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Dollaro, ecco cosa può provocare un'ulteriore caduta del biglietto verde. L’analisi di MFS IM​

di Francesca Gerosa
5 min
22 ottobre 2025, 12:43Ultimo aggiornamento: 13:09

Benoit Anne e Trisha Guchait, esperti di MFS IM, spiegano i motivi che lasciano presagire ulteriori ribassi per il dollaro statunitense. Le implicazioni per gli investimenti​



L’attuale contesto macro e di mercato lascia presagire ulteriori rischi di ribasso per il dollaro statunitense. Innanzitutto, a giudicare dai fondamentali della crescita, Benoit Anne, Senior Managing Director Strategy and Insights Group, e Trisha Guchait, Quantitative Research Analyst di MFS IM, ritengono che i rischi di rallentamento siano più pronunciati negli Stati Uniti che nella maggior parte dei loro principali partner. Ciò riflette, in larga misura, l'incertezza legata all'impatto sulla crescita del blocco dell'immigrazione e dei dazi commerciali.



«Anche se non prevediamo un significativo rischio di recessione negli Stati Uniti, le prospettive segnalano una decelerazione. Altre regioni, come ad esempio l'Eurozona, stanno invece beneficiando di una fase di ripresa. Questa divergenza di prospettive di crescita tra gli Stati Uniti e il resto del mondo è uno dei principali fattori di ostacolo per il dollaro», spiegano Benoit Anne e Trisha Guchait.

Fed ago della bilancia

Anche il previsto andamento dei tassi d'interesse relativi suggerisce che il biglietto verde potrebbe indebolirsi. In questa fase è molto probabile che nei prossimi trimestri la Fed riduca il suo tasso di riferimento in misura maggiore rispetto a gran parte delle altre grandi banche centrali. Di contro, la Bce è vicina alla fine del suo ciclo di allentamento, mentre la BoJ prenderà verosimilmente in considerazione un ulteriore inasprimento nei prossimi mesi.

«Ci sembra che il ciclo della politica monetaria globale sia molto meno sincronizzato rispetto a qualche trimestre fa. Tutto ciò implica che il differenziale dei tassi tra gli Stati Uniti e i loro partner potrebbe ridursi ancora, esercitando un'ulteriore pressione al ribasso sulla valuta americana che negli ultimi tempi è stata scambiata contro l'euro a livelli più alti di quelli che sarebbero giustificati dal differenziale dei tassi d'interesse reali con l'Eurozona. Questa situazione potrebbe, tuttavia, invertirsi in futuro nel caso in cui la Fed ricominciasse a tagliare i tassi», prevedono i due esperti di MFS IM.

La politica Usa un rischio ulteriore

L'attuale contesto politico degli Stati Uniti rappresenta un ulteriore rischio. Infatti, i timori di eccessiva prodigalità fiscale potrebbero frenare l'interesse degli investitori globali per gli asset denominati in dollari, in quanto ciò potrebbe causare un aumento dei tassi a lungo termine, innescando una correzione sia dell'obbligazionario che dell'azionario statunitense. Inoltre, anche la credibilità del più ampio quadro di politiche macro Usa sembra messa in dubbio visto il notevole aumento delle pressioni politiche sulla Fed.



«Riteniamo che l'indipendenza della banca centrale costituisca un presupposto fondamentale per la credibilità delle politiche economiche. In passato, infatti, diversi Paesi emergenti hanno imparato questa lezione a proprie spese: subordinare l'orientamento di una banca centrale a pressioni di natura politica si traduce molto spesso in scarsi risultati nella lotta all'inflazione e in elevati rischi di deflusso di capitali», avvertono Benoit Anne e Trisha Guchait.

Nessun apprezzamento nel breve

La moneta americana risulta sopravvalutata di almeno il 10%. «Utilizzando un indice ponderato per l'interscambio dei Paesi del G10, il modello behavioural equilibrium exchange rate suggerisce che il dollaro è sopravvalutato del 18,7%, a indicazione che, anche tenendo conto dei differenziali economici, dovrebbe continuare a indebolirsi», stimano Benoit Anne e Trisha Guchait.



I segnali nel breve termine sono contrastanti, anche se tendono verso posizioni corte, ma va sottolineato che questi fattori sono soggetti a un maggior turnover. Nel complesso, i fattori tattici sono neutrali o leggermente ribassisti sul dollaro e non segnalano un apprezzamento della valuta nel breve termine.

Gli unici fattori che sostengono la divisa statunitense sul breve sono di natura tecnica. Nello specifico, le posizioni short sul dollaro sono tra le operazioni più affollate del momento (si veda il grafico).



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Era dal 2021 che il mercato non presentava una posizione corta netta sul dollaro come quella attuale. Sebbene questo scenario tecnico propizio possa causare una certa volatilità e persino innescare un rialzo temporaneo del biglietto verde, «riteniamo che in futuro i fondamentali macroeconomici sfavorevoli finiranno per prevalere e imporsi come principale driver della valuta», sostengono a MFS IM.

Cosa può provocare un’ulteriore caduta

Due comportamenti chiave degli investitori potrebbero provocare un ulteriore indebolimento del dollaro nel breve: l'allocazione globale e la copertura valutaria. In termini di allocazione globale, c'è il rischio che gli investitori, nell'ambito della loro asset allocation strategica, optino per una diversificazione a scapito degli asset denominati in dollari. Questo ribilanciamento innescherebbe a sua volta una riduzione dell'esposizione al dollaro, a vantaggio del resto del mondo.

Occhio alle coperture valutarie

«Riteniamo che in generale gli investitori globali siano sovraesposti ai mercati statunitensi, per cui questo ribilanciamento potrebbe richiedere tempo, visti anche i processi d'investimento dei grandi investitori istituzionali», affermano Benoit Anne e Trisha Guchait. «Ulteriori pressioni sul dollaro potrebbero provenire dalle coperture valutarie. Tra il 2022 e il 2024, gli alti costi di copertura dell'esposizione al biglietto verde hanno spinto alcuni investitori istituzionali asiatici ed europei a ridurre i coefficienti di copertura. In particolare, la BoJ ha indicato che il rapporto di copertura dei principali assicuratori vita giapponesi è sceso da circa il 60% nel 2021 al 40% nel 2024. Questa tendenza dovrebbe invertirsi in futuro».



Come sottolineato dalla Banca dei regolamenti internazionali (Bri) a giugno del 2025, le operazioni di copertura valutaria da parte di investitori non statunitensi che detengono asset Usa sembrano aver contribuito alla recente debolezza della valuta. «Tecnicamente», precisano i due esperti, «è l'aggiustamento del rapporto di copertura in dollari a creare il rischio maggiore per la valuta, anziché l'acquisto di un attivo in dollari con copertura valutaria».



Se si guarda al lungo termine, non vedono gravi minacce al ruolo di principale valuta di riserva del biglietto verde. È vero che la quota del dollaro nelle riserve globali è diminuita nel tempo. Secondo gli ultimi dati del Fmi, il dollaro rappresenta il 58% delle riserve ufficiali globali, in calo rispetto al 70% circa di 20 anni fa. «Ciò detto, dubitiamo che lo status del dollaro possa essere messo in discussione da altre valute», indicano Benoit Anne e Trisha Guchait.



Con una quota del 20% delle riserve ufficiali globali, l'euro si colloca al secondo posto ma a grande distanza dal biglietto verde, seguito dallo yen giapponese con il 5,8%. È probabile che la quota del dollaro continui a scendere in futuro, «ma si tratterà di un processo lento e graduale. Il principale ostacolo per i potenziali concorrenti», continuano i due esperti, è rappresentato dalle dimensioni e dalla liquidità del mercato. Infatti, la realtà è che il mercato dei Treasury è oltre 10 volte più grande di quello dei Bund tedeschi. In termini di volume medio giornaliero, il mercato dei titoli del Tesoro statunitense supera di 30 volte quello europeo.

Diversificazione più importante che mai

Alla luce della percezione dell'eccezionalità statunitense degli ultimi anni, gli investitori globali si sono sovraesposti agli Stati Uniti. Tuttavia, questa narrazione è ora messa in forte discussione, il che dovrebbe tradursi in un parziale allontanamento dagli attivi statunitensi. «In prospettiva, le asset class del resto del mondo, come le azioni non Usa, l'obbligazionario europeo e il debito dei mercati emergenti potrebbero beneficiare delle attuali pressioni sul biglietto verde. In particolare, siamo convinti che il contesto giochi a favore del debito emergente in valuta locale. Per sua natura, questa asset class offre una significativa diversificazione geografica. Il suo principale indice di riferimento, il J.P. Morgan Gbi Em Diversified, comprende infatti 19 Paesi dell'Asia, della regione Emea e dell'America latina». (riproduzione riservata)


 

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