la patria perduta

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Bossi, quello condannato perchè dichiarava che lui "con la bandiera italiana si pulisce il c u l o" ha avuto quello che voleva, una costituzione secessionista. Leggete cosa ne scrive un conservatore del Corriere della Sera e un liberal di Repubblica

DAL CORRIERE DELLA SERA del 25 marzo 2005
La patria perduta. Nuova costituzione, in pericolo l’unità italiana


24 marzo 2005 Ernesto Galli della Loggia
È impossibile nascondersi la gravità di quanto è accaduto ieri al Senato…l’assemblea di Palazzo Madama ha approvato definitivamente in prima lettura una riforma della Costituzione italiana …
Il panorama delle rovine è presto descritto. Viene estesa a dismisura, anche a campi delicatissimi come quello dell’istruzione e della sicurezza pubblica, la capacità legiferatrice delle Regioni: lo Stato centrale mantiene sì formalmente l’esercizio di un potere d’interdizione, ma in misura attenuata e così ambigua che l’unico risultato prevedibile è una crescita esponenziale del contenzioso Stato- Regioni, già oggi ben oltre il limite di guardia. Nell’ambito del potere centrale, poi, la fine dell’attuale bicameralismo perfetto serve ad installare un Senato di nuovo tipo — presentato come «federale» ma in realtà non eletto in rappresentanza delle Regioni in quanto tali, e con competenze ridotte rispetto ad una vera camera politica —e una Camera dei deputati sovrastata da un primo ministro eletto dal popolo ma che, in barba ad ogni logica costituzionale, potrà a certe condizioni essere sfiduciato dalla stessa ed avrà, insieme, il potere di scioglierla quando gli piacerà. Ciò che in conclusione la riforma costituzionale realizza—per giunta non subito ma, tanto per accrescere la confusione, in varie tappe scaglionate nel tempo — sarà un incrocio contraddittorio e micidiale di accentramento e decentramento, all’insegna dell’istituzionalizzazione della paralisi e dell’apoteosi del ricatto.
Del resto è solo per il ricatto continuo e minaccioso della Lega che l’onorevole Berlusconi e la destra hanno dato il via a un progetto simile. È esclusivamente, cioè, per il proprio immediato tornaconto politico che il presidente del Consiglio e altre forze della sua maggioranza, che al pari di lui non hanno mai manifestato alcun interesse per il federalismo, e anzi sono ideologicamente ai suoi antipodi come Alleanza nazionale, lo hanno improvvisamente abbracciato, accettando così cinicamente di mettere mano al disfacimento del Paese.
Perché di questo si tratta: la riforma della Costituzione voluta dal governo e dalla sua maggioranza costituisce forse il più grave pericolo che l’unità italiana si trova a correre dopo quello terribile corso sessant’anni orsono nel periodo seguito all’armistizio dell’8 settembre. Mentre in misura altrettanto forte sono in pericolo la funzionalità e l’efficienza della direzione politica dello Stato da un lato, e dall’altro alcuni valori di fondo della nostra convivenza, non più garantiti da una tutela pubblica affidabile.
Di fronte a questa prospettiva inquietante, non ci sembra che abbia molto senso unire la nostra voce al coro di quelli che, sia pure con qualche ragione, mettono sotto accusa le responsabilità anche della sinistra per aver aperto la porta al disastro attuale approvando, con una ristrettissima maggioranza, le modifiche del Titolo V della Costituzione nella scorsa legislatura. Anche nelle responsabilità c’è una gerarchia, e oggi quello che appare in modo indiscutibile è il primo posto guadagnato dalla destra e dal suo capo nella corsa a fare il male del Paese.

Per realizzare il misfatto hanno bisogno però del consenso dei cittadini nel referendum confermativo da qui ad un anno o quando sarà: vedremo allora se gli italiani sono davvero stanchi di avere una Costituzione e una patria.

Mario Pirani, la Repubblica, 15 giugno 06

UNA angoscia inespressa tormenta gli spiriti più avvertiti. Fra pochi giorni - il 25 e 26 giugno - siamo chiamati a votare sulla Costituzione, ma l'appuntamento sembra avvicinarsi nella distrazione e nella stanchezza politica degli italiani... La posta ... riguarda l'Italia, la sua storia, il suo futuro… l'unità della Patria. Non temiamo, dunque, di essere accusati di retorica patriottica se cominciamo proprio da qui ricordando agli immemori quante speranze, sangue, sacrifici e sofferenze sia costata l'unificazione dell'Italia, dal Risorgimento a Vittorio Veneto e la riconquista della democrazia e della libertà, dalla Resistenza alla Costituzione del 22 dicembre 1947.
Butteremo tutto a mare per inseguire i vaneggiamenti leghisti, le pulsioni secessioniste di una infima minoranza tramutate in falso federalismo con la malleveria di Berlusconi e il pusillanime assenso di Fini e Casini? La storia di un paese ha un valore, un'intima coerenza che l'ha animata per generazioni e che non può essere travolta e bistrattata se non a scapito della sua identità profonda.
Non più italiani, torneremmo in un arco di tempo non troppo lungo, a sentirci soprattutto lombardi e siciliani, veneti e pugliesi. I modelli federali esistenti - in primo luogo il tedesco e l'americano - non mettono certamente in gioco l'unità della Nazione……. Negli Stati Uniti fin dall'800 la Corte Suprema legifera imponendo la "supremacy clause", la clausola di supremazia che supera ogni istanza federale…
La devoluzione leghista che si vorrebbe approvare è tesa, invece, a strappare allo Stato, affidandoli alle Regioni, diritti esclusivi di legislazione. Qui è la miccia dell'esplosione dell'unità nazionale. Si dice - ed è già gravissimo - che la minaccia riguarderebbe solo tre settori: la sanità, la scuola e la polizia regionale. Inutile dilungarsi qui su cose già dette: avremmo, malgrado risibili clausole di salvaguardia, venti sistemi sanitari diseguali, venti sistemi scolastici con svariate ore di materie "locali", dal dialetto alle costumanze folcloristiche, venti polizie regionali da affiancare ai troppi corpi già esistenti (Ps, Carabinieri, GdF, polizia penitenziaria, forestale, municipale). Ma, oltre a ciò, la costituzione berlusconian-leghista affida alla competenza esclusiva della legislazione regionale tutte quelle materie che non siano espressamente riservate allo Stato. Questo si vedrebbe, quindi, sottratte l'agricoltura, il turismo, il commercio, l'artigianato, quasi tutta l'industria, salvo l'energia. Non ci sarebbe spazio per quasi nessuna politica nazionale, dalla promozione del territorio alla rappresentanza degli interessi italiani in sede europea e internazionale. Tanto varrebbe seguire l'esempio balcanico che in poco tempo ha variegato la carta geografica con la riemersione di Serbia, Bosnia, Montenegro, Slovenia, Sangiaccato, Macedonia, Kosovo e via continuando....
 
caro ginepro, ormai non bastan più le parole per definire la pericolosità di questa riforma.
bisogna solo attendere un coralel NO per il prossimo fine settimana e sperare che nel frattempo
trasmissioni come Matrix di due sere fa, non facciano oltremodo danni.
 

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