La pensione tradita

giuseppe.d'orta

Forumer storico
A poche settimane dal termine per la scelta sul TFR (30 Giugno) il prof. Beppe Scienza, autore –fra l'altro- di uno dei libri di maggiore successo sugli investimenti finanziari (Il Risparmio Tradito, Edizioni Libreria Cortina - Torino) torna in libreria con un testo nel quale stronca i fondi pensione.

Dico subito che ammiro il prof. Scienza per la schiettezza con la quale sostiene le sue tesi che, nella grande maggioranza dei casi, condivido.
In questo specifico caso, condivido circa l'80% delle cose che scrive nel libro (la cui lettura, oltre che istruttiva è anche gradevole, come per le altre sue opere) ma credo che in qualche caso abbia commesso lo stesso errore che fanno i venditori di prodotti di risparmio gestito. In qualche circostanza ha un po' torturato i numeri per fagli dire quello che gli interessava.
La tesi di fondo del libro, sfrondata dalle considerazioni più specifiche, è senza dubbio condivisibile: attenzione, dice il prof. Scienza, lasciando il TFR per i fondi pensione si lascia un investimento (forzoso, ma pur sempre un investimento) che ha regole certe e costi zero per un investimento i cui esiti sono incerti e i costi nient'affatto trascurabili. Verissimo.
Attenzione, le aziende che gestiranno questi soldi, fino ad oggi hanno fornito pessime prove di "abilità" (almeno nel senso di far fruttare –per gli investitori– il denaro, hanno ottime abilità sul fronte opposto). Verissimo.
Attenzione, la scelta di lasciare il TFR in azienda è reversibile, quella di metterla nei fondi pensione no. Verissimo
Attenzione, non è affatto vero che i mercati finanziari offrono sempre rendimenti più elevati del TFR. Verissimo.
Attenzione, le norme – soprattutto sul piano fiscale- che oggi incentivano i fondi pensione possono cambiare in futuro. Verissimo anche questo.

Insomma, moltissime delle argomentazioni del prof. Scienza sono condivisibili. La tesi che invece non convince è quella della sostanziale irrilevanza dei benefici fiscali e del così detto contributo datoriale (termine orribile, come evidenzia il Professore).
E' vero che queste agevolazioni possono essere riviste dai futuri governi, ma è vero anche che allo stato attuale implicano vantaggi, a mio modesto giudizio, niente affatto trascurabili.

Per "smontare" i vantaggi dell'attuale struttura fiscale dei fondi pensione, il prof. Scienza fa una tabella nella quale dimostrerebbe che in 40 anni, la tassazione agevolata inciderebbe solo per lo 0,5% all'anno. Questi calcoli sono stati fatti ipotizzando che nei 40 anni il reddito del lavoratore in termini reali resti immutato. Crediamo che sia una ipotesi piuttosto irrealistica. Oggi, nell'esperienza comune, è molto difficile che uno che entra nel mondo del lavoro per la prima volta prenda lo stesso stipendio di qualcuno che c'è già da 40 anni. Mi sembra un classico esempio di "tortura" dei numeri per fagli dire quello che più ci fa comodo.
Analizzando la questione in modo più specifico e con casi più reali dobbiamo dire che le agevolazioni fiscali ci sono e sono anche consistenti, ma che non sono una buona ragione –da sola- per sottoscrivere i fondi pensione perché –come tutto il resto– le agevolazioni fiscali non sono affatto certe e possono essere modificate in qualsiasi momento.
Un discorso simile deve essere fatto per i contributi che versa il datore di lavoro.
Anche qui, il peso di questi contributi dipende molto dal contratto e dalla specifica situazione del lavoratore (quanto manca per andare in pensione? Quanto TFR deve versare?). Dire che, genericamente, sono irrilevanti (salvo per i casi dei dipendenti di Alitalia per i quali il contributo è del 7%) è un'affermazione –a mio modesto giudizio– un po' troppo semplicistica.
E' vero che una pessima gestione dei fondi pensioni può vanificare l'effetto di questo contributo, ma è anche vero che in condizioni "normali" di mercato (condizioni cioé nelle quali il fondo ha un rendimento pari alla media del mercato meno i costi intorno all'1% all'anno) questo contributo aggiuntivo ha maggiori probabilità di tradursi in un vantaggio rispetto a quelle di essere vanificato dall'andamento negativo dei mercati (parliamo di probabilità, non di certezze!).

Prendiamo il caso di un lavoratore che può versare al suo fondo di categoria il TFR nella misura del 2% della retribuzione (tutto il TFR è pari al 6,9%), se versa un contributo volontario pari al 1,3% riceve dall'azienda un ulteriore contributo pari al 1,9% (quasi il 100% del TFR versato al fondo). Come si fa a dire che in un caso del genere il contributo datoriale è irrilevante?
Questi sono casi abbastanza comuni, non si parla del fondo pensione Alitalia...
Insomma, è ovvio che la scelta fra TFR e fondi pensione è una scelta fra "certo" per "incerto" (uso questi termini non in senso stretto, neppure il TFR ha un rendimento reale certo).
Questa scelta deve essere fatta in maniera molto consapevole.

Mi ricordo, ai tempi dell'OPS per i bond argentini che il prof. Scienza, correttamente sul piano tecnico-finanziario, sosteneva che bisognava aderire all'OPS della Repubblica Argentina. Su questo sito, noi, per una questione più "politica" (nel senso lato di questa parola) facevamo un discorso più articolato: usavamo la metafora del dilemma del prigioniero (tratta dalla teoria dei giochi che il prof. Scienza può certamente insegnarci) per sostenere che la scelta ottimale sul piano individuale può non essere la scelta ottimale per la collettività. Volevamo dire che sebbene sul piano tecnico scambiare i bond era la scelta più logica, sul piano più generale se l'OPS fosse fallita tutti ne avrebbero tratto un vantaggio perché –come si è dimostrato successivamente– il Governo argentino aveva le condizioni economiche per formulare un'offerta migliore.
Perché ricordiamo questo episodio?
Perché dalla lettura del suo ultimo libro, traggo l'impressione –probabilmente errata- che più che un'analisi puntuale dei vantaggi/svantaggi dell'adesione ai fondi pensione il prof. Scienza miri a contribuire al fallimento del sistema stesso dei fondi pensione perché ritiene che, nel complesso, è un sistema –al di là dei casi specifici– che porta più danni che vantaggi ai lavoratori.

Anche a noi questo sistema non piace affatto. Avremmo preferito, di gran lunga, l'introduzione dei conti individuali pensionistici. Ovvero una sorta di deposito titoli individuale destinato al risparmio previdenziale per il quale vigono le stesse norme (fiscali e civili) dei fondi pensione, con la sola differenza che le scelte vengono fatte direttamente dal lavoratore.
Il problema è che i politici (e di più i sindacalisti) credono che i lavoratori siano una massa di mentecatti che non sono in grado di gestire al meglio i loro soldi. Dal loro punto di vista, poi, questo sistema ha un grande difetto: ci guadagnano troppo poco tutti (sindacalisti e banche).
Quando tutto questo "bailame" sul TFR sarà finito, speriamo di poter avviare –anche con il contributo del prof. Scienza- una battaglia per l'introduzione in Italia dei conti pensionistici individuali.

Alessandro Pedone
 
Non discuto le posizioni e gli argomenti di chi è scettico sul versamento del TFR in fondi pensione,
ma secondo me ci sono altre distinzioni e precisazioni da fare, come quella sui fondi chiusi e su quelli aperti.
Che ci guadagnino le banche, è sempre stato così (soprattutto in Italia).
I sindacati avranno anche il loro ritorno, ma di fatto penso che rappresentano un portafoglio appetitoso per tutte le società di gestione.
Ho aderito al fondo pensione chiuso FOPEN nel 2001.
E' gestito da Società che si sono aggiudicate una gara per ogni comparto (5).
Credo che abbia avuto rendimenti eccellenti e costi bassissimi.
E possibile switchare tra comparti e forse tra poco anche dividere quote tra i comparti.
Può darsi che i fondi pensione individuali siano una miglior soluzione,
ma non sarebbero sempre gestiti da banche e assicurazioni?

ciao
 
dice il prof. Scienza, lasciando il TFR per i fondi pensione si lascia un investimento (forzoso, ma pur sempre un investimento) che ha regole certe e costi zero per e i costi nient'affatto trascurabili. Verissimo.

Attenzione, le norme – soprattutto sul piano fiscale- che oggi incentivano i fondi pensione possono cambiare in futuro. Verissimo anche questo.

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Mi spiegate perchè la legge fiscale può cambiare mentre quella sulla rivalutazione del TFR non può cambiare?

Iniziamo a dire, con precisione, le cose come stanno e, per favore, facciamo anche confronti seri e non puramente ideologici (ma che fanno vendere libri) come quelli del prof. Scienza.

Il quale, da un lato mette la rivalutazione del TFR e dall'altro mette ""un investimento i cui esiti sono incerti"". Scritta così è già una sentenza.

Se lo scopo è quello di informare correttamente, bisogna dire ai lavoratiri che 'storicamente' e con una elevatissima frequenza, quanto più alta è stata la garanzia minore è stato il rendimento.

E' invece giusta la battaglia contro le banche sui costi eccessivi. Ma attenzione, non è sbagliato pagare il giusto per un BUON servizio. E' sbagliato quello che succede nelle banche 'retail' italiane dove si paga SALATO un servizio NULLO.

Pagare il giusto significa retrocedere alla banca/consulente una quota parte dell'extra-rendimento generato da una gestione professionale.

Saluti.
 
Magari potremmo cominciare spiegando ai lavoratori che il TFR non e' ne' una cortese donazione, bonta' sua, di una illuminata classe imprenditoriale, ne' una conquista ottenuta dopo dure lotte di un battagliero ed eroico sindacato.

Ma e' salario che viene sottratto ai lavoratori per finire - qualcuna direbbe temporaneamente - vuoi agli imprenditori, vuoi all'INPS, vuoi ai fondi, chiusi e aperti.

Si potrebbe cominciare spiegando questo.

Non mi pare che il lavoratore italiano possa permettersi di regalare o prestare salario a chicchessia.
 
matabo ha scritto:
Magari potremmo cominciare spiegando ai lavoratori che il TFR non e' ne' una cortese donazione, bonta' sua, di una illuminata classe imprenditoriale, ne' una conquista ottenuta dopo dure lotte di un battagliero ed eroico sindacato.

Sbagliato...ottenuto con dure lotte di sicuro.....certamente non con il sudore dei sindacati...ma di tutti i lavoratori (come è sempre stato)
 
Come al solito, pari lavoro, diritti differenti.
La quota di TFR maturata dal 01/01/2007 dai dipendenti di azende con più di quarantanove dipendenti, è accantonata, per chi decide di lasciare il TFR "in azienda", presso il fondo di tesoreria INPS. La retribuzione differita del lavoratore ha copertura istituzionale, quindi il datore di lavoro è obbligato a versare tutti i mesi il TFR maturato all'INPS.
Ciò non avviene nella stragrande maggioranza dei casi per le piccole aziende, ove il TFR è pappato dall'imprenditore. All'atto della risoluzione del rapporto di lavoro, di un lavoratore con anzianità considerevole, si assiste ad un "pagamento rateale" del TFR.
Altro che gentile concessione.

Per quanto concerne la pensione integrativa, nella stragrande maggioranza dei casi, non esiste uno storico, quindi il lavoratore è costtretto a fidarsi del promotore finanziario.
Reputo scandalosa la possibilità di sottoscrivere dei fondi pensione non ancora approvati dalla COVIP.
 
gravicius ha scritto:
Reputo scandalosa la possibilità di sottoscrivere dei fondi pensione non ancora approvati dalla COVIP.

In caso di mancata approvazione della Covip, il contratto non avrebbe effetti. Infatti le sottoscrizioni sono raccolte specificando che il contratto si conclude solo dopo l'approvazione della documentazione di legge. L'anticipo dal 2008 al 2007 ha messo fretta a tutti, inclusi gli intermediari.
 

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