IL DETTO "DALLA PADELLA ALLA BRACE" VERRA' SOSTITUITO CON: "DAL 2021 AL 2022"

In un’epoca in cui è possibile pagare il caffè anche con carta di credito
ed in cui i contanti vanno via via scomparendo, è
possibile trovarsi il portafogli completamente vuoto o comunque privo di monetine.

In tali casi, quando si deve parcheggiare, alcuni Comuni consentono di pagare la sosta tramite app o comunque mediante Pos.

Ma quando ciò non succede, perché il parchimetro è di “vecchia generazione”, come ci si deve comportare?

In caso di
parcheggio a pagamento, senza soldi spiccioli ci può essere la multa?

In altri termini, è possibile evitare di pagare il ticket sulle strisce blu
se il totem non consente il pagamento con carta di credito o bancomat?



Sul punto si è pronunciata di recente la Cassazione [1].

Ipotizziamo il frequente caso di un automobilista che, trovando un parcheggio libero a pagamento,
vi lasci l’auto ma, al momento di regolarizzare la sosta con l’acquisto dell’apposito ticket, si accorga di avere solo soldi di carta.

I negozi lì intorno sono chiusi o non fanno cambi in monetine.

Al tentativo di pagare tramite moneta elettronica, il conducente si accorge che il parchimetro non ha la fessura per le carte.

A quel punto, convinto di essere dalla parte del giusto, se ne va per i fatti suoi, ritenendo che una eventuale multa sarebbe illegittima.


Invece, secondo la Suprema Corte, la scusa di non aver avuto monete da inserire nel totem a ridosso delle strisce blu,
non esime l’automobilista che intende parcheggiare nella zona riservata di fare il possibile per procurarsi gli “spicci” necessari.

In caso contrario, la sanzione amministrativa è pienamente legittima.


Nel caso di specie, ad avviso del ricorrente – un cittadino che, appunto,
era stato multato per aver lasciato l’auto sul parcheggio a pagamento senza pagare il ticket,
sostenendo di non avere “spicci” – la circostanza che i parchimetri del Comune di Firenze per il pagamento della tariffa di sosta,
non accettassero banconote o carte di credito, insieme al fatto che egli non avesse monete con sé al momento del fatto contestatogli,
avrebbe legittimato la sosta del suo veicolo anche in difetto di adempimento dell’obbligo di pagamento della relativa tariffa.

Tuttavia, in materia di sanzioni amministrative – precisa la Cassazione – l’onere della prova che
«la condotta vietata sia stata posta in essere senza colpa, e di aver fatto tutto il possibile per osservare la legge,
cosicché nessun rimprovero possa essergli mosso», rimane a carico dell’agente.

In pratica, la giurisprudenza non esclude a priori la possibilità di impugnare la multa per essersi trovati nell’oggettiva impossibilità di pagare,
ma ciò è possibile solo a patto di fornire la dimostrazione nel corso del giudizio.

Non si tratta, di certo, di una prova agevole visto che il trasgressore dovrebbe dimostrare che:

  • il parchimetro era sprovvisto del dispositivo per il pagamento con carte di credito o di debito
  • e che, nelle vicinanze, non ve ne fossero altri invece predisposti per tale uso;

  • che, nel momento in cui è stata effettuata la sosta, i negozi erano chiusi
  • o non ve ne erano nel breve raggio di qualche centinaio di metri o
  • – cosa molto più difficile da provare – che gli stessi commercianti abbiano rifiutato il cambio dei soldi di carta.
L’orientamento della Corte sembrerebbe comunque in contrasto con quanto previsto dalla legge [2]
a norma della quale i gestori di pubblici servizi, nei rapporti con l’utenza, sono tenuti ad accettare i pagamenti
anche con l’uso di strumenti tecnologici, come il Pos (sigla che sta per point of sale), in altri termini con carta di credito o bancomat.

Tale norma viene estesa anche ai parcheggi a pagamento relativi alle aree pubbliche, di solito contrassegnati con le strisce blu.

La legge ammette la possibilità dei Comuni di derogare all’obbligo di predisporre i Pos sui parchimetri
solo nel caso di «impossibilità tecnica», ma in questa ipotesi non ricade il fatto che l’amministrazione
sia priva di sufficienti fondi per far fronte all’aggiornamento delle macchinette.


Proprio sulla scorta di ciò, alcuni giudici di pace hanno annullato, in passato,
le multe per sosta in un’area dove il parchimetro non consentiva il pagamento con carte di credito o bancomat.


[1] Cass. sent. n. 277/22.

[2] Art. 1, comma 901, della legge 208/15.
 
Burocrati romani in campo.


Fino a stamattina il certificato verde era obbligatorio per tutti gli alunni dai 12 anni in su:
in sua assenza, non sarebbe stato possibile utilizzare i mezzi comunali.

Poi ecco il cambiamento di rotta deciso dal Ministero della Salute e valido in tutta Italia.


«Mezza giornata prima del ritorno in classe dopo le vacanze natalizie, ecco il contrordine
- commenta il sindaco di Dolzago Paolo Lanfranchi , nel dare la comunicazione ai cittadini -
Siamo costernati per il disagio».


I sindaci di tutto l’Oggionese hanno sottoscritto la comunicazione alle famiglie:

«A seguito di una ordinanza emessa dal ministero della Salute,
ci vediamo costretti a rettificare la comunicazione diffusa in precedenza.


Per l’accesso al servizio di trasporto scolastico dedicato, dal 10 gennaio e fino al 10 febbraio,
non sarà necessaria l’esibizione del Green pass,
ma sarà sufficiente indossare la mascherina di tipo Ffp2, dai 6 anni compiuti in su.

Ci scusiamo per i numerosi comunicati degli ultimi giorni, spesso in antitesi tra loro, ma vi assicuriamo che ciò non è dipeso da noi».
 
La diatriba di questi giorni sul nucleare dimostra che certi ambientalisti “progressisti”,
“amici del popolo” ed “europeisti”, e che hanno un capo nel segretario del Partito Democratico, Enrico Letta,
sono quegli stessi che si oppongono al progresso tecnico, che provocano gli aumenti delle bollette della luce e del gas
e che stanno per favorire la disoccupazione di massa in Italia.



La decisione di fine anno della Commissione dell’Unione europea di proporre il nucleare (e il gas)
tra le tecnologie da usare e da incentivare nella transizione ecologica alla decarbonizzazione
ha diviso le forze politiche italiane della maggioranza di Governo.

Immediatamente si sono schierate quelle di centrodestra a favore,

mentre Pd e Cinque Stelle si sono schierate contro.



Il segretario del Pd, Enrico Letta, non ha perso l’occasione per affermare la sua leadership nel centrosinistra
e prendere la testa degli oppositori al documento dell’Ue, come un cane che voglia marcare il suo territorio.


Non ci piace la bozza di tassonomia verde che la Commissione Ue sta facendo circolare.
L
inclusione del nucleare è per noi radicalmente sbagliata.
E il gas non è il futuro, è solo da considerare in una logica di pura transizione verso le vere energie rinnovabili”


ha “twittato” Letta, il progressista.

Nella sua foga, Letta forse non si è accorto di star prendendo una posizione reazionaria, antipopolare ed antieuropeista.

Sembra non sapere che non è certo un progressista chi si oppone al progresso tecnico e scientifico,
agitando paure e terrori verso il nucleare che, con le nuove tecnologie, non hanno più ragione di esistere.

Né sembra sapere che non lo è certamente nemmeno chi ripropone un ritorno ad un fantomatico passato dell’“Eden verde” tutto sole e vento.

Di solito questi personaggi sono chiamati reazionari!

Specie se nel frattempo gli esperti e gli scienziati stanno avvertendo che le fonti rinnovabili di energia (fotovoltaico ed eolico)
non possono essere sufficienti e risultano estremamente costosi, se si contano anche gli incentivi statali erogati.


Chi paga?

Le prossime generazioni!


Ma forse Letta non si è accorto – che distratto! – che da qualche anno non si sta parlando in Europa
delle grandi centrali nucleari di vecchio tipo, ma di quelle di “quarta generazione” e, cioè, dei cosiddetti Smr (Small modular reactor).

Forse non sa che gli Smr sono piccoli reattori molto più sicuri dei vecchi,
che producono molte meno scorie radioattive e che – secondo recenti calcoli dell’Enea – sono molto più economici dei vecchi.

Vogliamo credere che non sappia nemmeno che essendo costruiti “a moduli” assemblabili
possono essere costruiti e montati molto velocemente e sono facilmente trasportabili e rimovibili,
riducendo anche i tempi e i costi di dismissione e sostituzione ?

Forse non sa che, come ogni tecnologia nucleare, i reattori Smr non emettono anidride carbonica?

E che è questa la ragione per cui la Commissione dell’Unione europea saggiamente li ha inseriti nella sua “tassonomia”?


E allora – se lo sa – perché si oppone?


Non vogliamo credere che – come ha insinuato l’esperto vero di sinistra, Umberto Minopoli – abbia pensato:

“Se lo dice Matteo Salvini, io dico il contrario”.


Non sarebbe serio!


Certamente Letta sa, però, che su quei reattori di ultima generazione stanno puntando diversi Paesi avanzati,
tra cui gli Usa, la Gran Bretagna e la Francia, nostro diretto concorrente in molte produzioni.

E sa anche che se il Governo lo ascoltasse, l’Italia rischierebbe di perdere competitività.

E non può non sapere che persino la Germania ha superato le sue iniziali perplessità
(dovute alla presenza dei Verdi antinucleari nel governo del nuovo cancelliere Olaf Scholz)
annunciando che aderirà alla tassonomia dell’Ue.

E che fa?

Se ne frega?


È di questo parere persino Chicco Testa, un altro esperto, vero anche lui di sinistra,
che lo ha preso in giro così con un tweet:

In un colpo solo hai messo in imbarazzo i tedeschi che avevano accettato il compromesso,
fatto incazzare Macron che è il migliore alleato dell’Italia,
fatto un autogol sul gas di cui abbiamo disperatamente bisogno.
Complimenti!
E intanto le bollette sono raddoppiate.
Ma chissenefrega…
”.



Ma quello che sorprende di più è che un uomo di sinistra e, quindi “amico del popolo” come Letta
non sappia che proprio le lobby delle “rinnovabili”, di cui si fa paladino e capo,
sono all’origine delle bollette esose che colpiscono ovviamente molto di più le famiglie meno abbienti.


Vogliamo credere che a Letta sia sfuggita l’intervista del 13 novembre scorso al Corriere della Sera
in cui il presidente dell’Eni, Claudio Descalzi, affermava che i recenti aumenti
sono dovuti alle distorsioni del mercato create anche dall’obbligo imposto dalla politica alle imprese energetiche
di investire nelle rinnovabili e che quegli aumenti perciò dureranno anni ?



Siamo certi che nessuno lo abbia informato che in quella stessa intervista lo stesso Descalzi
chiedeva di lasciarlo investire, invece che sul solare e dall’eolico
(per i quali l’Eni ha speso nel 2021, 2,4 miliardi di euro) su nuove tecnologie tra cui quelle nucleari.



Tuttavia, ci riesce difficile credere che Letta non abbia inteso dire che quegli aumenti nei costi energetici
rischiano di provocare l’uscita dal mercato di molte piccole e medie industrie italiane consumatrici di energia elettrica,
tanto che si prevede che possa provocare ben 500mila disoccupati in più.


Questo Letta certamente lo sa.

E che fa?

Se ne frega?

Non possiamo crederlo.

Ma visto che Letta è un uomo di sinistra vorremmo informarlo che l’aumento delle bollette per le famiglie
e per le imprese deve essere attribuito proprio alla lobby delle rinnovabili

per la semplice ragione che sulle bollette pesano – come si sa – i cosiddetti “oneri di sistema”.


Lo informiamo anche che questi oneri altro non sono
se non una tassa con cui i consumatori di energia, specie le famiglie meno abbienti,
ripagano lo Stato degli enormi incentivi che lo stesso Stato italiano eroga in gran parte (circa l’80 per cento)
destinati a finanziare le installazioni di impianti solari ed eolici.

Secondo l’ex presidente dell’Enel, Chicco Testa,
questi incentivi finora sono costati negli anni passati ben 250 miliardi di euri
ed ogni anno ammontano attualmente alla considerevole cifra di circa 15 miliardi.


Il solo fotovoltaico assorbe in incentivi oltre il 50 per cento della torta.

Particolare rilevante è che quegli incentivi foraggiano soprattutto le industrie cinesi dei pannelli solari, leader indiscussi sul mercato mondiale.
 
Letta, poi, sa bene che il Governo Draghi ha speso nel 2020 la cifra di 7,8 miliardi
per ridurre gli effetti dei rincari del gas sulle bollette,
che senza quell’intervento sarebbero ulteriormente aumentate di circa il 55 per cento.


E sa anche che quei miliardi di calmiere non potranno essere reiterati negli anni prossimi,
anche perché vanno ad appesantire il già insostenibile debito pubblico
e un giorno saranno pagati dai contribuenti e verosimilmente dalle prossime generazioni.

Letta lo sa di certo e altrettanto certamente se ne frega.

Secondo gli esperti basterebbe un sussidio pari al 10 per cento di quello attualmente goduto dal fotovoltaico
per rendere i nuovi reattori nucleari Smr competitivi con il gas naturale.

La differenza potrebbe essere facilmente colmata senza ulteriori oneri per i contribuenti,
riducendo del solo 10 per cento gli esosi sussidi agli impianti solari.


Ma non si può perché ci sono Letta e compagni.

Essi forse sanno anche questo, ma se ne fregano.



In Italia, più che altrove, la presunta esosità del nucleare è l’effetto dell’immane distorsione del mercato
a favore delle rinnovabili che è una conseguenza di scelte politiche
assunte per le pressioni della lobby del signor Letta e compagni.

Sappia o non sappia tutto questo,

Letta continua a fare il paladino delle lobby degli ecologisti radicali anti-nucleari

che agitano il pericolo di una catastrofe climatica (che non ci sarà, secondo gli scienziati più seri)

e tuttavia continuano a gridare il loro “no al nucleare” (che è a zero emissioni di Co2)

e continuano a sostenere l’impossibile e costosissima linea del “tutto rinnovabili”.



E questo Letta non può non saperlo.


Comunque, gli italiani che pagano sempre più esose bollette e quelli che resteranno disoccupati
dovrebbero essere messi in grado si sapere e di essere informati
(molto di più e meglio di quanto abbiano fatto sinora leader del centrodestra e i grandi media)
su chi sia la causa del disastro imminente.

In prima fila rischia di essere messo il “progressista” e “amico del popolo”, l’“europeista” Letta,

capo in testa del fronte dei reazionari italiani nemici del progresso tecnico e delle classi meno abbienti.


E tutto per inseguire il consenso e domani il voto

di quelli che il ministro della Transizione ecologica, Roberto Cingolani,

ha definito “ambientalisti radical chic”.


E questo Letta lo sa e non se ne frega.
 
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Le cellule T del comune raffreddore proteggono in modo incrociato dall'infezione da SARS-CoV-2





Le persone con livelli più elevati di cellule T da coronavirus comuni del raffreddore
hanno meno probabilità di essere infettate da SARS-CoV-2.


Un nuovo studio, pubblicato su Nature Communications e guidato dai ricercatori dell’Imperial College di Londra,
fornisce la prima prova di un ruolo protettivo per queste cellule T.

Mentre studi precedenti hanno dimostrato che i linfociti T indotti da altri coronavirus possono riconoscere il SARS-CoV-2,
il nuovo studio esamina per la prima volta come la presenza di questi linfociti T al momento dell’esposizione al SARS-CoV-2 influenzi se qualcuno viene infettato .

I ricercatori affermano anche che i loro risultati forniscono un progetto per un vaccino universale di seconda generazione
che potrebbe prevenire l’infezione da varianti attuali e future di SARS-CoV-2, incluso Omicron.



La dott.ssa Rhia Kundu, prima autrice dello studio, dell’Imperial’s National Heart & Lung Institute, afferma:

“Essere esposti al virus SARS-CoV-2 non sempre provoca un’infezione e siamo stati ansiosi di capire perché.
Abbiamo scoperto che alti livelli di cellule T preesistenti,
create dal corpo quando infettato da altri coronavirus umani come il comune raffreddore,
possono proteggere dall’infezione da COVID-19.

Sebbene questa sia una scoperta importante, è solo una forma di protezione,
e sottolineo che nessuno dovrebbe fare affidamento solo su questo”.



Lo studio è iniziato a settembre 2020 quando la maggior parte delle persone nel Regno Unito
non era stata né infettata né vaccinata contro SARS-CoV-2.

Comprendeva 52 persone che vivevano con qualcuno con infezione da SARS-CoV-2
confermata dalla PCR e che erano state quindi esposte al virus.

I partecipanti hanno eseguito test PCR all’inizio e 4 e 7 giorni dopo, per determinare se hanno sviluppato un’infezione.

I campioni di sangue dei 52 partecipanti sono stati prelevati entro 1-6 giorni dall’esposizione al virus.

Ciò ha consentito ai ricercatori di analizzare i livelli di cellule T preesistenti
indotte da precedenti infezioni da coronavirus del raffreddore comune che riconoscono anche le proteine del virus SARS-CoV-2.

I ricercatori hanno scoperto che c’erano livelli significativamente più alti di queste cellule T cross-reattive
nelle 26 persone che non sono state infettate, rispetto alle 26 persone che sono state infettate.

Queste cellule T hanno preso di mira le proteine interne all’interno del virus SARS-CoV-2,
piuttosto che la proteina spike sulla superficie del virus, per proteggerle dall’infezione.


I vaccini attuali non inducono una risposta immunitaria a queste proteine interne.


I ricercatori affermano che, insieme ai nostri efficaci vaccini mirati alle proteine spike esistenti,
queste proteine interne offrono un nuovo bersaglio vaccinale che potrebbe fornire una protezione di lunga durata
perché le risposte dei linfociti T persistono più a lungo delle risposte anticorpali che diminuiscono entro pochi mesi dalla vaccinazione.


Il professor Ajit Lalvani, autore senior dello studio
e direttore dell’Unità di ricerca sulla protezione della salute delle infezioni respiratorie del NIHR presso l’Imperial, afferma:

“Il nostro studio fornisce la prova più chiara fino ad oggi che le cellule T indotte dai comuni coronavirus del raffreddore
svolgono un ruolo protettivo contro SARS-CoV -2 infezione.

Queste cellule T forniscono protezione attaccando le proteine all’interno del virus, piuttosto che la proteina spike sulla sua superficie”.

“La proteina spike è sottoposta a un’intensa pressione immunitaria dall’anticorpo indotto dal vaccino
che guida l’evoluzione dei mutanti di fuga del vaccino.

Al contrario, le proteine interne prese di mira dalle cellule T protettive che abbiamo identificato mutano molto meno.

Di conseguenza, sono altamente conservate tra le varie SARS -Varianti CoV-2, incluso omicron”.

“I nuovi vaccini che includono queste proteine interne conservate
indurrebbero quindi risposte ampiamente protettive delle cellule T
che dovrebbero proteggere dalle varianti attuali e future di SARS-CoV-2”.



Lo studio è stato finanziato dalla NIHR Health Protection Research Unit in Respiratory Infections e dal Medical Research Council.
 
Il capo dell’agenzia di intelligence estera danese, Lars Findsen,

è stato arrestato il mese scorso per una fuga di informazioni “altamente riservate”, ma la notizia è stata resa nota solo oggi.



Findsen, il capo del Servizio di intelligence della difesa danese (DDIS),
è stato accusato di aver divulgato informazioni top secret
che potrebbero danneggiare la sicurezza della nazione o le relazioni con le potenze straniere.

L’arresto è avvenuto il 9 dicembre, ma questo è rimasto nascosto fino a lunedì,
quando il tribunale della città di Copenaghen ha alzato il sipario sul caso poco noto.

Le autorità stanno ancora trattando l’indagine con la massima segretezza e pochissimi dettagli sono stati resi pubblici.


Il giorno dell’arresto, il Servizio di sicurezza e intelligence danese (PET)
ha emesso un breve comunicato stampa in cui afferma che quattro
“membri attuali ed ex” sia del DDIS che del PET sono stati arrestati
e sono state effettuate perquisizioni di vari indirizzi.

Ora si è venuto a sapere che l’arresto colpiva proprio i vertici dell’organizzazione.


L’acccusa , pesantissima è stata di “ Diffusione d’informazioni altamente riservate da PET e DDIS”, afferma la dichiarazione,
aggiungendo che gli arresti erano il risultato di un’indagine di lunga data sulle fughe di notizie condotte da entrambi i servizi di intelligence.

La condanna che rischia il dirigente è fino a 12 anni di prigione.

Si sa solo che uno degli arrestati di quel giorno è stato poi invece liberato dopo soli otto giorni.

Le autorità si sono rifiutate di rivelare a favore di chi sia siano state diffuse le notizie
e, vista la storia passata dei servizi segreti danesi, potrebbe trattarsi sia degli USA,
che spiano da tempo i paesi occidentali, sia la Russia.


Nel qual caso i danni sarebbero enormi ed imbarazzanti.


Non è ancora chiaro se i dati segreti siano trapelati a una potenza straniera, ai media o a qualcun altro.
 
Vorrei che tutti si fermassero un attimo e che tutti riuscissero
a rimettere in funzione il neurone.

Ieri, abbiamo avuto in Italia 227 decessi per "concorso covid".

Siamo perfettamente a conoscenza dello stato di panico e caos
creato da 3 - dico TRE - decreti legge in 10 giorni che dimostrano
la completa impreparazione dei burocrati nazionali.


Vorrei ricordare a tutti Voi ciò che è successo nell'inverno 2014/2015

Da dati certi, c'è stato un incremento di decessi di circa 45000 unità.
QUARANTACINQUEMILA

Ora, se prendete il periodo che normalmente incide sull'influenza,
che si chiama "stagionale", abbiamo che in circa 150 giorni
sono MORTI IN MEDIA 300 TRECENTO PERSONE AL GIORNO.

Se vogliamo includere anche il mese di aprile, la media scende a 250 decessi al giorno.


Le terapie intensive erano al collasso - PIENE - non come oggi al 15%
della loro capienza. Ci sono gli articoli dei giornali da leggere.

Ricordate sia successo qualcosa in quell'inverno ?

Eravamo costretti a fare il siero ?

Avevamo problemi ad andare al lavoro ?

Al bar ? Al ristorante ? In palestra ? A sciare ?

NULLA. NIENTE. NON CE NE SIAMO NEPPURE ACCORTI .


Allora riflettete bene su quanto sta accadendo oggi.

E chiedeteVi, perchè sta accadendo ?
 

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