Le bolle speculative

tontolina

Forumer storico
Sistemi complessi e bolle speculative
di Paolo Buro
http://www.saperinvestire.it/index.php?option=com_content&task=view&id=767&Itemid=231

Il mercato finanziario è un tipico esempio di sistema complesso, ossia di una rete di interrelazioni tra gli attori (agenti economici e istituzioni) che, a livello aggregato, determinano la dinamicità dei mercati, compresi tutti quei fenomeni anomali, come le bolle speculative, che fanno discostare in modo vistoso i prezzi, nel breve periodo, dal loro regolare andamento di medio-lungo periodo

Un sistema si dice complesso quando non può essere analizzato isolando le singole unità che lo compongono, ma è necessario indagare le relazioni che legano le sue componenti e le relative interazioni. Tutto questo cosa significa? Significa che non è semplice spiegare i fenomeni che governano i mercati finanziari, tanto più quelli generalmente definiti anomali, che sfuggono al raziocinio delle leggi economiche e finanziarie.
Per una migliore comprensione dei processi dinamici dei mercati finanziari, non si può studiare quindi un singolo aspetto, ma bisogna considerare il fenomeno nella sua interezza, considerando sia fattori endogeni sia fattori esogeni.

In verità, i mercati finanziari, come tutte le organizzazioni costituite dall’uomo, sebbene trovino principio nella massimizzazione di una funzione di utilità, rimangono pur sempre regolati da un insieme di scelte e decisioni compiute da uomini e, pertanto, passibili di essere influenzati da tante variabili come quelle sociali, economiche, politiche ed emotive.

La direzionalità dei mercati finanziari, ossia l’alternanza più o meno lunga di periodi di sviluppo e di periodi di contrazione, trae origine e si alimenta dalle interrelazioni dei suoi attori i quali conferiscono ai mercati la loro vitalità.

L’ortodossia finanziaria ha ipotizzato che tutti gli agenti che operano sui mercati finanziari siano razionali, ossia che tutti i processi comportamentali degli agenti, che portano ad una o più scelte economiche, vengano prese per trarre il massimo vantaggio. Tuttavia, nei mercati finanziari tale ipotesi non sempre viene rispettata dai comportamenti degli investitori, i quali, in determinate situazioni, sono definiti irrazionali poiché non rispettano le ipotesi descritte.

Secondo i tradizionali modelli economico-finanziari, alcune sequenze di eventi anomali, che allontanano i prezzi delle attività finanziarie dal loro valore intrinseco, ossia dal valore che avrebbero avuto in condizioni di mercati efficienti, sono da ritenersi improbabili o meglio impossibili da verificarsi. Questi eventi, di cui le bolle speculative e i relativi crash sono un esempio emblematico, solo all’apparenza sono improbabili, mentre nella realtà caratterizzano il mondo dei mercati finanziari fin da quando hanno avuto origine.

Le bolle speculative rilevate nei mercati, non solo finanziari, sono caratterizzate da un aumento abnorme del prezzo e delle transazioni di un certo titolo, che non trova giustificazione e reale sostegno nei dati finanziari fondamentali del titolo stesso.

La storia ha fornito diversi eventi speculativi, in cui i prezzi di mercato, invece di seguire determinate regole, avevano un andamento del tutto casuale, che veniva spiegato con motivazioni prive di qualsiasi razionalità e giudizio.
 
Che cosa è un sistema?

Che cosa è un sistema?
di Paolo Buro
http://www.saperinvestire.it/index.php?option=com_content&task=view&id=781&Itemid=231


Nell’articolo introduttivo abbiamo visto come i mercati finanziari possano essere considerati sistemi dinamici complessi; ma cosa è un sistema? Quali sono le sue principali caratteristiche? Prima di disquisire di complessità e di caos che governano le logiche dei mercati finanziari, facciamo un passo indietro e definiamo il termine sistema



Senza renderci conto siamo circondati da sistemi più o meno complessi che a loro volta fanno parte di sistemi più grandi. Tutto può essere un sistema o far parte di un sistema. Lo stesso essere umano è un sistema che vive in un mondo di sistemi.

Facciamo un piccolo esempio; in quanto esseri umani facciamo parte di un sistema familiare, che a sua volta è inserito e si relaziona in una comunità locale che, insieme con altre comunità, costituiscono città, regioni e nazioni. Tutte queste relazioni o meglio connessioni che legano le parti tra loro, cioè, nel nostro esempio dal sistema familiare fino alle nazioni, possono essere definiti sistemi, ma al contempo sottosistemi di un qualche altro sistema più grande. Lo stesso pianeta terra è un sistema che fa parte del sistema solare, di una galassia e persino dell’universo.

A questo punto definiamo il termine sistema: un sistema può essere definito come un insieme di elementi (individui, imprese, mercati finanziari) in relazioni tra loro che agiscono come un’entità singola. Gli elementi di un sistema poiché sono tra loro, in qualche misura, collegati da una grande varietà di legami, si influenzano e si condizionano reciprocamente.

Il sistema “finanziario” in relazione proprio alle molteplici e continue interazioni tra gli agenti subisce o meglio si evolve verso un particolare “stato”. I mercati finanziari non sono mai in equilibrio, tendono sempre ad una condizione di transizione di “stato” che a volte può essere alquanto anomala. Basta pensare come nei mercati finanziari i fenomeni speculativi, alimentati da una serie di meccanismi di persistenza e di autoalimentazione, fanno modificare lo stato del mercato che passa verso un’ulteriore condizione.

Ecco perché le dinamiche comportamentali degli attori di un sistema, proprio perché frutto di molteplici interazioni sono difficili da prevedere.

Nei sistemi complessi come i mercati finanziari non è possibile analizzare il tutto come la semplice somma dei suoi componenti, in quanto di fronte a manifestazioni di complessità, tipica dei mercati, è lecito considerare il sistema da un punto di vista globale.

Un sistema è, quindi, costituito da una grande varietà di elementi, di connessioni e di correlazioni tra le parti e ogni elemento di un sistema possiede funzioni specializzate. I sistemi complessi, come abbiamo visto, sono costituiti da elementi eterogenei che si influenzano localmente; ogni elemento che appartenente al sistema interagisce con gli altri e, da queste interrelazioni locali, emergono fenomeni globali complessi, che non sono ipotizzabili ex ante, anche se si conoscono i singoli elementi e i legami che intercorrono tra loro.

Se guardiamo i mercati finanziari, si nota come ogni parte di tale sistema (investitori, intermediari finanziari, istituzioni, Stato, imprese) partecipa alla “vita” e all’evoluzione dello stesso sistema e ogni elemento possiede una determinata funzione e l’interrelazione tra le parti determina la complessità di tale sistema.

Vediamo un esempio più vicino a noi. Nel nostro corpo umano esistono e si relazionano tra loro, come un’unità globale, il sistema nervoso, il sistema sanguigno, il sistema digerente. Tutte queste parti possano essere analizzate separatamente oppure si può osservarne il funzionamento congiunto nell’ambito del più grande sistema del corpo umano.

Ovviamente più connessioni, quindi più legami, sono presenti in un sistema, maggiori saranno le influenze reciproche tra gli agenti e maggiore sarà la complessità presente in quel determinato sistema.

Tutto questo porta a stabilire che la varietà, l’intreccio e la complessità dei legami e delle connessioni che si vanno a formare e ad evolversi nel tempo in un determinato ambiente è caratterizzato non dalla staticità bensì da una dinamicità costante. Infatti, se un sistema fosse statico, e quindi senza connessioni tra le parti, sarebbe una struttura in stato di quiete, senza evoluzione, cosa che come si vede, nella realtà tutto muta, si trasforma, insomma non si ferma mai.

La realtà è complessità!!
 
Le crisi finanziarie

Le crisi finanziarie
di Paolo Buro
http://www.saperinvestire.it/index.php?option=com_content&task=view&id=794&Itemid=231

Le crisi finanziarie rappresentano manifestazioni di fragilità di un sistema economico-finanziario. Questa fragilità può interessare e rimanere circoscritta semplicemente ad un ambito locale, cioè ad una singola nazione o area economica, oppure propagarsi ad intere economie e mercati finanziari mondiali


Partendo dal presupposto che non è detto che gli avvenimenti passati possano riproporsi nella stessa modalità e uguale intensità nel futuro, è anche lecito affermare che non si possono comprendere al meglio i fenomeni legati alle crisi finanziarie se non si conoscono le modalità e le dinamiche attraverso cui nel passato si sono presentate.

In linea generale si può affermare che alla base delle crisi finanziarie si rileva un’ondata di ottimismo, riscontrabile in ogni ambito del sistema economico-finanziario, originata da un’evoluzione favorevole dell’economia reale. L’ottimismo, o meglio le aspettative positive legate ad un futuro migliore, contribuiscono ad una sottovalutazione del rischio, ad una facile apertura verso il credito sia da parte delle istituzioni creditizie sia da parte degli investitori.
L’interazione di questi fattori e di altri ancora determinano rialzi fuori dalla norma dei prezzi sui mercati.

Fattori come la liberalizzazione economica, la scoperta di nuove risorse o lo sviluppo di nuove tecnologie spingono l’economia ad una forte crescita ed ad un ottimismo dilagante.
Basta pensare che nel periodo di forte crescita economica si può riscontrare un allentamento da parte degli intermediari finanziari degli standard creditizi come ad esempio l’applicazione di clausole cautelative e requisiti di garanzia meno stringenti.

Generalmente nei periodi di espansione e di euforia si ha la sensazione di essere stati proiettati in una nuova era, dove il futuro diventa meno incerto e i sogni più vicini.

Ma nel momento in cui le aspettative diventano più realistiche, perché in qualche modo la storia torna a ripresentarsi con guerre, inflazioni, recessioni, disoccupazione, si rende necessario rimuovere le disarmonie accumulate nella fase di espansione, e tutto ciò può determinare rilevanti alterazioni sia nel sistema finanziario sia nell’economia reale.

La propensione degli investitori, imprenditori e degli stessi intermediari finanziari a privilegiare un ottimismo esagerato durante la fase boom, può trovare spiegazione nella teoria delle distorsioni cognitive.

Infatti quando gli individui devono attribuire ai possibili esiti di una situazione un grado di rischio o di probabilità di accadimento, essi tendono a mostrare la cosiddetta ”miopia per le catastrofi”, cioè danno un peso poco rilevante a eventi rischiosi con bassa probabilità.

Vi è inoltre una tendenza dei singoli a ridurre la cosiddetta “dissonanza cognitiva”, per cui l’informazione è normalmente interpretata in maniera da confermare le convinzioni preesistenti.


Nel corso di una crisi finanziaria si possono presentare generalmente queste fasi:

1- un mutamento nel settore economico di dimensioni tali da generare un cambiamento nelle aspettative;
2- la paura di insolvenze da parte di alcune istituzioni finanziarie;
3- una tendenza generalizzata a convertire attività reali e titoli poco liquidi in moneta;
4- concreti segni di insolvenza da parte di alcune banche commerciali ed altre istituzioni finanziarie, quando il valore dell’attivo di bilancio si riduce a seguito della caduta del corso dei titoli;
5- il verificarsi di corse al ritiro dei depositi, inizialmente concentrate soprattutto nei confronti di quelle banche ritenute più concretamente esposte al rischio di insolvenze. Da tali ritiri si può generare una psicosi collettiva che, facendo aumentare la paura di perdite sui depositi, conduce ad un generale panico bancario;
6- una riduzione dell’offerta di moneta in conseguenza del panico bancario, sia attraverso la caduta del rapporto deposito/circolante da parte del pubblico che del rapporto deposito/riserve di liquidità da parte delle banche;
7- una recessione nell’attività economica ed un calo del livello dei prezzi a seguito della caduta dell’offerta di moneta e della sua velocità di circolazione;
8- un declino nei profitti e nella ricchezza, seguito da una crescita dei fallimenti;
9- una crisi generalizzata dei debitori prodotta dal declino dei prezzi dei titoli e dalla ulteriore caduta dei prezzi.
 
Le crisi finanziarie: l’interpretazione monetarista

Le crisi finanziarie: l’interpretazione monetarista
di Paolo Buro
http://www.saperinvestire.it/index.php?option=com_content&task=view&id=805&Itemid=231

Si possono distinguere diversi orientamenti da parte degli studiosi nell’analisi delle crisi finanziarie. In questo articolo ci occuperemo dell’interpretazione monetarista

Le teorie, non fanno eccezione quelle economiche, nascono dall’osservazione degli eventi che si manifestano nel mondo reale, economico e finanziario e danno modo, a loro volta, agli studiosi di osservare, decifrare e di nuovo riosservare.

Infatti l’etimologia della parola “teoria” deriva dal greco “theorein”, che significa appunto osservare; “non vi è osservazione senza teoria, né teoria senza osservazione”.

Bisogna altresì sottolineare che per comprendere meccanismi e funzioni delle teorie delle crisi finanziarie, sarebbe necessario anche penetrare il contesto storico-politico in cui tali studiosi vissero.

Le teorie economiche riflettono il tempo e la visione del mondo di coloro che osservano e indagano gli eventi. Infatti gli studiosi sono collocati in un determinato contesto storico e le teorie proposte sono frutto oltre che delle osservazioni degli eventi, dei loro interessi e aspirazioni.

Per i monetaristi riveste un ruolo di cruciale importanza la funzione della moneta che consente ad essi di mettere in rilievo, il ruolo centrale esercitato dai “panici” bancari nei fenomeni di crisi.

Per la scuola monetarista il panico bancario può aver luogo a seguito della perdita di fiducia del pubblico dei risparmiatori per la capacità di una o più banche, di convertire a richiesta i depositi in contanti.

Per i monetaristi gli effetti reali delle crisi finanziarie sarebbero dati essenzialmente nell’accelerazione di una recessione la cui origine è da imputare ad altri fenomeni economici.

I monetaristi, tra cui Friedman, assegnano un ruolo primario alle autorità monetarie nella prevenzione delle crisi finanziarie, autorità che devono provvedere alla liquidità necessaria al sistema bancario, per fronteggiare le crisi finanziarie.

Altro rilevante strumento come funzione di prevenzione delle crisi finanziarie per i monetaristi è l’assicurazione di deposito, esso permette di aumentare la stabilità degli aggregati monetari; infatti l’assicurazione svincola le sorti del depositante da quello della banca e rimuove, a priori, il timore del pubblico di subire delle perdite sui propri depositi.

Per Flannery, sempre della scuola monetarista (1996), in un’economia evoluta si può parlare di crisi finanziaria quando alcune grandi banche, o numerose banche di dimensioni minori, si trovano in uno stato di shock di liquidità, poiché i loro creditori hanno il timore che gli istituti in breve tempo possano essere insolventi, inoltre, questo evento rende incerti i prestatori privati circa l’adeguatezza delle loro tecniche tradizionali di giudizio ed elaborazione delle informazioni.
 
Le crisi finanziarie: l’approccio del ciclo economico

Le crisi finanziarie: l’approccio del ciclo economico
di Paolo Buro
http://www.saperinvestire.it/index.php?option=com_content&task=view&id=819&Itemid=231

L’approccio del ciclo economico si caratterizza per l’attenzione che gli studiosi prestano alla dinamica del sistema economico nella ricerca delle cause primarie delle crisi finanziarie

La tesi sostenuta è che la crisi finanziaria sarebbe una conseguenza dell’instabilità che si instaura nel passaggio da una fase espansiva ad una recessiva, in quanto nella fase di rapida crescita economica si determinano delle modificazioni nelle strutture finanziarie che rendono il sistema particolarmente incline agli squilibri.

L’elemento dell’analisi che sembra innovativo è l’irrazionalità che prevale nella fase di crescita. Le cause del suo verificarsi, quindi, sarebbero intrinseche al sistema stesso. Se le cause delle crisi finanziarie sono riconducibili al ciclo economico, il rimedio è quello di ridurre le oscillazioni del reddito nazionale attraverso l’attuazione di una politica economica anticiclica.

Kindleberger, (1978/1996), associa le crisi finanziarie ai momenti culminanti del ciclo economico, cioè in quella fase in cui il ciclo, giunto al livello massimo di espansione, si inverte, per dare inizio ad una fase di contrazione, con conseguenze che interessano l’intera economia internazionale.
Secondo Minsky e Kindleberger, quindi, le crisi finanziarie si manifestano in corrispondenza dell’inversione del ciclo economico da una fase espansiva ad una di contrazione, con la conseguenza di cadute di prezzi dei titoli, fallimenti di aziende bancarie e non, deflazione e svalutazione, crollo dei mercati finanziari e valutari.

Secondo l’approccio di Kindleberger, come si vedrà dettagliatamente in seguito, qualunque disturbo rilevante può avere conseguenze per l’intera economia reale e questo giustificherebbe l’opportunità di accordare ampia discrezionalità alla banca centrale. Inoltre, gli autori citati non escludono dalla loro analisi lo studio di fenomeni, come il panico, le manie e l’euforia, spesso associati all’irrazionalità della massa o comunque alla sua psicologia.

Secondo Minsky l’ipotesi di instabilità finanziaria pone le sue fondamenta nel presupposto che il sistema capitalistico, nella sua dinamica evolutiva, dia luogo a delle crisi di origine puramente finanziaria. L’economia è soggetta nella sue manifestazioni reali ad una legge entropica che, attraverso un’evoluzione ricorrente nel tempo, conduce irrimediabilmente verso un maggiore disordine: nessuno stato ciclico può trovarsi in una condizione di staticità perenne o avere durata illimitata, ciascuno di essi mette in moto delle forze che tendono a rovesciarlo.

L’instabilità finanziaria secondo Minsky non è dunque il risultato di politiche economiche sbagliate o di assetti istituzionali inadeguati ma è un elemento connaturato nei sistemi capitalistici.

Se in una fase di espansione dell’economia, si assiste ad un elevato eccesso di indebitamento, derivante dalla diffusione di uno stato di ottimismo generale, l’attività di investimento delle imprese sostiene un clima di fiducia che spinge le medesime ad ulteriori investimenti, e allo stesso tempo, induce il settore bancario a nuovi finanziamenti, determinando in questo modo un meccanismo cumulativo di euforia.

Infatti al crescere degli investimenti effettuati dalle imprese e con un’espansione dell’economia, ne segue un aumento dei profitti, ammontare dei quali permette di ripagare le banche dei debiti contratti. Ciò accresce la fiducia che le banche ripongono nei propri clienti invogliandole a concedere nuovi crediti. Ma l’indebitamento delle imprese se portato all’eccesso, determina la successiva crisi. Lo stato di eccessivo indebitamento trova quindi fondamento nella presenza di nuove opportunità di investimenti con le prospettive di grandi profitti, che si possono ottenere grazie a nuove invenzioni, nuove industrie, disponibilità di nuove risorse o di nuovi mercati.

Irving Fischer scrive: “Quando un investitore ritiene di poter ricavare più del 100% all’anno, prendendo a prestito al 6 %, sarà tentato a indebitarsi, e di investire o speculare con la moneta presa a prestito. Questa è una delle cause principali che ha portato all’eccesso di indebitamento del 1929. le invenzioni e il progresso tecnologico avevano creato straordinariamente opportunità di investimento e causato grossi debiti”.

Un altro orientamento, alternativo alle teorie tradizionali evidenziate fino ad adesso, è riconducibile alla teoria delle aspettative razionali, attraverso cui si è cercato di realizzare dei modelli di crisi, che spiegano alcuni eventi che si manifestano propriamente nel corso della crisi, interpretati dalla tradizione economica mediante il riferimento a comportamenti irrazionali.

Gli individui dal punto di vista decisionale sono tutti uguali, cioè razionali, ma sono anche bene informati e quindi mediamente infallibili. Cosi, l’aspettativa per un evento resta privo di soggettività e corrisponde ad una semplice speranza matematica, quantificata avvalendosi di tutte informazioni disponibili.

Alcuni economisti, utilizzando modelli tramite aspettative razionali, hanno introdotto il concetto di bolla speculativa, cioè: forti rialzi dei prezzi non in linea con i fondamentali di mercato. In questo ultimo caso, le corse al ritiro dei depositi da parte delle persone non troverebbe spiegazione nella la paura del pubblico di insolvenza delle banche, quanto, piuttosto per operazioni speculative, dirette a conseguire un ricavo.

Tali manovre speculative sono rese operative attraverso imponenti ritiri di fondi dal sistema bancario, per indurre variazioni dei prezzi dei titoli e dei tassi di interesse nella direzione desiderata.

Tale interpretazione è in contrasto con quella della crisi di Kindleberger che si basa sul concetto irrazionale di euforia che precede il panico.

In conclusione si può affermare cha alle teorie delle crisi finanziarie manca un approccio capace di spiegare in maniera completa ed esaustiva tutte le varie tipologie di crisi.

Si veda a questo punto cosa sostiene Kindleberger in una sua conferenza: “ Spero, in queste conferenze, di andare oltre questo interesse per una migliore teoria, per tentare di dimostrare un punto che forse non ha bisogno di essere dimostrato, e cioè che non esistono una teoria economica o modelli onnicomprensivi che illuminano la storia economica, e che per gli storici dell’economia aggrapparsi ad un’unica teoria, o a una teoria centrale, è fuorviante e in generale sbagliato […].

Kenynes una volta disse che gli economisti, così come i dentisti, dovrebbero guardare con modestia al proprio mestiere, e non utilizzarlo per spiegare tutti i misteri della vita, nel caso dei dentisti, o dei rapporti sociali, nel caso degli economisti.

E ritengo che Keynes pensasse anche che, come i dentisti, dobbiamo aver numerosi utensili nel nostro armamentario per analizzare i problemi e i fatti economici […]. Un anno fa mi capitò di vedere un argentiere ad una mostra con una panoplia di sessanta martelli, ciascuno leggermente diverso dagli altri. Mi disse che un gioielliere può averne cinquecento, e utilizzarne costantemente un centinaio, per operazioni solo leggermente differenti l’una dall’altra. Il punto è lo stesso. Lo storico dell’economia o l’economista che cerca di mettere alla prova la propria analisi utilizzando i dati forniti dalla storia dovrebbe essere disposto a posare una legge o un modello, e a prenderne un altro, quando la situazione da spiegare lo richiede, senza insistere per utilizzare lo stesso strumento […].

Bisogna stare attenti a non lasciarsi talmente affascinare da una data legge, che riguarda solo una parte del sistema, da ritenerla necessaria e sufficiente a spiegare come l’economia planetaria sia giunta alla situazione attuale.”
 
Le teorie del ciclo economico

Le teorie del ciclo economico
di Paolo Buro
http://www.saperinvestire.it/index.php?option=com_content&task=view&id=862&Itemid=231

Le teorie del ciclo economico possono essere distinte in due categorie: quella delle teorie esogene, che individuano le cause delle fluttuazioni all’esterno del sistema economico; e quella delle spiegazioni endogene, che mettono l’accento su cause economiche


Nel 1862 Clement Juglar padre del “ciclo economico” pubblica «Des Crises commerciales et leur retour periodiques en Frances, en Angletterre et aux Etas Unis», testo in cui per la prima volta le crisi non vengono considerate come fenomeni isolati o eventi sporadici, ma sono messe in relazione all’andamento ciclico delle economie, in cui l’alternanza di diverse fasi mostra un andamento ricorrente.

Durante la dinamica evolutiva di lungo periodo (trend) di un sistema capitalistico tendono a manifestarsi fenomeni di durata inferiore che tendono ad essere:

- alcuni puramente accidentali come quelli causati da guerre, epidemie, catastrofi;
- altri ricorrenti in modo periodico o “stagionale”, come l’aumento delle vendite di alcuni beni e servizi durante il periodo natalizio, o durante quello estivo;
- altri ricorrenti ma non periodici come appunto le oscillazioni rappresentate da un intervallarsi di fasi di espansione e di contrazione, dette fluttuazioni cicliche o cicli economici.

Le crisi finanziarie possono essere dunque interpretate come fasi minori di un unico processo globale attraverso cui il mercato capitalistico cresce seguendo una tendenza costante di lungo periodo.
c1.gif


Ciascuna fluttuazione ha inizio a partire dal “pavimento”, un punto di minimo dell’attività economica che rappresenta la base di partenza della fase di espansione successiva. Dopo che quest’ultima si è protratta per un tempo sufficientemente lungo l’economia raggiunge un picco, definito come il punto più elevato del ciclo economico, a partire del quale ha inizio una fase di contrazione. Un ciclo completo si estende dunque da un pavimento a quello successivo, comprende ovviamente anche il picco intermedio.

A questo punto della trattazione bisogna domandarsi se le serie storiche economiche nella loro tendenza nel tempo siano o no dipendenti da quelle passate.

Se le osservazioni successive sono dipendenti da quelle passate, allora i valori futuri risultano prevedibili dalle osservazioni passate. In questo caso si dice che la serie è deterministica. Ma tuttavia le serie storiche sono per la maggior parte delle volte stocastiche (o casuali) e ciò comporta che i valori successivi di una serie sono definiti dai valori passati solo in modo parziale.

Studiare la dinamica di un fenomeno economico nel tempo non vuol dire che sia il tempo a spiegare la sua tendenza. Indagando l’andamento di uno o più manifestazioni economiche nel tempo, si intende riscontrare l’esistenza di regolarità oppure di casualità nel percorso temporale di una variabile.

Le serie economiche sono il risultato dell’effetto combinato di più componenti. Bisogna sottolineare che la variabile esaminata (serie storica) potrebbe descrivere solo uno degli aspetti di un fenomeno più articolato. Potrebbe, cioè, far parte di un sistema o meccanismo strutturale di più difficile interpretazione.

Una serie storica è costituita dalla seguenti componenti:

1) Il “Trend”: la tendenza evolutiva di fondo di un fenomeno preso in esame, cioè la componente di lungo periodo (definita anche secolare), È determinata dall’evoluzione strutturale del sistema economico e si rappresenta con movimenti regolari attorno ad una traiettoria ideale che si snoda in modo uniforme e graduale nel corso del periodo di osservazione. Si può dire che il Trend sia un sentiero predefinito in cui un fenomeno segue a piccoli passi per un lungo periodo di tempo. Il trend è determinato dallo sviluppo economico, dal progresso tecnico, dall’evoluzione dei costumi e delle abitudini, cioè fenomeni che per loro natura si manifestano con gradualità e molto lentamente. Per questo motivo il trend è considerato “fonte di una dinamica regolare”.

c2.gif


2) Il “ciclo” economico o componente congiunturale come le fluttuazioni pluriennali a periodicità non ricorrenti legate alle fasi espansive e di contrazioni di un sistema economico. E’costituito quindi dalle oscillazioni di medio periodo intorno al trend. Le fluttuazioni del ciclo determinano l’andamento congiunturale, caratterizzato dall’alternarsi di fasi di espansione e di recessione di medio periodo.

Infatti ad un periodo di espansione si alterna sempre un periodo di minore crescita o di depressione e viceversa, in modo che la dinamica descritta da questa componente sia di tipo oscillatorio attorno ad un valore medio. Il ciclo solitamente è associato al trend, cioè le fluttuazioni cicliche sono caratterizzate da una sequenza di valori superiori al trend seguiti poi da una serie di valori inferiori o viceversa.

c3.gif



3) La stagionalità o componente stagionale è costituita da quei movimenti oscillatori che tendono a ripetersi con una certa regolarità all’interno di un anno.
La componente stagionale quindi può essere descritta come il movimento all’interno dell’anno, generalizzato ad un sistema economico, non regolare nelle sue manifestazioni, determinato da una serie di fattori come i cambiamenti nel tempo, mutamenti di calendario, dalla sincronizzazione delle scadenze temporali ( dalle vacanze , periodi di pagamento delle tasse, etc.) o indirettamente attraverso le decisioni di consumo e di produzione. Le cause di tali fluttuazioni sono:


a) Calendario:

Le vacanze di Natale o di Pasqua e quelle estive influiscono sulla produzione, così come la presenza di un diverso numero di giorni lavorativi nei vari mesi, influenza le serie della produzione e del commercio estero.

b) Decisioni temporali:

Collocazione delle vacanze scolastiche, della fine delle sessioni universitarie, del pagamento di stipendi e dividendi, delle scadenze di pagamento delle tasse, sono tutte cause deterministiche e preannunciate di variazioni stagionali.

c) Tempo meteorologico:

I cambiamenti della temperatura e delle piogge hanno, ovviamente, effetti sull’agricoltura, sulla produzione, sulle costruzioni e sui trasporti.


4) La componente casuale o residuale mediante la quale è possibile osservare un “rumore bianco”, ovvero a fluttuazioni del tutto casuali come riportato nella figura sottostante:
c4.gif





Infine diamo una rappresentazione completa del ciclo economico come riportato su molti manuali universitari:

c5.gif
 
IL GURU DELLE BOLLE PUNTA ANCORA SUL TORO
http://www.wallstreetitalia.com/articolo.asp?ART_ID=471099
di M. Teresa Cometto
Vernon Smith ha vinto il premio Nobel per gli studi sui comportamenti degli azionisti nelle fasi di euforia. «I prezzi delle azioni sono equi. E crac simili al 2000 avvengono una volta in una generazione». Il Nasdaq vale ancora la metà di 7 anni fa.


--------------------------------------------------------------------------------
5 Giugno 2007 6:59 NEW YORK


Il contenuto di questo scritto esprime il pensiero dell' autore e non necessariamente rappresenta la linea editoriale di Wall Street Italia, che rimane autonoma e indipendente.
(WSI) – Il Toro a Wall Street corre ininterrottamente da quasi cinque anni, e i due principali indici azionari, il Dow Jones e l’S&P500, sono ai massimi storici, addirittura sopra i livelli toccati all’epoca dell’euforia irrazionale per la new economy. Ma la fine della fase di rialzo non è vicina e, soprattutto, non sarà caratterizzata da un crac stile primavera 2000 oppure ottobre 1987. Lo dice Vernon Smith, premio Nobel per l'Economia 1992, uno che di bolle speculative se ne intende, visto che le ha «create» e studiate in laboratorio con gli esperimenti che gli hanno valso il riconoscimento dell'accademia reale svedese delle scienze.

Secondo Smith oggi le azioni americane sono ragionevolmente valutate in Borsa, persino quelle tecnologiche e infatti — come ha recentemente rivelato al Wall Street Journal — ha investito in titoli di società medio-piccole biotech una parte dei suoi risparmi, quella che può permettersi di perdere con scommesse speculative (il resto è diversificato in fondi comuni). Fra i titoli nel suo portafoglio: Palomar medical technologies, Ariad Pharmaceuticals, Isis Pharmaceuticals e Sepracor, tutti quotati al Nasdaq.

Effetto globalizzazione Nel 1999, all'apice quasi della Bolla di Internet, Smith aveva avvertito che il mercato era in condizioni pre-crollo. Ma oggi crede che la globalizzazione e le nuove tecnologie insieme possano sostenere una crescita delle economie e delle Borse più durevole delle precedenti fasi di boom. «C'è motivo di pensare che questa rivoluzione della tecnologia e delle comunicazioni abbia cominciato veramente ad avere un impatto sulle aziende, in modo molto ampio — ha spiegato l'economista —. Attività che una volta erano fatte dentro un'impresa, ora vengono svolte altrove nel mondo a prezzi più bassi grazie alla convenienza delle comunicazioni».


Wall Street non starebbe per crollare anche perché fenomeni come la Bolla di fine Anni Novanta e il suo scoppio avvengono solo una volta nella vita di una generazione, spiega Smith: «Quando la gente fa un'esperienza simile, è molto difficile che partecipi al riaccendersi della speculazione. Per rigonfiare una bolla bisogna coinvolgere nuove persone». È l'insegnamento che viene dagli studi che iniziò 50 anni fa, quando parlare di esperimenti di economia in laboratorio era un'eresia. Ma Smith non ha problemi ad essere considerato un iconoclasta. Anche il suo look è originale: a 80 anni compiuti si veste ancora in stile western, indossando stivali da cowboy e anelli indiani, fedele alle praterie del Kansas dove è nato e cresciuto.

Gli esperimenti Smith, che oggi insegna alla George Mason University, Virginia, è stato il primo ad applicare tecniche della psicologia sperimentale per studiare come gli individui interagiscono nello scambiarsi dei beni e come funzionano quindi i mercati. Nei suoi primi esperimenti, iniziati nel 1956 all'università di Purdue, Indiana, usò come «cavie» i suoi studenti, dividendo la classe fra compratori e venditori. Nei test dove i beni scambiati sono azioni, e i partecipanti al mercato ricevono l'informazione di quanto un’azione dovrebbe valere, si vede che gli scambi iniziano a prezzi inferiori rispetto al «prezzo equo» e mano a mano salgono, fino ad arrivare al livello di «bolla» e poi a crollare, tanto più sensibilmente quanti più soldi i giocatori hanno a disposizione.


Quando gli stessi individui ripetono l'esperimento, di nuovo si forma una «bolla», ma più rapidamente e anche il suo scoppio avviene più in fretta. Di solito la terza volta che l'esperimento viene ripetuto con gli stessi soggetti, il volume di scambi è inferiore e viene finalmente raggiunto un equilibrio attorno al «prezzo giusto».

Il motivo — ha spiegato Smith — è che anche quando sul mercato sono diffuse le informazioni sul valore fondamentale delle azioni, ogni investitore non sa però come gli altri utilizzeranno quelle notizie e quale sarà il loro comportamento. Solo al terzo tentativo i partecipanti all'esperimento arrivano a un prezzo razionale. «Ma non ci arrivano applicando la ragione e le informazioni comuni — ha osservato il Nobel —. Ci arrivano per esperienza. Così la convergenza verso aspettative razionali è un fenomeno frutto dell'esperienza».

Il ricordo
I risparmiatori scottati dal crac del 2000 insomma dovrebbero aver imparato la lezione e diversi sintomi confortano questa teoria: l'indice azionario più rappresentativo dell'Internet-mania, quello del Nasdaq, vale ancora la metà di sette anni fa; il prezzo delle 500 azioni dell'indice più rappresentativo del mercato americano, lo Standard & Poor's, è 18 volte gli utili degli ultimi 12 mesi, un livello appena sopra la media degli ultimi 60 anni (p/u pari a 16) e molto inferiore a quello 1999 (p/u oltre 30).


Inoltre molti piccoli investitori sono rimasti alla finestra, non hanno creduto al rialzo iniziato nell'ottobre 2002, preferendo investire in reddito fisso o sulle Borse internazionali. Detto questo, e precisato che la sua capacità di previsione dell'andamento della Borsa a breve termine non è migliore di qualsiasi altra persona, Smith ammette che le attuali quotazioni possono arretrare a causa del rallentamento della produttività dell'economia americana, ma resta ottimista sulle prospettive di lungo termine del Toro.
 

Users who are viewing this thread

Back
Alto