Italia penultima

Scusa, una precisazione

Fernando'S ha scritto:
la verità ha scritto:
fammi capire.........
ma tutti sti mali........
sono dovuti a questi 5 anni di governo di centro-destra......????
o ai precedenti trent'anni di governi di centro-sinistra........????
grazie.

dopo la caduta del fascismo per 50 anni, in Italia, ha governato interrottamente la Democrazia Cristiana
...e quando si è cominciato vageggiare una qualche possibilità per il Pci di entrare a far parte del governo hanno ammazzato Aldo Moro .

E' storia patria, e per chi non c'era o non si documenta o almeno legge , è stata raccontata anche in televisione . :rolleyes:

Guarda che per Sivietto bello quelli come Zaccagnini, Moro, Marcora, Andreotti, Gava, Scotti ecc.ecc. erano tutti di Centro Sinistra.

Peccato che quando dice questo non guardi ai DEMICHELIS, CICCHITTO che erano al governo allora e sono al governo oggi. (per non parlare dei Follini, Casini, CirinoPom, ecc. ecc.)

Saluti
 
Re: Scusa, una precisazione

Piccolassemblea ha scritto:
Fernando'S ha scritto:
la verità ha scritto:
fammi capire.........
ma tutti sti mali........
sono dovuti a questi 5 anni di governo di centro-destra......????
o ai precedenti trent'anni di governi di centro-sinistra........????
grazie.

dopo la caduta del fascismo per 50 anni, in Italia, ha governato interrottamente la Democrazia Cristiana
...e quando si è cominciato vageggiare una qualche possibilità per il Pci di entrare a far parte del governo hanno ammazzato Aldo Moro .

E' storia patria, e per chi non c'era o non si documenta o almeno legge , è stata raccontata anche in televisione . :rolleyes:

Guarda che per Sivietto bello quelli come Zaccagnini, Moro, Marcora, Andreotti, Gava, Scotti ecc.ecc. erano tutti di Centro Sinistra.

Peccato che quando dice questo non guardi ai DEMICHELIS, CICCHITTO che erano al governo allora e sono al governo oggi. (per non parlare dei Follini, Casini, CirinoPom, ecc. ecc.)

Saluti
infatti
berluska ritiene comunisti tutti quelli che usano intelligentemente la testa e non subiscono il suo volgare fascino
già..
il denaro e il potere rende schiavi
 
Italia sotto zero

Il Pil del quarto trimestre del 2005 ha moltissime probabilità di essere zero o addirittura inferiore. Se consideriamo gli ultimi cinque trimestri, tre li abbiamo passati “sotto zero”, cioè con una crescita negativa.
di Giuseppe Turani



Da La Repubblica, rubrica L'Ottovolante,
di martedì 24 gennaio 2006
MILANO - L’Italia di nuovo a crescita zero? E’ molto probabile. Il Pil italiano, come si sa, aveva conosciuto una crescita negativa (insomma, era andato indietro) nei due trimestri a cavallo del 2004-2005. Poi c’era stata una lievissima ripresa nei due trimestri successivi, il secondo e il terzo del 2005. I dati dell’ultimo trimestre del 2005 devono ancora uscire, ma Vincenzo Guzzo di Morgan Stanley non ha molti dubbi. Se si tiene conto degli ultimi numeri relativi alla produzione industriale (novembre) e anche ammettendo un possibile rimbalzo positivo in dicembre (cosa peraltro non certa) si arriva alla conclusione che il Pil del quarto trimestre del 2005 ha moltissime probabilità di essere zero o addirittura inferiore. Insomma, se consideriamo gli ultimi cinque trimestri, tre li abbiamo passati “sotto zero”, cioè con una crescita negativa. E anche il 2006,

continua Guzzo, non sarà un buon anno per la produzione industriale italiana, che continuerà a segnare il passo. La via d’uscita, conclude, è politica: serve, cioè, un forte intervento per abbassare il costo dei servizi, liberalizzandoli e stimolando la concorrenza.



(24 gennaio 2006)
 
la verità ha scritto:
fammi capire.........

ma tutti sti mali........
sono dovuti a questi 5 anni di governo di centro-destra......????
o ai precedenti trent'anni di governi di centro-sinistra........????

grazie.

Difficile separare le responsabilità, ma è certo che quando la CdL scarica le colpe sul vecchio centrosinistra si dimentica che Buttiglione ha lottato e vinto per ottenere il possesso del simbolo della DC, Casini era un altro importante rappresentante della DC.

Il grande amico, il rivalutando Craxi era il più a sinistra del vecchio e "comunista" centrosinistra!

Difficile da bere la pozione! No ? :ombrello:
 
Industriali freddi

Sul fronte delle fabbriche non si muove proprio niente, ormai da un lunghissimo periodo di tempo: il livello della produzione è fermo ai valori di fine 1998. di G. TURANI



Da La Repubblica, rubrica L'Ottovolante
di mercoledì 1 febbraio 2006
Situazione di totale incertezza sul fronte industriale in Italia, anche se è evidente che si sta andando verso il nero. Il Centro Studi della Confindustria ha fatto la sua consueta inchiesta congiunturale rapida fra gli associati e ha scoperto che a gennaio la produzione industriale italiana dovrebbe far registrare un -0,5 rispetto al mese precedente. Se poi si va a vedere risulta che a gennaio la produzione si è assestata al 4,6 per cento meno rispetto a un anno prima. Con il che sono stati annullati i lievi progressi dei mesi precedenti. In gennaio, tenendo conto dei diversi giorni lavorativi e della diversità stagionale, si è tornati al livello del maggio 2005. Ma non basta: grosso modo il livello della produzione è fermo ai valori di fine 1998, sette anni fa. Insomma, sul fronte delle fabbriche non si muove proprio niente, ormai da un lunghissimo periodo di tempo. Tutto

è bloccato e immobile. In contrasto con questi dati, le imprese continuano, nei vari sondaggi, a fare mostra di un certo ottimismo. Forse, hanno già proiettato il cuore e le speranze al di là della data del 9 aprile, cioè delle prossime elezioni politiche.



(01 febbraio 2006)
 
Riparte l'Europa, ma l'Italia è ferma di Michele De Gaspari
L'economia italiana ha continuato a segnare il passo anche nel 2005, per il quinto anno consecutivo

Il debole andamento dei consumi privati e il contributo di nuovo sfavorevole dell'interscambio con l'estero non consentono, poi, di farsi illusioni nemmeno per il 2006, quando il previsto moderato progresso nella dinamica del Pil potrebbe essere in gran parte un rimbalzo fisiologico alla stagnazione del periodo precedente, com'è del resto avvenuto nel biennio 2003-2004. A partire dal 2001 la nostra economia procede in notevole affanno, manifestando un profilo di sostanziale ristagno dell'attività produttiva, a sua volta effetto di un'evoluzione scarsamente incisiva della domanda interna ed estera, che non riesce a registrare spunti di vera ripresa dopo prolungate fasi di declino.

L'Italia, dunque, cresce poco e, soprattutto, meno degli altri paesi di Eurolandia, che da qualche tempo sono tornati a dare segni di rilancio. I più recenti dati congiunturali mostrano un'economia europea in evidente ripresa, grazie al sostegno delle esportazioni. La stima di un incremento del Pil vicino all'1,5% nel consuntivo 2005 per l'area dell'euro resta lontana dal +3,5% degli Stati Uniti, ma è un po' meglio delle attese, pur non nascondendo aspetti che restano preoccupanti, come la debolezza della domanda interna e dei consumi delle famiglie in particolare. Il nostro paese, per contro, continua a procedere a un ritmo molto stentato, fluttuando intorno alla crescita zero per qualche decimale, se si guarda ai dati trimestrali del Pil espressi su base annua. Si tratta di risultati inferiori a quanto previsto all'inizio dell'autunno, sull'onda del balzo della produzione industriale nei mesi estivi; l'accelerazione è, infatti, successivamente rientrata e solo un recupero nel settore dei servizi può evitare un nuovo arretramento del Pil nel quarto trimestre.

Tra aspettative, contraddizioni e realtà

Il deludente andamento italiano è, poi, accentuato dal confronto con le performance delle economie tedesca e francese, che hanno fatto registrare una crescita - nei dati trimestrali, così come nei tendenziali annui - in linea con quella dell'intera Eurolandia. Il profilo della congiuntura europea nella seconda metà del 2005 risulta senz'altro buono, anche perché arriva dopo alcuni trimestri mediocri e rivela un ritrovato dinamismo. Il Pil dell'area euro è aumentato, in particolare, dello 0,6% nel terzo trimestre, che fa seguito allo 0,4% del secondo; quello tedesco e francese dello 0,6% e dello 0,7% rispettivamente, a fronte di appena lo 0,2% e 0,1% di tre mesi prima, mentre ancora più sostenuta è la performance spagnola (+0,8%), che conferma i brillanti risultati dei precedenti trimestri. L'accelerazione mostrata dall'economia europea non interessa, inoltre, solo i principali paesi, ma anche quelli minori, dall'Olanda al Belgio e all'Austria, con la sola parziale eccezione del Portogallo. Il quadro complessivo dell'eurozona e dell'intera Ue rappresenta, insomma, una positiva sorpresa, avendo migliorato le attese così come lo scenario previsivo.

L'Italia, a sua volta, ha scontato nella parte centrale dell'anno l'effetto rimbalzo del secondo trimestre (Pil +0,7% congiunturale) e le conseguenti migliori aspettative degli operatori, peraltro giustificate da una serie di dati favorevoli sul periodo estivo. Gli indicatori quantitativi, a cominciare dalla produzione industriale - in persistente divario con i segnali di svolta provenienti dalle indagini qualitative, come le inchieste Isae a cadenza mensile - mettono in evidenza un'attività manifatturiera sempre stagnante, anche se non adeguatamente espressa nelle variazioni tendenziali, che incorporano la fase di recessione manifestatasi tra l'ultimo trimestre del 2004 e il primo 2005. L'attuale passo di marcia della nostra economia dovrebbe, pertanto, tradursi in una crescita ancora ridotta nel 2006, pari a poco più dell'1% annuo. In linea con la dinamica a rilento del Pil, i segnali congiunturali rimangono complessivamente incerti nella prospettiva del primo semestre, mostrando un evidente contrasto con l'andamento tendenzialmente espansivo degli indici anticipatori del ciclo economico, elaborati dall'Isae e dalla Banca d'Italia. Ma questo scenario è, in ogni caso, legato alla tenuta della ripresa internazionale.
http://www.ilsole24ore.com/fc?cmd=a...&chId=30&artType=Articolo&DocRulesView=Libero
 
Pmi sevizi al top da due anni

Dopo il calo del Pmi manifatturiero a gennaio, l'indice dei servizi dell'Eurozona balza a 57, grazie soprattutto al miglioramento della Germania. In calo, invece, il dato italiano anche se rimane ampiamente sopra i 50 punti.


MILANO - A gennaio l'indice dei servizi dell'Eurozona, elaborato da Rbs/Ntc, è salito ai massimi da due anni a 57, da 56,8 di dicembre, grazie in particolare al miglioramento registrato in Germania (da 56 a 58,1). Il dato è in linea con le previsioni. In Italia, l'indice è sceso da 56,2 a 56, restando quindi ben al di sopra degli soglia di 50 punti che separa contrazione da espansione e continuando a segnare un tasso di crescita marcato. In Francia l'indice è diminuito da 58,7 a 57,1; In Spagna è calato da 54,9 a 53,4; in Gran Bretagna è passato da 57,9 a 57, contro una previsione di 57,5.
Il dato di oggi segue la lieve battuta d’arresto per il l'indice manifatturiero Pmi dell'Eurozona. Contro le attese degli analisti che si aspettavano un dato in rialzo, nel mese di gennaio l’indice ha subito un lieve arretramento passando da 53,6 a 53,5. Per quanto in controtendenza rispetto alle previsioni, l’andamento

dell’indice non sembra destare più di tante preoccupazioni. Gli analisti di Ubm continuano a ritenere questo inizio d'anno come un periodo di miglioramento per i Dodici con la Germania che guida la ripresa (l'indice sale ai massimi da un anno e mezzo a 55 dai 53,6 punti di gennaio) e Francia (da 52,2 a 50,7) e Italia (da 54,1 a 53,5) che restano indietro.
Secondo gli esperti di Unicredit la battuta d’arresto dell’ultimo trimestre del 2005 lascerà il posto ad un trimestre di crescita economica robusta, trainata anche dall’andamento positivo della crescita mondiale. Sulla scia di queste considerazioni, gli esperti di Ubm continuano a ritenere molto probabile un aumento del costo del denaro europeo di 25 punti base in occasione della prossima riunione di marzo.

L'ottimismo che circola sulla crescita economica europea per quest'anno sarà suggellato dalle nuove stime riviste al rialzo dalla Commissione, che saranno pubblicate a fine febbraio. A confermarlo è la portavoce del commissario agli affari economici Joaquin Almunia. Bruxelles - a quanto apprende Il Sole 24 ore Radiocor - ha deciso, a partire da quest'anno, di raddoppiare le stime di crescita del pil portandole dalle due classiche, una in primavera e una in autunno, a quattro. Si comincerà con le stime di fine febbraio, per proseguire con la seconda stima ai primi di maggio, la terza in settembre e la quarta in novembre. Le stime intermedie di febbraio e settembre riguarderanno, però, l'andamento del Pil nell'eurozona, nell'intera unione europea e in cinque paesi: Germania, Francia, Italia, Spagna e Regno Unito. Questi rappresentano l'82% dell'eurozona (escluso, naturalmente, il Regno Unito) che complessivamente il 75% del Pil dell'Unione europea.

Sempre sul fronte dei dati europei, oggi, l’ufficio statistico europeo, Eurostat, ha pubblicato i dati sul mercato del lavoro. A dicembre il tasso di disoccupazione della zona euro è salito all'8,4% (stabile a 8,5% intera Ue) rispetto all'8,3% registrato a novembre. A dicembre 2004 il livello era dell'8,8% nell'eurozona (9% intera ue). I tassi minori sono stati osservati in Irlanda (4,3%), Danimarca (4,4%), Paesi Bassi (4,7%) e Regno Unito (4,9% ad ottobre). Quelli maggiori sono stati segnati in Polonia (17,2%), Slovacchia (16,1%), Grecia (10,1% settembre 2005), Germania (9,5%) e Francia (9,2%). In Italia è stato del 7,5% a settembre 2005.




(03 febbraio 2006)
http://letterafinanziaria.repubblica.it/index.jsp?s=primo_piano&l=dettaglio&id=45315
 
GRAZIE BERLUSKA GRAZIE

Due anni a zero per il Pil e deficit al 5% fino al 2008

Sono le stime contenute nel consueto Rapporto Congiunturale Ires-Cgil, secondo cui quest'anno il Pi, italiano crescerà dello 0,5% dopo lo zero dello scorso anno. In tre anni persi 177 mila positi di lavoro. Moody's: nel 2006 la crescita non andrà oltre l'1%.


MILANO. Economia italiana in stagnazione, produzione industriale in costante flessione, una previsione per il 2005 di un Pil a crescita zero e di un modesto +0,5% nel 2006. In una parola: declino. E' l'allarme sulla situazione del Paese che lancia l'Ires Cgil, nel 'Rapporto Congiunturale 2006', secondo cui l’inflazione quest’anno si attesterà intorno al 2,4-2,5%. Anche sul fronte dei conti pubblici il panorama appare quanto mai deprimente con una stima sul rapporto deficit-Pil attorno al 5% quest'anno e anche nel 2007 e nel 2008. E di un debito-Pil 2006 attorno al 110%.
"L'economia italiana - si legge nel Rapporto - continua la sua lunga fase si stagnazione. Si tratta del più lungo periodo di stagnazione". Incrociando i dati relativi alla finanza pubblica ed al suo impulso sull'economia reale e quelli che si riferiscono alla produzione industriale - secondo l'Ires-Cgil - per il 2005 "la crescita zero appare più verosimile dello 0,3% che ancora alcuni istituti continuano a formulare", anche perchè "alla luce dei primi 3 trimestri consolidati per avere un +0,3% a fine 2005 occorrerebbe registrare nel quarto trimestre una crescita del +1,2% sul 2004, cosa questa che appare abbastanza irrealistica". Per ciò che riguarda la previsione di una crescita 2006 allo 0,5%, l'istituto spiega che la stima è formulata ipotizzando: "dal lato dell'offerta una prima inversione del ciclo negativo dell'industria; dal lato della domanda una migliore crescita dei consumi, l'inversione del ciclo negativo degli investimenti ed una ripresa delle esportazioni".
Per quanto riguarda i settori produttivi, ve ne sono alcuni, dice l'Ires che "hanno subito veri e propri tracolli". E' il caso di pelli e calzature, la cui produzione industriale è calata del 33,6% dal 2000 al 2005, o degli apparecchi elettrici e di precisione (-29,3%), dei mezzi di trasporto ( -21,9%) e del tessile (-18,7%). Le uniche note positive arrivano per i livelli produttivi dell'estrazione di minerali (16,9%), di energia, gas e acqua (+11,2%), di petrolio (+9,4%) e dell'industria alimentare (+6,6%).

Non meno pesante l’analisi fatta in merito all’occupazione. La stima di una perdita da 177.000 posti di lavoro, nel periodo compreso fra il terzo trimestre 2002 e lo stesso trimestre 2005 - è stato spiegato nel corso della presentazione del Rapporto - viene dalla differenza fra i dati Istat sul numero degli occupati (+465.000) e quella dei lavoratori immigrati che, nel periodo, sono stati regolarizzati e che prima non venivano considerati in quanto 'sommersi' e non residenti. "Altro che 1 milione e mezzo di occupati in più - afferma l'Ires, riferendosi alle cifre fornite dal Governo sull'aumento dell'occupazione negli ultimi 5 anni - Questo dato rappresenta la realtà meglio di quanto non sia stato fatto finora e ci fornisce un quadro più negativo di quello che ci è stato mostrato, ci aiuta meglio a capire alcuni fenomeni interni alla realtà dell'occupazione nel nostro Paese". Ad essere colpiti dal calo dei posti di lavoro - sempre secondo il Rapporto - sono state soprattutto le donne e le aree del Mezzogiorno. "Il fenomeno - si legge infatti - riguarda soprattutto l'occupazione femminile e colpisce le donne del Sud in particolare".

Una forte critica è stata sferrata anche nei confronti della politica economica del governo Berlusconi, che è costata alle famiglie 11,655 miliardi e alle imprese 40,892 miliardi. I calcoli, elaborati dal responsabile economico della Cgil Beniamino Lapadula, considerano gli interventi attuati nel corso della legislatura, l'effetto dei condoni fiscali, per le famiglie la mancata restituzione del fiscal drag (9,1miliardi) e per le imprese anche l'impatto dei provvedimenti su banche e assicurazioni (12,7miliardi). "Il prezzo pagato è altissimo", dice Lapadula, anche guardando alle "conseguenze depressive"conseguenze depressive sul Pil, e la finanza pubblica non è stata tenuta "neanche sotto controllo: il saldo primario si è azzerato e il debito ha ripreso a crescere". 'Il saldo Negativo per le famiglie non e' stato ripartito in modo equo", spiega lapadula, fornendo i dati irpef relativi al quinquennio: le tasse pagate dai lavoratori dipendenti e dai pensionati sono cresciute del 14%, quelle pagate dagli alti redditi sono scese del 25,4% e gli accertamenti da evasione sono diminuiti, in valore, del 56%. L'aumento della pressione fiscale sul lavoro dipendente si deve non solo alla mancata restituzione del fiscal drag, ma anche al sistema della no-tax area: per un reddito che passi da 20mila a 21mila euro l'imponibile aumento di oltre mille euro, cosicchè l'aliquota realmente applicata non è del 23% ma del 29,64%. Lapadula parla di "violazione del patto fiscale costituzionale" e riferisce che "molti lavoratori si apprestano a presentare su questo ricorso alla corte costituzionale". E anche la nuova tassazione del Tfr finisce per penalizzare i lavoratori. "Meno male che non hanno applicato tutto il patto per l'Italia - ha osservato Marigia Maulucci, segretaria confederale cgil - perchè se attuandone solo una parte hanno ottenuto questo sfracello...".




(06 febbraio 2006)

http://letterafinanziaria.repubblica.it/index.jsp?s=primo_piano&l=dettaglio&id=45556
 
2 febbraio 2006
Riparte l'Europa, ma l'Italia è ferma
di Michele De Gaspari

L'economia italiana ha continuato a segnare il passo anche nel 2005, per il quinto anno consecutivo.



Il debole andamento dei consumi privati e il contributo di nuovo sfavorevole dell'interscambio con l'estero non consentono, poi, di farsi illusioni nemmeno per il 2006, quando il previsto moderato progresso nella dinamica del Pil potrebbe essere in gran parte un rimbalzo fisiologico alla stagnazione del periodo precedente, com'è del resto avvenuto nel biennio 2003-2004. A partire dal 2001 la nostra economia procede in notevole affanno, manifestando un profilo di sostanziale ristagno dell'attività produttiva, a sua volta effetto di un'evoluzione scarsamente incisiva della domanda interna ed estera, che non riesce a registrare spunti di vera ripresa dopo prolungate fasi di declino.

L'Italia, dunque, cresce poco e, soprattutto, meno degli altri paesi di Eurolandia, che da qualche tempo sono tornati a dare segni di rilancio. I più recenti dati congiunturali mostrano un'economia europea in evidente ripresa, grazie al sostegno delle esportazioni. La stima di un incremento del Pil vicino all'1,5% nel consuntivo 2005 per l'area dell'euro resta lontana dal +3,5% degli Stati Uniti, ma è un po' meglio delle attese, pur non nascondendo aspetti che restano preoccupanti, come la debolezza della domanda interna e dei consumi delle famiglie in particolare. Il nostro paese, per contro, continua a procedere a un ritmo molto stentato, fluttuando intorno alla crescita zero per qualche decimale, se si guarda ai dati trimestrali del Pil espressi su base annua. Si tratta di risultati inferiori a quanto previsto all'inizio dell'autunno, sull'onda del balzo della produzione industriale nei mesi estivi; l'accelerazione è, infatti, successivamente rientrata e solo un recupero nel settore dei servizi può evitare un nuovo arretramento del Pil nel quarto trimestre.

Tra aspettative, contraddizioni e realtà

Il deludente andamento italiano è, poi, accentuato dal confronto con le performance delle economie tedesca e francese, che hanno fatto registrare una crescita - nei dati trimestrali, così come nei tendenziali annui - in linea con quella dell'intera Eurolandia. Il profilo della congiuntura europea nella seconda metà del 2005 risulta senz'altro buono, anche perché arriva dopo alcuni trimestri mediocri e rivela un ritrovato dinamismo. Il Pil dell'area euro è aumentato, in particolare, dello 0,6% nel terzo trimestre, che fa seguito allo 0,4% del secondo; quello tedesco e francese dello 0,6% e dello 0,7% rispettivamente, a fronte di appena lo 0,2% e 0,1% di tre mesi prima, mentre ancora più sostenuta è la performance spagnola (+0,8%), che conferma i brillanti risultati dei precedenti trimestri. L'accelerazione mostrata dall'economia europea non interessa, inoltre, solo i principali paesi, ma anche quelli minori, dall'Olanda al Belgio e all'Austria, con la sola parziale eccezione del Portogallo. Il quadro complessivo dell'eurozona e dell'intera Ue rappresenta, insomma, una positiva sorpresa, avendo migliorato le attese così come lo scenario previsivo.

L'Italia, a sua volta, ha scontato nella parte centrale dell'anno l'effetto rimbalzo del secondo trimestre (Pil +0,7% congiunturale) e le conseguenti migliori aspettative degli operatori, peraltro giustificate da una serie di dati favorevoli sul periodo estivo. Gli indicatori quantitativi, a cominciare dalla produzione industriale - in persistente divario con i segnali di svolta provenienti dalle indagini qualitative, come le inchieste Isae a cadenza mensile - mettono in evidenza un'attività manifatturiera sempre stagnante, anche se non adeguatamente espressa nelle variazioni tendenziali, che incorporano la fase di recessione manifestatasi tra l'ultimo trimestre del 2004 e il primo 2005. L'attuale passo di marcia della nostra economia dovrebbe, pertanto, tradursi in una crescita ancora ridotta nel 2006, pari a poco più dell'1% annuo. In linea con la dinamica a rilento del Pil, i segnali congiunturali rimangono complessivamente incerti nella prospettiva del primo semestre, mostrando un evidente contrasto con l'andamento tendenzialmente espansivo degli indici anticipatori del ciclo economico, elaborati dall'Isae e dalla Banca d'Italia. Ma questo scenario è, in ogni caso, legato alla tenuta della ripresa internazionale.



http://www.ilsole24ore.com/fc?cmd=a...&chId=30&artType=Articolo&DocRulesView=Libero

mi sa che stiamo andando velocemente ad occupare l'ultimo posto....
 

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