L’incognita petrolio
Recentemente (Aprile 2005) è uscito un outllook di Goldman Sachs sulla previsione dell’andamento del prezzo del petrolio al ba-rile: oltre i 100 dollari.
Questo previsto non per i prossimi 20 anni, ma per i prossimi 20 mesi. Francamente non mi spaventa, il petrolio è una risorsa esau-ribile e limitata nel tempo: per la legge di domanda ed offerta è de-stinata ad apprezzarsi sempre di più.
Come se questo non bastasse quello che rende ancor più preoc-cupante l’outlook su questa risorsa è l’evoluzione del suo livello di approvvigionamento e distribuzione, e sì perché da più di cinque anni vi sono due nuovi giganti industriali che stanno viaggiando a un più 10 % di crescita del PIL all’anno e richiedono ingenti quantitativi di greggio per poter soddisfare i loro livelli di produzione: sto par-lando della Cina e dell’India.
Tuttavia quello che mi fa paura e mi mette in allarme è altro. E questo altro è il possibile ancoramento del prezzo del petrolio all’euro.
Forse molti di voi non lo immaginano nemmeno, ma il greggio quotato in euro rappresenta un pericolo peggiore di tutte le armi di distruzione di massa messe assieme. Cerchiamo di capirne i motivi.
Tanto per iniziare come primo incipit dovete proiettare ideal-mente la vostra mente in avanti nel futuro a più di dieci anni quan-do il naturale processo di allargamento dell’Unione Europea porterà all’ingresso della Russia.
La Russia è la nazione più ricca al mondo in termini di ricchezza del sottosuolo: ha tutto, dai diamanti all’uranio, dal petrolio al car-bone. È il principale fornitore di greggio per tutta l’attuale Unione Europea. Possiamo pensare alla nuova Eurussia (attuale Unione Europea più la Russia) come una economia perfettamente indipen-dente sia per la produzione di beni e servizi, eccetto che per i frutti esotici, come dico sempre scherzando durante le mie conferenze.
Di fatto Eurussia rappresenterebbe una entità macroeconomica perfettamente a se stante, senza alcun bisogno degli altri paesi, ca-so mai il contrario.
E questo è l’attuale timore per i prossimi anni dell’establishment americano ovvero essere surclassati sia a livello monetario che eco-nomico, perdendo magari anche il titolo di superpotenza militare (pensando ad un super esercito unendo tutte le forze armate degli eserciti degli stati aderenti).
E proprio sui recenti interventi militari americani è opportuno soffermarsi per comprendere l’attuale scenario macroeconomico nel mondo: partiamo perciò dalle due ultime guerre degli Stati Uniti.
Per l’opinione pubblica il motivo celato e la vera essenza della guerra all’Irak è il petrolio che si trova nel sottosuolo di questo pae-se.
Questa affermazione è impropria in quanto la causa è il petrolio, ma la scopo è tutt’altro, infatti il nemico da combattere è proprio l’euro.
La parte che verrà esposta d’ora in poi risulta molto articolata e complessa perché ricca di richiami tra più argomenti osmoticamente collegati, pertanto vi invito a prestare molta attenzione durante la stessa lettura.
Partiamo con il dire che pochi di voi sanno qual’è stato il primo paese al mondo che stanco del comportamento imperialista degli USA ha espressamente bandito dal proprio suolo ogni compagnia petrolifera statunitense ed ha chiesto l’ancoramento del petrolio estrattovi pretendendo i pagamenti non più in dollari americani, ma nei nuovi euro, freschi di conio.
Il paese in questione è proprio l’Irak (uno dei 11 paesi facenti parte dell’OPEC) il quale tramite il suo ex dittatore, Saddam Hus-sein, alla fine del 2000 impose alle comunità internazionali il greggio irakeno pagato in euro.
A copiare l’idea, se non una quasi provocazione dell’Irak, ci han-no pensato anche, prima il Venezuela (quarto esportatore al mondo) e successivamente anche l’Iran. Che cosa è avvenuto nel frattempo a livello di scenario mondiale ? Prima abbiamo avuto l’11 Settembre e poi due guerre, una di queste proprio in Irak.
La conseguenza di queste guerre ha consentito agli Stati Uniti di estendere il loro controllo anche su quest’area del medio oriente con lo scopo ufficiale di tutelare l’intero mondo da altri futuri attentati e da un utilizzo ostile di ipotetiche armi di distruzione di massa dai re-gimi dittatoriali, che a detta della CIA potrebbero o avrebbero po-tuto in futuro appoggiare i regimi terroristici.
Lo scopo non ufficializzato invece risulta essere stato l’instaurazione di un governo cosiddetto filoamericano in Irak che ripristinasse i pagamenti delle estrazioni in dollari americani abban-donando per sempre l’euro, consentendo alle compagnie petrolifere americane di aumentare la capacità estrattiva ed il numero di barili immessi sul mercato con il fine preciso di abbassare drasticamente il prezzo del greggio.
E perché il prezzo del greggio è così fondamentale in questo momento di crescita mondiale ? Tanto per cominciare il sogno della globalizzazione americana che tutti avrebbe arricchito inizia ad af-fievolirsi, anzi, con le borse in caduta libera dal 2000, inizia non in maniera ufficiale un periodo di recessione per la locomotiva ameri-cana, la cui ripresa è potuta avvenire attraverso il foraggiamento delle spese per la difesa e la capacità di mitigare le ondate specula-tive sul prezzo del petrolio.
In linea di massima, si concorda sul fatto che l’economia USA, come il resto del mondo, nel 2005 va in frenata. E infatti quest’anno si ritiene che l’America possa crescere solo del 3,4 per cento. C’è però una condizione molto netta e molto secca. Per avere questo risultato, un Pil al 3,4 per cento, bisogna che il petrolio quoti signifi-cativamente al di sotto dei 50 dollari a barile.
Negli ultimi vent’anni la politica estera degli USA ha sempre avuto un obiettivo molto preciso: impedire a chiunque di poter mettere in difficoltà la supremazia militare ed economica dei cin-quanta stati federati.
Sulla supremazia militare forse non c’è ancora nessuno che sia in grado di incrinarla, mentre su quella economica molte sono le mi-nacce attendibili.
Due di queste sono proprio il petrolio pagato in euro e la perdita di leadreship del dollaro per la sua riconosciuta valenza internazio-nale, già ma ancora per quanto ?
Se invece il prezzo del greggio dovesse assestarsi oltre i 50 dol-lari a barile, allora la frenata americana sarebbe molto più sensibile, stimandola anche fra uno e due punti di PIL: in Europa, questo vorrebbe dire depressione economica stile anni trenta.
Considerate perciò tutto quello che sin’ora è stato esposto, quin-di il problema dell’indebitamento degli Stati Uniti, la crisi internazio-nale del dollaro (affrontata dettagliatamente nel paragrafo successi-vo), il rischio di agganciamento del greggio all’euro con abbandono dei pagamenti in dollari amercani e per finire il fiato sul collo dell’impero cinese.
Tutti questi argomenti in realtà sono uno connessi all’altro e pro-spettano appunto un cambio di scenario epocale sia a livello di nuovi interessi planetari e sia a livello di nuove forze emergenti.
Proprio qui sta il punto: nuovi interessi e nuove forze che lenta-mente stanno oscurando la superpotenza incontrastata da sempre: gli Stati Uniti.
Dal 1993 la presidenza Clinton aveva letteralmente trasformato il paese, un decennio di risultati positivi significativi, crescita struttu-rale e ridimensionamento del debito, mai vi era stato uno sviluppo così convinto e convincente, e come se non bastasse gli stessi mer-cati borsistici avevano dimostrato di apprezzare questa trasforma-zione portando il Dow Jones dai 3.500 punti del 1993 ai 10.000 punti del 1999.
La locomotiva americana sembrava non avere limiti, impartiva lezioni di benessere a tutto il mondo ed esportava ovunque il suc-cesso del modello del capitalismo sfrenato.
Nulla dura per sempre: infatti la crisi delle economie asiatiche nel 1997, il crollo del rublo nel 1998 e la bolla scoppiata della New Eco-nomy nel 2000 furono i primi segnali che qualcosa aveva iniziato a non funzionare per questo meraviglioso sistema fabbrica denaro. Un’ondata di contrazione economica con successiva discesa degli in-dici borsistici mondiali si stava prospettando all’orizzonte ed il mo-dello americano sposato da quasi due terzi del pianeta sembrava sempre più simile ad un auto da corsa con il motore super truccato.
Come se tutto questo non bastasse si affacciavano con prepoten-za sui mercati due comparse impreviste: l’euro e la Cina, i quali lentamente ed inesorabilmente iniziavano a ricevere consensi dalle comunità internazionali.
L’euro come futura moneta principe, divisa valutaria rappresen-tativa di 25 economie molto meglio regolamentate in materia di po-litiche di bilancio rispetto a quelle statunitensi, e la Cina come po-tente aspira risorse del pianeta, petrolio compreso.
