Grande frenesia al capezzale dell'Euro
L'unione fiscale proposta da Parigi e Berlino e piano Salva-Stati proposto da Mario Monti non risolvono la crisi dell'EURO
Diventa sempre più frenetica la corsa per salvare la moneta unica europea, ma questa frenesia, che è un indice di grande paura, non è destinata a salvare l’euro, poiché non vi è alcun cambiamento degli orientamenti di politica economica che vengono imposti ai Paesi europei. I risultati del vertice tra il presidente francese Nicolas Sarkozy e la cancelliera tedesca Angela Merkel lo confermano. Ciò vale pure per il Piano Salva-Italia varato dal nuovo Governo presieduto da Mario Monti. L’Europa, che sta già cadendo in recessione, sta infatti reiterando la politica di rigore che è destinata ad aggravare la recessione, a non far raggiungere gli obiettivi di risanamento dei conti pubblici e quindi a richiedere nuove misure di austerità. C’è da chiedersi se la motivazione di questa insistenza tedesca non sia proprio quella di alzare continuamente l’asticella per far sì che alcuni Paesi europei gettino la spugna e chiedano alla Germania di uscire dall’euro. Insomma ci si può domandare se l’intero esercizio sia una specie di scaricabarile tra Germania, Francia ed Italia, in cui l’obiettivo di ogni Paese non è salvare la moneta unica europea, ma evitare di essere additato a responsabile del fallimento dell’euro.
Al vertice europeo di giovedi’ e venerdi’ prossimi Francia e Germania si presenteranno chiedendo l’approvazione di norme che renderanno pressoché automatica l’imposizione di sanzioni contro i Paesi europei che non rispetteranno gli obiettivi di bilancio pubblico. Queste proposte, che riducono in modo sostanziale la sovranità nazionale di ogni Paese, sono destinate a generalizzare politiche fiscali restrittive che rischiano di far piombare l’intero Continente europeo in una spirale deflazionistica. Nella stessa direzione va la manovra varata dal Governo italiano, che è sostanzialmente realizzata per lo più attraverso aumenti della pressione fiscale. Infatti il Piano Salva-Italia, se viene cumulato con le manovre precedentemente varate dal Governo Berlusconi, ammonta a circa 80 miliardi di euro, ossia al 5% del PIL italiano. Questa stangata, che costerà ad ogni famiglia circa 2100 euro ogni anno per tre anni, è destinata a deprimere l’economia italiana e a provocare l’anno prossimo una contrazione del PIL ben superiore allo 0,5% previsto dallo stesso Mario Monti. La gravità della recessione rischia di rendere impossibile il raggiungimento del pareggio del bilancio italiano nel 2013. L’Italia dunque rischia di entrare in una spirale che ha già conosciuto la Grecia.
In cambio di queste politiche restrittive la Germania sembra disposta ad accettare che la Banca centrale europea si metta a stampare euro per risollevare le sorti di un sistema bancario europeo prossimo al collasso per mancanza di liquidità e per allentare quindi la pressione sui titoli statali dei Paesi europei periferici. La Francia ha anche ottenuto una garanzia per le proprie banche, costituita dall’impegno che eventuali ulteriori ristrutturazione del debito pubblico non avvengano grazie alla partecipazione degli investitori privati, così come è avvenuto nel caso della Grecia.
Una politica monetaria fortemente espansiva della Banca centrale europea basterà a far rientrare la crisi dell’euro? I primi segnali di sollievo dei mercati finanziari potrebbero indurre all’ottimismo. Essi non devono essere presi molto sul serio, poiché i problemi sono altri: la crisi dei debiti sovrani europei è il frutto di una divergenza dei livelli di competitività dei diversi Paesi. Non è casuale, ad esempio, che i Paesi considerati deboli sono quelli anche che hanno passivi della bilancia commerciale e di quella delle partite correnti. Ciò è il frutto di una perdita di competitività di questi Paesi rispetto alla Germania. Ad esempio, il costo unitario del lavoro italiano è negli ultimi anni notevolmente aumentato ed oggi è superiore del 40% a quello tedesco. Questi scarti di competitività non vengono ridotti da manovre come quella adottata dal Governo Monti. Anzi, questa stangata deprimendo i consumi renderà ancora più ardua quella ristrutturazione dell’economia indispensabile perché l’Italia possa rimanere in Eurolandia. L’Italia ha in realtà bisogno di una svalutazione per ritornare ad essere competitiva e per riprendere a crescere. Ma questa svalutazione non è possibile restando nell’euro. Quindi, il risultato di queste stangate rischia di rivelarsi una politica di lacrime e sangue per ottenere molto probabilmente nulla.
In conclusione, questi provvedimenti non risolvono i problemi dell’euro. L’economia europea rischia di finire in una spirale deflazionistica che non potrà essere fermata da una politica fortemente espansiva della Banca centrale europea. Il risultato principale sarà soprattutto quello di aver ridato fiato ad un sistema bancario europeo ormai sull’orlo del collasso. Ma dare liquidità abbondante alle banche non basta per rilanciare l’economia e non basta nemmeno per salvare un sistema bancario che non ha solo problemi di liquidità ma anche di solvibilità. Insomma, un grande agitarsi per magri risultati e soprattutto una grande frenesia che non basta a risollevare le sorti di un euro, le cui settimane restano contate.
(ticinonews.ch)
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L'opinione di Tuor.