IBM e Harvard, una nuvola per il solare

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IBM e Harvard, una nuvola per il solare

PI - News
di Giovanni Arata
martedì 09 dicembre 2008



Roma - L'università di Harvard e IBM varano un grande progetto di ricerca congiunto nel settore dell'energia solare. Puntano a individuare i materiali più efficaci per la produzione di celle fotovoltaiche di nuova generazione. Ma quel ch'è più interessante, vogliono farlo in modalità "grid": migliaia di computer che lavorano insieme, in remoto. Con enormi risparmi di tempo e di risorse.

L'iniziativa, ripresa tra gli altri da Cnet, è stata lanciata ufficialmente lunedì 8 dicembre. Ad annunciarla, insieme ai dirigenti di ricerca IBM, gli scienziati dell'Harvard University Center for the Environment.

Il progetto si inserisce nel più ampio quadro del World Community Grid (WCG), pensato da IBM nel 2004 per accelerare la ricerca sulle grandi questioni di interesse globale come l'AIDS e la fame nel mondo.
Il concetto che sostiene WCG è semplice: cittadini e organizzazioni donano parte dei "tempi morti" del proprio computer a favore della ricerca, mentre un grid server centrale spezzetta i processi elaborativi complessi attribuendone micro-porzioni a ciascun elaboratore remoto. In questo modo, i tempi di calcolo associati ai singoli modelli si accorciano in modo considerevole.

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Ed è questo il vantaggio principale atteso anche nel caso del progetto congiunto tra Harvard e IBM. Secondo Alan Aspuru-Guzik, direttore dello University Center for the Environment, procedendo in modalità cloud computing sarà possibile completare l'analisi dei materiali in soli 2 anni, molto meno di quanto sarebbe accaduto con una elaborazione attraverso cluster tradizionali. "Senza la potenza del WCG, ci sarebbero voluti circa 100 giorni di tempo di calcolo per analizzare le proprietà elettriche di ciascuno delle migliaia di materiali considerati", ha dichiarato lo scienziato.

L'impiego di materiali organici per la produzione di celle fotovoltaiche è una delle frontiere più battute nel settore delle ricerche alternative. Sebbene meno efficienti in termini assoluti e più deperibili, le celle costruite con sostanze naturali presentano diversi vantaggi rispetto alle tradizionali unità in silicone. Oltre ad essere più leggere, flessibili ed economiche da produrre, in alcuni casi sono anche in grado di sfruttare uno spettro di luce più ampio per la produzione di energia.

E la stessa IBM sembra essere ben conscia dell'importanza strategica del settore. Solo pochi giorni fa, l'azienda americana ha messo l'energia solare al primo posto tra i fattori in grado di cambiare il destino dell'umanità nei prossimi anni. Il tutto mentre, già prima del progetto appena inaugurato, si contavano all'interno del WCG due grandi iniziative legate al reimpiego delle irradiazioni del sole: una per la produzione di celle fotovoltaiche ultrasottili, ed una per la realizzazione di sistemi di concentrazione dei raggi.

Giovanni Arata

La fotocella più sottile che c'è

PI - News
di Luca Annunziata
venerdì 05 dicembre 2008


Roma - Quanto sviluppato al MIT dal professor Lionel Kimerling e dalla sua équipe promette di garantire una bella svolta alla tecnologia dell'energia solare prodotta con celle fotovoltaiche: pannelli cento volte più sottili di quelli attualmente in commercio, ma fino al 15 per cento più efficienti e soprattutto molto attenti al fattore inquinamento. Una tecnologia che potrebbe arrivare presto sul mercato, grazie anche agli sforzi di una startup locale che porta avanti lo sviluppo industriale dell'idea.

Un pannello fotovoltaico basato sul silicio incorpora un elemento sensibile spesso circa 0,5 millimetri. Il problema fondamentale di questa tecnologia è la necessità di operare con luce solare diretta e di una certa intensità (alto irraggiamento): la sua capacità di produrre energia comincia solo a partire dalle 9 o le 10 del mattino, vale a dire quando il Sole è già significativamente alto sull'orizzonte.

Per sopperire a questa mancanza, tuttavia, esistono dei prodotti alternativi: i cosiddetti pannelli a film sottile (thin-film), che assomigliano moltissimo a quelli montati, ad esempio, sulle calcolatrici tascabili. Questo tipo di celle è in grado di produrre energia anche con quantità di luce inferiore al caso precedente, aumentando il numero di ore utili nel corso del giorno: sfortuna vuole che quanto si trovi attualmente sul mercato sia prodotto con un materiale chiamato tellururo di cadmio, in grado di garantire in certi ambiti rendimenti superiori al silicio cristallino a scapito però della eco-compatibilità.

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Lo smaltimento del cadmio, sostanza tossica, è infatti complesso. Per questo la tecnologia del MIT riveste un'importanza particolare: sostituendo al cadmio uno strato di appena 5 nanometri di silicio si ottengono risultati persino migliori, garantendo costi contenuti e pieno rispetto dell'ambiente. Il segreto è l'utilizzo di un substrato riflettente di cristalli fotonici, ormai sempre più facili da produrre, abbinato ad un rivestimento antiriflesso della cella: in questo modo diviene possibile intrappolare la parte rossa e quasi-infrarossa dello spettro della luce, amplificando l'effetto di generazione della corrente.

Sono soprattutto i cristalli fotonici a rivestire un ruolo fondamentale: la loro capacità di riflessione è decisamente superiore a quella del comune substrato metallico (tipicamente alluminio) utilizzato in precedenza. La loro presenza aumenta drasticamente l'efficienza complessiva del pannello, come dimostrato dai primi prototipi del professor Kimerling, un obiettivo che è al centro anche di altre ricerche che scelgono approcci differenti.

Luca Annunziata


Il silicio nero è fra noi

PI - News
di Marco V. Principato
martedì 14 ottobre 2008


Roma - Una passata di potente laser et voilà, il silicio diventa nero, più nero del nero, talmente nero che la sua fotosensibilità è aumentata da da 100 a 500 volte, rispetto a quella di un wafer ordinario.

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Cosa vuol dire è diventato nero? Per esempio che, a seguito del trattamento, la sua maggiore sensibilità potrebbe rivoluzionare le tecnologie impiegate per la produzione di celle fotovoltaiche: il rendimento si vedrebbe proiettato piuttosto in alto, al confronto con le attuali medie di resa. Per non citare la sensibilità dei sensori delle telecamere, che diverrebbero in grado di raccogliere quantità di luce infinitesimali, un obiettivo ambitissimo che oggi costa ben altri sforzi produttivi.

Come molti altri grandi successi, l'idea è venuta alla luce per caso. "Ero stanco dei (soliti, ndr) metalli e temevo che i finanziamenti si prosciugassero", racconta al New York Times il fisico Eric Mazur dell'Università di Harvard, che assieme ad un collaboratore ha lavorato all'idea. Per cercare il flash di una vera novità, "ho scritto le nuove indicazioni in una proposta di ricerca senza pensarci troppo. L'ho scritto e basta, non so neanche perché", ha dichiarato Mazur.

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Il suo lavoro era stato avviato e finanziato dall'Army Research Office, il braccio della ricerca delle forze armate americane, con il fine di esplorare le reazioni catalitiche sulle superfici metalliche. Seguendo l'intuizione, Mazur ha laserato un wafer di silicio con un fascio coerente molto, molto potente. Dopo il trattamento laser è stato applicato dell'esafluoruro di zolfo. Il wafer si è annerito e, ad occhio nudo, sembrava quasi bruciato: ma ad un esame al microscopio elettronico, sulla superficie si è rivelata una struttura di microtubi, che ha invece esibito le inaspettate caratteristiche.

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Ora la novità è in mano a Syonix, una startup che si impegna a fondo nelle tecnologie fotoniche e ha raccolto l'autorizzazione ed i patent per trasformarla in qualcosa di fruibile a livello industriale. Si tratta di un passo senz'altro di grande interesse per qualunque settore e qualunque industria comunque legati a luce e silicio.

Il flash? Potrebbe divenire presto un vecchio ricordo: con una sensibilità 500 volte maggiore rispetto a quella attuale, forse non occorrerà più. Non resta che attendere gli sviluppi, che non tarderanno a fare ingresso in un segmento di mercato al giorno d'oggi piuttosto ampio.

Marco Valerio Principato


Da: http://punto-informatico.it
 

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