L'arte è pura convenzione?

Quello che ci tenevo a chiarire era che noi umani costruiamo il concetto e persino la sensazione di tempo a partire dalla trasformazione, e quindi ancor prima partendo da una identità (propria, delle cose, delle altre persone ...) che deve trasformarsi. A questo punto, però, qualcuno potrebbe obiettare che il tempo è oggettivamente misurabile. Questa misurazione è però basata sull'equivalenza con una trasformazione, che può essere vuoi il movimento delle lancette, vuoi il girare della terra intorno al sole, vuoi l'oscillare di alcuni atomi. Ma anche qui c'è una tautologia: nel momento in cui io delego le lancette dell'orologio (ecc.) a indicare un passaggio temporale, ovvio che poi si confermi questa corrispondenza quando guardo "che ora è".

Le trasformazioni sociali si esprimono, a livello più basso, nelle mode, che sono un coacervo di convenzioni e di proibizioni. L'artista che segua la moda non è automaticamente migliore o peggiore di chi la ignori, può però avere un più immediato successo. Sta al critico (al collezionista, al pubblico ...) non far traviare il proprio giudizio dalle convenzioni del tempo, che sono quanto di più transeunte in quanto stanno ai livelli più bassi. Uscire dalle lenti deformanti del proprio tempo non è facile. Ma più di una volta è addirittura successo che un qualche potere abbia indirizzato l'attenzione generale su certe caratteristiche transeunti facendone regola e modello. L'esempio recente più sfacciato si può vedere nell'arte dell'Unione Sovietica, con la sua retorica del Socialismo ecc ecc. Tuttavia dietro questa maschera deformante si possono trovare attivi degli artisti veri, solo, come riconoscerli? Usualmente deve passare un periodo di decantazione, in cui le vecchie usanze e mode perdono di vigore, vengono respinte e con esse vengono respinti tutti gli artisti del mucchio. Poi, "con il tempo", cioè con i mutamenti dell'individuo-società, si comincia a vedere la grandezza vera di qualcuno, mentre altri cadono nell'oblio. Durante e dopo i mutamenti, cioè, quello che conta è proprio l'identità, quella parte poco modificabile che è l'elemento superiore della personalità.

In musica, ad esempio, Strauss fu protettore di Mahler, che all'epoca gli era considerato inferiore (oggi è il contrario). Mahler comunque ebbe a notare che Strauss piaceva "troppo", cioè che aveva preferito fare certe scelte anche in funzione del pubblico, cioè delle mode.
Oggidì il grande pubblico pensa che la musica venga espressa da certi gruppi, complessi, cantanti di moda. Confonde cioè la ricerca di rassicurazione con quella di promozione di uno sviluppo. Non conosco i nomi di questi "artisti" (a orecchio Bowie, Beyoncé, Rolling Stones ... ) ma il loro apporto all'evoluzione musicale è nullo. Che vengano considerati grandi della musica (vale anche per i più "discreti", che so, Baglioni, Guccini, De Andrè) è uno dei disastri culturali del nostro tempo. Essi operano sul piano del consumo, non su quello della creazione. Credo che lo stesso avvenga anche per tutti gli artisti che operano assemblando oggetti della civiltà industriale, pur se l'intento è naturalmente diverso, e tanto più quanto tali oggetti mantengono nell'opera la loro identità originaria e riconoscibile invece che essere trasformati in "altro", in elementi puri di colore, materia, forma.

Per cui la vera domanda è: un Balthus, tra 100 anni, come verrà considerato? Uno che è rimasto fuori dalle correnti e dalle mode, continuando per la sua strada con testarda unidirezionalità. Uno che la critica preferisce dimenticare, e sceglie di considerarlo un eccentrico o uno snob per non aver mai voluto unirsi alle mode di un gruppo. E che, però, non si riesce a relegare nella schiera dei pittori minori :rolleyes:
 
Ti consiglio di approfondire il concetto di tempo e di io di Michele Zaza.
Il suo concetto di tempo circolare, zero convenzioni, mode, ecc...
Un paio di interviste su YouTube per te saranno più che sufficienti.
 
Rileggendomi mi sonoi reso conto di aver scritto in maniera piuttosto criptica alcuni concetti semplici.
Il mio intento era quello di affermare alcuni semplici cose:
a) L'arte più alta, quella che lascia il segno più profondo nel tempo, non è quella convenzionale.
b) Il mercato persegue l'arte convenzionale.
c) L'arte più alta è quella che forma la storia dell'arte.
d) La storia dell'arte è un insieme di espressioni stilistiche che sono tra loro legate da un processo evolutivo.

Per affermare questi semplici principi ho tirato in ballo il tempo, il principio di causalità, l'idea di eternità e la sua progressiva mitigazione e altro ancora.

Su quanto ho scritto però aggiungo alcune precisazioni a gino @baleng che cercherò di esporre con stile meno contorto.
La prima precisazione è sulla idea e percezione del tempo.
Giustamente @Cris70 ha sottolineato citando Zaza che vi sono diverse possibili idee del tempo.
Io aggiungo che l'idea che si è affermata nella cultura occidentale è quella di Einstein nella relatività che peraltro non mi soddisfa affatto e che lo stesso Einstein ha rinnegato in vecchiaia. La questione nella relatività è tutto sommato semplice, noi percepiamo il tempo solo attraverso la trasformazione delle cose e quindi attraverso i sensi. Senso principe è la vista e mezzo per l'osservazione è la luce. Visto e considerato che la velocità della luce è costante (nel vuoto) questo comporta alcuni vincoli all'osservazione e ne compone le caratteristiche di determinazione del tempo percepito.
Questa idea porta delle conseguenze anche paradossali e la sua validità è ovviamente limitata al dominio della scienza osservabile, cercare come è stato fatto di darle una valenza universale è una delle castronerie più grosse messa in piedi da molti pensatori minori.
Unica valenza vera di questa esposizione di Einstein è quella di far comprendere come il tempo assoluto, il tempo intuito e descritto dal pensiero Kantiano è una affermazione di principio che può venire negata e discussa.

La seconda precisazione è quindi sul nichilismo.
Per inciso e per far comprendere proprio la parte relativa al nichilismo aggiungo che la negazione delle affermazioni di principio è il cardine della dissoluzione degli eterni. Per eterni la filosofia contemporanea (per esempio Severino) intende tutti i principi ritenuti veri e sui quali si fonda il pensiero filosofico e la cultura occidentale.
Il processo di dissoluzione degli eterni è quel processo che mette in discussione tutte le cose credute vere, si assiste ad una vera ecatombe delle idee ritenute vere.
Ho citato Hume, Schopenhauer e Nietzsche come tappe del processo di negazione delle idee ritenute vere ed eternamente valide.
Home mise in discussione il principio di causa-effetto sostenendo che non fosse dimostrabile la sua valenza.
Schopenhauer mise in discussione il principio di una realtà rappresentabile sempre e comunque attraverso modelli raziocinanti e coerenti evidenziando il concetto di irrazionalità nella espressione delle volontà in lotta.
Nietzsche mise in discussione lo stesso concetto di Dio, affermando che fosse morto.
Queste tre tappe sono progressive, non potrebbe comprendersi Nietzsche senza comprendere Schopenhauer e non potrebbe comprendersi Schopenhauer senza comprendere Hume. La storia del pensiero 'evolve' nel senso che vi sono delle tappe raggiunte dai pensatori che pongono dei paletti e fungono da trampolino verso altre mete di pensiero. Esiste una 'storia' della filosofia proprio perchè esiste questo processo progressivo e basato su tappe legate le une sulle altre.

Tornando all'Arte anche la storia dell'Arte ha un senso se si identificano delle tappe che hanno anch'esse la caratteristica di fungere da trampolino per altre ulteriori sviluppi, se non si fa questo non si può parlare di Storia dell'Arte.
Il discorso sulla convenzione significa semplicemente che il mercato che persegue per fini suoi strutturali la convenzione non è detto che sia positivo per quanto riguarda il riconoscimento e la valorizzazione delle espressioni artistiche. La storia dell'arte però si basa sulle espressioni che hanno la valenza adatta al porsi all'interno di una storia.

per @Cris70: alla fine non ci hai detto cosa pensi Zaza (immagino ti riferissi a lui per nella tua cena) sulla convenzione dell'Arte.
per @Loryred : penso sia corretto identificare il tempo come galantuomo che separa il valore dal resto ma spero non sia solo una nostra idea destinata a rimanere tale.
 
Ultima modifica:
Certo che risponderò :bow: (comunque non mi riferivo affatto ad Einstein)

Intanto, chiaro che non siamo gli unici a porci il problema

dal Gazzettino di oggi
Cambia il concetto del tempo lineare
Il concetto del tempo che non esiste è stato trattato lungamente anche da Giuliana Conforto, astrofisica e docente di meccanica classica e quantistica, autrice di innumerevoli libri. «Lo spazio si può comportare come una sala di specchi curvi e selettivi, capaci cioè di distorcere distanze e dimensioni dei corpi, mostrare che le immagini sono ombre delle idee, cioè illusorie - spiega -. La vera potenza è la coscienza umana, finora paralizzata dalla paura di una mente che crede di essere sola e abbandonata su un pianeta senza risorse, cioè crede allo spazio “vuoto”, promosso dalle scienze, e al tempo unico come base di tutte le discipline. Sono leggi di natura? No, sono invenzioni umane dettate dalla voluta ignoranza che i tempi sono infiniti come i mondi». «L’universo osservato è un ologramma, una matrix, o realtà virtuale. Non invito a credere a me, ma a verificare la validità delle idee dominanti - la vacuità dello spazio, la linearità del tempo, la solidità della materia - e le conseguenze laceranti che derivano dal credere nelle stesse».
Apperò!
 
Per ora non rispondo a Fabio e non ho visto Zaza su internet. Si farà.
Intanto, comunque, è bene notare questo: stiamo indirettamente parlando del concetto di libertà. Se il tempo delle cose inanimate (quello che noi, assurdamente, prendiamo a misura del nostro tempo) procede dalle loro modifiche, in quanto dipendenti da leggi meccaniche si tratta di un tempo privo di libertà. All'estremo opposto, l'uomo, nella sua libera scelta (quando cioè si pone fuori dal mondo fisico per poi agire in esso) determina la direzione del futuro, cioè decide liberamente quali modifiche debbano avvenire.
Ora, l'artista, nella sua azione trasformatrice, crea un futuro. Solo che l'attuazione di questo deve passare attraverso il riconoscimento generale: le immagini artistiche riconosciute valide sono quelle che poi si vedono spesso. L'alternativa è l'azione ripetuta, subconscia, delle immagini: per esempio con la pubblicità (perché mica solo l'arte trasforma) gli stimoli vengono inviati anche subconsciamente, cioè senza che avvenga un giudizio e riconoscimento di validità.
Il fatto è che chi decide sulla validità lo può fare secondo linee differenti. Riferendosi a certi valori. Considerando l'appetibilità commerciale. Per legami di confraternite. Eccetera. In queste scelte trova spazio il concetto di convenzione: infatti esse dipendono da quale sia l'interesse che si vuole difendere, dall'interesse economico di alcuni sino al puro interesse per i destini dell'umanità (quest'ultimo l'unico che noi usualmente attribuiamo agli artisti veri).
Il problema della diffusione delle immagini è un tipico problema di comunicazione. Il grande artista isolato, sinché non viene scoperto, non influisce. Il programma televisivo becero ed insulso è potenzialmente in grado di "agire sul futuro" di milioni e milioni di persone. Ma è un problema che viene dopo quello della creazione, come sa chiunque vada in cerca di notorietà. Pertanto un artista che crei in funzione della comunicazione diviene schiavo delle convenzioni sociali, la sua funzione sarà di retroguardia.
(Personalmente smisi di "fare l'artista" quando mi resi conto dell'invasività di questa incombenza: sino al 90% del tempo quotidiano.)
 
Caro Holly, a parere dell'Artista con il quale ho cenato e di almeno altri due (tutti e tre top level e 70enni) con i quali ho avuto modo di disquisire dell'argomento in questi giorni di Artissima ...

... la vera Arte e' quanto di più lontano ci possa essere dalle convenzioni!
E la loro univoca spiegazione e' semplice: quando viene prodotta può essere percepita come "di rottura", ma mai compresa appieno per assenza appunto di "convenzioni" (ma sto banalizzando) per decodificarla.

Non ti nascondo che se da un lato mi hanno smontato, da un altro punto di vista hanno validato il mio approccio innato a fermarmi a riflettere quando non capisco
 
Caro Holly, a parere dell'Artista con il quale ho cenato e di almeno altri due (tutti e tre top level e 70enni) con i quali ho avuto modo di disquisire dell'argomento in questi giorni di Artissima ...

... la vera Arte e' quanto di più lontano ci possa essere dalle convenzioni!
E la loro univoca spiegazione e' semplice: quando viene prodotta può essere percepita come "di rottura", ma mai compresa appieno per assenza appunto di "convenzioni" (ma sto banalizzando) per decodificarla.

Non ti nascondo che se da un lato mi hanno smontato, da un altro punto di vista hanno validato il mio approccio innato a fermarmi a riflettere quando non capisco

Mi conforta, era quello che tentavo di scrivere dicendo che i "veri artisti", nel senso di chi porta avanti una propria ricerca originale, per sensibilità e capacità di lettura della realtà sono in anticipo sui tempi e spesso restano incompresi dalla maggioranza dei contemporanei.
Poi anche tra gli artisti c'è chi più o meno asseconda le tendenze del mercato e le richieste dei committenti o ne subisce il condizionamento, del resto accadeva anche per gli autori più affermati della storia dell'arte, da quanto letto di Pinturicchio ad es. emergeva un tratto piuttosto avido e puntiglioso...

Quello che mi domando è il livello di consapevolezza dell'artista sul fatto che quanto produce è destinato al mercato, o se è viceversa spinto da una propria esigenza individuale e dalla constatazione di non poter fare altro e su come i due aspetti siano collegati... Ammetto di avere forse una visione troppo romantica che qualcuno probabilmente contesterà.
Ammetto che nell'arte contemporanea esiste anche una componente molto più teorica e razionale che credo renda la produzione artistica più simile alla pubblicazione scientifica o dei risultati di una ricerca, da condividere e comunicare.

Forse il tema era altrove richiamato da Heimat come pure ricordo una considerazione di Gino, spero di non sbagliare, sul fatto che "arte è sofferenza", che io ho sempre riferito a "verità/autenticità" dell'essere artista e come tale vivere l'arte con un'ipersensibilità ed una sorta di "nervo scoperto".
 
Forse il tema era altrove richiamato da Heimat come pure ricordo una considerazione di Gino, spero di non sbagliare, sul fatto che "arte è sofferenza", che io ho sempre riferito a "verità/autenticità" dell'essere artista e come tale vivere l'arte con un'ipersensibilità ed una sorta di "nervo scoperto".[/QUOTE]

Ho avuto vari riscontri al riguardo. Un artista in particolare al quale sono molto legato mi ha espresso più volte la sua percezione di inattualità dei suoi lavori rispetto al periodo che stiamo vivendo. Un altro ha scritto un pensiero (cito a memoria) ...siamo fomentatori di posteri.
 
Mi conforta, era quello che tentavo di scrivere dicendo che i "veri artisti", nel senso di chi porta avanti una propria ricerca originale, per sensibilità e capacità di lettura della realtà sono in anticipo sui tempi e spesso restano incompresi dalla maggioranza dei contemporanei.
Poi anche tra gli artisti c'è chi più o meno asseconda le tendenze del mercato e le richieste dei committenti o ne subisce il condizionamento, del resto accadeva anche per gli autori più affermati della storia dell'arte, da quanto letto di Pinturicchio ad es. emergeva un tratto piuttosto avido e puntiglioso...

Quello che mi domando è il livello di consapevolezza dell'artista sul fatto che quanto produce è destinato al mercato, o se è viceversa spinto da una propria esigenza individuale e dalla constatazione di non poter fare altro e su come i due aspetti siano collegati... Ammetto di avere forse una visione troppo romantica che qualcuno probabilmente contesterà.
Ammetto che nell'arte contemporanea esiste anche una componente molto più teorica e razionale che credo renda la produzione artistica più simile alla pubblicazione scientifica o dei risultati di una ricerca, da condividere e comunicare.

Forse il tema era altrove richiamato da Heimat come pure ricordo una considerazione di Gino, spero di non sbagliare, sul fatto che "arte è sofferenza", che io ho sempre riferito a "verità/autenticità" dell'essere artista e come tale vivere l'arte con un'ipersensibilità ed una sorta di "nervo scoperto".

Ho avuto vari riscontri al riguardo. Un artista in particolare al quale sono molto legato mi ha espresso più volte la sua percezione di inattualità dei suoi lavori rispetto al periodo che stiamo vivendo. Un altro ha scritto un pensiero (cito a memoria) ...siamo fomentatori di posteri.

Condiviso entrambe le riflessioni. L'Arte ovviamente nasce da una necessità interiore del singolo, questa necessità può avere cause molto diverse, può derivare da dolore e sofferenza, da indole unita ad una formazione specifica, ecc. ecc.
Questo non toglie che per assumere un valore universale l'arte deve travalicare il singolo e assumere una valenza per un gruppo sociale quanto più allargato.
E' questo l'aspetto che rende simile l'espressione artistica ad un linguaggio non verbale, è per questo aspetto anche una forma di comunicazione.
L'importanza di una nuova forma artistica sta ovviamente anche nella sua originalità e nei suoi possibili sviluppi ulteriori.
Io posso avere gli stessi tormenti o inclinazioni di altre centinaia di persone e produrre, per esprimere queste mie caratteristiche, delle opere già viste, oppure delle opere magari non ancora viste ma senza prospettive...ecco che il valore artistico, il valore per la storia dell'arte sarà scarso.

Personalmente io credo che se nella produzione di un artista si veda originalità di pensiero unita ad una originalità di produzione si possa bene predisporsi verso lo stesso, sicuri di trovarsi di fronte ad un possibile valore artistico. Se questo poi si tradurrà in qualcosa di significativo per la storia dell'arte dipenderà anche da fattori endogeni.
 

Users who are viewing this thread

Back
Alto