Il primo ed unico libro in Italia che descrive ... (2 lettori)

gipa69

collegio dei patafisici
Vi riporto un post di qualche tempo fa in cui descrivo come cerco di selezionare le letture del mare di analisti che invadono la rete: non vuole essere un contributo polemico verso chiccesia ma per di più un vademecum selettivo che a me serve:

Per quanto riguarda il pessimismo e l'ottimismo degli analisti/strategisti/economisti io tendo a seguire un metodo di lettura che seppur semplicistico aiuta a semplificare il mare magnum di carta prodotta ed a cominciare una selezione che poi la lettura completa.
In particolare per quanto riguarda gli analisti/strategisti in giro per i mercati tendo a leggere i pessimisti che lavorano all'interno delle case di investimento (ancora meglio se di medie dimensioni) e gli ottimisti che lavorano indipendenti dopo aver avuto esperienze in case di investimento (e che producono ricerca non derivativa).
Il motivo è presto detto:
i pessimisti nelle case di investimento sono tollerati ma sono i primi ad essere tagliati per cui la selezione diventa severa ed emergono esclusivamente i migliori; tutti gli altri creano tutte quelle miriadi di società di consulenza che invadono il mercato con un mare di report negativi.
gli ottimisti migliori sono coloro che con la forza delle loro idee riescono a mollare le case di investimento disposti a pagarli a peso d'oro per costruire progetti indipendenti e vincenti.
naturalmente non è tutto oro quel che luccica ma è un buon metodo di selezione.
Almeno nel mio caso.
Se poi trovi uno che è in equilibrio sei superfortunato....
 

vicenzatrader

Nuovo forumer
mi piace questo ultimo post
è veritiero nella sua essenza
quasi tutte le indicazioni le utilizzate
anchio per scegliere i testi della bibliografia
su cui ho recentemente studiato

per curiosità hai letto "the ocoming collapse of the 2006"
di Mandeville ? e se sì, che cosa ne pensi ??

ciao
 

vicenzatrader

Nuovo forumer
Sebbene siano state introdotte misure per limitare o contenere i sell off days (giornate di negoziazione di borsa in cui i volumi di azioni in vendita acquistano improvvisamente dimensioni preoccu-panti e drammatiche) sono dell’idea che nulla è cambiato nel siste-ma di negoziazione delle borse valori e nella mente contorta della razza umana da quegli eventi tragici.
Nulla è cambiato perché a distanza di alcuni anni dal 1987 si so-no manifestati altri casi di shock finanziari che hanno compromesso l’atmosfera generale o che hanno determinato delle conseguenze a cascata su altri mercati: tanto per fare degli altri esempi qui sotto avete una panoramica di cosa è avvenuto negli ultimi vent’anni ad oggi.
Senza dimenticare gli shock petroliferi del 1973 e del 1977 ed il contributo dato dalle due recenti guerre possiamo elencare:

 1992: la caduta dello SME con le ripercussioni sulla lira ita-liana e la sterlina inglese;
 1994: il crack dei bond messicani;
 1997: il crollo delle tigri asiatiche innescato dalla svalutazio-ne del baht thailandese;
 1998: la crisi russa sulla redimissione dei prestiti obbligazio-nari emessi in rubli, il fallimento di LTCM (Long Term Capital Managemnet) il primo e più prestigioso hedge fund di Wall Street, il default delle obbligazioni argentine;
 2000: scoppio della bolla sulla New Economy;
 2001: crash delle Torri Gemelle;
 2002: crack aziendali a ripetizione per casi di falso in bilan-cio e bancarotta fraudolenta (Enron, World Com, Cirio, Par-malat & Company).

Come potete rilevare voi stessi la storia ci insegna che il com-portamento umano si ripete con una certa frequenza, e non c’è leg-ge o super autorità che vigili e controlli affinché managers, operato-ri, brokers e auditors possano innescare una folle corsa al ribasso di tutte le attività.
Come ho già detto il denaro non dorme mai (così insegnano a Wall Street) e proprio in virtù di questo che anche l’impossibile di-venta possibile, niente riesce a fermare un fiume in piena di ordini di vendita nato o da strategie speculative (vedi crollo del baht thai-landese) o da comportamenti irrazionali di operatori e risparmiatori. Ogni tanto la giostra per far soldi (Wall Street) si rompe o si inceppa ed i costi per farla ripartire sono tutti a carico del pubblico rispar-miatore, e qualche volta anche di qualche banca o intermediario inefficiente o incompetente.
Il mercato è fatto di uomini, perciò da molte persone che in alcu-ne occasioni si possono comportare in maniera irrazionale a pre-scindere dalle loro lauree di Harvard o masters al MIT: il crash del fondo LTCM ne è una dimostrazione, proprio quando i suoi fondatori e gestori erano accreditati ed ammirati premi Nobel per l’economia e la finanza.
Per quanto sia stato fatto per regolamentare l’attività speculativa sui mercati borsistici, nulla è stato fatto in previsione della pazzia che può impadronirsi degli operatori di borsa e risparmiatori quando questi intravedono la possibilità di arricchirsi.
Il momento di preoccuparsi a mio avviso arriverà proprio quando istituzioni ed operatori del mercato cominceranno a spiegarvi che nulla di critico e grave può accadere o ricapitare perché la situazio-ne è fondamentalmente sana, proprio come diceva il Presidente Hoover sette giorni prima del traumatico Giovedì Nero del 29. E proprio come sentiamo da qualche settimana anche in Italia.

:-D :-D :-D
 

gipa69

collegio dei patafisici
Il libro non l'ho letto ma qualche idea per i prossimi tempi me la sono fatta anche se non la considero una tavola della Legge ma bensì uno scenario con lavori in corso.
Che il mercato attuale non prezzi eventuali shock esogeni od endogeni è vero ed anzi sembra alla ricerca di questi shock per comprare bassi perchè i recenti esempi sono stati un occasione d'acquisto.
Prima o poi questa mentalità verrà riversata con pesanti danni per chi sarà sovraesposto. (il tempo in cui verrà inflitto questo danno potrà essere molto lungo o molto corto..)
Ma quando arriverà il redde rationem è difficile dirlo anche perchè i cicli di lungo periodo appplicabili ai mercati finanziari hanno una storia troppo breve per poter fare anche solo statistica.
Anche io penso che il 2006 potrebbe essere un anno difficile perchè la durata del bull attuale è ormai sopra media storica, perchè gli utili delle imprese rispetto a diversi parametri sono a livelli estremamenti elevati e quindi soggetti a mean reversion, perchè i parametri di valutazione sono lontani da valutazioni fondamentali di bottom, perchè il ciclo presidenziale USA presenta spesso un minimo durante il secondo anno del ciclo, perchè il denato speculativo sta sfruttando da troppo tempo alcuni ben precisi trend.
Tempo fa avevo presentato una analisi sulle similitudini tra il periodo attuale ed il periodo dei primi del 1900.
Non starò ad elencarle tutte ma è certo che all'epoca i mercati fino a due settimane prima dell'evento non immaginavano assolutamente la possibilità di un conflitto mondiale e poi questo arrivò.
Adesso si pensa che con la comunicazione just in time questo rischio è scongiurato ma ancora una volta il mercato ci sorprenderà.
Ricordiamoci però che gli shock sorprendono i mercati quando sono inaspettati e quando hanno conseguenze imprevedibili, non quando sono annunciati e catalogati.

Ma probabilmente conviene sempre essere permabearish o permabull in quanto prima o poi il mercato verrà dalla tua parte.
 

giomf

Forumer storico
GIPA....ricordati quei grafici che ti ho chiesto.... !! (in privato....please....)

Quando passi dalle mie parti...un caffè..e un dolce fatto da mia moglie..... !
 

gipa69

collegio dei patafisici
http://www.marketwatch.com/news/print_story.asp?print=1&guid={4C83BBC8-9259-422C-8FC9-583A18C049D9}&siteid=mktw
 

vicenzatrader

Nuovo forumer
Ma se le cose vanno così bene ... come tutti dicono
la maggior parte è convinta in un rialzo senza freno degli indici
e che l'anno venturo saremmo tutti + benestanti, anche se il debito pubblico è ai massimi storici ... cmè che in prima pagina ti schiaffano questi articoli ... (tratti tutti dal GDV - Giornale di Vicenza, quindi
non un quotidiano nazionale mero assertore di politiche compiacenti) ...
se qualcuno posta ...



 Crolla la produzione industriale (14/12/04)
 Risparmi bruciati per necessità (22/12/04)
 In 3.600 senza lavoro (07/01/05)
 Rischio di bolla immobiliare (11/02/05)
 Ora è crisi nera dei consumi (13/02/05)
 L’Italia cresce meno dell’Europa (16/02/05)
 Industria persi 15 mila posti (29/04/05)
 PIL e industria in crisi: allarme (12/05/05)
 Il made In Italy sprofonda nella crisi (21/05/05)
 L’Ocse vede nero per l’Italia (25/05/05)
 Fallimenti, allarme rosso (28/05/05)
 Fiamm, taglio di 420 posti (29/05/05)
 Bankitalia, la situazione peggiora (10/06/05)
 La disoccupazione torna a salire (29/06/05)
 

Nonsoniente

Forumer storico
Tutto vero quello che dici, ma il mercato sale senza correzioni da agosto 2004. Crolli in borsa ce ne sono sempre stati, prima o poi arriverà anche quello che tu annunci.
L'IMPORTANTE E' SAPERE COGLIERE L'ATTIMO FUGGENTE DELL'INVERSIONE RIALZO/RIBASSO. SPERO MOLTO CHE TU, QUANDO ARRIVERA' IL MOMENTO, SARAI QUI CON NOI A SEGNALARCELO.
 

vicenzatrader

Nuovo forumer
crollo del 1987


L’abbaglio per il denaro facile ed il profitto indiscriminato ci inse-gnano che il mercato borsistico è un grande incubatore di sogni e di ricchezza, ma questa indiscrimata rappresentazione ci ha fatto di-menticare che il mercato borsistico, l’estrema sintesi idilliaca del ca-pitalismo, è soggetto come qualsiasi altro prodotto della natura umana alla sua stessa fragilità e debolezza.
Diffidate da chi vi propina teoremi sulla efficienza e razionalità del mercato, perché proprio questo è tutt’altro che efficiente e ra-zionale. Specialmente nelle fasi in cui nulla è più comprensibile o analizzabile.

:( :( :(


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vicenzatrader

Nuovo forumer
:-D :-D :-D


L’incognita petrolio

Recentemente (Aprile 2005) è uscito un outllook di Goldman Sachs sulla previsione dell’andamento del prezzo del petrolio al ba-rile: oltre i 100 dollari.
Questo previsto non per i prossimi 20 anni, ma per i prossimi 20 mesi. Francamente non mi spaventa, il petrolio è una risorsa esau-ribile e limitata nel tempo: per la legge di domanda ed offerta è de-stinata ad apprezzarsi sempre di più.
Come se questo non bastasse quello che rende ancor più preoc-cupante l’outlook su questa risorsa è l’evoluzione del suo livello di approvvigionamento e distribuzione, e sì perché da più di cinque anni vi sono due nuovi giganti industriali che stanno viaggiando a un più 10 % di crescita del PIL all’anno e richiedono ingenti quantitativi di greggio per poter soddisfare i loro livelli di produzione: sto par-lando della Cina e dell’India.
Tuttavia quello che mi fa paura e mi mette in allarme è altro. E questo altro è il possibile ancoramento del prezzo del petrolio all’euro.
Forse molti di voi non lo immaginano nemmeno, ma il greggio quotato in euro rappresenta un pericolo peggiore di tutte le armi di distruzione di massa messe assieme. Cerchiamo di capirne i motivi.
Tanto per iniziare come primo incipit dovete proiettare ideal-mente la vostra mente in avanti nel futuro a più di dieci anni quan-do il naturale processo di allargamento dell’Unione Europea porterà all’ingresso della Russia.
La Russia è la nazione più ricca al mondo in termini di ricchezza del sottosuolo: ha tutto, dai diamanti all’uranio, dal petrolio al car-bone. È il principale fornitore di greggio per tutta l’attuale Unione Europea. Possiamo pensare alla nuova Eurussia (attuale Unione Europea più la Russia) come una economia perfettamente indipen-dente sia per la produzione di beni e servizi, eccetto che per i frutti esotici, come dico sempre scherzando durante le mie conferenze.
Di fatto Eurussia rappresenterebbe una entità macroeconomica perfettamente a se stante, senza alcun bisogno degli altri paesi, ca-so mai il contrario.
E questo è l’attuale timore per i prossimi anni dell’establishment americano ovvero essere surclassati sia a livello monetario che eco-nomico, perdendo magari anche il titolo di superpotenza militare (pensando ad un super esercito unendo tutte le forze armate degli eserciti degli stati aderenti).
E proprio sui recenti interventi militari americani è opportuno soffermarsi per comprendere l’attuale scenario macroeconomico nel mondo: partiamo perciò dalle due ultime guerre degli Stati Uniti.
Per l’opinione pubblica il motivo celato e la vera essenza della guerra all’Irak è il petrolio che si trova nel sottosuolo di questo pae-se.
Questa affermazione è impropria in quanto la causa è il petrolio, ma la scopo è tutt’altro, infatti il nemico da combattere è proprio l’euro.
La parte che verrà esposta d’ora in poi risulta molto articolata e complessa perché ricca di richiami tra più argomenti osmoticamente collegati, pertanto vi invito a prestare molta attenzione durante la stessa lettura.
Partiamo con il dire che pochi di voi sanno qual’è stato il primo paese al mondo che stanco del comportamento imperialista degli USA ha espressamente bandito dal proprio suolo ogni compagnia petrolifera statunitense ed ha chiesto l’ancoramento del petrolio estrattovi pretendendo i pagamenti non più in dollari americani, ma nei nuovi euro, freschi di conio.
Il paese in questione è proprio l’Irak (uno dei 11 paesi facenti parte dell’OPEC) il quale tramite il suo ex dittatore, Saddam Hus-sein, alla fine del 2000 impose alle comunità internazionali il greggio irakeno pagato in euro.
A copiare l’idea, se non una quasi provocazione dell’Irak, ci han-no pensato anche, prima il Venezuela (quarto esportatore al mondo) e successivamente anche l’Iran. Che cosa è avvenuto nel frattempo a livello di scenario mondiale ? Prima abbiamo avuto l’11 Settembre e poi due guerre, una di queste proprio in Irak.
La conseguenza di queste guerre ha consentito agli Stati Uniti di estendere il loro controllo anche su quest’area del medio oriente con lo scopo ufficiale di tutelare l’intero mondo da altri futuri attentati e da un utilizzo ostile di ipotetiche armi di distruzione di massa dai re-gimi dittatoriali, che a detta della CIA potrebbero o avrebbero po-tuto in futuro appoggiare i regimi terroristici.
Lo scopo non ufficializzato invece risulta essere stato l’instaurazione di un governo cosiddetto filoamericano in Irak che ripristinasse i pagamenti delle estrazioni in dollari americani abban-donando per sempre l’euro, consentendo alle compagnie petrolifere americane di aumentare la capacità estrattiva ed il numero di barili immessi sul mercato con il fine preciso di abbassare drasticamente il prezzo del greggio.
E perché il prezzo del greggio è così fondamentale in questo momento di crescita mondiale ? Tanto per cominciare il sogno della globalizzazione americana che tutti avrebbe arricchito inizia ad af-fievolirsi, anzi, con le borse in caduta libera dal 2000, inizia non in maniera ufficiale un periodo di recessione per la locomotiva ameri-cana, la cui ripresa è potuta avvenire attraverso il foraggiamento delle spese per la difesa e la capacità di mitigare le ondate specula-tive sul prezzo del petrolio.
In linea di massima, si concorda sul fatto che l’economia USA, come il resto del mondo, nel 2005 va in frenata. E infatti quest’anno si ritiene che l’America possa crescere solo del 3,4 per cento. C’è però una condizione molto netta e molto secca. Per avere questo risultato, un Pil al 3,4 per cento, bisogna che il petrolio quoti signifi-cativamente al di sotto dei 50 dollari a barile.
Negli ultimi vent’anni la politica estera degli USA ha sempre avuto un obiettivo molto preciso: impedire a chiunque di poter mettere in difficoltà la supremazia militare ed economica dei cin-quanta stati federati.
Sulla supremazia militare forse non c’è ancora nessuno che sia in grado di incrinarla, mentre su quella economica molte sono le mi-nacce attendibili.
Due di queste sono proprio il petrolio pagato in euro e la perdita di leadreship del dollaro per la sua riconosciuta valenza internazio-nale, già ma ancora per quanto ?
Se invece il prezzo del greggio dovesse assestarsi oltre i 50 dol-lari a barile, allora la frenata americana sarebbe molto più sensibile, stimandola anche fra uno e due punti di PIL: in Europa, questo vorrebbe dire depressione economica stile anni trenta.
Considerate perciò tutto quello che sin’ora è stato esposto, quin-di il problema dell’indebitamento degli Stati Uniti, la crisi internazio-nale del dollaro (affrontata dettagliatamente nel paragrafo successi-vo), il rischio di agganciamento del greggio all’euro con abbandono dei pagamenti in dollari amercani e per finire il fiato sul collo dell’impero cinese.
Tutti questi argomenti in realtà sono uno connessi all’altro e pro-spettano appunto un cambio di scenario epocale sia a livello di nuovi interessi planetari e sia a livello di nuove forze emergenti.
Proprio qui sta il punto: nuovi interessi e nuove forze che lenta-mente stanno oscurando la superpotenza incontrastata da sempre: gli Stati Uniti.
Dal 1993 la presidenza Clinton aveva letteralmente trasformato il paese, un decennio di risultati positivi significativi, crescita struttu-rale e ridimensionamento del debito, mai vi era stato uno sviluppo così convinto e convincente, e come se non bastasse gli stessi mer-cati borsistici avevano dimostrato di apprezzare questa trasforma-zione portando il Dow Jones dai 3.500 punti del 1993 ai 10.000 punti del 1999.
La locomotiva americana sembrava non avere limiti, impartiva lezioni di benessere a tutto il mondo ed esportava ovunque il suc-cesso del modello del capitalismo sfrenato.
Nulla dura per sempre: infatti la crisi delle economie asiatiche nel 1997, il crollo del rublo nel 1998 e la bolla scoppiata della New Eco-nomy nel 2000 furono i primi segnali che qualcosa aveva iniziato a non funzionare per questo meraviglioso sistema fabbrica denaro. Un’ondata di contrazione economica con successiva discesa degli in-dici borsistici mondiali si stava prospettando all’orizzonte ed il mo-dello americano sposato da quasi due terzi del pianeta sembrava sempre più simile ad un auto da corsa con il motore super truccato.
Come se tutto questo non bastasse si affacciavano con prepoten-za sui mercati due comparse impreviste: l’euro e la Cina, i quali lentamente ed inesorabilmente iniziavano a ricevere consensi dalle comunità internazionali.
L’euro come futura moneta principe, divisa valutaria rappresen-tativa di 25 economie molto meglio regolamentate in materia di po-litiche di bilancio rispetto a quelle statunitensi, e la Cina come po-tente aspira risorse del pianeta, petrolio compreso.

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