IL DETTO "DALLA PADELLA ALLA BRACE" VERRA' SOSTITUITO CON: "DAL 2021 AL 2022"

Tutto iniziò nel 1974 con la “legge Piccoli” (legge 195/1974),
quando fu introdotto il finanziamento pubblico ai partiti,
affinché si contrastasse la collusione fra i partiti politici e le lobbies economiche,
proprio per evitare certi scandali come ad esempio il caso Trabucchi.

Due tipi di finanziamento furono legiferati,

il primo riguardava il finanziamento ai gruppi parlamentari (articoli 3 e successivi),
che determinò l’obbligo di dare il 95 per cento del finanziamento ricevuto al rispettivo partito di appartenenza,

il secondo tipo invece riguardava il finanziamento dell’attività elettorale per le diverse competizioni elettorali (articoli 1-2).


In seguito fu approvata la legge 659 del 1981 che aumentò l’importò dei finanziamenti e li riformò.


A seguito dello scandalo di Tangentopoli e sull’onda emotiva, cavalcata artatamente da una certa classe politica,
in modo alquanto demagogico, fu promosso dai Radicali il Referendum nel 1993 sull’abolizione del finanziamento ai partiti.

La vittoria del “Sì” determinò l’abolizione del finanziamento ai partiti tramite i gruppi parlamentari, mantenendo però il finanziamento per l’attività elettorale.


Il finanziamento ai partiti tramite i gruppi parlamentari fu di fatto sostituito successivamente
con l’aumento dell’importo previsto per i rimborsi elettorali sancito con l’approvazione della legge 515 del 1993 e della legge 157 del 1999.


Fino a quando non arrivò il Governo Monti che legiferò una riforma del finanziamento ai partiti in senso radicalmente restrittivo,
con la legge 96 del 2012, grazie alla quale venne ridotta in modo significativo l’entità dei rimborsi elettorali e provò a strutturarne una disciplina unitaria.


Infine con il Governo Letta ci fu la definitiva abolizione del finanziamento ai partiti con il decreto legge 47 del 2013,
convertito in legge dalla legge 13 del 2014 ed il pagamento dei rimborsi inerenti alle precedenti elezioni proseguì, con una progressiva riduzione, fino al tutto 2016.


Oggi sono previste e legittime solo forme di finanziamento indiretto ai partiti, purché essi abbiano una rappresentanza in Parlamento.

L’articolo 15, comma 4, dei regolamenti della Camera e l’articolo 16 commi 1-2, del regolamento del Senato
prevedono dei contributi per i gruppi parlamentari, affinché essi possano finanziare le loro attività istituzionali.


Tramite i soldi pubblici vengono finanziati i fondi presenti nel bilancio della Camera e del Senato,
da cui si attinge per erogare i fondi per finanziare le sopra citate attività istituzionali dei gruppi parlamentari.

Secondo quanto riportano i rispettivi progetti di bilancio della Camera e del Senato,
risulta che nel 2019 la Camera darà ai gruppi parlamentari circa 31 milioni di euro,
mentre il Senato prevede di dare circa 22 milioni di euro.

Per contribuire al finanziamento dei partiti è stato previsto anche il finanziamento privato,
infatti, in base al decreto legge 149 del 2013 del Governo Letta
è stata introdotta la possibilità da parte del privato di distrarre il 2 per mille
o la piccola quota dell’Irpef dovuta allo Stato (analogamente all’8 per mille per le confessioni religiose)
a favore dei partiti in sede di dichiarazione dei redditi.

Inoltre, sono state introdotte le “erogazioni liberali”, ossia quelle donazioni private in parte detraibili fino a 30mila euro, purché esse non siano maggiori di 100mila euro.


In questa oggettiva situazione, da cui si evince una drastica diminuzione delle risorse pubbliche destinate al finanziamento dei partiti,
minando in tal modo la tenuta del sistema democratico e parlamentare che si regge costituzionalmente sulla rappresentanza dei partiti,
si è sviluppato in modo significativo il fenomeno delle fondazioni in stretta connessioni con singoli politici o partiti,
come canale alternativo funzionale al finanziamento delle attività politiche,
a causa delle quali è sorta l’esigenza di garantire un maggior obbligo di trasparenza nella raccolta dei loro fondi,
in quanto decisamente inferiore rispetto a l’obbligo di trasparenza stabilito per i partiti.

In funzione di garantire quest’obbligo di trasparenza è stata recentemente approvata la legge soprannominata “spazza-corrotti”,
con l’equiparazione dei partiti alle fondazioni, riuscendo solo in parte nel suo scopo di garantire un’adeguata trasparenza.


Vediamo cosa succede nel Regno Unito,
“nel sistema politico britannico il finanziamento pubblico ai partiti politici riveste tradizionalmente un ruolo marginale”,
si legge nel dossier della Camera.
“Tali caratteristiche del finanziamento pubblico derivano dalla natura giuridica dei partiti politici,
privi di personalità giuridica e considerati al pari di organizzazioni volontarie”.

Di fatto sono previsti – a parte gli incentivi finanziari destinati a tutti i partiti (Policy development grants) –
conferimenti in denaro solo per i partiti di opposizione,
con l’idea di compensare i vantaggi che vengono al partito di maggioranza dall’essere al Governo;
vantaggi economici, ma non solo.

Come risulta dal relativo dossier della House of Commons,
questi conferimenti (detti Short money) sono stati introdotti nel 1975,
vengono dati ai partiti che hanno eletto almeno due deputati (o un deputato ma più di 150mila voti) e assumono tre diverse forme:

contributo generale per lo svolgimento dell’attività parlamentare;
contributo per le spese di viaggio sostenute dai membri dei gruppi parlamentari di opposizione;
dotazione riservata all’ufficio del capo dell’opposizione.


Nel 2018/2019, ad esempio, il Partito laburista ha ricevuto meno di 8 milioni di sterline e tutti gli altri partiti meno di un milione di sterline.

Sono poi possibili donazioni private, in un quadro di regole stringenti che garantiscono la trasparenza e la pubblicità delle operazioni.


Alla luce di quanto esposto e analizzato si può affermare che l’abolizione del finanziamento diretto ai partiti
non ha generato più trasparenza e né ha implicato che ci fossero minori collusioni con torbidi interessi e commistioni con dinamiche illecite,
che rispondessero ad interessi lobbistici, ma ha determinato solamente un deficit di democrazia
e di rappresentanza democratica destabilizzando alla radice la funzione costituzionale dei partiti,
trasformando la politica italiana in faziosi personalismi che hanno contribuito all’attuale paralisi politica.
 
Ritorno al punto precedente. Ho fatto una dimenticanza.

Decessi per concorso covid in 25 mesi = 137.000 = Media 180 decessi al giorno

Decessi - certificati ISTAT - in più nel 2015 rispetto al 2014 = 68.000 = Media 186 decessi al giorno.

IDENTICO DATO STATISTICO.
 
Utopia ? ....potrebbe anche essere una soluzione valida.

Se io fossi Orietta Berti, non starei con il microfono in mano ad aspettare gli eventi.

Molte signore, in gruppo o da sole, stanno perorando la causa delle donne al Quirinale.

Sostengono che il momento è giunto.

Il presidente della Repubblica deve essere donna, almeno all’anagrafe.

È l’ora di una signora, in gonna o pantalone, capo/a dello Stato.

Vengono fatti sui giornali o sussurrati nei conciliaboli i nomi di personalità femminili dei vari campi
le quali sarebbero, a giudizio delle sostenitrici, in grado di ricoprire l’altissima carica.


Il presidente della Repubblica è in Italia uno strano soggetto politico.

Occupa un posto elettivo a cui tutti aspirano.

Però nessuno è candidabile per farvisi eleggere, sicché il nome devono farlo i simpatizzanti, a mezza voce o ufficialmente.

Tuttavia, le candidature informali fioccano.


La cantante, Gianna Nannini, avendo superato i cinquant’anni, ha deciso di presentarsi.

Se la sente e vuol tentare.


A questo punto, non posso più star zitta.

Devo uscire dal riserbo.

Una donna purchessia al Quirinale? Giammai!

Voglio farmi avanti, sebbene dubiti che l’elezione a capo dello Stato sia meglio che vincere il festival di Sanremo.

Certo il Quirinale è il più bel palazzo del mondo,
così grande che finalmente potrei sistemarvi l’intera mia collezione di bambole per esporla alle visite del pubblico.
E poi lì non mancano i giardini.
Vi coltiverei i fiori per la bellezza e gli ortaggi per la cucina.

Non è solo la vanità o l’ambizione a spingermi al gran passo.

Anzi, io di mio sono modesta benché consapevole dei miei mezzi, non solo canori.

L’intraprendenza mi è stata stimolata da Nannini, va bene, ma pure da certi altri altri nomi che ho sentito circolare.

Donne degnissime, per carità.

Ai miei occhi, però, certe signore sponsorizzate appaiono più tipe da verdura lessa che da tortellini.

Un Paese come il nostro, è vero, deve tutto alla bellezza, però pure il cibo e il vino non gli hanno dato meno fama mondiale.

Ve lo assicuro, io le cucine del Quirinale le farei gemere di piacere.

Avvierei un’intensa diplomazia gastronomica e, statene certi,
garantirei la pace nel mondo apparecchiando culatelli, zamponi, ragù, cappelletti, sangiovese, lambrusco, parmigiano.

Tutto servito con il mio sorriso e condito con bonomia emiliano-romagnola.

Quando le trattative internazionali si facessero serie, le farei pendere dalla parte giusta con buon senso e forza da azdora.

Del resto, sono pure simpatica e umile, due qualità che i potenti apprezzano perché non fanno ombra alla loro scostante superbia.
Li rassicurano.


La collega Nannini no, non va bene.

Troppo presa dalle sue notti magiche.

Io invece sono genuina, familiare, popolare, come la trattoria dei camionisti.

Fin che la barca va, la lascerei andare.

Ve le immaginate le altre di cui parlano?

Seriose, politicamente corrette, tutte nouvelle cuisine, mousse alla prugna cotta ed acqua minerale.

Sembrano in clima Covid, mentre gl’Italiani devono “tornare a riveder le stelle”.


Oh, il verso di Dante mi è scappato. Per caso.

L’ho confuso con il refrain di un mio successo.
 
Un profondo sentimento di disgusto ha colto tutti noi nel momento in cui abbiamo appreso dei fatti di Milano
quando, durante i festeggiamenti di Capodanno, tra Piazza Duomo e via Mazzini,
almeno cinque giovani donne sarebbero state aggredite e molestate dal “branco”:
circa una trentina di ragazzi, tutti di origine nord-africana.


I racconti delle vittime sono semplicemente agghiaccianti:
il più dettagliato è quello delle due turiste tedesche,
le quali riferiscono di essere state palpeggiate, specialmente nelle parti intime,
e che sebbene abbiano gridato aiuto e abbiano cercato di respingere i molestatori con schiaffi, calci e colpi di borsetta,
nessuno sia intervenuto in loro soccorso (secondo alcune testimonianze neanche la Polizia,
che era sul posto e che, a dire delle due giovani, non può non aver notato che stava succedendo qualcosa di strano)
e la gang di stranieri abbia potuto continuare ad approfittare indisturbata della situazione.

Ricostruzioni analoghe sono state fatte dalle altre vittime.

Ora è caccia all’uomo e si cercano i responsabili.


Inevitabilmente, l’accaduto ha fatto tornare il ministro dell’Interno, Luciana Lamorgese, al centro delle polemiche,
che accusano la titolare del dicastero di incapacità e di inadeguatezza
rispetto a quella che dovrebbe essere la sua funzione:

garantire la sicurezza e l’ordine pubblico, specialmente in occasioni particolari come quella di specie.

Il ministro, dal canto suo, si limita a delle dure parole di condanna
ed a garantire che sarà fatto tutto il possibile per assicurare i responsabili alla giustizia.


Non so dire se le indagini della Procura meneghina porteranno all’identificazione e all’arresto di quegli animali
(con rispetto parlando nei confronti dei nostri pelosi, pennuti e squamati),
ma sono principalmente tre i fatti che emergono da questa sconcertante vicenda.

Primo, l’oggettiva manchevolezza della responsabile degli Interni, che non possiede le qualità che sarebbero necessarie
per svolgere il ruolo del quale è investita: primi fra tutti l’autorevolezza e il rigore.
A volte sembra che la Lamorgese non sappia con esattezza quali siano le sue funzioni: il risultato è il fallimento su tutta la linea.

Dai rave party abusivi in giro per l’Italia
agli sbarchi di clandestini che sono tornati a livelli record
fino alla gestione dell’ordine pubblico nelle città,
la linea Lamorgese è probabilmente una delle peggiori degli ultimi anni, in termini di strategie per la sicurezza, la vivibilità e il decoro.


Mi chiedo perché l’attuale Governo si ostini a voler considerare “esperta”
una che ha dato prova di non esserlo affatto e che dimostra puntualmente di non avere la più pallida idea di cosa fare e di come farlo.


In secondo luogo, quand’anche i responsabili dovessero essere identificati e arrestati,
c’è da scommettere che se la caveranno con pene decisamente miti.

Le leggi penali italiane, infatti, risultano essere inappropriate per fronteggiare la criminalità e la delinquenza.

La ragione di ciò, sospetto, risiede nella loro vetustà:
esse risalgono a un tempo in cui c’era molto meno teppaglia in giro
e la maggior parte dei criminali erano perlopiù degli sbandati o delle teste calde,
che le autorità non avevano molto difficoltà a tenere a bada.

Ma oggigiorno anche la criminalità e gli stessi criminali sono cambiati:
sono diventati più violenti e spavaldi, e le loro azioni si sono fatte più efferate e bestiali,
non hanno più alcun timore delle centrali di polizia e delle aule di tribunale, men che meno delle carceri.

Di conseguenza, sarebbe forse il caso di tornare a un’idea del carcere come luogo di espiazione
e di isolamento dei soggetti socialmente pericolosi,
contrariamente all’idea invalsa di una sorta di “istituto di correzione” per soggetti problematici
da reinserire in società attraverso la rieducazione.

Nelle prigioni, nel caso qualcuno non l’avesse ancora capito, non si trovano dei discolacci o degli adolescenti problematici,
ma ladri, assassini, stupratori e spacciatori che devono pagare per i loro misfatti.

Il clima di impunità che si respira in questo Paese non fa che accrescere la spavalderia e l’aggressività dei criminali i quali,
consapevoli che le loro azioni non riceveranno il giusto castigo,
non si fanno più scrupoli nel portare a termine le loro scorribande e nel turbare la pace civile.


Come scriveva Adam Smith, la clemenza coi colpevoli è la peggior offesa agli innocenti.
 
Razzismo ? No cari Signori, solo analisi del REALE.
Sempre la REALTA', che prevale sull'"illusionismo".


Da ultimo, come in molti hanno notato, i fatti di Milano ricordano quelli di Colonia del 2016.

Anche in quell’occasione, durante i festeggiamenti di Capodanno nella piazza principale della città,
un gran numero di giovani donne vennero aggredite e molestate sessualmente da bande di immigrati.

Purtroppo, temo che laddove non si decida di prendere la situazione in mano e di risolvere il problema alla radice,
simili eventi diventeranno sempre più all’ordine del giorno.

La verità è che
con le politiche migratorie “a maglie larghe”,
con la retorica buonista e pseudo-umanitaria,
con la miope strategia dell’accoglienza senza limiti,
stiamo importando criminalità e devianza.



E, peggio ancora, stiamo importando culture ostili al nostro stile di vita,
incompatibili con la nostra cultura che attribuisce grande importanza al rispetto dei diritti e della libertà altrui.

La presenza di immigrati provenienti da realtà socio-culturali così tanto diverse dalla nostra,
sta minando la stabilità e i rapporti di fiducia che legano i consociati gli uni agli altri.

Tali rapporti nascono e prosperano laddove determinate regole di vita sono comunemente accettate,
e ciò sulla base del presupposto che tutti si riconoscano negli stessi principi e nei medesimi valori fondamentali.

Ma se ciò non avviene, perché all’interno dello stesso contesto sono presenti individui e gruppi
che non solo non si riconoscono in questi valori, ma si fanno portatori di valori diametralmente contrapposti,
questo rapporto di fiducia e il conseguente sentimento d’unione tra i consociati viene meno, e si genera conflitto.


Bisogna essere onesti e ammettere – senza edulcorazioni e idiozie politicamente corrette
che per la maggior parte degli immigrati, specialmente per quelli islamici,
le donne sono semplicemente degli oggetti, privi di qualsivoglia dignità,
e che pertanto non hanno il diritto di rifiutare le avance di un uomo o anche solo di scegliere se accettarle o meno.

Nei loro Paesi è perfettamente normale trattare le donne in questo modo barbaro.


La maggior parte delle legislazioni arabe puniscono lo stupro:

ma non in quanto offesa all’integrità fisica e morale della donna,

ma all’onore dell’uomo, sia esso il marito o il padre della vittima.


Avrò letto con troppa passione Oriana Fallaci e interiorizzato il modo di pensare di questa grande italiana,
ma queste hanno tutta l’aria di essere “azioni di guerra”.

Chi conosce il mondo islamico e il modo di pensare dei musulmani
sa benissimo che la vita, per loro, non è che una guerra religiosa, per Allah e contro gli infedeli.

Ebbene, sospetto che ci sia qualcosa di più profondo dietro queste vicende
della mera incapacità di dominare i propri impulsi, come si conviene agli uomini: in tal caso si tratterebbe solo di bestialità.

Al contrario, ritengo che questi siano stupri di guerra, un modo per umiliare e per mandare un messaggio preciso agli occidentali:

ormai questa è casa nostra

e tutto quello che un tempo era vostro,

le vostre città, le vostre strade e perfino i vostri corpi e la vostra volontà,

ora appartiene a noi.



Forse in Italia non siamo ancora arrivati al punto da abituarci a simili fatti di cronaca
e ancora conserviamo la capacità di scandalizzarci dinanzi a simili vicende.

Ma posso assicurarvi, cari lettori, che è tutta una questione di tempo.

Arriverà il giorno in cui, proprio come nei Paesi del Nord-Europa,
certe notizie non susciteranno più tutta questa indignazione,
perché saranno cose talmente tanto usuali da passare quasi inosservate.

Ebbene, io sono tra quelli che non vogliono accostumarsi a certe cose
e come me sono sicuro che molti altri non lo vogliano.

Perché ciò non accada è necessario che ci si interroghi sull’opportunità di continuare
con una politica migratoria suicida e fondamentalmente autolesionistica,
che si prendano i provvedimenti dovuti, primo fra tutti una selezione rigorosa
del tipo di persone che vogliamo entrino a far parte della nostra realtà.

E porre fine alle politiche di integrazione forzata e al multiculturalismo
che si sono dimostrati fallimentari e capaci solo di portare conflitto,
tensione e distruzione ovunque si sia tentato un simile esperimento.
 
Ultimo, ma non "ultimo".

Anche stavolta le femministe tacciono.

Si sono forse distratte?

Non hanno ascoltato i notiziari o letto i giornali questa settimana?


Oppure, più verosimilmente,

il loro femminismo

è solo una parte della più vasta ideologia politicamente corretta (o neo-marxista)

che vede solo nel maschio cisgender, bianco, lavoratore, padre di famiglia

ed abituato a pensare secondo gli schemi tradizionali,

il nemico da abbattere per giungere alla “fine della storia”,

cioè alla dissoluzione delle identità etnico-nazionali, culturali, sociali, religiose e biologiche

nel calderone dell’indistinto, dell’egualitario e dell’indifferenziato?
 
Sapete cos’è l’effetto Streisand?

Si tratta di quel fenomeno mediatico per cui cancellando un’informazione o una fonte la si diffonde all’infinito.

Questo è quello che è successo a Project Veritas che ha denunciato lo scandalo Fauci – Wuhan,
e per questo motivo è stata bannata da Twitter.

Una notizia che sarebbe passata in secondo piano a livello internazionale, sta veramente sconvolgendo il web e i social media.

Di cosa si tratta:

Project Veritas, utilizzando il FOIA, la legge USA che obbliga a rendere pubblici i documenti degli enti federali,
ha ottenuto, a suo dire, le prove per cui il NIH di Fauci avrebbe finanziato le ricerche di Wuhan
sul “Guadagno di Funzione” dei virus, attraverso la Ecohealth Alliance,
un’organizzazione intermedia che fa capo a Peter Daszak.


Il problema per Fauci è che lui, in un’audizione pubblica al Senato,
davanti alla specifica domanda del Senatore Rand Paul,
ha negato seccamente, e con modi anche poco garbati, questa accusa.


Il “Guadagno di Funzione”” non è altro che il potenziamento di un virus,
ibridandolo e innestandogli delle caratteristiche che lo “Migliorano”,
rendendolo più infettivo, e per questo sono ricerche bandite in molti stati.



Project Veritas aveva già però trovato circa un mese fa,
(ne parlò il Telegraph e ne abbiamo parlato qui)
dei documenti secondo i quali Ecohealth Alliance aveva cercato finanziamenti dal DARPA,
l’ente di ricerca della difesa USA, proprio per compiere queste ricerche,
e la DARPA, le aveva precisamente definite come “Ricerche sul Guadagno di Funzione”.

La DARPA, un ente militare, aveva rifiutato il finanziamento ritenendo la ricerca troppo pericolosa.

Ora Project Veritas avrebbe trovato sia documenti ufficiali, tramite FOIA,
sia testimonianze dirette, che confermano la richiesta fatta al DARPA,
e che precisano che quello che stava conseguendo EcoHealth Alliance era proprio un aumento di funzione.


Fauci ha sempre negato questo punto, che invece verrebbe ufficialmente confermato.

Tutto questo è stato concentrato in un video.

Se così fosse Fauci avrebbe compiuto un grave reato mentendo davanti a una commissione del Senato,
reato per il quale negli USA, che non scherzano su queste cose, si va in galera senza passare dal via.

La notizia era in gran parte già nota e forse sarebbe passata sotto tono
se Twitter non avesse, senza preavviso, cancellato l’account di Project Veritas dopo la pubblicazione del video.

Questo ha causato l’esplosione della notizia,
anche perchè con un account Telegram da 660 mila iscritti, Twitter diventa quasi superfluo.


La società che fu di Jack Dorsey usa ormai censurare un po’ troppo,
praticamente facendo fuggire gli utenti con questo comportamento.

Tra l’altro le notizie di Project Veritas erano già note, anche se non ufficialmente confermate.

Fare i censori pro Fauci però non porta bene, soprattutto se si è investito nel social media,
come mostra chiaramente l’andamento semestrale del titolo, che ha perso il 41,88% del proprio valore.

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Un social media che selezioni le notizie e cancelli quelle che ritiene scomode tradisce la propria funzione,
un po’ come un’automobile che si rifiutasse di portarvi dove volete voi, ma vi portasse solo dove vuole lei.

Gli azionisti evidentemente se ne stanno accorgendo.

Con la censura Twitter penserà di essere stata furba,
ma ha solo danneggiato se stesso, favorendo la diffusione della notizia che voleva cancellare.


L’effetto “Streisand” è micidiale e il video di Project Veritas ha raggiunto quasi 1,4 milioni di visualizzazioni.
 
Alcuni segnali sono abbastanza preoccupanti sui mercati:
  • Politica monetaria più restrittiva e valutazioni elevate.
  • Meno liquidità a livello globale poiché le banche centrali rallentano l’accomodamento.
  • Meno liquidità nell’economia svaniscono le precedenti iniezioni monetarie e gli aiuti pandemici.
  • L’inflazione più alta riduce i consumi in assenza di politiche di redditi
  • Crescita economica più debole
  • Debole fiducia dei consumatori a causa dell’inflazione
  • Appiattimento della curva dei rendimenti
  • Crescita degli utili più debole
  • Compressione del margine di profitto
  • Confronti anno su anno più deboli della maggior parte dei dati economici.
Tutto questo sembra indicare che il 2022 si presenterà come un anno di svolta per la finanza e i mercati,
e qualche settore , come le valute virtuali, lo sta già sentendo.

Prima di tutto il “Margin debt”, il denaro preso a prestito per speculazioni finanziarie è ai massimi

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Del resto la capitalizzazione complessiva del mercato ha superato quella del Duemila, quando è scoppiata la bolla delle DotCom

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I flussi finanziari nei fondi azionari hanno raggiunto dei livelli colossali, difficilmente mantenibili in futuro.

Questo taglia le risorse per un mantenimento dei livelli attuali di crescita del mercato.

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Essere al culmine di una bolla significa che la direzione è solo una, quella della discesa.

Se l’economia fosse mondialmente particolarmente forte, non sarebbe un problema: potrebbe reggere questo e ben altri colpi.


Il problema è proprio nel fatto che molti problemi non sono ancora risolti:
  • La transizione energetica sta facendo danni in un mercato importante come quello europeo;
  • La variante Omicron sta entrando solo ora in Cina, per cui ci saranno dei problemi nelle catene distributive;
  • fuori dagli USA la situazione è politicamente ed economicamente molto turbolenta
  • la domanda di lavoro negli USA è elevata, ma comunque è calata
Le premesse sono negative e rischiano di condurre verso una situazione non di rallentamento, ma di crash.

Alcune possibilità che succeda sono ben presenti.


Pensate al 2008, e peggioratelo, ed avrete un’immagine di quello che potrebbe succedere.
 
La dichiarazione della scorsa settimana del ministro del petrolio iracheno, Ihsan Abdul Jabbar,
secondo cui la recentemente risorta Iraqi National Oil Company (INOC)
ha ricevuto l’approvazione del governo per acquisire la partecipazione del 32,7% della ExxonMobil
nel giacimento petrolifero gigante di West Qurna 1 per un massimo di 350 milioni di dollari
probabilmente lascerà la Cina felice, gli Stati Uniti irritati
e l’industria petrolifera irachena ancora incapace di raggiungere nessuno dei suoi obiettivi chiave di produzione di petrolio.

La rinascita della INOC, nata nel 1966 e defunta del 1987,
apre le porte a enormi possibilità di corruzione e di dirottamente dei fondi derivanti dal petrolio.

Secondo la costituzione irachena il petrolio e il gas, con le relative entrate, appartengono al popolo,
ma la INOC;, nel suo nuovo statuto, prevede che il 10% possa andare un po’ dove vuole lei.

Un modo per legalizzare tangenti e regalia, senza contare quelle che saranno pagate in modo non ufficiale.

In un paese in cui Transparency international afferma che truffe, corruzione, riciclaggio di denaro
e donazioni politiche sono rampante e presenti in modo molto diffuso!

Secondo una dichiarazione rilasciata nel 2015 dallo stesso ministro del petrolio iracheno
– e poi primo ministro iracheno – Adil Abdul Mahdi, l’Iraq “ha perso 14.448.146.000 di dollari USA”
(ovvero oltre 14 ‘miliardi’, non ‘milioni’) dall’inizio del 2011 in poi fino alla fine del 2014 in pagamenti di “compensazione” in contanti,
presumibilmente a compagnie petrolifere internazionali e altri enti correlati, ma, in realtà,
sostanzialmente relativi al modo in cui le commissioni di remunerazione lorda,
l’imposta sul reddito e la quota dello Stato partner è stato dedotto e contabilizzato
nell’indennizzo erogato relativo alla riduzione dei livelli di produzione di petrolio.

Queste correzioni contabili non sono altro che vie per mettere in bilancio delle società petrolifere le tangenti, il tutto a carico dello stato ospite.


Perché la vendita?

ExxonMobil desiderava disperatamente uscire dal progetto,
chiave vitale per i piani dell’Iraq di aumentare drasticamente la sua produzione di petrolio greggio
– il Common Seawater Supply Project (CSSP) – per anni, al fine di evitare qualsiasi reputazione danni a essa
o agli Stati Uniti che ne sarebbero stati direttamente coinvolti.

Alla fine le incertezze sul rischio rendimento del CSSP da un lato,
e la sicurezza dell’enorme spreco di denaro e corruzione a grande livello dall’altro,
hanno fatto preferire a questi attori l’uscita dal progetto.


Questo è precisamente l’ambiente caotico in cui Cina e Russia vedono l’opportunità per espandersi ,
con un costo medio di estrazione per barile di greggio di circa 1-2 dollari USA
(costo operativo escluso spese in conto capitale) fra i più bassi al mondo.

West Qurna 1, situato a circa 65 chilometri dal principale snodo petrolifero e di esportazione dell’Iraq meridionale di Bassora,
detiene una parte considerevole dei circa 43 miliardi di barili di riserve recuperabili detenute nell’intero giacimento supergigante di West Qurna.

Originariamente si pensava che West Qurna 1 avesse circa 9 miliardi di barili di queste riserve,
ma all’inizio dell’anno scorso il ministero del petrolio iracheno ha dichiarato di avere in programma
di aumentare la capacità di produzione di petrolio greggio del giacimento a oltre 700.000 barili al giorno (bpd) nei prossimi cinque anni ,
dagli attuali 450.000-500.000 bpd, in quanto dispone di riserve recuperabili di oltre 20 miliardi di barili.

Questa opportunità ha portato la Cina, nella forma di PetroChina – il braccio quotato in borsa della China National Petroleum Corporation –
ad acquistare una partecipazione del 32,7% nel settore più o meno nello stesso periodo in cui ExxonMobil ha preso la sua partecipazione
e ad affermarsi come forza dominante nell’area ancor prima che ExxonMobil decidesse di ritirarsi dal giacimento petrolifero e dalla CSSP.

La strategia impiegata per mettere da parte in modo efficace ExxonMobil
è quella che la Cina ha ripetutamente utilizzato in situazioni simili in tutto il Medio Oriente,
con un elemento chiave che è l’acquisizione spesso surrettizia e graduale di una gamma di enormi premi ‘solo su contratto’ assegnati alle aziende cinesi.

Poi gli imprenditori di Pechino hanno molti meno problemi morali
nel pagare le varie regalie necessarie per avere le concessioni, i contratti e poter operare senza problemi.


Alla fine il denaro non ha odore, neppure oltre la Grande Muraglia.
 

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