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Forumer storico
Consorte: 3 anni di aiuti a Hopa, Gnutti: pagavo per averlo
da Repubblica.it:
Consorte: 3 anni di aiuti a Hopa, Gnutti: pagavo per averlo amico
Memoriale dell'ex manager: "Soldi per le consulenze"
di LUCA FAZZO e MARCO MENSURATI
MILANO - Fino a un mese fa alleati di ferro, nonostante origini tanto diverse: Giovanni Consorte, l'assicuratore rosso, il finanziere caro alla Quercia, e Emilio Gnutti, il businessman bresciano devoto solo al dividendo e alla plusvalenza. Ora, inghiottiti dal vortice delle inchieste, Gnutti e Consorte entrano in rotta di collisione. Nello stesso giorno vengono alla luce i due documenti chiave delle rispettive difese: sono l'interrogatorio reso da Gnutti ai pm di Milano il 24 dicembre, e la memoria difensiva depositata ieri mattina dai legali di Consorte (che la Procura accoglie freddamente, definendola "parziale").
Tutto ruota intorno ai quei 24,57 milioni di euro (ecco finalmente il conto preciso) versati sottobanco da Gnutti all'ex presidente di Unipol e che hanno portato la Procura ad accusare Consorte anche di appropriazione indebita. Di quei soldi, e degli altrettanti finiti al suo vice Ivano Sacchetti, Consorte dà una spiegazione meticolosa, quasi pignola. Gnutti, invece, rasenta la brutalità: "Diedi quei soldi a Consorte e Sacchetti perché preferivo averli amici che nemici".
La storia è quella dell'affare Telecom: dei due anni - tra il gennaio 2000 e la fine del 2002 - in cui la compagnia telefonica, sull'orlo della crisi, passò dalle mani di Roberto Colaninno e dei suoi soci a quelli di Marco Tronchetti Provera. È nelle tre fasi di quella vicenda che Consorte spiega di avere fornito a Gnutti le sue preziose consulenze. E fa una rivelazione sorprendente: quando in quel periodo partecipavo alle riunioni di Bell, la società che controllava Telecom, non ero lì per fare gli interessi di Unipol, che in fondo era solo l'ottavo socio in ordine di grandezza, ma quelli di Gnutti: "Il sottoscritto e Sacchetti partecipavano a questi incontri soprattutto per il contributo professionale che riuscivano a fornire". E rivendica il merito di avere fatto avere a Gnutti un benefit di 50 miliardi di lire per il lavoro svolto nella vendita di Telecom.
Consorte sa di doversi difendere da due sospetti. Il primo: quello di avere in questo modo tradito Unipol, che si prepara a costituirsi parte civile contro di lui (un annuncio in questo senso è già da una settimana sul tavolo dei pm). Il secondo: quello di avere incassato somme illecite dalle casse di Hopa, la finanziaria di Gnutti. Dal primo cerca di liberasi spiegando che Unipol dalla cessione della sua quota in Telecom uscì più ricca: "I risultati più eclatanti sono stati colti proprio da Unipol", che avrebbe incamerato 80,4 milioni di euro di plusvalenze e 75,2 di mancate perdite.
Dei soldi incassati da Gnutti, Consorte deve ammettere la dinamica singolare. A partire dal 2001, pacchetti di azioni di Olivetti, Autostrade e Antonveneta vengono venduti da lui alla Hopa con margini di guadagno enormi. Esempio: in un solo giorno, il 27 marzo 2003, Consorte compra un malloppo di azioni Antonveneta a 100,15 euro l'una e le rivende a Gnutti a 116,15 guadagnando ben 3 milioni e mezzo. Ma tutto, spiega, avveniva, nell'ambito di "scelte strategiche", "di un più ampio processo", "in più ampio progetto di integrazione" e via di questo passo. E il danno a Hopa comunque fu poca cosa: "Le utilità complessive finiscono per rappresentare una percentuale minima rispetto alle operazioni sottostanti".
Di tutt'altro tono il verbale di Gnutti. "Consorte mi presentava il conto e chiedeva di poter fare operazioni con le quali guadagnare a latere", dichiara a verbale il raider bresciano, "Consorte e Sacchetti chiedevano solo di poterci guadagnare un po'". E sulla motivazione di tanta disponibilità risponde senza perifrasi: "Preferivo averli amici che nemici, in effetti loro mi davano una mano per gli aumenti di capitale delle mie società".
Dei primi cinque milioni pagati a Consorte, quelli a chiusura della cessione di Telecom, fa un racconto colorito: "Colaninno pretese una stock option di 150miliardi di lire da imputarsi all'impegno profuso. Eravamo presso gli uffici di Colaninno a Mantova ed erano presenti Consorte e Sacchetti oltre all'allora presidente di Antonveneta, Pontello. Quando rientrai sentii che Pontello diceva: se Colaninno prende una stock option dobbiamo fare altrettanto con Gnutti. E allora Sacchetti mi disse: dei miliardi promessi a te una parte devono venire a me e Consorte, perché ci siamo impegnati anche noi".
(25 gennaio 2006)
da Repubblica.it:
Consorte: 3 anni di aiuti a Hopa, Gnutti: pagavo per averlo amico
Memoriale dell'ex manager: "Soldi per le consulenze"
di LUCA FAZZO e MARCO MENSURATI
MILANO - Fino a un mese fa alleati di ferro, nonostante origini tanto diverse: Giovanni Consorte, l'assicuratore rosso, il finanziere caro alla Quercia, e Emilio Gnutti, il businessman bresciano devoto solo al dividendo e alla plusvalenza. Ora, inghiottiti dal vortice delle inchieste, Gnutti e Consorte entrano in rotta di collisione. Nello stesso giorno vengono alla luce i due documenti chiave delle rispettive difese: sono l'interrogatorio reso da Gnutti ai pm di Milano il 24 dicembre, e la memoria difensiva depositata ieri mattina dai legali di Consorte (che la Procura accoglie freddamente, definendola "parziale").
Tutto ruota intorno ai quei 24,57 milioni di euro (ecco finalmente il conto preciso) versati sottobanco da Gnutti all'ex presidente di Unipol e che hanno portato la Procura ad accusare Consorte anche di appropriazione indebita. Di quei soldi, e degli altrettanti finiti al suo vice Ivano Sacchetti, Consorte dà una spiegazione meticolosa, quasi pignola. Gnutti, invece, rasenta la brutalità: "Diedi quei soldi a Consorte e Sacchetti perché preferivo averli amici che nemici".
La storia è quella dell'affare Telecom: dei due anni - tra il gennaio 2000 e la fine del 2002 - in cui la compagnia telefonica, sull'orlo della crisi, passò dalle mani di Roberto Colaninno e dei suoi soci a quelli di Marco Tronchetti Provera. È nelle tre fasi di quella vicenda che Consorte spiega di avere fornito a Gnutti le sue preziose consulenze. E fa una rivelazione sorprendente: quando in quel periodo partecipavo alle riunioni di Bell, la società che controllava Telecom, non ero lì per fare gli interessi di Unipol, che in fondo era solo l'ottavo socio in ordine di grandezza, ma quelli di Gnutti: "Il sottoscritto e Sacchetti partecipavano a questi incontri soprattutto per il contributo professionale che riuscivano a fornire". E rivendica il merito di avere fatto avere a Gnutti un benefit di 50 miliardi di lire per il lavoro svolto nella vendita di Telecom.
Consorte sa di doversi difendere da due sospetti. Il primo: quello di avere in questo modo tradito Unipol, che si prepara a costituirsi parte civile contro di lui (un annuncio in questo senso è già da una settimana sul tavolo dei pm). Il secondo: quello di avere incassato somme illecite dalle casse di Hopa, la finanziaria di Gnutti. Dal primo cerca di liberasi spiegando che Unipol dalla cessione della sua quota in Telecom uscì più ricca: "I risultati più eclatanti sono stati colti proprio da Unipol", che avrebbe incamerato 80,4 milioni di euro di plusvalenze e 75,2 di mancate perdite.
Dei soldi incassati da Gnutti, Consorte deve ammettere la dinamica singolare. A partire dal 2001, pacchetti di azioni di Olivetti, Autostrade e Antonveneta vengono venduti da lui alla Hopa con margini di guadagno enormi. Esempio: in un solo giorno, il 27 marzo 2003, Consorte compra un malloppo di azioni Antonveneta a 100,15 euro l'una e le rivende a Gnutti a 116,15 guadagnando ben 3 milioni e mezzo. Ma tutto, spiega, avveniva, nell'ambito di "scelte strategiche", "di un più ampio processo", "in più ampio progetto di integrazione" e via di questo passo. E il danno a Hopa comunque fu poca cosa: "Le utilità complessive finiscono per rappresentare una percentuale minima rispetto alle operazioni sottostanti".
Di tutt'altro tono il verbale di Gnutti. "Consorte mi presentava il conto e chiedeva di poter fare operazioni con le quali guadagnare a latere", dichiara a verbale il raider bresciano, "Consorte e Sacchetti chiedevano solo di poterci guadagnare un po'". E sulla motivazione di tanta disponibilità risponde senza perifrasi: "Preferivo averli amici che nemici, in effetti loro mi davano una mano per gli aumenti di capitale delle mie società".
Dei primi cinque milioni pagati a Consorte, quelli a chiusura della cessione di Telecom, fa un racconto colorito: "Colaninno pretese una stock option di 150miliardi di lire da imputarsi all'impegno profuso. Eravamo presso gli uffici di Colaninno a Mantova ed erano presenti Consorte e Sacchetti oltre all'allora presidente di Antonveneta, Pontello. Quando rientrai sentii che Pontello diceva: se Colaninno prende una stock option dobbiamo fare altrettanto con Gnutti. E allora Sacchetti mi disse: dei miliardi promessi a te una parte devono venire a me e Consorte, perché ci siamo impegnati anche noi".
(25 gennaio 2006)