GRECIA: IL PUNTO SULLO STATO DELL'ARTE
Eccoci giunti a ridosso delle festività natalizie con i titoli dei nostri ellenici spinti sempre più verso il basso dopo un'effimera e poco entusiasmante stagione autunnale.
La situazione è grigia, vedendo i grafici pare di intravedere le sequenze in ritirata di un'armata in fuga: una linea retta che si svolge tutta in discesa.
Purtroppo le speranze verso una soluzione positiva che vedono un rimborso dell'intero nominale rimangono esili, ma non per questo percentualmente trascurabili.
Il lungo e doloroso viatico che ormai attraversiamo a partire dal dicembre 2009 potrebbe volgere al termine, due anni di attacchi e contrattacchi, lo spiegarsi di forti controffensive ma seguiti da più ampi rovesci.
I soldati della Wehrmacht intonavano "Lili Marleen" durante i ripiegamenti dell'autunno '43, una canzone mal tollerata dalle gerarchie in quanto fortemente nostalgica ed intimista, poco incline allo spirito guerriero della stirpe germanica dipinto dalla propaganda di Goebbels.
In Italia abbiamo avuto una calda e dolce interpretazione da parte di Lina Termini, ineguagliata da altre successive versioni. Forse il clima diverso, la guerra ormai passata ... rimane il fatto che la sua voce avvolgente ci restituisce in pieno il clima di quegli anni e la versione gracchiante a 78 giri rimane magistrale.
Altri tempi e altre storie.
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Intanto sullo scacchiere della crisi del debito dell'eurozona la vicenda greca non assume più una posizione rilevante ma è diventata un problema nel problema.
Gli errori strategici e di posizionamento dell'ultimo anno si sono sommati uno sull'altro creando un effetto a valanga.
La mancanza di uno spirito condiviso e di strumenti di intervento efficaci hanno trascinato nel gorgo prima Atene poi Dublino e Lisbona per lambire ora Madrid e Roma.
Uno schema che può essere integrato prossimamente da Bruxelles, Parigi e Vienna.
Insomma il Gigante dai piedi d'argilla, il "Molok" si è risvegliato trovandosi incapace di reagire agli attacchi. Le rassicurazione sparse a piene mani da Trichet, Sarkozy e dalla Merkel sulla tenuta assoluta del debito pubblico dell'eurozona si è accompagnato però da risposte deboli e illusorie, molto evasive e spesso ritrattate.
Se la cara e vecchia "Unione Europea", quella delle corrispondenze da Bonn è crollata nell'89, quella finanziaria rischia di essere travolta dalla crisi nel 2012.
Un pesante atto d'accusa andrebbe rivolto alla mediocre classe dirigente che abbiamo messo nelle condizioni di governarci. In modo particolare i Partiti Conservatori, espressione degli ultimi accordi, rischiano di trascinare nel baratro l'intera impalcatura europea costruita a partire dal dopoguerra con politiche pericolosamente recessive.
Certo, nessuno ha la soluzione in tasca, ma un poco più di spirito solidale avrebbe potuto far digerire meglio la pillola dando un livello di comprensione e sostegno maggiore.
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Guardando attraverso le finestre di casa mia non intravedo gli infiniti spazi di leopardiana memoria e neppure gli occhi di Lei, ma nutrite schiere di alberi senza foglie inframmezzati da qualche pino e agrifoglio sempreverde: la speranza è sempre l'ultima a morire.
Vediamo allora, molto sommariamente, le ultime novità che - per dirla tutta - sono appena abbozzate e quindi vaghe ed indefinite come lo sguardo sull'ermo colle.
Fermo restando la condizione di "volontarietà" che potrebbe mettere in salvo il retail e legare questo ai piani precedenti, le prospettive sono di un vero e proprio salasso per gli aderenti.
Innanzitutto il FMI sembra stia prendendo posizione verso una soluzione che dalla "volontarietà" giunga alla "coercizione" verso tutti i creditori (salvo ovviamente che per se stesso) per giungere ad un effettivo taglio del debito. Quindi una posizione sempre meno equidistante.
Le ultime riunioni tenutesi ad Atene e a Parigi si sono concluse con un nulla di fatto, cristallizzando le posizioni. Credo che di questo se ne parlerà nella teleconferenza di lunedì 19 dicembre, data di scadenza di un bond greco.
Le proposte della Grecia, pur mantenendo il carattere volontario dello swap non negano propositi coercitivi nel caso la massa degli obbligazionisti non raggiungesse il 90% di aderenti. Una quota molto ambiziosa, quanto improbabile, considerato il carattere peggiorativo degli accordi di ottobre rispetto a quelli di luglio.
In questo caso a fronte di un nominale a valore 100 verrebbero concambiati titoli con valore 50 di cui 35 da pagarsi con titoli trentennali ad un tasso del 4,5% e gli altri 15 direttamente cash. Non sono previste garanzie accessorie ed i titoli rimarrebbero soggetti di "diritto greco", come la stragrande maggioranza del debito attuale.
C'è anche una proposta intermedia che scaglionerebbe la recovery secondo il quinquennio di appartenenza del titolo detenuto. Entro il 2014 la quota concambiata sarebbe più corposa per poi diminuire quanto più ci si allontana dalla scadenza.
La controparte istituzionale che conduce le trattative, l'IIF, sarebbe d'accordo in linea di massima verso un'accettazione di un haircut al 50% ma vorrebbe garanzie da parte dell'EFSF sui titoli concambiati, oltre ad una titolarità di "diritto inglese" sui titoli swappati. Il flusso cedolare dovrebbe attestarsi intorno all'8%.
In mezzo rimangono i 45 MLD spesi dalla BCE ed una decina in mano ad istituzionali cinesi che non avrebbero intenzione di partecipare all'operazione.
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Come potete vedere le posizioni non sono così distanti ed un lavoro di limatura potrebbe portare a sintesi la discussione lasciando al retail la possibilità di portare a naturale scadenza i titoli posseduti. Ma il rischio, ormai palpabile, è che sia tutta l'architrave della costruzione europea ad essere a rischio di crollo.
Come sempre in questa vicenda, peseranno di più le considerazioni politiche rispetto a quelle economiche.
Le ricette della comunità internazionale hanno avvitato la Grecia in una spirale recessiva ed ormai entriamo nel quarto anno consecutivo con ilo PIL in discesa: una condizione assolutamente proibitiva.
Il tempo è ormai scaduto.
Al momento sappiamo solo che la prossima scadenza da 14 miliardi a marzo non potrà essere pagata senza che il nuovo piano da 130 miliardi sia gia operativo.
Anche i soldi in cassa sono finiti.