ITALIA nella Repressione fiscale

La morte delle PMI
http://www.beppegrillo.it/2012/11/la_morte_delle_pmi.html

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Lo stato sta strangolando le p ...
Banchieri & compari
La barzelletta del giorno
Salvare litalia dal fallimento ...



Le imprese italiane muoiono come mosche mentre a Roma si discute su come salvare il culo dei partiti e dei loro beneficiati, si discetta delle alchimie della nuova legge elettorale.

Una legge pret a porter, su misura, per un Monti bis. Un signore che non si candida, ma che è già nuovo presidente del Consiglio per diritto divino alla faccia della democrazia.

Investire in Italia non ha più senso, fare impresa è una lotta contro i mulini a vento. I piccoli e medi imprenditori, il tessuto sociale che tiene in piedi la baracca del Paese, sono i nuovi Don Chischiotte che combattono una lotta che sembra persa in partenza.

Se falliranno, con loro fallirà il Paese.

Quando cesserà il gettito fiscale, diretto e indiretto, garantito dai piccoli e medi imprenditori, la macchina Italia si fermerà e il problema non sarà più politico e nemmeno economico, ma sociale.

Quanti soldati blu saranno necessari per mantenere l'ordine pubblico? A cosa serviranno allora le discussioni bizantine sulle elezioni, i premi di maggioranza, i premiolini, le primarie fatte da nullità e vendute come fustini di detersivo dalla propaganda dei media?

Qui l'Italia va a fuoco e i nuovi Nerone suonano la cetra.
La società Price Waterhouse Coopers ha pubblicato una classifica delle PMI nei diversi Stati in base a tre indici:

il numero di adempimenti fiscali,
il tempo necessario per il loro calcolo e gestione

e la pressione fiscale.

L'Italia è 131esima al mondo.



E' più conveniente aprire un'azienda nelle Barbados (121), in Bielorussia (129), in Bosnia (128), a Capo Verde (102), in Colombia (99), persino in Etiopia (103) , Guatemala (124), Guyana (118), Iraq (65) , Moldova (109), Namibia (112), Nepal (114), Sierra Leone (117) e Uganda (93).

La PMI italiana ha un carico fiscale del 68,3%, è sottoposta a 15 adempimenti fiscali che per essere smaltiti hanno bisogno di 269 ore di lavoro, circa 33 giorni lavorativi.

Siamo nelle mani di pazzi in libertà che affermano di aver risanato il Paese attraverso successi come la crescita del debito pubblico, della disoccupazione, dell'inflazione insieme al crollo della produzione. L'Europa viene sempre citata dal governo "cicero pro domo sua", per difendere gli interessi e i privilegi di casta.
In ambito fiscale però l'Europa non fa mai testo, come per l'introduzione della legge anticorruzione e del falso in bilancio, o abbassando il carico fiscale delle PMI.


In. Europa. Si. Può. Fare.



La Danimarca è 13sima con il 27,7% di tassazione, la Finlandia 23sima con il 40, 6%, la Germania 72sima con il 46,8%, l'Olanda 29sima con il 40,1%, la Gran Bretagna 16sima con il 35,5%.

Tutti Paesi con servizi molto più efficienti e meno costosi dell'Italia, Stati dove la burocrazia è al servizio del cittadino e non autoreferenziale e matrigna.

Qui, o si salvano le PMI o si muore.
Ci vediamo in Parlamento. Sarà un piacere.
 
La morte delle PMI
Blog di Beppe Grillo - La morte delle PMI

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Le imprese italiane muoiono come mosche mentre a Roma si discute su come salvare il culo dei partiti e dei loro beneficiati, si discetta delle alchimie della nuova legge elettorale.

Una legge pret a porter, su misura, per un Monti bis. Un signore che non si candida, ma che è già nuovo presidente del Consiglio per diritto divino alla faccia della democrazia.

Investire in Italia non ha più senso, fare impresa è una lotta contro i mulini a vento. I piccoli e medi imprenditori, il tessuto sociale che tiene in piedi la baracca del Paese, sono i nuovi Don Chischiotte che combattono una lotta che sembra persa in partenza.

Se falliranno, con loro fallirà il Paese.

Quando cesserà il gettito fiscale, diretto e indiretto, garantito dai piccoli e medi imprenditori, la macchina Italia si fermerà e il problema non sarà più politico e nemmeno economico, ma sociale.

Quanti soldati blu saranno necessari per mantenere l'ordine pubblico? A cosa serviranno allora le discussioni bizantine sulle elezioni, i premi di maggioranza, i premiolini, le primarie fatte da nullità e vendute come fustini di detersivo dalla propaganda dei media?

Qui l'Italia va a fuoco e i nuovi Nerone suonano la cetra.
La società Price Waterhouse Coopers ha pubblicato una classifica delle PMI nei diversi Stati in base a tre indici:

il numero di adempimenti fiscali,
il tempo necessario per il loro calcolo e gestione

e la pressione fiscale.

L'Italia è 131esima al mondo.



E' più conveniente aprire un'azienda nelle Barbados (121), in Bielorussia (129), in Bosnia (128), a Capo Verde (102), in Colombia (99), persino in Etiopia (103) , Guatemala (124), Guyana (118), Iraq (65) , Moldova (109), Namibia (112), Nepal (114), Sierra Leone (117) e Uganda (93).

La PMI italiana ha un carico fiscale del 68,3%, è sottoposta a 15 adempimenti fiscali che per essere smaltiti hanno bisogno di 269 ore di lavoro, circa 33 giorni lavorativi.

Siamo nelle mani di pazzi in libertà che affermano di aver risanato il Paese attraverso successi come la crescita del debito pubblico, della disoccupazione, dell'inflazione insieme al crollo della produzione. L'Europa viene sempre citata dal governo "cicero pro domo sua", per difendere gli interessi e i privilegi di casta.
In ambito fiscale però l'Europa non fa mai testo, come per l'introduzione della legge anticorruzione e del falso in bilancio, o abbassando il carico fiscale delle PMI.


In. Europa. Si. Può. Fare.



La Danimarca è 13sima con il 27,7% di tassazione, la Finlandia 23sima con il 40, 6%, la Germania 72sima con il 46,8%, l'Olanda 29sima con il 40,1%, la Gran Bretagna 16sima con il 35,5%.

Tutti Paesi con servizi molto più efficienti e meno costosi dell'Italia, Stati dove la burocrazia è al servizio del cittadino e non autoreferenziale e matrigna.

Qui, o si salvano le PMI o si muore.
Ci vediamo in Parlamento. Sarà un piacere.


:up:

mi permetto di quantificare numericamente l'affermazione qui sopra


Dato che l’economia più sana d’Europa è quella tedesca è naturale confrontarsi con
essa: l’Italia spende 2,2 punti in più in servizi generali, lo 0,3% in difesa, altrettanto
in ordine pubblico, lo 0,1% in più per l’ambiente, lo 0,4% in sanità, lo 0,2% per l’istru-
zione. Si tratta del 3,5% del PIL. D’altra parte, lo Stato Italiano spende 0,2 punti per-
centuali in meno in protezione sociale, e l’1% in meno in affari economici, e la spesa è
complessivamente del 2,5% di PIL superiore, circa 40 miliardi di euro.



direi evidentissimo cosa succede
ma attenzione: da anni, e non da Monti, che ha la colpa di non aver spazzato quasto sistema
.... ma , lo avrebbero permesso ?

dall'inizio
18 novembre 2011 : Stacchiamo la spina quando vogliamo

a oggi
15 novembre 2012 : ELECTION DAY O STACCHIAMO LA SPINA AL GOVERNO


avrebbe dovuto dimettersi Monti ? sarebbe stato meglio ??
boh
 
Il conto salato della burocrazia


La ricerca di Promo Pa: gli oneri occulti per le microimprese assorbono il 7,4% del fatturato


La spesa media è di 12mila euro l’anno con un impegno di 30 giorni uomo


Il totale raggiungerà i 10,7 miliardi. A tanto ammonta il costo della burocrazia per le piccole e le micro imprese (Pmci). Ognuna, in pratica, potrebbe inserire tra le passività una cifra pari al 7,4% del fatturato
Nel dettaglio per macrosettore spicca un dato: è quello dell’industria, che sfiora il raddoppio, arrivando a 37 giorni contro i 19 di sette anni orsono. Questi gli elementi chiave che emergono dal rapporto 2012 «Imprese e burocrazia - Come le piccole e micro imprese giudicano la pubblica amministrazione» realizzato da Promo Pa Fondazione. Domani la presentazione durante la nona edizione dell’Assise degli amministratori camerali della Lombardia.





dal sole di oggi
 
Ultima modifica:
sul tagliare la spesa o l'aumentare tasse ...

“Ripresa a fine 2013? Solo un’illusione Crescita vera nel 2015”

Squinzi: giusto tagliare la spesa prima delle tasse
 
Fisco: 3 mld di gettito da bollo su transazioni (MF)


MILANO (MF-DJ)--Meno male che il premier Mario Monti di recente aveva detto che il governo inizialmente aveva pensato a una patrimoniale ma poi ha preferito la strada della reintroduzione dell'Imu.
I dati resi noti ieri dal ministero dell'Economia, scrive MF, dimostrano invece che proprio di patrimoniale si e' trattato: nel computo globale delle entrate tributarie dei primi 10 mesi del 2012 l'inaspettato ruolo di star l'ha avuto persino il bollo sulle transazioni finanziarie, che ha fatto portare nelle casse dello Stato, senza colpo ferire e senza possibilita' di scampo, la bellezza di 3 mld di euro.

Se si aggiungono gli oltre 3,5 mld di euro attesi quest'anno dall'Imu sulla prima casa, reintrodotta dall'esecutivo dei tecnici, e i super-aumenti sulle seconde e terze unita' immobiliari, il gioco e' fatto: il salva-Italia si e' tramutato in un tassa-Italia.
Sono le stesse cifre a dirlo con chiarezza.
Nell'ambito di una congiuntura economica gia' molto difficile, tra gennaio e ottobre di quest'anno le entrate sono comunque aumentate del 4% (322,814 mld, 12,343 mln in piu' rispetto a un anno prima). A tenere in piedi la baracca sono state proprio le voci delle nuove gabelle fiscali inserite nel primo decreto legge dell'esecutivo Monti. Per il Tesoro sono "in crescita significativa" l'imposta di bollo, che ha registrato un incremento del 126,6% (+3,082 mld).
Le imposte dirette sono aumentate del 5% (+8,234 mld). Il gettito Ire ha evidenziato un lieve incremento dello 0,3% (+442 mln). Positivo il gettito dell'autoliquidazione (+1%, ossia +137 mln) e in crescita il gettito Ires, che si e' attestato a 20,578 mld (+1,1%, pari a +231 mln).
Il tutto, occorre ricordare, con un Paese in recessione e il Pil in calo quasi del 2,6%. Si e' poi registrato un significativo incremento dell'imposta sostitutiva su ritenute, interessi e altri redditi di capitale (+2,866 mld, pari a un +53,9%).
Male il gettito Iva: pur in presenza di un aumento di un punto percentuale dell'aliquota (dal 20 al 21%), gli incassi sono diminuiti di 1,7 mld. Segno che gli italiani, quando hanno potuto sottrarsi al giogo fiscale, si sono fatti i conti in tasca riducendo i consumi. red/sda
(END) Dow Jones Newswires
December 06, 2012 02:23 ET (07:23 GMT)
Copyright (c) 2012 MF-Dow Jones News Srl.
 
Imprenditori in mutande

[ame=http://www.youtube.com/watch?v=ZSzemHUJtBQ]Il Vice-Presidente a 5 Stelle senza privilegi! - YouTube[/ame]


"Il 58% delle imprese italiane ha chiesto un prestito per pagare le tasse, ovvero contrae un nuovo debito, per poter far fronte agli adempimenti fiscali oppure, come rivela una indagine di Ispo-Confartigianato, è costretto a chiedere una rateizzazione del debito ed una dilazione dei pagamenti. Le aziende coinvolte sono circa 615 mila, mentre 40 mila sono gli imprenditori che, per mancanza di liquidità, non saranno in grado di pagare le tasse. Per alcune imprese, invece, si parla del 26 % circa, l’aumentata pressione fiscale ha causato ritardi di pagamento per alcune imposte. Il quadro. davvero allarmante, viene spiegato con la aumentata pressione fiscale sulle aziende, già toccate dalla crisi economica e quindi non in grado di sostenere la ulteriore pressione fiscale che, in questo ultimo anno, è aumentata del 22,6 % per oltre un milione di aziende, ovvero il 74 % del totale delle aziende italiane. La pressione fiscale aumentata ha privato di liquidità le aziende che già erano sofferenti. Una fiscalità che non solo è più pesante, dice l’indagine, ma è anche ulteriormente appesantita dalle complessità burocratiche e che ha causato, per almeno il 33 % degli imprenditori italiani di piccole e medie imprese, un ritardo anche nel pagamento dei fornitori, ritardo che ovviamente ha causato una spirale discendente." Segnalazione di Beppe A.



Postato il 17 Dicembre 2012 alle 23:19 in Il commento | Scrivi | Ascolta | Stampa
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Passaparola - Imprenditori Suicidi - Samanta Di Persio

[ame=http://www.youtube.com/watch?v=3nG3JBdUHIA]Passaparola - Imprenditori Suicidi - Samanta Di Persio - YouTube[/ame]
 
PMI: in un anno +22,6% di tasse

redazione | Dec 24, 2012 | Comments 0 |
imprenditore.jpg

Ecco le conseguenze devastanti su economia e lavoro.

Un pressione fiscale insostenibile ed in continua ed inesorabile crescita, non solo per le famiglie ma anche per le imprese. Una situazione estremamente dannosa per l’economia del nostro Paese, i cui livelli di produttività non accennano a riprendersi dalla crisi. Produttività schiacciata soprattutto a causa dell’affanno in cui versano le piccole e media aziende, le quali rappresentano il tessuto imprenditorale essenziale per lo sviluppo economico italiano.
In particolare, secondo un sondaggio condotto dall’Osservatorio ISPO e da Confartigianato, su un campione di 1.067.214 PMI, il 74% dichiara di aver rilevato un aumento delle tasse negli ultimi 12 mesi, con un incremento medio della pressione fiscale del 22.6%.
A ciò si somma, per il 57% delle aziende intervistate, una crescita degli adempimenti burocratici richiesti sempre in ambito tributario, con una maggiore penalizzazione per le imprese del Nord Ovest e per quelle operanti nel settore dell’edilizia. Andando più nello specifico, una pressione fiscale più gravosa è stata avvertita soprattutto dalle imprese con dipendenti (79%), da quelle che svolgono la propria attività nel campo dei servizi alla persona (80%), e dalle aziende localizzate nel Nord Ovest (83%) e nel Mezzogiorno (80%).
Il quadro che emerge non è dunque dei migliori.

Se si considerano poi le conseguenze negative che detta maggiore fiscalità ha generato sulle scelte imprenditoriali delle aziende, ci si rende conto del circolo vizioso che si è instaurato.

Sempre in base al sondaggio ISPO/Confartigianato, infatti,
il 33% degli intervistati ha dichiarato di essere stato costretto a ritardare il pagamento dei propri fornitori,

mentre il 29% ha rinunciato a fare investimenti in azienda,

e il 26% ha dovuto posticipare il versamento di alcune imposte.


Anche dal punto di vista occupazionale, le ripercussioni causate dall’aumento delle tasse si fanno sentire;

se infatti il 16% delle imprese ha rinunciato ad assumere nuovo personale,
per il 14% l’unica alternativa è stata quella di licenziare dipendenti o di fare ricorso agli ammortizzatori sociali.

Inoltre, 615mila aziende del campione coinvolto (cioè il 58%), per poter far fronte ai propri doveri tributari hanno dovuto rivolgersi alle banche per ottenere prestiti finanziari o al fisco per ottenere dilazioni di pagamento.



Per altre 40.000 PMI poi, la situazione è piuttosto grave a causa dell’impossibilità delle stesse di versare le imposte per via della mancanza di liquidità.
Come evidenzia il Presidente di Confartigianato Giorgio Merletti, “il sondaggio conferma quanto denunciamo da tempo a proposito dell’impennata della pressione fiscale sul sistema produttivo”. “Secondo le nostre rilevazioni – prosegue Merletti – nel 2012 le entrate fiscali sono cresciute di 24,8 miliardi, al ritmo di 47.238 euro al minuto, e hanno raggiunto il livello del 44,7% del Pil, con un aumento di 2,2 punti in un solo anno.

Tra il 2005 e il 2013 l’incremento delle entrate fiscali ‘assorbe’ il 97,3% dell’incremento del Pil”. La soluzione sembra dunque essere una sola: “Se vogliamo ritrovare la strada per uscire dalla crisi – conclude il Presidente – è indispensabile intervenire per ridurre la pressione fiscale sulle imprese”.
Sfoglia gli ANNUNCI DI LAVORO
Redazione Global Publishers
Fonte: Confartigianato.it
 

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