Mattarella impone il suo Frame al nuovo governo

29 maggio 2018 - Gabriella Colarusso
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In realtà, dice Gianluca Codagnone managing director di Fidentiis, è il rischio Italia, ovvero la promessa, da parte dei partiti che hanno maggiori chance di vincere le prossime elezioni, di non rispettare i vincoli di bilancio e le regole europee e, se necessario, di ricorrere a un piano b per l'uscita dall'euro con un default sul debito.
«I mercati sanno che il governo Cottarelli sarà di breve durata, senza fiducia e solo per gli affari correnti e che, al di là dei nomi, alle prossime elezioni potrebbero prevalere due partiti che hanno proposto una politica economica che secondo le nostre stime porterebbe il rapporto deficit/Pil all'8,4%» nel 2020, ben oltre i parametri stabiliti dagli accordi Maastricht.

IL RISCHIO DEFAULT SUL DEBITO. Chi compra il nostro debito teme l'ipotesi di un default con l'uscita dall'euro. La richiesta alla Bce di cancellare 250 miliardi di debito contenuta nella prima bozza del contratto di programma tra Lega e 5 stelle, poi scomparsa nel testo definitivo, è stato il primo elemento che ha messo in allarme gli investitori. Le notizie trapelate nei giorni successivi su un piano per l'uscita dall'euro e per ridenominare il debito – opzioni messe sul tavolo dal Paolo Savona, candidato da Matteo Salvini al ministero dell'Economia respinto da Mattarella - hanno fatto il resto. Il rischio di essere rimborsati con una moneta svalutata spinge gli operatori a non comprare titoli italiani e anzi a vendere.

FIDENTIIS: L'INCERTEZZA PERDURERÀ. «Riteniamo che il premio di rischio sull'Italia rimarrà elevato così come la probabilità di un incidente di mercato, poiché gli stigmi sull'abrogazione del debito, la monetizzazione, la dissolutezza fiscale sono stati messi sul tavolo dalle parti che probabilmente gestiranno il Paese», dice il direttore di Fidentiis. Il timore è che a governare saranno forze considerate anti-euro che potrebbero convertire i titoli di stato italiani in una nuova lira svalutata, anche i titoli in possesso degli italiani non solo quelli in mano a investitori esteri, che sono peraltro una quota minoritaria.

Perché lo spread italiano è in fibrillazione - Lettera43.it


Dalle piccole banche all'economia francese: chi rischia il contagio - Lettera43.it


Per ora non si sa se nascerà un governo Cottarelli, che, se si presentasse alle camere non otterrebbe la fiducia e durerebbe poco.
Dal punto di vista degli investitori il rischio di un governo a trazione leghista ed euroscettica sarebbe solo rimandato di qualche mese.

Per ora niente governo Cottarelli - Il Post


Con la pratica certezza di non ottenere la fiducia e di restare al governo per pochi mesi per gli affari correnti, con quasi tutti i partiti contro, potrebbe essere difficile trovare personalità interessate a diventare ministri in un governo "neutrale".
 
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La nostra non è una Repubblica presidenziale: da qui discendono molte conseguenze. Il presidente quando forma il governo non fa il suo governo, ma quello della maggioranza
“Mattarella non poteva mettere il veto su Savona”
MERCOLEDÌ 30 MAGGIO 2018
Lorenza Carlassare - La costituzionalista: “Il capo dello Stato può rifiutare una nomina solo per ragioni oggettive: le sue critiche erano tutte politiche”
Lorenza Carlassare – professore emerito a Padova, una dei nostri costituzionalisti più autorevoli – risponde al telefono con l’abituale fermezza: “Non è difficile valutare alla luce della Carta i fatti di questi giorni. Si discute se il comportamento del capo dello Stato sia stato corretto. La risposta per un costituzionalista è facile, perché noi valutiamo le situazioni solo ed esclusivamente in rapporto al dettato costituzionale e a ciò che rientra nella tradizione del sistema parlamentare. La nostra non è una Repubblica presidenziale: da qui discendono molte conseguenze. Il presidente quando forma il governo non fa il suo governo, ma quello della maggioranza”.

E come si deve regolare?
Semplicemente tenendo conto di qual è l’orientamento della maggioranza parlamentare e di quale governo potrà ottenere la fiducia delle Camere. Quel governo dovrà avere la fiducia e conservarla, altrimenti dovrà dare le dimissioni. L’unica stella polare che deve guidare il cammino del presidente è questa valutazione sulla possibilità o meno che quell’esecutivo abbia la fiducia del Parlamento.

Dove risiede il potere decisionale del presidente?
Dopo le consultazioni, deve valutare qual è la persona maggiormente idonea a ricoprire la carica di presidente del Consiglio. È una valutazione che però non si basa su opinioni o convincimenti personali del capo dello Stato, ma sulla base delle consultazioni che altrimenti sarebbero inutili. Dopo aver individuato la persona e conferito l’incarico, la responsabilità passa al presidente incaricato che deve comporre la lista dei ministri del suo gabinetto. La proposta di cui parla l’articolo 92 della Carta vincola il capo dello Stato, che può esprimere valutazioni di cui il presidente incaricato può tenere conto se lo ritiene. Il diniego sul nome di un ministro può esserci per incompatibilità col ruolo, per conflitto d’interessi o indegnità causata, per esempio, da condanne penali, dunque solo per ragioni oggettive.

Il presidente può fare valutazioni politiche?
No. Perché non è organo di indirizzo politico. La dottrina – da Serio Galeotti a Livio Paladin, per citare due autorevolissimi costituzionalisti – è sempre stata concorde nel ritenere il presidente un organo di garanzia e non di indirizzo politico.

Si dice che il presidente si sia fatto garante della Carta, che all’art. 47 assicura la tutela del risparmio.
Mi fa felice riscontrare questo interesse per il risparmio degli italiani che per decenni non si è mai manifestato né da parte del presidente Mattarella, né dei suoi predecessori. Tanto è vero che tanti risparmiatori sono stati messi in ginocchio. E non mi riferisco solo a quelli truffati dalle banche: il risparmio è stato distrutto dai meccanismi attuali. È bene che il presidente se ne faccia carico, ma voglio far notare che nel programma di governo non erano previsti provvedimenti distruttivi del risparmio. La valutazione sulla linea economica è stata squisitamente politica. E questa sfugge alle prerogative presidenziali.

Ci sono punti del programma di governo che suscitano perplessità?
Credo quelli sulla sicurezza, citati anche in un’intervista a Gustavo Zagrebelsky qualche giorno fa su Repubblica, come l’autodifesa sempre legittima, o l’uso della pistola a onde elettriche considerata dall’Onu uno strumento di tortura, l’introduzione di reati specifici per i migranti clandestini o il trasferimento dei fondi destinati ai profughi ai rimpatri coattivi. Sono cose in evidente contrasto con la Carta: il presidente avrebbe potuto farlo notare e comunque respingere i singoli provvedimenti.

Cosa pensa della ventilata messa in stato d’accusa?
Mattarella ha certamente esorbitato dalle sue funzioni. Ma la messa in stato d’accusa è qualcosa di più complesso: bisogna dimostrare, anche con comportamenti reiterati, l’intenzione di sovvertire la Costituzione. Non è questo il caso. In ogni caso, nell’interesse del Paese è un discorso che va abbandonato perché paralizza il funzionamento delle istituzioni.

Si cita spesso il precedente di Napolitano, che ha interpretato in maniera vigorosa il suo ruolo: per Renzi anche imponendo il percorso di riforme costituzionali.
Le rispondo così: quando il presidente Cossiga esorbitava dalle sue funzioni, i costituzionalisti manifestavano le loro critiche continuamente proprio per evitare che si potesse parlare di una prassi consolidata.

La presidenza della Repubblica ne esce ammaccata?
Mi auguro con tutto il cuore di no.”
Silvia Truzzi FQ 30 maggio 2018
 
COTTARELLI non và bene perchè
Archivio . AdnAgenzia . 1995 . 06 . 12
CRONACA
MANI PULITE: AL VIA IL PROCESSO CONTRO COTTARELLI


Milano, 12 giu. (Adnkronos) - Davanti alla quarta sezione penale del Tribunale milanese e' iniziato questa mattina il processo contro Carlo Cottarelli, legale rappresentante della Security Computer e della Cober. Le accuse contro di lui vanno dalle false fatturazioni, al concorso in corruzione e violazione della legge sul finanziamento pubblico dei partiti. In particolare per la Security Computer, secondo l'accusa, Cottarelli avrebbe emesso false fatture per 14 mld, mentre per la Cober ne avrebbe ''sfornate'' altre, per prestazioni inesistenti, per un importo di circa 5 mld. Due gli episodi di corruzione che gli vengono contestati. Per la Nixdorf, Cottarelli avrebbe emesso false fatture affinche' la societa' potesse disporre di fondi neri per pagare tangenti pari a mezzo miliardo.

E la stessa cosa avrebbe fatto con Memorex, altra societa' leader nel campo dell'informatica, perche' quest'ultima disponesse di una liquidita' extra contabile pari a 300 milioni. Quindi il manager viene accusato di finanziamento illecito ai partiti per una mazzetta da un miliardo elargita all'ex segretario del Psi Bettino Craxi, e al defunto cassiere di via del Corso Vincenzo Balzamo, in tranche annuali da 150-200 milioni versate a partire dal 1984 sino al 1991. Il suo arresto -e' cronaca- fece scalpore anche perche' la maggior parte della documentazione in mano agli investigatori venne trovata in un box affittato dallo stesso Cottarelli all'interno dell'autoparco di via Salomone, meglio conosciuto come l'autoparco milanese della mafia.
 
finalmente sappiamo per quale motivo Mattarella non ama il prof.Savona
LETTERA APERTA DI PAOLO SAVONA A SERGIO MATTARELLA: NO A CESSIONI SOVRANITA’

agosto 22, 2015
LETTERA APERTA DI PAOLO SAVONA A SERGIO MATTARELLA: NO A CESSIONI SOVRANITA’


Caro Presidente,

per il rispetto che porto all’istituzione che presiede e a Lei personalmente, è con molta ansia che Le indirizzo questa lettera aperta riguardante una scelta che considero fondamentale per il futuro dell’Italia: la cessione della sovranità fiscale per far funzionare la sovranità monetaria europea, dato che questa è stata ceduta dagli Stati-membri senza stabilire quando e come si dovesse pervenire all’indispensabile unione politica necessaria per rendere irreversibile l’euro, né attribuire alla Banca Centrale Europea il potere di svolgere la funzione di lender of last resort in caso di attacchi speculativi come quelli che abbiamo vissuto dopo la crisi finanziaria americana del 2008.

Invece di affrontare questi due problemi vitali per il futuro dell’Europa si chiede di sottoscrivere un accordo per cedere la sovranità fiscale residua che, per pudore, viene chiamata “gestione in comune”.
Il Presidente della Bundesbank ha riproposto e precisato i contenuti in un recente discorso.

Leggo sui giornali che Lei avrebbe concordato con il Presidente della BCE e il Ministro dell’economia e finanza italiano una strategia in attuazione del previsto accordo. Non credo di dovere spiegare a Lei perché nomino istituzioni e non persone. Penso che queste notizie siano suggerimenti di persone scriteriate (l’aggettivo è di un Suo illustre predecessore, Luigi Einaudi) che, non fidandosi più del Paese, ammesso che mai se ne siano fidate, lo vogliono colonizzare; una sorta di fastidio per i disturbi che provengono per i loro interessi. Spero che la notizia sia infondata, perché se non lo fosse, sarebbe Suo dovere smentirle, secondo un insegnamento che mi ha dato Ugo La Malfa: se un notizia è falsa, non si smentisce, se è vera, si deve farlo; e, aggiungeva che, se i contenuti della notizia erano particolarmente importanti – come sarebbe la cessione della sovranità fiscale che marcherebbe la fine della democrazia italiana senza che ne nasca un’altra – non si doveva solo smentire, ma farlo in modo energico.

A ogni buon conto, se una tale scelta maturasse, Lei non potrebbe ratificarla, perché l’art. 11 della Costituzione dice chiaramente che l’Italia … consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni; promuove e favorisce le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo.

Naturalmente diranno che la decisione risponde a queste condizioni (pace, giustizia e parità con altri Stati) ma, sulla base dell’esperienza fatta con la cessione all’Unione Europea della sovranità di regolare i mercati e di battere moneta, queste sono pure ipotesi, una vera truffa per taluni e un’ingenuità per altri, che né la scienza economica (mi passi il termine), né la politica, che pretese di scienza non ha mai avuto, possono asseverare.

I trattati internazionali sono contratti giuridici tra nazioni e l’oggetto del Patto stipulato a Maastricht in attuazione dell’Atto unico e ribadito a Lisbona nel 2000 parla chiaro: all’art. 2, punto 3, afferma che L’Unione …. Si adopera per lo sviluppo sostenibile dell’Europa, basato su una crescita economica equilibrata e sulla stabilità dei prezzi, su un’economia sociale di mercato fortemente competitiva, che mira alla piena occupazione e al progresso sociale, e su un elevato livello di tutela e di miglioramento della qualità dell’ambiente. Essa promuove il progresso scientifico e tecnologico. L’Unione combatte l’esclusione sociale e le discriminazioni e promuove la giustizia e la protezione sociali, la parità tra donne e uomini, la solidarietà tra le generazioni e la tutela dei diritti del minore. Essa promuove la coesione economica, sociale e territoriale, e la solidarietà tra gli Stati membri.

Le chiedo, caro Presidente, se Lei ritiene che questo impegno sia stato adempiuto e quali siano, anche dopo l’esperienza della crisi greca, le probabilità che lo possa essere anche ipotizzando di cedere la parte residua della sovranità nazionale in cambio (il termine è già un eufemismo) di un’assistenza finanziaria accompagnata da vincoli che violano il dettato della nostra Costituzione che Lei è deputato da tutelare. Invece di uscire dal paradosso di un non-Stato europeo formato da non-Stati nazionali si intende approfondire questa strana configurazione istituzionale, perché appare vantaggiosa a pochi paesi capeggiati dalla Germania.

Poiché la tesi del vantaggio che potremmo ricavarne è priva di fondamento, da tempo si insiste nello spargere terrore su quello che avverrebbe se l’euro crollasse, trascinando il mercato unico, aggiungendo la ciliegina della speranza che in futuro le cose andranno meglio e che si va facendo di tutto affinché ciò avvenga.

Vivere nel terrore del dopo e nelle speranze che le cose cambino, senza attivare gli strumenti adatti affinché ciò avvenga, non è posizione politica dignitosa. L’Italia non si è tirata indietro quando è stato chiesto di pagare un costo elevato in termini di vite umane per giungere all’unità e per uscire dalla dittatura nazifascista perché sapeva valutare il costo di rimanere nelle condizioni in cui si trovava, spero che la nuova classe dirigente non si tiri indietro e sappia chiedere e far accettare un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni.

Per l’Italia non esiste alternativa al chiedere il rispetto congiunto del dettato costituzionale e dell’oggetto del Trattato europeo vigente e Lei ne è garante.

Paolo Savona, MF 21 agosto 2015
 
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