la Germania è il canarino nella miniera (8 lettori)

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governo Semaforo traballa: caos Spd, Verdi, Liberali. Scholz rischia elezioni anticipate​

Maurizio Blondet 29 Novembre 2023
Il Giornale:
Conti in disordine, spese bloccate, crisi in agguato. Il motto “osare più progresso” è ormai un ricordo.
Undici mesi di disciplina di bilancio sono andati in fumo in Germania in undici minuti.

Lo scorso settembre, il Bundesrechnungshof (la Corte dei conti tedesca) aveva accusato il governo Scholz di nascondere le reali condizioni finanziarie del Paese trasferendo impegni finanziari pluriennali in veicoli finanziari speciali ,. ossia all’interno di società create con il preciso scopo di redistribuire una massa di crediti tra un’ampia gamma di investitori.
Una mossa in totale contrasto con le regole europee, aveva sostenuto il Bundesrechnungshof, che affermava come questi fondi dovevano essere invece contabilizzati nelle finanze pubbliche e che, al momento, starebbero accumulando la massiccia cifra di 869 miliardi di Euro.

Nel corso del tempo, infatti, il governo a guida Scholz ha sempre più attinto a fondi esterni al bilancio federale,
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La vendetta greca: "Crisi Germania? Venda le isole, lo diceva a noi..."​

29 Novembre 2023 - 06:00
La vendetta delle isole è servita. In molti dalle parti di Atene avranno pensato che il tempo è galantuomo

La vendetta delle isole è servita. In molti dalle parti di Atene avranno pensato che il tempo è galantuomo, che la vendetta è un piatto che va servito freddo o qualsiasi altra frase fatta ad hoc per l'occasione. Fatto sta che se Berlino piange, a sto giro, Atene ride. E pure di gusto. Storie di crisi economiche, di troika e di provvedimenti d'emergenza.

Succede che nel 2010, quando la Grecia era in ginocchio e con un'economia alle prese con una crisi mai vista, il principale giornale tedesco, la Bild, titolasse: «Vendete un po' le vostre isole, greci in bancarotta!». Ma non solo. In Germania era opinione comune che per rientrare almeno in parte dei propri debiti, oltre a misure lacrime e sangue, la Grecia dovesse vendere beni statali, tra cui anche le bellissime e frequentatissime isole. Ma se è vero che la storia si ripete, è vero anche che alle volte si ribalta.
Di fronte ai suoi problemi con il bilancio, si apprende che la Germania oggi dovrà imporre nuove tasse straordinarie. Musica per le orecchie dei greci. Sirtaki di gruppo in piazza magari no, ma chi se l'è legata al dito 13 anni fa ora si vendica di gusto.
«La Germania potrebbe vendere beni pubblici come le isole, per raccogliere rapidamente grandi somme di denaro» ha detto, proprio alla Bild, Panagiotis Lafazanis, ex ministro greco dell'Energia e dell'Ambiente. Anzi, non soddisfatto ha rilanciato dicendo che «se Berlino avrà difficoltà, dovrà passare sotto la supervisione della troika. Perché in questo senso la vita è vendicativa. La Germania ora sperimenterà ciò che ha imposto alla Grecia».

Altro che gyros o moussaka: un bel piatto carico di vendetta a volte può essere ancora più appagante per chi ha dovuto digiunare, metaforicamente me nemmeno troppo, per un bel po'. Perché certe cose rimangono indigeste, anche a distanza di anni. Ma attenzione. La ruota gira. E gira, gira...
 

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L’industria tedesca taglia la produzione per il quinto mese consecutivo​

Il quinto calo consecutivo della produzione tedesca rende sempre più probabile una recessione in Germania. L’industria, l’edilizia e i fornitori di energia insieme hanno prodotto in ottobre lo 0,4% in meno rispetto al mese precedente, come ha annunciato giovedì l’Ufficio federale di statistica. Gli economisti intervistati dall’agenzia di stampa Reuters si aspettavano invece un aumento dello 0,2%, dopo il calo dell’1,3% di settembre.

“Con il nuovo calo aumenta la probabilità che il prodotto interno lordo diminuisca anche nell’ultimo trimestre dell’anno”, afferma il direttore scientifico dell’Istituto per la macroeconomia e la ricerca economica (IMK), Sebastian Dullien. “Secondo la definizione tecnica comune di recessione come due trimestri consecutivi, la Germania sarebbe attualmente di nuovo in recessione.” La più grande economia europea si è contratta dello 0,1% in estate.

I giorni ponte e quelli festivi potrebbero aver avuto un certo ruolo in ottobre, come ha sottolineato il Ministero federale dell’economia. “Ma anche senza questi effetti speciali, la situazione economica resta debole.” Gli economisti non si aspettano una rapida inversione di tendenza. “La produzione industriale dovrebbe continuare a diminuire nei prossimi mesi”, afferma Jörg Krämer, capo economista della Commerzbank. “Le aziende devono reagire al recente crollo degli ordini in entrata dopo aver elaborato gli ordini rimasti indietro durante il Corona”. L’incertezza causata dalla crisi di bilancio non è d’aiuto in questo contesto.

L’INGEGNERIA MECCANICA È DEBOLE
Nel mese di ottobre il solo settore dipendente dalle esportazioni ha prodotto lo 0,5% in meno rispetto al mese precedente. Ciò è dovuto in gran parte all’industria meccanica: qui la produzione è diminuita del 6,3%. Al contrario, l’industria automobilistica ha registrato una crescita dello 0,7%. L’industria dipendente dalle esportazioni ha recentemente perso ordini: da agosto a ottobre i nuovi ordini sono stati inferiori del 4,6% rispetto ai tre mesi precedenti. “L’aumento dei costi energetici in seguito alla guerra di aggressione della Russia contro l’Ucraina rappresenta un pesante fardello per la Germania”, ha affermato Thomas Gitzel, capo economista della VP Bank. “Ad essere gravate non sono solo le economie domestiche, ma soprattutto l’industria.”

Questa volta la produzione energetica è cresciuta del 7,1%. La produzione edilizia è invece diminuita del 2,2%. Il settore edile si trova ad affrontare crescenti costi per interessi, che suscitano riluttanza tra gli investitori privati e professionali. (Reuters)

Tagli netti nel settore edile: a rischio decine di migliaia di posti di lavoro​

Le norme climatiche del governo federale stanno soffocando l’edilizia abitativa tedesca, con conseguenze per decine di migliaia di dipendenti.

Signa si dichiara insolvente: è uno dei più grandi crack della storia d’Europa.​

Era nell’aria e adesso è ufficiale: l’Europa ha la sua Lehman Brothers. Signa Group, la più grande società immobiliare privata dell’Austria, oggi ha presentato istanza di insolvenza a Vienna.

Il fallimento di Signa Group​

  • Oggi il colosso immobiliare austriaco Signa Group ha presentato istanza di insolvenza a Vienna. La decisione arriva a distanza di qualche giorno dall’istanza di fallimento presentata al tribunale distrettuale di Berlino Charlottenbur dalla sua filiale tedesca, Signa Real Estate Management Germany.
  • “Nonostante i notevoli sforzi compiuti nelle ultime settimane, non è stato possibile garantire la liquidità necessaria per un processo di ristrutturazione extragiudiziale, e quindi Signa Holding ha ora presentato domanda per una procedura di riorganizzazione”, ha dichiarato in una nota ufficiale Signa.
  • In questo caso, la domanda di autoamministrazione, come chiarisce il diritto societario austriaco, permette alla società di tentare la via della ristrutturazione aziendale, senza affidare il pieno controllo del processo a un amministratore esterno.
  • Con “notevoli sforzi compiuti nelle ultime settimane”, Signa fa riferimento ai diversi colloqui imbastiti dal suo fondatore, René Benko, che secondo Forbes ha un patrimonio di 2,8 miliardi di dollari, con diversi fondi di investimento, proprio per salvare la società. In particolare, come riportato da Der Spiegel, Benko aveva provato fino all’ultimo a intavolare una trattativa con Elliot Management. Obiettivo non riuscito.

Tremano le banche (e non solo)​

Il fallimento di Signa Group porterà strascichi nel settore bancario europeo, dato che sono una dozzina gli istituti europei esposti nei confronti della società. Tra questi, la svizzera Julius Baer per oltre 600 milioni di euro, l’austriaca Raiffeisen e l’italiana UniCredit. Queste ultime, insieme, avrebbero un’esposizione complessiva intorno a 1,5 miliardi di euro. In totale, secondo quanto evidenziato dagli analisti di JPMorgan, Signa dovrebbe ancora saldare ai suoi finanziatori almeno 13 miliardi di euro.

Ma non è tutto. Oltre al settore bancario, il crack del gruppo austriaco metterebbe a dura prova anche il retail europeo: Signa detiene la maggioranza di alcune delle più grandi catene, tra cui Galeria Kaufhof e KaDeWe in Germania e Globus in Svizzera, senza considerare diversi hotel di lusso e uffici.





Insolvenza di Signa con conseguenze per gli immobili commerciali​

La crisi, soprattutto nel settore immobiliare commerciale , che risente dei posti vacanti e della crisi nel settore del commercio al dettaglio, preoccupa le autorità di vigilanza che temono rischi per i bilanci bancari. L’esempio più evidente della crisi è l’insolvenza della Signa Holding del miliardario René Benko.

Bergmann non si è pronunciato sulle conseguenze concrete del fallimento per il mercato e per le singole banche. “Ma nessuno può essere contento quando i grandi nomi falliscono, e questo ovviamente avrà un impatto anche sul mercato.” Nel 2024 le riduzioni dei prezzi per gli immobili commerciali dovrebbero essere maggiori rispetto a quelle per gli immobili residenziali. In generale Bergmann si è detto fiducioso che le banche supereranno bene la crisi immobiliare. “Ma non mi sorprenderebbe se vedessimo un aumento della copertura del rischio presso le istituzioni”.

Il fallimento della Signa Holding rischia di gravare anche sulle banche finanziatrici. L’agenzia di rating statunitense Moody’s ha avvertito che il fallimento avrà ripercussioni sulla qualità del credito e sulla redditività di alcune banche in Germania, Austria e Svizzera. (Dpa)

Sul tema:
 

tontolina

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Un grafico scioccante dell’Economist/Commerzbank che illustra la dimensione dei fondi pubblici autonomi tedeschi apparentemente utilizzati per aggirare le regole di bilancio.
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Immaginate se questo si riferisse ad un paese del sud….
Per altri, la Germania continua a bloccare una revisione del Patto di stabilità
 

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Germania, l’Ifo dipinge un quadro disperato per l’edilizia residenziale tedesca​

di Alberto Chimenti – Mf-Newswires

Le nubi continuano ad addensarsi sull'edilizia residenziale tedesca. Sempre più aziende lamentano la mancanza di ordini. A novembre, il 49,1% delle imprese ha espresso questa lamentela rispetto al 48,7% del mese precedente​


Le nubi continuano ad addensarsi sull'edilizia residenziale tedesca. Sempre più aziende lamentano la mancanza di ordini.
A novembre, il 49,1% delle imprese ha espresso questa lamentela, rispetto al 48,7% del mese precedente. Si tratta dell'ottavo aumento consecutivo. Le cancellazioni di ordini sono state segnalate dal 21,5% delle aziende, quasi lo stesso numero del mese precedente (22,2%).

Molti costruttori ormai disperati

«Le imprese di costruzioni residenziali stanno perdendo clienti. Gli alti costi di costruzione e l'attuale livello dei tassi di interesse stanno conducendo molti costruttori alla disperazione. Molti progetti non sono più redditizi in queste condizioni e devono essere rinviati o cancellati», afferma Klaus Wohlrabe, responsabile delle indagini dell'Ifo.

Le nuove attività sono così deboli da mettere in pericolo alcune aziende. L'11,1% dei partecipanti al sondaggio dell'istituto Ifo ha segnalato difficoltà finanziarie, in aumento rispetto al 9,9% di ottobre. Con un livello preoccupante di -54,6 punti, il clima aziendale è al livello più basso dall'inizio del sondaggio nel 1991. Si tratta di un altro lieve peggioramento rispetto ai due mesi precedenti, che erano stati altrettanto deboli.

Il sentiment rimane gelido

«Il sentiment delle aziende intervistate rimane gelido», afferma Wohlrabe. «Al momento non c'è alcun miglioramento in vista». È improbabile che le attuali notizie sulla crisi di bilancio tedesca abbiano avuto un impatto significativo sui risultati del sondaggio, poiché la maggior parte delle risposte è stata ricevuta nella prima metà di novembre.
Non è ancora chiaro come l'insolvenza di Signa Holding influenzerà il sentiment.
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Marcello Foa -
@MarcelloFoa

IL KARMA DELLA GERMANIA PORTA AL DECLINO
Con Wolfgang Schäuble finisce davvero un’epoca e rischia di cominciarne un’altra molto difficile e figlia paradossalmente di alcune regole volute proprio dell’ex Ministro delle Finanze: Schäuble, appena scomparso. Lo hanno descritto come il Ministro del Rigore, spietato con tutti i partner europei. Una decina di anni fa poteva permetterselo, la Germania era davvero la prima della classe: finanze solide, un’economia che tirava, un ruolo geostrategico di cerniera fra la Russia (ovvero energia a basso costo) e la Cina (ovvero export volano per l’industria nazionale).
Schäuble impose due misure storiche:
- la Schuldenbremse , il freno al bilancio inserito nella Costituzione nel 2009, che pone un limite dello 0,35 al deficit di bilancio annuale, tranne circostanze eccezionali come guerre e pandemia.
- E lo Schwarze Null ovvero il pareggio di bilancio.
Andavano bene per quella Germania ma non per quella di oggi. Perché oggi proprio quelle misure sono una delle cause delle difficoltà del suo Paese, che rischiano di trasformarsi in un rovinoso declino.
Lo ha spiegato con grande eloquenza il giornalista Wolfgang Munchau nell’intervista al mio programma radiofonico “Giù la maschera” e andata in onda l’8 dicembre. Oggi la Germania non ha bisogno di rigore, bensì di riforme molto ampie per rivisitare e rilanciare il proprio modello economico, che fa acqua da tutte le parti. Però resta ancorata ai vecchi schemi. Il cancelliere Scholz, proprio a causa delle due leggi volute da Schäuble, deve tagliare il bilancio pubblico, non ha i fondi per investire.
Ed è preoccupante che abbia vinto il braccio di ferro in Europa, perché il nuovo Patto di Stabilità riflette le logiche dei tedeschi, dunque rigore per tutti. Non c’è progettualità, se non il rispetto di un ecologismo insostenibile, mentre l’industria appare improvvisamente vecchia in un mondo ad altissima tecnologia, soprattutto digitale, obsoleta come le sue infrastrutture. E i cittadini tedeschi non sono affatto docili, né comprensivi. Benché i media non ne parlino il Paese è scosso da proteste a raffica: clamorosa quella degli agricoltori contro il taglio dei sussidi (senza i quali molti falliranno) e che hanno invaso con i trattori Berlino e altre città; i ferrovieri continuano a scioperare e diverse categorie sono sul piede di guerra. Loro non vogliono tirare la cinghia , mentre l’industria arranca, il settore immobiliare crolla e c’è il sospetto che molte Spaarkassen, Casse di risparmio pubbliche, siano in forte difficoltà.
In questo contesto non potranno essere i Paesi dell’Unione europea a soccorrere la Germania, favorendone l’export, in quanto la loro economia sarà frenata dal 2024 in avanti proprio dall’austerity voluta dai tedeschi. I buddisti direbbero: è il Karma di Schäuble, è il Karma di una Germania vittima della sua rigidità e delle sue secolari paure. Le conseguenze ricadranno anche su di noi. #Germania #Schäuble #crisi #Pattodistabilità
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il gov. tedesco ha imposto il patto di stabilità anche perchè loro nascondono un enorme debito nelle loro Spaarkassen, Casse di risparmio pubbliche e la BCE-l'EBA non controllano nulla
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non solo
hanno creato una serie di FONDI SPECIALI in cui nascondere molto debito: in pratica il doppio del budget [e questo succede da anni; non mi stupirei se solo qualcuno indagasse e scoprisse che supera anche il debito italiano]

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Signa: La più grande catena tedesca della grande distribuzione in bancarotta per colpa della crisi immobiliare austriaca​


Galeria, colosso tedesco della grande distribuzione, ha presentato istanza di fallimento al tribunale di Essen. È vittima del tracollo della società madre, l’austriaca Signa, gruppo immobiliare capitolato lo scorso novembre con 5 miliardi di debiti, a causa della crisi del settore innescata dal rialzo dei tassi che rende più cari i mutui. Galeria, 15mila dipendenti e 170 punti vendita, è il maggior rivenditore tedesco ma non è nuovo a problemi finanziari, essendo giunto alla terza dichiarazione di insolvenza in pochi anni. La pandemia causò quella del 2020, e l’impennata dell’inflazione e dei costi energetici la successiva, nel 2022. In queste due occasioni lo stato tedesco ha fornito al gruppo aiuti per 700 milioni di euro.

La holding Signa,
conta un migliaio di partecipazioni e quote in varie aziende immobiliari e commerciali tra Germania, Austria e Svizzera oltre a una partecipazione nel Chrysler Building di New York.
Galeria ha detto che sta cercando un nuovo proprietario e che i colloqui con potenziali investitori sono già iniziati. Banche, assicurazioni, fondi pensione e altri investitori esposti verso Signa stanno cercando ogni via per recuperare parte dei miliardi persi. Come riporta l’agenzia Reuters vengono messi all’asta oggetti di ogni tipo, dll tavolo da riunione rivestito in pelle di Signa agli scopini per Wc provenienti dagli uffici di Vienna .
 
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Germania, la crisi degli ex primi della classe che arriva da lontano​

Pubblicazione: 15.01.2024 - Angelo Frigerio

La Germania da diversi anni non sta vivendo un momento positivo e più il tempo passa, più la situazione del Paese e la sua immagine internazionale peggiora​

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Il Cancelliere tedesco Olaf Scholz inaugura un impianto per la costruzione di treni (Ansa)

“Non ci sono più i tedeschi di una volta”: questo il titolo di un mio articolo del luglio 2017. Evidenziavo le difficoltà di una nazione la cui immagine fatta di precisione, correttezza, professionalità si stava sbiadendo velocemente.
Tre gli esempi: il Dieselgate, le difficoltà della Deutsche Bank, la telenovela dell’aeroporto di Berlino.
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Il caso Dieselgate era stato forse il più eclatante. La notizia che la Volkswagen taroccasse il dispositivo dei gas di scarico delle sue autovetture negli Usa aveva destato sorpresa. Ma come, i precisini che si mettono lì a falsificare il software per poter superare le prove degli americani? Non esiste. Invece sì. Lo hanno fatto. E si beccarono anche una bella multa.

Che dire poi della Deutsche Bank? Ma non era forse una delle più solide banche al mondo? Il baluardo dell’economia tedesca? Il modello di riferimento per l’Europa?
Con in pancia titoli derivati per 54.700 miliardi di euro, pari a 20 volte il Pil tedesco e a quasi 6 volte quello dell’Eurozona, l’istituto era in grave crisi. Il Fmi (Fondo monetario internazionale) aveva descritto Deutsche Bank come l’istituto più rischioso al mondo. Nel 2015 l’istituto tedesco aveva chiuso il bilancio con una perdita di 6,8 miliardi di euro e sui conti continuavano a gravare le gigantesche spese legali a seguito del suo coinvolgimento in alcune operazioni illecite come la manipolazione dell’indice Libor o del mercato dei metalli preziosi. Non so se negli ultimi anni la situazione sia cambiata, ma rimane l’onta di una banca, ai tempi, molto vicina al default.

Vogliamo parlare poi dell’aeroporto di Berlino? Una barzelletta, altro che la Salerno-Reggio Calabria. Concepito nel 1995 per dare alla capitale tedesca uno scalo degno di questo nome, il progetto iniziale contava di porre la prima pietra nel 2006, con un costo di 1,5 miliardi di euro e con la data di fine lavori fissata il 30 ottobre 2011. Ma dopo due anni di lavori arrivano i primi stop e l’apertura viene rinviata a una data non ben specificata nel 2012. A questo punto ci siamo, tutto è pronto per l’apertura, viene programmato lo spostamento delle compagnie aeree nel nuovo hub, i biglietti cominciano a essere venduti e si progetta un grande evento per seguire il battesimo della nuova aerostazione. Negozi appaltati, lavoratori assunti, tutto arredato e tutto pronto per partire. Ma manca la certificazione antincendio necessaria per rispettare gli standard internazionali, ed è così che inizia una vicenda tragicomica.
L’8 maggio 2012, a soli 26 giorni dall’inaugurazione, si scopre un tragico errore nella costruzione del sistema di aspirazione dei fumi, una falla nel sistema antincendio e nella cablatura dei cavi. Il problema inizia a ingigantirsi giorno dopo giorno e a breve emergerà che nell’aeroporto ci sono ben 66.500 errori di costruzione. I lavori devono quasi ricominciare da capo e, nel 2013, solo il 4% della struttura è completata e a norma. La riprogettazione degli impianti fa lievitare i costi a 2,5 miliardi di euro e quando, per l’ennesima volta, tutto sembra procedere per il meglio, una nuova grana cade sullo scalo: c’è stato un errore nel disegno del tetto, è a rischio crollo. Stop ai lavori, terminal evacuato. Solo nel novembre del 2020 l’aeroporto verrà aperto. Venticinque anni dalla progettazione all’apertura: un record!

“Casi isolati”: commentò qualcuno. Neanche per sogno. Il problema era ed è sistemico. L’ultimo dato che lo certifica è quello della produzione industriale di novembre: -0,7% su base mensile che concorre a un -4,8% su base annuale, un disastro.
Di più: l’economia tedesca ha iniziato il 2023 con un calo del Pil dello 0,1%, dopo il -0,4% a fine 2022.
Nel secondo trimestre è rimasta stagnante: sta dunque subendo la seconda recessione in tre anni (dopo quella nel 2020) e il Pil supera il livello pre-pandemia solo dello 0,2%. Così le organizzazioni internazionali hanno tagliato le stime sulla crescita della Germania, seguite dall’Istituto tedesco Ifo. Nel 2024, non più una crescita economica del 4%, ma solo dello 0,9%.

Il contesto lo ha spiegato bene Mauro Bottarelli su queste pagine: “Il Governo Scholz non cede. Dopo aver gonfiato debito e deficit in ossequio alla campagna di Russia, ora pensa di pulirsi la coscienza dagli aloni di Weimar tagliando la goccia nell’oceano degli sgravi sul diesel agricolo. Chiaramente, soppesando col bilancio l’orientamento medio di quell’elettorato. Conservatore. E soprattutto drasticamente contrario a ogni implementazione dell’agenda di transizione green che, di fatto, è l’unico collante che ancora tiene insieme l’Esecutivo. Staccata la spina da parte dei Verdi, salta il banco”. Gli ex primi della classe hanno consegnato il compito. Ma è pieno di errori e strafalcioni. La bocciatura appare vicina.

CAOS GERMANIA/ La protesta censurata degli agricoltori fa tremare Davos e Bruxelles
SCENARI/ Tra imperi e disordine: la Germania secondo Münkler e (forse) Scholz
 

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