Giusto per portarci avanti con il lavoro ....qualche spunto per il dopo Default..
Le conseguenze del default argentino per i risparmiatori
L’effetto tango in Italia
L’avvocato Cerniglia: "la colpa è dell’argentina ma soprattutto dei mediatori finanziari"
Tassi di interesse, titoli di debito, debito pubblico, default, spread. Sono tutte parole entrate gioco forza nel nostro lessico quotidiano, anche se non a tutti è chiaro il loro significato .
L’economia è diventata il ’piatto forte’ nelle case di tanti italiani (con esiti non sempre positivi, vedi una banalizzazione dilagante del dibattito in materia) forse per istinto di sopravvivenza. Perché non possiamo rimanere indifferenti all’immagine di un mondo che ci guarda con preoccupazione, ed iniziamo ad essere diffidenti proprio di coloro ai quali abbiamo sempre affidato ciò che di più prezioso abbiamo - materialmente parlando, s’intende: delle nostre banche, che infatti iniziano ad annaspare sotto la minaccia della mancanza di liquidità.
Perché l’occupazione preferita degli istituti di credito, il fare i soldi con i soldi (degli altri), è uno sport affascinante ma rischioso. E
dieci anni fa, in Argentina, la posta in gioco era molto ghiotta per chi poteva ottenere interessi altissimi acquistando titoli di debito di un Paese ormai con l’acqua alla gola, in cui le banche erano costrette a blindare il denaro dei propri correntisti (il famigerato corralito che tanto fece soffrire il ceto medio).
Molti istituti di credito si erano tuffati in questo gioco al rialzo, con la responsabilità - appurata in seguito - di non aver informato adeguatamente i propri correntisti di quanto fosse rischioso. Fino alla dichiarazione di insolvibilità, quando molti risparmiatori - e molti nel nostro Paese - scoprirono che i propri risparmi si erano volatilizzati, risucchiati dall’impossibilità dell’Argentina - uno stato fino a pochi anni prima ritenuto l’’allievo modello’ dei tecnici del Fondo Monetario Internazionale - di sostenere il preso del proprio debito pubblico.
Si fa presto, poi, a parlare di
ristrutturazione del debito: un’operazione per nulla indolore, ed i cui effetti possono estendersi a lungo, sia nel tempo che nello spazio. Per arrivare a sentirsi anche dieci anni dopo ed anche nel nostro Paese. Ripercorriamo la storia di
centinaia di migliaia di risparmiatori italiani, cercando di capire le cause e gli effetti che questo tsunami finanziario ha portato fino a casa nostra insieme all’avvocato
Massimo Cerniglia, che ha curato numerose cause di risparmiatori che avevano i propri risparmi investiti in obbligazioni argentine, ed è tra le altre cose consulente legale nazionale di Federconsumatori.
Avvocato Cerniglia, proprio in questi giorni stanno decorrendo i dieci anni del default del titolo argentino, avvenuto quei fatidici giorni di fine dicembre 2001. Quanti erano orientativamente i risparmiatori italiani che avevano i loro risparmi investiti in titoli di debito argentino? Si può parlare di qualche cifra? I risparmiatori italiani erano 450.000.
In effetti, i dieci anni dovrebbero scadere non già il 23 dicembre, ma il 3 gennaio, giorno della dichiarazione ufficiale di default della Repubblica argentina. Il limite di scadenza per le cause intentate per il rimborso dei bond è quindi il 2 gennaio 2010. Occorre fare una differenziazione, in questo senso: se si è interrotta la prescrizione con una lettera entro i dieci anni dal default, quindi dalla fine nel 2001 all’inizio del 2012, chiaramente si ha un tempo superiore ai dieci anni. Se si è interrotta la prescrizione poniamo a giugno del 2008, si hanno ulteriori dieci anni ed ho tempo per proporre un’azione risarcitoria fino al 2018. Se prima di questa scadenza si interrompe nuovamente la prescrizione, si hanno altri dieci anni. Praticamente il termine non c’è, dipende dalla interruzione della prescrizione.
C’è poca informazione a riguardo…
Non si vuole dare informazione. Soprattutto in questa parte finale del periodo, non si è voluta secondo me dare l’informazione in maniera adatta.
Ancora un po’ di storia. Qual era il rendimento dei titoli argentini prima del default? In che modo era certificata (se lo era) la loro inaffidabilità?
Il rendimento dei titoli argentini variava dall’8% all’11%, e la loro inaffidabilità era certificata dal fatto che avevano un rating BB (o ’doppia B’, ndr) basso ed altamente speculativo. C’è poi da dire che le offerance circulars, che erano i documenti di circa 70-80 pagine redatti dalla Repubblica Argentina, e quindi dall’emittente, che accompagnavano, come tutti gli altri, anche questi titoli obbligazionari, dicevano espressamente che si trattava di titoli altamente speculativi, adatti a soggetti che potevano sopportare un discorso di questo tipo; si era detto anche che c’era stato un default nel ’95, che non vi erano garanzie di rimborso degli interessi e addirittura del capitale. Questo era tutto detto: l’Argentina ha avuto una colpa grave a fallire, ma anche gli intermediari finanziari Italiani, che hanno venduto titoli di debito argentino ad un numero enorme di risparmiatori, secondo solo a quello dei titoli venduti nella stessa Argentina, dov’è chiaro che si vendessero molto. Chiaramente gli intermediari finanziari delle banche hanno avuto una responsabilità molto grossa nella vendita di questi titoli.
Perché le banche, malgrado tutto, hanno accettato di giocare a questa ’roulette russa’? Erano sicure che il rischio per loro sarebbe stato minimo e che il peso di un eventuale default sarebbe ricaduto tutto sui risparmiatori?
In effetti il rischio per loro è stato minimo, basta fare un conto statistico. Innanzitutto c’è stata l’offerta pubblica di scambio che la Repubblica Argentina ha fatto, cui hanno aderito la maggior parte dei risparmiatori. Poi c’è stato l’arbitrato internazionale, cui avevano aderito all’inizio circa 160.000 risparmiatori, che poi man mano hanno revocato l’adesione e, se non sbaglio, attualmente ve ne sono 60.000 circa nel cosiddetto Icsid, l’arbtrato promosso dalla ’Task force’ dell’ Abi, Associazione bancaria Italiana, contro il governo argentino. Questo arbitrato oggi ha al suo interno circa 60.000 risparmiatori e sta avendo un esito positivo, perché gli arbitri internazionali hanno rigettato le eccezioni preliminari di inammissibilità sollevate dal governo argentino, ed ora quindi si dovrebbe andare al merito.
Se si fa però un discorso statistico, su 450.000 risparmiatori - i quali hanno investito tramite le banche italiane, molto spesso hanno investito malamente tramite le banche italiane, senza essere informati del rischio - quelli che hanno fatto cause civili sono una percentuale estremamente bassa, rispetto al numero di investitori, perché in Italia ci sono state poche migliaia di sentenze. Una percentuale bassissima di soggetti che hanno ’aggredito’ le banche. Che, in buona sostanza, se la sono vista abbastanza bene.
Ha citato l’offerta pubblica di scambio lanciata dal governo argentino, in cui si sono rifugiati anche molti risparmiatori italiani. Cosa pensa a riguardo?
L’offerta pubblica di scambio, fatta dapprima nel 2005 (il 75% del totale) ed in seguito nel 2010 (i titoli restanti), consolida gravemente la perdita dei risparmiatori nei titoli argentini. Vengono dati dei titoli in scadenza negli anni ’30, ad un valore nominale che nel 2034-2038 non sarà certamente il valore nominale di quando furono acquistati i titoli (appena il 25-35dell’originale, ndr). E’ vero che vengono dati degli interessi, ma sono interessi abbastanza bassi.
E pagati ad un termine molto lungo.
Un tempo in cui la gente ha il tempo di non esserci più. Soprattutto se si considera che il panorama dei risparmiatori che ha comprato questi titoli era composto per lo più da anziani, pensionati che magari hanno investito tutta o parte della loro liquidazione.
Con il decimo anniversario del default giunge anche la prescrizione della responsabilità contrattuale da parte delle banche per mancata informativa. Com’è iniziata la battaglia legale dei risparmiatori contro gli istituti di credito che avevano investito i loro risparmi in titoli inaffidabili? Qual è stata la sentenza chiave?
La prima sentenza è stata pubblicata a Mantova nel 2004. Prima, non esisteva giurisprudenza su questa vicenda, sul fatto che gli intermediari finanziari vendessero dei prodotti poco adatti al risparmiatori. Sono seguite le sentenze che ho ottenuto anche io presso il tribunale di Ferrara nel 2005 e 2006, circa un centinaio, ed una trentina a Roma: ma parliamo di una percentuale, a livello statistico, estremamente bassa rispetto a quello che è il numero degli investitori.
Tanti risparmiatori senza giustizia, dunque?
Tanti si sono accontentati di aderire all’offerta pubblica di scambio, oppure hanno aderito all’Icsid, e speriamo che vada bene. Speriamo anche che questi ultimi risparmiatori - che non aderito all’offerta pubblica di scambio perché incompatibile con l’arbitrato - abbiano interrotto la prescrizione, nel caso l’Icsid dovesse andare male: cosa che ci auguriamo non sia, perché è un arbitrato molto complesso ma anche molto serio, cui io ho partecipato come testimone a Washington nell’aprile 2010, e devo dire che è una cosa molto ben fatta .
Quello di investire in titoli ad alto rischio senza informativa adeguata per il risparmiatore è un “vizio” ancora in uso presso gli istituti di credito?
Consideriamo questo: a distanza di dieci anni dai cosiddetti “tango bond” c’è stato il cosiddetto convertendo della Banca Popolare di Milano, di cui si sta parlando molto in questi giorni e per cui sto esaminando e predisponendo una class action. Questo convertendo è stato acquistato da 15.000 risparmiatori, con grossi problemi. Purtroppo ci sono queste situazioni di acquisti fatti in modo affrettato e con consigli non ben dati, o anche consigli interessati, da parte degli intermediari finanziari.
Se dovesse dare tre consigli ad un risparmiatore che non volesse veder volatilizzarsi i propri risparmi a causa della “disinvoltura” degli investitori?
Innanzitutto direi di essere molto cauti, in questo momento, con gli investimenti. Di essere molto liquidi, perché in qualunque modo ci si muove si può sbagliare. In secondo luogo, quando si acquista un titolo finanziario, leggere sempre prima attentamente il prospetto informativo o del prodotto finanziario di acquisti, studiandolo a casa e chiedendo prima il parere ad un esperto del mercato finanziario.
Terzo, tenere conto del prodotto della consulenza, che le banche possono offrire a pagamento, e che potendo quindi essere responsabilizzate anche da un punto di vista legale.