Il primo ed unico libro in Italia che descrive ... (1 Viewer)

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http://www.gazzettino.it/Visualizza...2609231&Luogo=Nordest&Data=2005-10-5&Pagina=3

Tanto andrà sempre meglio ...
io non + preoccupo + di tanto ormai ...
il FIB andrà a 50.000 punti
comprate Anacott Acciao

:( :( :(




Mercoledì, 5 Ottobre 2005





C'è la fila agli sportelli dei Monti di Pietà
Collane e oro impegnati per pagare le bollette. E nelle scuole perfino i buoni-pasto stanno diventando un problema

di FRANCESCO JORI
La mappa del «diverso Nordest», diverso dall'aridità delle statistiche e dal fumo degli stereotipi, include luoghi scontati ma anche impensabili, comunque tutti da visitare. Alla prima categoria appartengono d'ufficio i cosiddetti Monti di Pietà, quelli dove la gente va a impegnare i beni di famiglia per racimolare un po' di contanti: istituzioni vecchie di secoli, ma tuttora funzionanti proprio perché anche oggi, nel benestante Nordest, sono in tanti a non farcela.

Per visitare uno di questi luoghi si può seguire l'indicazione di «Gente Veneta», il settimanale della diocesi di Venezia, che è andato a verificare un'esperienza analoga, quella della filiale mestrina della Cassa di Risparmio di Venezia, in via Pepe, dove si pratica il cerdito su pegno. Per quello sportello passa di tutto un po': casalinghe, disoccupati, persone col posto di lavoro ma con il salario insufficiente, perfino professionisti e qualche imprenditore. Il lunedì e il venerdì sono i due giorni di maggior frequenza, con circa 150 persone al giorno. Arrivano con il loro orologio, la loro collana, il loro oro; escono con in tasca soldi per un terzo del valore commerciale del bene che consegnano. Poi hanno tempo sei mesi per riscattarlo; il tasso di interesse viaggia tra il 7 e l'8 per cento.

Racconta una pensionata: «Certo non ci guadagno sullo scambio, e gli interessi non sono bassi: su un valore di 500 euro ne pago 40 all'anno. Ma i soldi mi servono, mentre dell'oro non so più che farmene; meglio qui che da un usuraio». E altri spiegano che con quei quattrini fanno fronte a bisogni elementari, a partire dalle bollette di luce, gas, telefono. A una quarantina di chilometri di distanza, si può trovare un riscontro da un lettore padovano del «Gazzettino», con un'amara lettera al giornale, maturata dalla notizia di una statistica (mai così arida) in base alla quale in media ciascuno di noi ha 13.200 euro depositati come risparmio in una qualche banca. E a lui piacerebbe sapere dove sono finiti i suoi, vista la situazione in cui si trova.

Eccola descritta, e non è certo un'eccezione: «In famiglia siamo in sei, cinque adulti e un bambino. Uno lavora a tempo pieno, una lavora part-time, io e altri due siamo disoccupati: possiamo avere in banca quasi 80mila euro? Ma se riusciamo appena a fare la spesa per tre settimane... Non parliano poi dei mesi in cui ci sono tutte le bollette da pagare, e con 1.300 euro al mese noi non riusciamo a risparmiare proprio niente. Anzi, abbiamo sì 5mila euro, ma di debito con una finanziaria, fatto l'anno scorso per poter pagare la bolletta del gas, che era di 1.600 euro».

Poi c'è la mappa dei luoghi insoliti, ma non meno significativi; anzi, impressionanti proprio perché insoliti. Uno di questi è una scuola di Vicenza, uno a caso degli 11 istituti comprensivi cittadini. E dove il problema è quello dei buoni-pasto, che valgono 3,90 euro alle elementari e 3,70 alle medie. Una famiglia con un figlio iscritto al tempo pieno, per cinque giorni alla settimana, si trova a pagare 78 euro al mese, 780 a fine anno scolastico. Se poi di figli ne ha più d'uno, la cifra raddoppia, triplica e via così. E ci sono famiglie che cominciano ad avere difficoltà: non solo di immigrati, che pure a Vicenza sono tanti, ma anche locali. Tanto che si sta studiando la soluzione di sostituire il menu fin qui adottato col piatto unico per rispamiare sulle spese. Come dire, siamo al taglio dela bistecca.

Non sono situazioni sporadiche: in questo l'ex benestante Nordest sta assomigliando sempre di più al resto d'Italia. Un'Italia che, come segnala l'ultima statistica (affatto arida, questa) sfornata pochi giorni fa da Eurostat (l'ufficio dati dell'Unione Europea), si colloca al quarto posto della graduatoria del rischio povertà; peggio di noi, dei 25 Stati membri, stanno soltanto slovacchi, irlandesi e greci. Lo spettro della miseria incombe su ben 11 milioni di italiani; e il 19 per cento di essi vive in famiglie che guadagnano meno del 60 per cento di quanto introitano mediamente i nuclei familiari degli altri Paesi dell'Unione.

Specchio di tutto questo sono i consumi, in continuo e vistoso calo. Per restare alla mappa del «diverso Nordest», un esempio concreto e fresco di notizia viene da Trieste, dove Confidi, consorzio che opera nel terziario, segnala come i pubblici esercenti debbano ricorrere ormai in maniera massiccia all'indebitamento a breve. Una crisi che dunque si sta estendendo dai commercianti in genere (i quali da mesi vanno registrando massicci cali di vendite: neppure i saldi hanno portato ossigeno) alle attività di ristorazione, bar compresi. Ci sono perfino casi di imprenditori del settore costretti a vendere la casa di proprietà in cui abitavano per pagare i debiti dell'azienda e andare poi a vivere in affitto.

Le associazioni di categoria confermano questo sconfortante quadro. Confesercenti sottolinea che «il calo delle vendite continua a manifestare un andamento preoccupante: grandi e piccoli esercizi commerciali registrano una caduta di oltre quattro punti in termini reali; un vero e proprio dramma che colpisce indistintamente tutti i comparti». E quando i soldi non circolano, si innesca un giro vizioso dagli sbocchi imprevedibili, ma sicuramente destinati ad alimentare pericolose tensioni sociali.
 

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tanto vi avevano promesso ...
e nulla vi consegnano !!!!
secondo me l'influenza dei polli è arrivata da un pezzo ...
ma non nei supermercati, quanto nei borsini delle banche !!!!!!!!

:-D :-D :-D


http://www.tgfin.mediaset.it/tgfin/articoli/articolo278401.shtml

La vigilanza resta a Bankitalia
Governatore: mandato di sette anni

Concorrenza bancaria, la vigilanza resta a Bankitalia. Il Senato ha votato contro due emendamenti sulla legge del risparmio che prevedevano il passaggio delle competenze all'Antitrust. I due emendamenti sul cambio di consegne per la vigilanza nel settore erano stati presentati dal senatore di Forza Italia Giampiero Cantoni e dall'Unione. Confermato il mandato a termine al governatore di Bankitalia.



Palazzo Madama ha dunque detto no al passaggio di competenze tra Bankitalia e Antitrust. E già nella prima lettura alla Camera la questione sulla concorrenza bancaria era stata bocciata.

Compatta la maggioranza nel dare il suo no al passaggio dei poteri all'Antitrust: hanno votato contro tutti, ad eccezione del senatore Cantoni, mentre il governo si è rimesso alla decisione dell'Aula. Sono comunque stati soltanto sette i voti di scarto che hanno consentito di bocciare gli emendamenti.

"Se fossero passati questi emendamenti" commenta il senatore Luigi Grillo "l'unica cosa da fare sarebbe stato smantellare la Banca d'Italia: siccome l'Antitrust ha dichiarato che non ha la struttura, allora avremmo dovuto prendere 300 ispettori della Banca d'Italia e trasferirli all'Antitrust oppure trasferire tutte le sedi periferiche della Banca d'Italia all'Antitrust. Sarebbe stata un'operazione assurda".

Ma l'opposizione è subito insorta, dicendo che il voto dell'Aula del Senato "è stato un voto truffa, avallato dal presidente del Senato. La votazione era già avvenuta e a nostro giudizio era evidente una maggioranza a favore dell'emendamento. Il presidente Pera ha, invece, sospeso la proclamazione del voto e ha riaperto la discussione con un chiaro intento ostruzionistico al fine di consentire ad altri colleghi della maggioranza di arrivare in Aula".

Il capogruppo dei Ds in Senato, Gavino Angius e della Margherita Willer Bordon definiscono "un'offesa al Senato della Repubblica" la votazione appena avvenuta in Aula, che ha respinto il passaggio delle competenze sulla concorrenza bancaria all'Antitrust.

Secondo i rappresentanti dell'opposizione è stato violato il regolamento. "La votazione una volta iniziata" affermano "non può essere sospesa, mentre invece è stata sospesa. Quando abbiamo chiesto che si facesse la controprova del voto il presidente Pera ha riaperto la discussione, una cosa che non si può fare ai sensi del regolamento. La discussione è stata utilizzata per perdere tempo e consentire ad altri parlamentari di accorrere in soccorso del governatore della Banca d'Italia. Quindi, non solo c'è stata una violazione del regolamento, fatto di per sè gravissimo, ma" sottolineano Angius e Bordon "una violazione del regolamento che ha consentito di ribaltare un risultato di una votazione in corso che oggi avrebbe portato al trasferimento delle competenze sulla concorrenza all'Antitrust".

Il Senato ha dato il via libera invece all'emendamento del governo al disegno di legge sul risparmio sulla riforma di Bankitalia che prevede il mandato a termine (di sette anni) per il governatore.
 

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Fazio non convince i magistrati sull’Antonveneta


Roma. La procura di Roma tira le somme del botta e risposta con Antonio Fazio sulla scalata della Bpi ad Antonveneta. E prepara la prossima mossa dell’inchiesta: l’acquisizione del documento della Bce che avrebbe individuato negligenze e parzialità nell’operato del governatore di Bankitalia. Il giorno dopo l’interrogatorio di Fazio nell’ufficio del procuratore capo Giovanni Ferrara, emergono i primi rilievi alla linea difensiva. Secondo indiscrezioni raccolte a Piazzale Clodio, le argomentazioni di Fazio, indagato per abuso d’ufficio, non hanno convinto l’aggiunto Achille Toro e il pm Perla Lori che intendono fare piena luce su un paio di questioni principali. La prima è la concessione accelerata dell’autorizzazione all’Opa della Bpi sulla banca padovana malgrado l’apertura dell’istruttoria da parte dei responsabili della vigilanza, Giovanni Castaldi e Claudio Clemente. La seconda riguarda il ricorso a tre consulenti esterni per valutare la conformità alle norme vigenti dei ratios patrimoniali della Popolare Italiana. L’attenzione degli inquirenti romani, che restano in attesa di altri documenti, si è puntata sullo scarso controllo dedicato ad alcuni aspetti della patrimonializzazione della ex Lodi rivelati da alcune intercettazioni telefoniche.
A tenere banco è la notizia del giudizio negativo espresso dal comitato esecutivo della Banca Centrale Europea sull’operato di Fazio. Ne ha dato conto il Sole 24 Ore in riferimento ad un documento di 5 pagine redatte dai sei membri del board ora all’esame dei 12 governatori delle banche centrali dell’eurozona. Il testo avverte che, nel dare via libera alla scalata su Antonveneta, Fazio avrebbe tenuto comportamenti non in linea con i principi sanciti dall’accordo di Basilea 2 sui requisiti patrimoniali delle banche e con 2 direttive bancarie comunitarie.
Inoltre il comitato esecutivo avrebbe riscontrato una disparità nel trattamento riservato alla Bpi rispetto ai concorrenti di Abn sui tempi di concessione delle autorizzazioni alle rispettive Opa. Immediata la smentita di Bankitalia. «Non risponde assolutamente al vero» si legge in una nota, «che la Bce abbia rassegnato alla Banca d’Italia un giudizio conclusivo; a fortiori è infondato che questo conclusivo giudizio rimarchi un’infrazione alle regole».
Intanto la Commissione Ue prende tempo sui casi Antonveneta e Bnl. «Il caso italiano è un elemento dello scenario. In futuro arriveremo ad una conclusione» ha annunciato il responsabile del Mercato interno, Charlie McCreevy, in vista della pubblicazione del rapporto sul sistema bancario Ue. Nel mirino la seconda direttiva bancaria che prevede il ricorso a «ragioni prudenziali» da parte delle autorità nazionali per bloccare una scalata. (an. pen.)

:lol: :lol: :lol:
 

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e la saga continua ...
ma quando è che la gente lo capirà !!!
prima scricchiolano le fondamenta ...
poi crolla il grattacielo ...

:sad: :sad: :sad:


Nel terzo trimestre un passivo di 1,6 miliardi di dollari
Mega perdita, la Gm taglierà 25mila posti


New York. General Motors e United Auto Workers (Uaw), il sindacato del settore, trovano l’accordo sulla riduzione delle spese sanitarie, ma di fronte a una perdita record del terzo trimestre di 1,6 miliardi di dollari, il gruppo non esclude la vendita di Gmac, la cassaforte di famiglia e secondo emittente al mondo di corporate bond. Con il calo delle quote di mercato, altre misure drastiche sono la chiusura di diversi impianti e il taglio di 25mila posti di lavoro.
A Wall Street le novità sul fronte sindacale infiammano il titolo che, dopo una partenza in rialzo del 12%, si attesta intorno ai 30 dollari con un progresso del 7,2%. L’accordo di massima con la Uaw, spiegato dallo stesso numero uno di Detroit, Rick Wagoner, dovrebbe consentire in prospettiva risparmi aggregati della spesa sanitaria sia a carico dei lavoratori in pensione (circa il 25% in meno o 15 miliardi), sia a carico dei dipendenti attivi (3 miliardi). In termini annui, il risparmio cash è di 1 miliardo sui 5,6 complessivi stimati da Detroit nel 2005. «I negoziati si sono svolti in uno spirito di collaborazione - afferma Wagoner, nel corso della conference call con gli analisti - e c’è voluto del tempo per arrivare trovare una intesa, ma si tratta di tempo speso bene». General Motors, che aveva chiesto risparmi operativi già prima della scadenza 2007 dell’attuale contratto, si è impegnata a favorire un piano sanitario al quale i lavoratori potranno contribuire su base volontaria.
Sotto il profilo gestionale, il primo costruttore di auto al mondo segna ancora il passo con il quarto trimestre consecutivo in rosso (la peggiore serie degli ultimi 13 anni) a causa di una perdita di 1,6 miliardi (2,89 dollari per azione, oltre le attese degli analisti), unita agli 1,4 miliardi dei primi sei mesi, porta a un saldo negativo nel periodo gennaio-settembre 2005 di 3 miliardi. In crescita i ricavi, che segnano un rialzo del 5% a 47,2 miliardi di dollari da 44,9 miliardi del terzo trimestre 2004, mentre le stime degli analisti erano di 35,14 miliardi di dollari.
Gm perde quote di mercato con una contrazione dal 15,4% al 14,6%. Nei primi nove mesi del 2005, le vendite sono superiori a 7 milioni di veicoli nel mondo (+3,7% rispetto allo stesso periodo del 2004) incrementando le posizioni in tre macroaree su quattro, ma a livello globale la market share si contrae dal 14, 5% al 14,4%.
 

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La denuncia dell’Adusbef che cita un rapporto della Banca mondiale sui servizi offerti dagli istituti
Banche italiane, costi alle stelle
Ogni anno 250 euro per i conti correnti di base contro i 42 dell’Olanda


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Roma. Conti correnti italiani tra i più salati del mondo. La denuncia arriva dall’Adusbef che cita un rapporto della Banca Mondiale secondo il quale per tenere un conto corrente da noi si pagano 250 euro l’anno di servizi di base contro ad esempio i 42 euro dell’Olanda e i 107 euro di media dei 18 paesi presi in esame.
In una nota l’associazione dei consumatori torna quindi ad attaccare l’Abi che, afferma, «continua a provocare milioni di correntisti propagandando uno studio sui prezzi dei servizi bancari secondo il quale il costo effettivamente pagato per chi opera sul conto corrente in Italia è di 65 euro, più basso di Francia (94 euro), Spagna e Germania (86 euro)». Con 65 euro, sostiene invece l’Adusbef, «i tartassati correntisti italiani non riescono neanche a chiudere il conto corrente costellato di trappole e tranelli (spese di chiusura, spese per il trasferimento titoli anche superiori a 1.000 euro), per cambiare banca». L’associazione rileva invece che un conto corrente con 11,5 operazioni mensili costa 46,37 euro al mese, cifra che moltiplicata per i dodici mesi dell’anno fa balzare a 556,44 euro il costo annuo del conto.
L’Adusbef ricorda poi che è attorno alla media di 107 euro l’anno che si aggira il costo pagato dai cittadini nella maggior parte dei 18 Paesi della classifica della Banca Mondiale: solo Italia (250 euro), Germania (225), Svizzera (155), Norvegia (130), Stati Uniti (120) e Spagna (108) vanno oltre i 107 euro, con il record di 250 euro per l’Italia. Il dato della World Bank ricorda ancora l’associazione, rappresenta la media tra i costi dei conti correnti «convenzionati», di quelli «a pacchetto»ò e dei conti «a listino».
Bankitalia. Si aprono spiragli di un accordo tra i sindacati e il vertice di Bankitalia sul contenzioso nato due anni fa dopo che la banca modificò unilateralmente il regolamento interno per mantenere in servizio tre alti dirigenti che avevano già raggiunto i limiti per la pensione. Ma è ormai praticamente certo che se anche si raggiungerà un’intesa tra le parti, i due ex funzionari generali attorno ai quali si scatenò la battaglia, l’allora capo della Vigilanza Bruno Bianchi e l’avvocato generale Vincenzo Catapano, non potranno tornare a far parte dell’organico della banca. Perchè l’eventuale modifica negoziata del regolamento interno che darebbe in futuro la possibilità ad alcuni dirigenti di restare al loro posto anche dopo l’età pensionabile non avrà effetti retroattivi.
 

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Forsa ragazzi ...
tenete duro che è partita la ripresa !!!!!!!
ih ih ih ih ih
poveri illusi

:sad: :sad: :sad:

Tratto dal GDV del 30 Ottobre



Sono numerosi i negozi chiusi per difficoltà economiche anche nel cuore storico della città
La crisi ora abbassa le serrande


Vetrine spoglie e serrande abbassate. Nel salotto cittadino, ovvero piazzetta Rossi, l’angolo che doveva diventare il fiore all’occhiello del centro storico e del commercio, solo nelle ultime settimane, un negozio si è trasferito, altri due hanno chiuso. Ed ancora; in corso Garibaldi locali chiusi per fallimento, in via Trieste ancora fogli di giornale sulle vetrine a nascondere gli interni, per cambiamenti di gestione e chiusura attività. Non solo c’è crisi nel commercio dunque perché la gente compera poco, ma è crisi anche per i commercianti, che sembrano fare fatica a tenere aperte le loro attività.



In piazzetta Rossi, a fianco di negozi e boutique che resistono, nonostante tutto, ben tre vetrine hanno oggi le serrande abbassate. Sono negozi di abbigliamento ricercato, di nicchia, di grandi firme; un richiamo. In corso Garibaldi, dove un anno fa c’era un bar, sulla porta c’è ora un cartello di istanza di fallimento. Al Bosco, in via Trieste, strada di accesso al centro, negozi un tempo importanti, hanno le vetrine chiuse.
«Indubbiamente c’è un turn-over maggiore rispetto a qualche anno fa - dice il presidente dell’Ascom Emanuele Cattelan -. È vero che i negozi, soprattutto quelli più piccoli, stanno soffrendo, però è anche vero che qualcuno riapre e chi lo fa è più preparato professionalmente e con una base più solida». Qualche negozio nuovo è stato riaperto. Si tratta però di negozi in franchising, monomarca, di catene nazionali ed internazionali, che in città non esistevano fino a qualche tempo fa. Quasi spariti invece i negozi a conduzione famigliare, i grandi nomi storici del commercio cittadino.
«Non è facile andare avanti, è cambiato tutto rispetto a qualche anno fa - ricorda Giuseppe Baggio, storico commerciante di calzature del centro -. Il cambio generazionale una volta avveniva ogni 20 anni, ora ogni 5. A Thiene stanno sparendo le famiglie di commercianti, anche perché per i figli diventa insostenibile continuare l’attività dei genitori, e scelgono di chiudere».
Chiudere e vendere, al massimo, a nuove società. «Questo fatto, a mio parere, non è però negativo - precisa Cattelan -. Significa che Thiene è e rimane una piazza appetibile per grandi marchi di richiamo, e quando si insediano queste attività, possono vantare una stabilità ed una sicurezza forse maggiore rispetto ai negozi a conduzione famigliare. Sul calo dei consumi è evidente.Non ci sono riprese, e non dovremo attenderle nemmeno a breve termine».
 

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