(fonte: finanzaworld.it)
Apple, dividendo e buyback limiteranno la crescita?
La notizia del momento e' sicuramente la scelta di Apple (NASDAQ:AAPL) di
distribuire una parte consistente del proprio patrimonio di cassa con un dividendo da 2.65 dollari per azione ed un programma di riacquisto di azioni
proprie per 10 miliardi di dollari.
Per un totale di 45 miliardi di dollari da restituire agli azionisti.
Ora tutti gli analisti si chiedono il perche' della scelta: infatti il free cash flow e' la cassa che non e' necessaria per l'operativita' e l'azienda puo' anche
semplicemente decidere di reinvestirla nel business stesso.
Ci sono aziende che scelgono di mantenere i soldi in cassa per poter meglio gestire le incertezze future, altre che decidono di aumentare il dividendo ed altre ancora che invece procedono a corposi buyback.
Spesso la scelta tra dividendo e buyback dipende dalle tassazioni previste per quell'anno e quindi dalla contabilita'.
Gli investitori sono continuamente alla ricerca di segnali che possano indicare se un titolo sia sottovalutato o meno. L'inizio di un programma di buyback e'
solitamente uno di questi segnali perche' evidentemente l'azienda crede che l'azienda quoti a sconto.
Non solo, se l'azienda acquista un certo numero di azioni, il numero totale sul mercato diminuira' ed i profitti per azione saranno maggiori.
Inoltre il minor numero di azioni in circolo, riduce l'offerta sul mercato e potrebbe aiutare il prezzo a salire.
Ed il buyback ha il vantaggio per l'azionista di non dover pagare le tasse sul dividendo.
Molte le aziende che hanno annunciato piani di buyback negli ultimi mesi: Nike (NYSE.NKE), Oracle (NASDAQ.ORCL), Microsoft (NASDAQ.MSFT),
Valero (NYSE.VLO), Cisco Systems (NASDAQ.CSCO), DuPont (NYSE.DD), Time Warner (NYSE.TWX) e Procter & Gamble (NYSE.PG) sono tra queste.
Il buyback puo' essere effettuato in due modi, il piu' semplice e comune e' l'acquisto di azioni proprie sul mercato esattamente come farebbe un investitore privato.
Oppure l'azienda puo' annunciare una cosiddetta 'tender offer'. In questo caso gli azionisti devono proporre un prezzo a cui poter vendere le proprie azioni. Questa modalita' e' comunque molto meno frequente.
Attenzione perche' sui soldi in cassa l'azienda riceverebbe comunque degli interessi. Quindi il buyback ha senso solo se e' prevista una crescita degli utili, altrimenti converrebbe mantenere la quota cash.
Cosa cambia sui dati di bilancio ? Semplicemente per ogni azione acquistata c'e' un calo nel valore di cassa sul balance sheet.
La distribuzione tramite dividendo e' invece tipica delle aziende piu' mature, come Johnson & Johnson (NYSE:JNJ). Un'azienda che decide di distribuire un
dividendo difficilmente non lo fara' negli anni successivi. Un buyback invece puo' avvenire ogni qual volta l'azienda ritiene di doverlo fare, senza l'obbligo che un dividendo comporta.
Quindi mentre un dividendo offre una sorta di gratificazione momentanea, un buyback promette una maggior parte di profitti futuri.
Un dividendo e' piu' un impegno a lungo termine: ben poche aziende vorranno eliminare o ridurre il dividendo, quindi e' piu' probabile che la quota di free cash flow distribuita tramite dividendo sia conservativa.
Infatti quando il management sa che gli investitori si aspettano un pagamento regolare, e' possibile che tenda ad essere piu' prudente nelle decisioni che riguardano il business.
Del resto il pagamento di dividendi costanti sembra essere una delle chiavi per il successo di un'azienda. Uno studio dimostra che nel periodo 1972-2006, i titoli dell'indice S&P500 che non pagavano dividendi sono cresciuti del 4.1% all'anno, mentre i cosiddetti dividend payers del 10.1%. Ben 6 punti percentuali di differenza quindi.
Il buyback ha comunque piu' senso del dividendo quando il titolo quota ad un buon sconto rispetto al valore intrinseco ed il potenziale ritorno sull'investimento e' maggiore di quanto l'azienda sarebbe capace di ottenere reinvestendo questo denaro.
Dobbiamo quindi guardare al ROIC, o return on invested capital. Se un'azienda ha un ROIC del 20%, che e' gia' un buon valore, e ritiene il titolo
sottovalutato del 40% rispetto all'intrinsic value, allora il buyback e' sicuramente la scelta migliore.
E d'altra parte ci sono studi che dimostrano come le aziende che effettuano periodici buyback abbiano fatto meglio dell'indice di quasi il 3% in piu' per anno.
La situazione ideale quindi sarebbe un'azienda che ripaga gli azionisti attuali con dividendi crescenti e coperti dal free cash flow.
Ma anche gli azionisti futuri, con programmi di buyback appena il titolo quota a prezzi appetibili. Coca-Cola (NYSE:KO) e' una di queste aziende virtuose.
A volte invece un buyback e' solo fumo negli occhi dell'investitore.
Il management di un'azienda infatti sa bene che un buyback viene visto come un segnale positivo e potrebbe quindi usarlo solo per far salire il prezzo del titolo.
Invece il free cash flow utilizzato per il buyback appartiene all'investitore, sarebbe quindi giusto chiedersi se si e' soddisfatti del buyback ai prezzi a cui viene eseguito.
Il problema e' che molte aziende, soprattutto tra le small e medium cap, considerano il buyback come la prima opzione disponibile, perche' la visibilita' sul prezzo dell'azione e' la loro prima preoccupazione. Cosi' facendo pero' mettono a rischio la stabilita' dell'azienda nel lungo termine.
Un buyback viene visto positivamente perche' si ritene che nessuno meglio del management possa conoscere la propria azienda. E' sempre vero ?
In realta' i dati storici testimoniano che il management non e' sempre piu' bravo di un comune investitore nel decidere il timing giusto per l'acquisto delle azioni proprie. Basti pensare a tutte quelle aziende che iniziavano piani di buyback proprio prima dello scoppio della crisi del 2007, con i prezzi ai massimi storici.
Eccone alcune: Nike (NYSE.NKE), Microsoft (NASDAQ.MSFT), Valero (NYSE.VLO), Citigroup (NYSE.C), Cisco Systems (NASDAQ.CSCO), DuPont (NYSE.DD), Goldman Sachs (NYSE.GS), Time Warner (NYSE.TWX), Procter & Gamble (NYSE.PG).
Avviene anche che l'azienda annunci il buyback, ma poi non inizi mai davvero
l'acquisto. Anche qui ci possono essere buone e cattive ragioni.
Spesso il prezzo di un titolo sale dopo l'annuncio del buyback quindi il management potrebbe ritenere il titolo non piu' sottovalutato.
Per alcune aziende invece il buyback e' necessario solo per evitare la diluizione del titolo per effetto del pagamento di stock options.
Dell (NASDAQ
ELL) e' stata in passato tra queste.
Per verificarlo basta controllare il numero di azioni sul mercato, se resta costante anche dopo il buyback, siamo in questo caso.
Infatti quando un'azienda emette delle stock option, per compensare i propri lavoratori, il numero di azioni cresce ed i profitti vengono quindi diluiti, rendendo quindi meno appetibile il prezzo dell'azione nonche' i vari ratio sui profitti su cui il titolo viene solitamente valutato. Quindi molte aziende compensano l'incremento di azioni attraverso piani di buyback, senza
porre troppa attenzione se il prezzo sia o meno sottovalutato.
Interessante articolo direi.
Io però aggiungerei una domanda tutta mia: riuscirà Apple a mantenere nei prodotti la sua particolare, unica essenza, ora che non c'è più il genio e deus ex machina, Steve Jobs? Personalmente ho seri dubbi anche se mi auguro di sì.
Insomma possiamo dire che non sempre il management riesce a valutare accuratamente il valore del titolo ed a separare cosa sia meglio per l'azionista piuttosto che per il management stesso.
Nel caso di Apple tuttavia non essendoci in vista possibili acquisizioni strategiche, la scelta del dividendo era inevitabile.
Cosi' come il buyback: tra l'altro i 45 miliardi di dollari previsti, se le vendite
dovessero continuare a crescere come hanno fatto finora, verrebbero presto rimpiazzati.
E la domanda allora e' proprio questa, Apple continuera' a crescere allo stesso ritmo attuale?