11 febbraio 2018 - MARIO MARGIOCCO
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TEORIE GIÀ SENTITE. Queste cose Bagnai le ripete da un decennio. Il suo
Il tramonto dell’euro è del 2012 e alla base del Bagnai-pensiero c’è la più classica delle teorie monetarie, quella alla quale i primi critici della moneta unica fecero subito appello già più di 20 anni fa: una moneta unica per Paesi economicamente diversi non può reggere a lungo. In particolare si rivela nefasta per alcuni la perdita di sovranità monetaria che non consente quegli aggiustamenti del cambio necessari a riflettere i fondamentali dell’economia. Non possiamo diventare tutti una Germania. E non potendo svalutare una moneta che non abbiamo più, dobbiamo svalutare i redditi degli italiani. Queste cose le dicevano da subito, 25 anni fa non appena il progetto europeo prese corpo preciso, economisti di fama come Rudiger Dordnbusch, Martin Feldstein e Paul Krugman. E Bagnai da lungo tempo le riecheggia.
Svalutare la moneta nazionale equivale ugualmente, va ricordato, a svalutare i redditi, ma è operazione diversa e più complessa rispetto a una diretta limatura degli stipendi e rendite varie. Il messaggio chiaro, e spicciolo, che arriva a tutti i bar d’Italia è questo: riprendiamoci la sovranità monetaria, stampiamo la nostra moneta, e il problema del debito pubblico è risolto. E molti ripetono questa formula, convinti di essere stati introdotti dal professor Bagnai nell’arcano della politica monetaria. Dovrebbero ricordarsi che Argentina e altri Paesi con esperienze di bancarotta hanno sempre avuto la sovranità monetaria, ma hanno fatto bancarotta perché, pur avendone i pieni poteri legali, non riuscivano a governare la loro economia e la loro moneta. Sono le tesi del nazionalismo economico su cui Matteo Salvini sta conducendo la sua battaglia elettorale. Immigrazione, pilastro principale, e moneta unica, a completamento del riscoperto nazionalismo, panacea di tutti i mali. Gli interessi degli italiani in prima fila.
LA TEORIA STORICA. Nel caso italiano la sovranità monetaria costringerebbe, in proprio, a una austerità non dissimile di quella imposta dalle regole di Bruxelles. Ma se parlare contro l’immigrazione sollecita corde profonde e non sempre razionali né tantomeno condivisibili, parlare contro l’euro è questione più complicata e, da un anno circa, più arrischiata. Non sembra infatti che gli europei, e gli italiani, siano così pronti a disfarsene. La Brexit si rivela controversa. Olandesi e francesi hanno detto sì all’euro, con le ultime elezioni. Difficilmente gli italiani diranno il 4 marzo no. Accanto alla teoria economica, Bagnai offre anche una lettura storica per spiegare come l’euro, demenziale economicamente, sia fuori tempo anche storicamente. Nato ed Europa di Bruxelles, ricorda Bagnai, hanno avuto un ruolo importante nella precedente fase storica, quando si trattativa di fare argine all’Urss. Poi il comunismo è finito ed è in quei giorni che, nel tentativo di ancorare il rapporto tra Francia e Germania, si passò all’attuazione della moneta unica.
LA STOCCATA FINALE. «Per scongiurare il rischio di conflitti intraeuropei si ritenne necessario in Europa combinare un frettoloso matrimonio di convenienza tra Francia e Germania, che ebbe la moneta unica come anello nuziale»: questa tesi spiega meno della metà della storia. La parte più cospicua, che non viene spiegata perché alla linea Bagnai non conviene farlo, è che attorno al 1992-94 quando queste decisioni venivano prese erano almeno 15 anni che la politica monetaria dei Paesi europei si limitava a seguire quella della Bundesbank essendo il marco la moneta-guida. Tanto valeva avere una banca centrale comune dove non fossero solo le scelte tedesche a pesare. La Germania, dice Bagnai e dicono molti altri, sta traendo enormi vantaggio dall’euro perché se avesse il marco questo sarebbe enormemente apprezzato dato il surplus record con l’estero e il desiderio di tutti di tesaurizzarlo. E alla fine la stoccata finale del Bagnai-pensiero: «Nessun processo politico non soltanto democratico, ma neppure sensato può essere messo in atto in un’area che non condivide né una lingua comune né una comune identità nazionale».
il pericolo sovietico, l’Europa non ha che da riprendere la sua storia pre-1914, che ebbe come conseguenze appunto la due Guerre Mondiali. Il professor Bagnai ha validi supporti nella dottrina economica, anche se meno solidi di quanto sembrano, ma viene bocciato all’esame di Storia europea. La teoria economica non considera infatti che i Paesi dell’euro, quasi tutti, sono arrivati alla moneta unica dopo mezzo secolo di costanti cessioni di sovranità, accelerata per alcuni che, come la Finlandia, hanno dovuto attendere il 1989 per entrare nel consesso brusellese. Non considera che si tratta di Paesi spesso piccoli, e comunque non abbastanza grandi per far sentire davvero la loro voce nel mondo di oggi, dominato dagli Stati Uniti e dalla Cina, dove gli Usa sono il vecchio potere in arretramento e la Cina il nuovo, assertivo ed espansivo. Non considera che l’Europa, nel suo insieme, ha chiara coscienza della perduta supremazia economica politica e diplomatica, riconquistata e a fatica solo sul versante economico dopo il 1945, l’unico campo dove può ancora definirsi un gigante.
LA STORIA D'EUROPA NON È GIÀ SCRITTA. Alla base del Bagnai-pensiero c’è una lettura della storia dove solo gli egoismi nazionali comandano e dove la Germania vorrà imporre fino in fondo la sua forza e fare dell’Europa un’Europa tedesca. Ma nulla dice che sarà così. Nulla dice ancora che i tedeschi vorranno imporre questo, che la Francia e l’Italia e la Spagna e gli altri lo accetteranno, e che la storia d’Europa è già scritta. Se sarà così, la fine dell’euro è sicura. Ma dove trae Bagnai la certezza che sarà così e che chi prima esce dall’euro meglio si salva? La trae dal passato, dalla storia europea fino al 1945, una storia del suicidio economico e politico di un continente che ha dominato il mondo per due secoli e poi ha deciso di gettare la propria storia migliore alle ortiche, con fascismo, nazismo e comunismo, tutti prodotti del suicidio della Prima guerra mondiale, la più terribile di tutte le guerre.
A BAGNAI SFUGGE IL CAMBIAMENTO. La prova del nove Bagnai la indicava nel settembre 2016 nel successo della Brexit, votata a giugno dal referendum britannico: «Mostrare che chi esce sta meglio, che non esistono apocalissi di sorta, è qualcosa che i nostri media non possono permettersi di raccontare» , diceva nel settembre del 2016. Solo che da allora la Brexit appare assai meno semplice, i suoi costi assai più alti, il partito conservatore più diviso che mai, e il dibattito sui vari tipi di Brexit e sulla ricerca di quello meno oneroso più vivo che mai. Il vizio di fondo della Brexit, proclamare le fortune britanniche disgiunte dall’appartenenza al più grande blocco economico del mondo, è sempre più evidente a tutti, fuorché al professor Bagnai e al suo mentore Salvini. La loro soluzione, inutile girarci attorno, è il nazionalismo, economico, monetario e politico. L’Italia farà da sé. C’è una parte della popolazione che, come loro, capisce solo quello che conosce e “tocca”: il Paese, i suoi confini, la sua lingua, le sue tradizioni, la sua moneta , ed è convinta che in questa “unicità” sta il futuro. Non è più vero, non più come prima, da circa un secolo. Ma non se ne sono ancora accorti.
La Lega e l'euro: perché il Bagnai-pensiero non sta in piedi - Lettera43.it