IL REPARTO PSICHIATRICO MI HA SCELTO COME TESTIMONIAL

Yanis Varoufakis annuncia che saranno rese pubbliche le registrazioni dell’Eurogruppo del 2015
Euroleaks: Perché pubblicare? E perché ora?
16 febbraio 2020
Durante il primo semestre del 2015, in qualità di Ministro per le Finanze greco,

ho partecipato a tredici incontri cruciali dell’Eurogruppo prima che il governo SYRIZA
(non rispettando il risultato del referendum del 5 luglio) capitolasse
. Il risultato di quella capitolazione sono state le mie immediate dimissioni e un programma di austerità permanente (fino al… 2060).

Fin dall’inizio, dal primo Eurogruppo, è risultato chiarissmo che i leader della troika che presiedevano a quegli incontri
erano determinati ad evitare qualsiasi serio dibattito sul “programma” della Grecia.

La mia intenzione era di giungere con determinazione a un compromesso onorevole sulla base di proposte tecniche adeguate,
il cui scopo sarebbe stato quello di aiutare il popolo greco a respirare di nuovo, riducendo al minimo i costi per i nostri creditori (che dominavano l’Eurogruppo).



Invece i leader della troika, e i loro complici ministri delle Finanze, facevano ostruzionismo rifiutandosi di discutere le mie proposte
e di controproporre qualsiasi cosa che avesse un senso finanziario, politico o morale.

Ogni volta pretendevano che il nostro governo si arrendesse a un programma neocoloniale, di austerità, che loro stessi, a porte chiuse, ammettevano che era stato un fallimento!

Dopo i primi tre incontri dell’Eurogruppo mi resi conto, con mio grande orrore, che non veniva redatto alcun verbale.
Inoltre, l’assenza di qualsiasi registrazione di quanto detto consentiva agli apparatchiks della troika
di indulgere in un’orgia di fughe di notizie e di allusioni che si diffusero molto rapidamente in tutto il mondo.


Fu nei fatti un’enorme operazione di inversione della verità: la troika fece trapelare che io mi recavo alle riunioni impreparato,
senza alcuna competenza tecnica, e che annoiavo a morte i miei colleghi con discorsi ideologici o teorici per nulla pertinenti.

È stata la mia prima, vera, dolorosissima esposizione al vero significato di “fake news“.

Per poter informare accuratamente il mio Primo Ministro e il Parlamento su quanto accadeva in quegli interminabili incontri,
nonché per difendermi dalle distorsioni e dalle vere e proprie menzogne sui miei interventi
(oltre che dalle menzogne di quello che mi dicevano i tizi della troika), iniziai a registrare le riunioni sul mio smart phone.

Non volendo mantenere alcun segreto, resi pubblico il fatto in un’intervista al New York Times – come modo per avvertire i diffusori di notizie false
che potevo fornire la prova che stavano diffondendo menzogne.

La reazione della Commissione Europea fu di finto sdegno – ma, curiosamente, smisero di far trapelare notizie false!

Più tardi, pubblicai il mio libro di memorie (Adults in the Room) che ho basato, in larga misura, su quelle registrazioni, pensando che sarebbe finita li.

Perché allora vi sto disturbando con questa storia di 5 anni fa?

Perché, per le ragioni che illustrerò qui di seguito, MeRA25-DiEM25 ed io abbiamo deciso che questo è il momento giusto per rendere disponibili al pubblico le suddette registrazioni.

Perché ora?

Dopo aver pubblicato Adults in the Room, non avevo intenzione alcuna di rendere pubbliche le registrazioni inedite anche se,
per tre anni dopo la pubblicazione del libro, e soprattutto qui in Grecia, le notizie false sul 2015 vengono ancora spacciate per fatti veri.

Avendo distillato nel libro la maggior parte di ciò che contava, ero disposto a lasciar perdere.

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Tuttavia, la scorsa settimana due eventi qui in Grecia mi hanno fatto cambiare idea:

1. Il nuovo governo di Nea Demokratia di destra ha recentemente legiferato la vendita di mutui incagliati a fondi che innescheranno sfratti di massa di famiglie
che, a causa della crisi infinita, non possono pagare i loro mutui. Dal 1° maggio, una nuova ondata di miseria inghiottirà la nostra già sconfitta popolazione.
In Parlamento, dove guido MeRA25 (il nuovo partito progressista di DiEM25 in Grecia), il Primo Ministro e i suoi ministri si sono alternati per ‘spiegare’
il loro operato gettando la colpa della loro nuova spinta liquidativa a me e al modo in cui avrei ‘sconvolto’ i miei colleghi ministri delle Finanze in quelle riunioni dell’Eurogruppo del 2015!

2. I miei ex colleghi del governo (SYRIZA) hanno appena fatto trapelare una correzione interna di ciò che sbagliarono dal 2014 e del perché sono stati sconfitti alle elezioni generali del luglio 2019.
La loro conclusione principale sembra essere che il loro ministro delle Finanze nel 2015 (cioè il sottoscritto!) si era inimicato i colleghi dell’Eurogruppo,
non riuscendo a presentare proposte ragionevoli, essendo recalcitranti (cioè SYRIZA ha adottato pienamente il racconto della troika).

In vista del primo e del secondo punto, mi è ormai chiaro che le fake news relative alle riunioni dell’Eurogruppo del 2015
stanno offrendo la copertura per una nuova ondata di aggressioni contro i cittadini più deboli.
Per questo motivo, in un dibattito parlamentare su questioni di diritto del lavoro che coinvolge i leader dei partiti (venerdì 14 febbraio scorso), mi sono rivolto direttamente ai miei detrattori:

“Avete passato 5 anni”, ho detto loro “a mentire su quello che succedeva in questi incontri dell’Eurogruppo.
Ora state costruendo su queste distorsioni una nuova legislazione di austerity e di fallimenti.
Per questo motivo, prima che i membri del Parlamento possano esprimere un voto informato su questi progetti di legge,
hanno il diritto e il dovere di sapere esattamente cosa è stato detto in quelle riunioni dell’Eurogruppo”.

A quel punto, ho letto una decisione dell’Alta Corte greca che avverte che tali registrazioni sono pienamente legali
(a condizione che non riguardino la vita privata dei partecipanti e che siano registrate nel corso delle proprie funzioni pubbliche).
Poi, ho tirato fuori una busta contenente una chiavetta USB con tutte le registrazioni in mio possesso
e l’ho presentata alla segreteria della Camera dicendo che lascio al Presidente della Camera
la decisione di decidere come mettere il materiale a disposizione dei deputati e del pubblico in genere.

Poco dopo, un agente di polizia ha restituito la chiavetta USB al mio ufficio, su ordine del Presidente del Parlamento che ha ritenuto il mio gesto “inaccettabile”.

Poche ore dopo, ho rilasciato una dichiarazione secondo cui DiEM25-MeRA25, in considerazione della posizione dello Speaker, rilascerà il materiale al pubblico.

“Avete raccontato storie su quello che è successo in questi incontri, come se sapeste esattamente cosa è stato detto,
ma ora vi spaventa il pensiero di scoprire cosa è stato realmente detto”, abbiamo aggiunto.

Qual è il significato di queste registrazioni al di là della Grecia?

Queste registrazioni/trascrizioni rendono l’ascolto/lettura affascinante per coloro che volessero ottenere una visione indipendente del processo decisionale all’interno dell’UE:

  • Gli europeisti hanno molto da imparare su come l’euroscetticismo, e Brexit ne è un esempio, sia stato aiutato e favorito dall’inaccettabile processo decisionale nel cuore dell’UE.
  • Imparare queste lezioni è un prerequisito per riformare, o meglio ancora per trasformare, l’UE.
  • Gli euroscettici troveranno purtroppo in queste registrazioni la prova che i loro atteggiamenti sono giustificati.
  • Gli studenti in relazioni internazionali, studi europei, finanza ed economia otterranno una visione inestimabile di come siano prese incoerentemente decisioni cruciali per l’economia mondiale.
  • E, infine, poiché è del tutto impossibile una democrazia senza trasparenza, la diffusione di queste registrazioni è un piccolo, ma non insignificante, servizio reso ai democratici di tutto il mondo.


GUARDA QUESTO SPAZIO: DiEM25.org e MeRA25.gr per la diffusione di queste inedite registrazioni verso il 10 marzo 2020
(quando saranno state prodotte le trascrizioni e rese adeguatamente fruibili per tutti)

Cercheremo di seguire con la massima attenzione la pubblicazione di queste registrazioni.
 
È necessario, osservando il panorama del non fatto o fatto male (che è ancora peggio) da parte del Movimento 5 Stelle al governo,
gettare un’occhiata sull’operato del ministro Alfonso Bonafede al quale, et pour cause, sono riservate, da qualche tempo,
le critiche più appropriate da parte dei garantisti doc, e quindi non del Partito Democratico che, anzi, gli giura quotidianamente fedeltà.

Basterebbe, peraltro, un attimo di riflessione sul no al blocco della prescrizione per ravvederne un empito di giustizialismo
in sintonia con le istanze più reazionarie operanti fra politici e media in base alla falsa teoria che la giustizia se ne gioverebbe,
aggiungendovi, per di più, la legge denominata “Spazzacorrotti”, già contestata per la sua retroattività sanzionata seccamente dalla Consulta.

Sono convinzioni di un ministro della Giustizia più volte predicate in convegni e relativi spot allo scopo di esaltare l’unica proposta, l
a più concreta, avanzata fino ad ora dai grillini, ovvero le manette: per gli altri, beninteso.

In dispregio di quello stato di diritto la cui difesa sarebbe la bandiera, il compito, la missione, il dovere di quel ministro che, con ogni probabilità, apprezza molto di più il drappo del “Vaffa”.

Dunque, manette ma non per se stessi giacché, vedi il caso della sindaca torinese Chiara Appendino, vale il sorvolamento, il passare ad altro,
uno speciale silenzio rotto pur sempre dal grido “onestà, onestà!” che, proprio in base al giustizialismo programmatico,
non pare così consono alla situazione della sindachessa raggiunta da ben tre avvisi di garanzia o, come dicono loro, di reato, fra cui quello di concorso in peculato.

Il che, fosse capitato ad altri sindaci, l’invito alle manette sarebbe in men che meno auspicato e gridato contro;
invece, nella fattispecie torinese, per dirla con un grande regista d’Oltralpe, il silenzio è d’oro.

Ovviamente per noi garantisti sempre e comunque e verso chiunque, la speranza se non la certezza
è che la Appendino ne esca al più presto innocente e che le sia evitato il gioco al massacro mediatico per un avviso di garanzia.

Ma è la non politica dei pentastellati che prevale, al di là delle prediche e dei sermoni che contraddistinguono un non operato surrogato, appunto,
dalle omelie esortanti il giustizialismo erga omnes, salvo che per sé medesimi.

Fra questi predicozzi spicca il tweet pentastellato per la giornata di martedì prossimo:

“Se si spezza la fiducia nei confronti della politica e delle istituzioni nessuno rispetterà più le leggi e nessuno rispetterà più quello che dicono le istituzioni dello Stato”. Testuale.

Troppo facile parlare di facce di bronzo?

Non molto, poiché il M5S
tuonava contro la politica a favore della non politica.
Era contro l’Euro e ora è a favore dell’Euro;
era contro il Mes ed ora è favore del Mes.
Era contro Emmanuel Macron e ora è a favore di Macron.
Era contro le alleanze temendone il contagio e ora è favore delle alleanze.
Era contro il Partito Democratico e ora è alleato col Pd.
Era contro Forza Italia e ora, in Europa, è alleato con FI.

Ma non basta.

Era il movimento che su piazze, cantoni, spot e tv voleva, fortemente voleva, aprire il Parlamento come una scatola di tonno,
e ora non soltanto lo presiede ma è “diventato il tonno che difende la scatoletta”.

Una politica questa?

Un programma?

No, uno spettacolo comico. Anzi, tragicomico.
 
Pensiamo a Forti più che a Zaky
Mentre la sinistra si straccia le vesti per lo studente egiziano arrestato con l’accusa di sovversione in Egitto, tutti si sono dimenticati di un italiano ingiustamente detenuto in USA

La sfortuna di Chico Forti è di non avere un passato da militante di estrema sinistra,
quindi di non poter essere considerato una bandiera “progressista e democratica” e, di conseguenza,
di non poter contare sul coro unanime di solidarietà dei media di potere.

Non è stato neppure arrestato per sovversione come PatricK Zaky e la sua storia di “malagiustizia” non riguarda l’Egitto filo-russo.

Per lui non interverrà il presidente del Parlamento Europeo, il Pd David Sassoli, minacciando addirittura la rottura dei rapporti diplomatici,
né Roberto Saviano, che implora la “cittadinanza onoraria” per il militante egiziano ma dimentica chi la cittadinanza ce l’ha.

Per lui Francesco Guccini non scriverà una “Canzone per Chico” come la scrisse per Silvia… la terrorista Baraldini,
condannata negli Usa a 43 anni per associazione sovversiva per la quale il governo ottenne il rimpatrio “a furor di popolo”,
nel 1999 per poi liberarla con un indulto, nel 2006.

Sono in pochi in Italia a ricordarsi di questo nostro connazionale vittima, a dir poco, di una serie di “stranezze” giudiziarie e completamento privo di assistenza e aiuto dal nostro governo.

Storicamente solo il programma “Le iene”, di Italia Uno si è occupato della vicenda di Chico Forti:
velista e produttore televisivo italiano che, negli anni ’90, ha fatto fortuna negli Stati Uniti.
Fino a quando, il 15 febbraio 1998, viene arrestato per l’omicidio di Dale Pike, figlio di Anthony Pike, dal quale Forti stava acquistando un hotel.
Nel 2000 arriva la condanna “oltre ogni ragionevole dubbio”, nonostante lui si sia sempre proclamato innocente
e, soprattutto, nonostante i tanti dubbi che emergono esaminando attentamente la vicenda.

Dubbi e stranezze che sono stati al centro dell’attenzione de “Le iene” che hanno dimostrato come si tratti di un clamoroso caso di “malagiustizia”.
A partire dal processo estremamente frettoloso, durato appena ventiquattro giorni, pieno di lacune sospette e con prove a suo carico traballanti
se non addirittura inammissibili (stando al giudizio di esperti italiani e americani interpellati dall’inchiesta tv).

Per esempio: il movente, che sarebbe riconducibile alla trattativa per l’acquisto del Pikes Hotel,
regge poco perché c’era in atto una truffa, ma ai danni di un ignaro Chico Forti, e non al contrario come sostenuto dall’accusa;
tant’è che prima della condanna per omicidio premeditato, l’italiano è stato assolto da otto capi d’accusa riguardanti la frode.

Tra qualche mese Chico Forti taglierà al triste traguardo dei vent’anni passati dietro le sbarre del Dade Correctional Institution di Florida City, un carcere di massima sicurezza.

E ancora l’Italia, non ha fatto niente, nessun passo ufficiale, nessuna iniziativa diplomatica per ottenere una revisione del processo.

Perfino i familiari della vittima, dopo anni, sono usciti allo scoperto dichiarando apertamente le loro perplessità circa la colpevolezza di Forti;
lo ha fatto il padre Tony Pike, ora deceduto, al Tg5 una decina di anni fa e ora lo fa anche il fratello della vittima, interpellato da “Le Iene”.

In tutti questi anni, periodicamente, la sua vicenda viene riportata alla ribalta.
Ci hanno provato anche Fiorello, Jovanotti, Red Ronnie e Marco Mazzoli.
Nel 2012 è stato presentato un report al governo Monti ma senza ottenere (ovviamente) azioni significative
che andassero oltre una pubblica manifestazione di vicinanza. Stesso discorso per il governo Letta, sempre senza risultati.

Ora qualcuno ci prova con Conte ma il timore è che, nonostante l’impegno di alcune tv, a prevalere sarà “l’interessamento”
e l’impegno per lo studente egiziano, per il quale si mobilitano piazze e prime pagine di Repubblica.

Del resto, come sottolinea lo stesso Forti in una lettera inviata al ministro degli Esteri, Di Maio,
«sono stati rilasciati vari cittadini americani reclusi in Italia con sentenze equiparate alla mia.
Richieste esaudite in tempi ristretti. Perché io non posso ricevere lo stesso trattamento?
Ho passato vent’anni in catene per un delitto che non ho commesso».

«Ciò che voglio – continua Forti – è tornare in Italia, vivere il resto della mia vita da libero cittadino. Ciò che chiedo è giustizia.
Una giustizia che mi è stata negata spudoratamente dal Paese che si proclama leader dei diritti umani.
Sono agli sgoccioli di una riserva che ritenevo inesauribile. Sono stanco».

Purtroppo per lui, però, Chico Forti non è Patrik Zaky e neppure Silvia Baraldini e il ministro degli Esteri non muoverà neanche un dito.
 
CI SIAMO.
Rivolgiamo un "grazie immenso" a quei coglioni che stanno al governo.
Ministero della Sanità in testa.

Un italiano contagiato dal Coronavirus in Lombardia.

L'uomo ha 38 anni e, dopo essere risultato positivo al test del virus, è stato ricoverato all'ospedale di Codogno, nel milanese.

"Sono in corso le controanalisi a cura dell'Istituto Superiore di Sanità", ha detto l'assessore al Welfare della Regione Giulio Gallera
aggiungendo che l'italiano "è ricoverato in terapia intensiva all'ospedale di Codogno i cui accessi al Pronto Soccorso
e le cui attività programmate, a livello cautelativo, sono attualmente interrotti".

Il 38enne si è presentato giovedì al pronto soccorso dell'ospedale di Codogno, nel Lodigiano.

Al momento le autorità sanitarie stanno ricostruendo tutti i suoi spostamenti.

Secondo la prima ricostruzione l'uomo sarebbe stato a cena con alcuni colleghi rientrati dalla Cina verso la fine di gennaio.
 
Ultima modifica:
«Le persone che sono state a contatto con il paziente sono in fase di individuazione e sottoposte a controlli specifici e alle misure necessarie»,
ha aggiunto il titolare della Sanità lombarda, in una nota diffusa della Regione.

Da quanto si è appreso, l’uomo aveva manifestato una forte insufficienza respiratoria, che ha fatto scattare i controlli specifici.

Si stanno cercando di ricostruire i suoi movimenti negli ultimi giorni per capire come sia venuto a contatto col virus e se abbia potuto eventualmente trasmetterlo.

L'obiettivo è capire sia come il 38enne abbia contratto il nuovo coronavirus sia se, in queste ultime tre settimane, lo ha trasmesso ad altre persone.
 
Ultima modifica:
Per i controlli vengono utilizzati gli scanner termici e dei termometri digitali a pistola.
Entrambi gli strumenti, comunque, non sono in grado di determinare chi ha è stato contagiato dall'agente patogeno
ma soltanto se il passeggero ha la febbre. “

 
E se tanto mi da tanto, il periodo di incubazione non è di 2 settimane, ma di 3 settimane, come dichiarato dai Cinesi nelle scorse settimane.
Ma i nostri "grandi esperti" hanno ancora una volta toppato e quelli dello Spallanzani sono in circolazione dopo 2 settimane di quarantena.

Mi chiedo, ma quelli rientrati a fine gennaio dalla Cina, nessuno li ha controllati ?
 
Aggiornamento. E da ora in avanti sarà pura follia.

Primo caso di contagio da coronavirus in Lombardia.
Un 38enne è ricoverato in terapia intensiva, in prognosi riservata, all’ospedale di Codogno, nel Lodigiano.
Le sue condizioni sono ritenute molto gravi.

I
l paziente si è presentato giovedì al Pronto soccorso della struttura sanitaria con sintomi di insufficienza respiratoria, che hanno fatto scattare i controlli specifici

. Il Pronto Soccorso di Codogno è attualmente chiuso e sono stati già contattati tutti i pazienti che erano presenti nelle stesse ore del 38enne.

Un’équipe dell’ospedale Sacco di Milano è a Codogno per assistere il paziente.
Gli ingressi sono chiusi al pubblico e chi arriva per visite o esami viene invitato a prendere un nuovo appuntamento.

Per fare il punto sul caso di coronavirus registrato nel lodigiano, la Regione ha convocato una conferenza stampa per le 12.30.


L’uomo contagiato ai primi di febbraio sarebbe stato a cena con un amico di ritorno dalla Cina.

Come ha riferito l’assessore Gallera, tra la cena e la comparsa dei sintomi sarebbero passati «16-18 giorni».

L’uomo è stato rintracciato: in questo momento si trova all’ospedale Sacco di Milano
, punto di riferimento nazionale per le bioemergenze insieme all’istituto Spallanzani di Roma,
dove si stanno compiendo gli esami del caso. È un manager che lavora in una società di Fiorenzuola d’Arda,
e che normalmente trascorre la maggior parte dell’anno in Cina, con limitati periodi in Italia.
È tornato dalla Cina tra il 20 e il 21 gennaio, ma è sempre stato bene (e tuttora è in salute), tranne il 10 febbraio, quando ha avuto dei leggeri sintomi influenzali.
Questo è il motivo per cui ancora adesso non si è certi che sia stato lui il «paziente zero», soprattutto perché è passato troppo tempo.



Il 38enne ricoverato, originario di Castiglione d’Adda, lavora all’Unilever di Casalpusterlengo e abita a Codogno.

Nella notte tra giovedì e venerdì si sono attivate tutte le misure di sicurezza: è stata contattata la moglie, che sarebbe incinta
- anche lei sottoposta a controlli all’ospedale Sacco - e da lì via via gli esperti dell’Ats di Milano e dell’assessorato alla Sanità guidato da Giulio Gallera stanno ricostruendo,
tramite quelle che vengono definite «interviste», tutti i contatti che l’uomo ha avuto nell’ultimo periodo.

Sotto indagine al momento ci sono al momento un centinaio di persone, ma i numeri si allargheranno di ora in ora visto che il 38enne ha avuto un’attività sociale molto ampia.

Tra le persone sotto indagine i colleghi più stretti, i medici e gli infermieri dell’ospedale di Codogno che l’hanno soccorso.

L’assessorato alla Sanità, dopo il vertice notturno, lavora incessantemente per svolgere tutti i controlli necessari e tutelare la salute pubblica.

«Le persone che sono state a contatto con il paziente - ha spiegato l’assessore Gallera - sono in fase di individuazione e sottoposte a controlli specifici e alle misure necessarie».
Come ha spiegato l’assessore ad «Agorà», queste misure possono essere anche di isolamento nella propria abitazione, ovvero di restare a casa usando una stanza e un bagno singoli.
«Stiamo verificando tutti i lavoratori che operano nella stessa azienda di questo paziente, stiamo procedendo ai tamponi.
Cerchiamo di individuare tutti i contatti, più o meno stretti, per metterli in isolamento e verificare le loro condizioni di salute», ha spiegato Gallera ai microfoni di RTL 102.5.
«Chi ha avuto un contatto diretto con il 38enne - ha aggiunto - deve subito chiamare l’ATS per fare il tampone.
Solo chi ha avuto un contatto stretto con l’uomo negli ultimi quindici giorni senta l’ospedale di Codogno o di Lodi per gli accertamenti.
Chi abita nel territorio di Codogno stia tranquillo: stiamo agendo in maniera capillare e tempestiva.
Sono quasi cento le persone che stiamo screenando da ieri sera alle dieci».


Con un post su Facebook, sul primo caso lombardo di coronavirus è intervenuto l’immunologo Roberto Burioni .

«Le ultime notizie — ha scritto il medico — mi portano a ripetere per l’ennesima volta l’unica cosa importante:
chi torna dalla Cina deve stare in quarantena. Senza eccezioni».

E ha concluso, sottolineando: «Spero che i politici lo capiscano perché le conseguenze di un errore sarebbero irreparabili».
 
In Cina hanno blindato 60 milioni di abitanti.
Solo questo dato poteva far capire la gravità della situazione
ed il fatto che - con molta probabilità - come erroneamente ( o di proposito) era stato pubblicato
2 settimane fa sul sito ufficiale del contagio, il dato di 50.000 morti.

Ora corrono....dopo. Sempre dopo. Quando potrebbe essere tardi........

«Si invitano tutti i cittadini di Castiglione d’Adda e di Codogno, a scopo precauzionale, a rimanere in ambito domiciliare e ad evitare contatti sociali.
Per coloro che riscontrino sintomi influenzali o problemi respiratori l’indicazione perentoria è di non recarsi in pronto soccorso
ma di contattare direttamente il numero 112 che valuterà ogni singola situazione e attiverà percorsi specifici per il trasporto
nelle strutture sanitarie preposte oppure ad eseguire eventualmente i test necessari a domicilio. È attiva da ieri sera una task force regionale
che sta operando in stretto contatto con il Ministero della Salute e con la Protezione Civile.
La maggior parte dei contatti delle persone risultate positive al Coronavirus è stata individuata e sottoposta agli accertamenti e alle misure necessarie».
 

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