Saint Martin è l'aeroporto caraibico da cui poi si raggiunge Anguilla. Volendo, il resort scelto dal governatore mette a disposizione anche un elicottero per il trasferimento: alla Altamer nulla è impossibile, basta pagare. Ci sono campi da golf, centri benessere, maneggi. Lì ama nuotare Denzel Washington; lì è andata in scena la rottura del matrimonio tra Brad Pitt e Jennifer Aniston: il golfo turchese di Shoal Bay West è in cima ai consigli delle riviste più glamour del pianeta. Ma per tre anni una delle ville è stata occupata dalla comitiva Formigoni, con il numero uno della Lombardia che indossava sempre lo stesso bermuda rosa, unico segno di sobrietà in un'atmosfera altamente dispendiosa. Insomma, non erano certo vacanze né tristi, né da sfigato, espressioni usate dal governatore contro i cronisti del "Corriere della Sera" che hanno scritto dei biglietti aerei finanziati da Daccò.
Il problema è uno solo: chi ha pagato? Il conto natalizio all'Altamer, incluso il 20 per cento di tasse locali, vini ed extra, in genere sfiora gli 80 mila euro a settimana, tanto da avere meritato già nel 2005 la vetta della classifica di "Forbes" sui resort più cari del mondo. E cifre simili non si saldano in contanti: se il governatore ha fornito la sua quota, non avrà problemi a scegliere la linea della trasparenza e dimostrarlo ai cittadini. Perché come Formigoni stesso ha detto: "Alla fine delle vacanze di gruppo immagino vi regoliate come me: si fanno i conti e ognuno paga la sua quota".
Certo, per un uomo profondamente religioso che ha scelto di vivere secondo i dettami dei Memores Domini, la cerchia alta di Comunione e liberazione, la povertà dovrebbe essere un valore. E infatti non possiede nulla, né gli viene contestato di avere intascato un solo euro. Oltre ai soggiorni caraibici le cronache però descrivono crociere in Costa Smeralda su uno yacht da urlo e riposi agostani in una splendida villa sarda, entrambe del solito Daccò. Poche cose rispetto al patrimonio accumulato dal gran consulente, ora in cella con tre mandati di cattura per avere dirottato fondi neri dal San Raffaele e dalla Fondazione Maugeri: oltre 70 milioni di euro, in parte divisi con Antonio Simone. E quale fosse il vero mestiere di Daccò è stato spiegato con chiarezza dal suo fiduciario svizzero: "Risolveva problemi relativi a rimborsi e finanziamenti per enti che facevano fatica a ottenerli dalla Regione. Questa attività, più che su competenze specifiche, si fondava su relazioni personali e professionali che Daccò aveva in Regione".