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Due anni a zero per il Pil e deficit al 5% fino al 2008
Sono le stime contenute nel consueto Rapporto Congiunturale Ires-Cgil, secondo cui quest'anno il Pi, italiano crescerà dello 0,5% dopo lo zero dello scorso anno. In tre anni persi 177 mila positi di lavoro. Moody's: nel 2006 la crescita non andrà oltre l'1%.
MILANO. Economia italiana in stagnazione, produzione industriale in costante flessione, una previsione per il 2005 di un Pil a crescita zero e di un modesto +0,5% nel 2006. In una parola: declino. E' l'allarme sulla situazione del Paese che lancia l'Ires Cgil, nel 'Rapporto Congiunturale 2006', secondo cui l’inflazione quest’anno si attesterà intorno al 2,4-2,5%. Anche sul fronte dei conti pubblici il panorama appare quanto mai deprimente con una stima sul rapporto deficit-Pil attorno al 5% quest'anno e anche nel 2007 e nel 2008. E di un debito-Pil 2006 attorno al 110%.
"L'economia italiana - si legge nel Rapporto - continua la sua lunga fase si stagnazione. Si tratta del più lungo periodo di stagnazione". Incrociando i dati relativi alla finanza pubblica ed al suo impulso sull'economia reale e quelli che si riferiscono alla produzione industriale - secondo l'Ires-Cgil - per il 2005 "la crescita zero appare più verosimile dello 0,3% che ancora alcuni istituti continuano a formulare", anche perchè "alla luce dei primi 3 trimestri consolidati per avere un +0,3% a fine 2005 occorrerebbe registrare nel quarto trimestre una crescita del +1,2% sul 2004, cosa questa che appare abbastanza irrealistica". Per ciò che riguarda la previsione di una crescita 2006 allo 0,5%, l'istituto spiega che la stima è formulata ipotizzando: "dal lato dell'offerta una prima inversione del ciclo negativo dell'industria; dal lato della domanda una migliore crescita dei consumi, l'inversione del ciclo negativo degli investimenti ed una ripresa delle esportazioni".
Per quanto riguarda i settori produttivi, ve ne sono alcuni, dice l'Ires che
"hanno subito veri e propri tracolli". E' il caso di pelli e calzature, la cui produzione industriale è calata del 33,6% dal 2000 al 2005, o degli apparecchi elettrici e di precisione (-29,3%), dei mezzi di trasporto ( -21,9%) e del tessile (-18,7%). Le uniche note positive arrivano per i livelli produttivi dell'estrazione di minerali (16,9%), di energia, gas e acqua (+11,2%), di petrolio (+9,4%) e dell'industria alimentare (+6,6%).
Non meno pesante l’analisi fatta in merito
all’occupazione. La stima di una perdita da 177.000 posti di lavoro, nel periodo compreso fra il terzo trimestre 2002 e lo stesso trimestre 2005 - è stato spiegato nel corso della presentazione del Rapporto - viene dalla differenza fra i dati Istat sul numero degli occupati (+465.000) e quella dei lavoratori immigrati che, nel periodo, sono stati regolarizzati e che prima non venivano considerati in quanto 'sommersi' e non residenti.
"Altro che 1 milione e mezzo di occupati in più - afferma l'Ires, riferendosi alle cifre fornite dal Governo sull'aumento dell'occupazione negli ultimi 5 anni - Questo dato rappresenta la realtà meglio di quanto non sia stato fatto finora e ci fornisce un quadro più negativo di quello che ci è stato mostrato, ci aiuta meglio a capire alcuni fenomeni interni alla realtà dell'occupazione nel nostro Paese". Ad essere colpiti dal calo dei posti di lavoro - sempre secondo il Rapporto - sono state soprattutto le donne e le aree del Mezzogiorno. "Il fenomeno - si legge infatti - riguarda soprattutto l'occupazione femminile e colpisce le donne del Sud in particolare".
Una forte critica è stata sferrata anche nei confronti della politica economica del governo Berlusconi, che è costata alle famiglie 11,655 miliardi e alle imprese 40,892 miliardi. I calcoli, elaborati dal responsabile economico della Cgil Beniamino Lapadula, considerano gli interventi attuati nel corso della legislatura, l'effetto dei condoni fiscali, per le famiglie la mancata restituzione del fiscal drag (9,1miliardi) e per le imprese anche l'impatto dei provvedimenti su banche e assicurazioni (12,7miliardi). "Il prezzo pagato è altissimo", dice Lapadula, anche guardando alle "conseguenze depressive"conseguenze depressive sul Pil, e la finanza pubblica non è stata tenuta "neanche sotto controllo: il saldo primario si è azzerato e il debito ha ripreso a crescere". 'Il saldo Negativo per le famiglie non e' stato ripartito in modo equo", spiega lapadula, fornendo i dati irpef relativi al quinquennio: le tasse pagate dai lavoratori dipendenti e dai pensionati sono cresciute del 14%, quelle pagate dagli alti redditi sono scese del 25,4% e gli accertamenti da evasione sono diminuiti, in valore, del 56%. L'aumento della pressione fiscale sul lavoro dipendente si deve non solo alla mancata restituzione del fiscal drag, ma anche al sistema della no-tax area: per un reddito che passi da 20mila a 21mila euro l'imponibile aumento di oltre mille euro, cosicchè l'aliquota realmente applicata non è del 23% ma del 29,64%. Lapadula parla di "violazione del patto fiscale costituzionale" e riferisce che "molti lavoratori si apprestano a presentare su questo ricorso alla corte costituzionale". E anche la nuova tassazione del Tfr finisce per penalizzare i lavoratori. "Meno male che non hanno applicato tutto il patto per l'Italia - ha osservato Marigia Maulucci, segretaria confederale cgil - perchè se attuandone solo una parte hanno ottenuto questo sfracello...".
(06 febbraio 2006)
http://letterafinanziaria.repubblica.it/index.jsp?s=primo_piano&l=dettaglio&id=45556