se e quando un’eventualità dovesse verificarsi. Ma non adottare fin da subito misure pensate per il se ed il quando”.
In caso di nuove emergenze, d’altronde, i tempi e i modi per intervenire rapidamente ci sono:
“Provvedimenti urgenti possono essere adottati, in caso, anche a livello locale, ad esempio da un sindaco oppure, in materia sanitaria, disposti dal ministro della Sanità.
Il Consiglio dei ministri può adottare a sua volta misure urgenti con i decreti legge.
E invece c’è da chiedersi se sia giustificata l’attribuzione immediata di poteri che andrebbero esercitati solo in presenza del presupposto di emergenza”.
Il punto delicato, oggi, riguarda l’esercizio della libertà :
“I diritti costituzionali non possono essere soppressi o sospesi.
È legittimo limitarli, se la legge lo dispone per salvaguardare un altro bene costituzionale come la salute,
ma ciò deve essere giustificato, temporaneo e proporzionato al fine da perseguire”.
Il ricorso allo strumento dei dpcm, ha insistito Mirabelli, taglia fuori il controllo del Parlamento e del Presidente della Repubblica, eliminando così le forme di garanzia:
“Quando si toccano diritti costituzionali e di libertà, temo un rischio di assuefazione per così dire.
Né è sufficiente un’informativa o una comunicazione in Parlamento.
Si esagera quando il decreto legge diventa uno strumento ordinario.
I rischi esistono: si attenuano l’eccezionalità e la temporaneità che le misure dovrebbero avere”.