Obbligazioni bancarie MONITOR Principali banche mondiali (3 lettori)

METHOS

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  • <LI class=headerBig>Rispondi Modifica <LI class=headerSmall> segnalaci questo post http://cobraf.wallstreetitalia.com/forum/PostPrintView.php?postid=137082&type=c <LI class=dateTime>22 Gennaio 2009 23:38
  • argomento: Citigroup
  • Dal giorno della befana ad oggi le principali banche inglesi ed americane hanno perso dal -30 al -60%, questo dopo che avevano perso tutte almeno un 70% dai massimi fini ai primi di gennaio (della serie quando come Citigroup scende da 30 a 4 dollari sembra tutto finito, poi perde altri 2 dollari ed è -50%..). In Inghilterra il governo sta in pratica nazionalizzando Royal Bank of Scotland, la maggiore banca del paese e Lloyd's che ora in borsa sono quasi a zero perchè il mercato si aspetta appunto che gli azionisti privati vengano azzerati. Sta spingendo Barclays' ed altre ad accettare denaro e controllo pubbico e ha stanziato lunedì una cifra intorno ai 200 miliardi di sterline senza chiarire però come la usa, creando così solo un senso di panico (odio nazionalizzano tutto, oddio stanziano 200 miliardi, la sterlina andrà a fondo...) Tre mesi fa se i governi annunciavano misure per le banche il mercato reagiva bene, oggi a meno di non vedere i dettagli del piano, l'unico risultato della politica degli annunci clamorosi ma vaghi è che i ribassisti rimettono su il gioco allo scoperto sulle banche (gli inglesi hanno anche lasciato scadere il divieto alla vendita allo scoperto delle banche proprio a inizio gennaio, della serie: votati al massacro)

    In America nonostante interventi a catena di tutti i generi della FED e del Tesoro da settembre, ricapitalizzazioni, acquisti di asset marci, fusioni, sconti fiscali, tagli dei tassi di interesse, prestiti della TARP... le banche sono implose di nuovo dopo che un paio di analisti hanno alzato le loro stime di perdite a cifre stellari e senza senso (Roubini, che ha parlato di 3.600 miliardi (!) senza spiegare perchè..) e sulla scia del crac delle banche inglesi che ha ridato la spinta ai ribassisti professionali

    Per qualche motivo le autorità non capiscono una cosa evidente, che un titolo bancario che crolla significa la bancarotta della società, cosa che non avviene invece per un alimentare, manifatturiero, tessile o della plastica. Il crollo in borsa di Barclay's non è come quello di Nokia che continua a lavorare lo stesso, per un banca sotto una certa soglia implica che il valore dei suoi asset cala mentre i debiti restano e la rende teoricamente insolvente ai prezzi di mercato ed inoltre porta al panico di tutti quelli che trattano con la banca per cui poi in pochi giorni è fritta.

    In una situazione come questa che è unica in 100 anni, come ripetono tutti, allora ne segue che come governo non puoi lasciare che le banche vengano spinte in basso in borsa dai ribassisti usando CDS e fondi Ultra Short impunemente. Fino a quando non hai definito il tuo piano devi sospenderle dalla borsa. Se le lascia in borsa mentre come succede spesso in democrazia c'è confusione su cosa fare e non ti decidi, con l'economia intanto paralizzata, hai fanatico che ha un seguito come Roubini che spara "3.600 miliardi di perdite per le banche" e il giorno dopo il gioco al massacro dei titoli bancari riparte e poi le devi salvare

    E' da settembre che questo gioco invece continua e i governi aspettano sempre che il titolo sia vicino a zero e la gente cominci allora sentendo la notizia a togliere i depositi e le altre banche a defilarsi per intervenire quando ormai è troppo tardi, la fiducia nella banca è stata incrinata e la devi salvare

    A inizio gennaio o fine dicembre sembrava che le banche anglo-sassoni avessero ormai digerito perdite per 800 miliardi e ricevuti iniezioni di capitali, presiti, ricapitalizzazioni e fusioni corrispondenti per cui fosse solo questione di buttare denaro nell'economia e poi anche loro sarebbero riemerse lentamente con il resto. Ma se le banche vanno a zero o quasi in borsa tutti pensano che siano fallite e l'economia si schianta perchè sono mesi che si va avanti così e sono impegnate cifre enormi

    Si è di nuovo sul ciglio del precipizio per tutte le borse e le economie perchè i politici hanno messo in campo dozzine di misure che costano centinaia di miliardi, ma tutte in modo confuso e mentre cercano di coordinarle, chiarirle o definirle lasciano che i titoli bancari vengano distrutti in borsa cosa che porta alla loro fine. I titoli bancari sono diversi da tutti gli altri e andrebbero invece sospesi dalla borsa fino a quando Obama ad esempio non chiarisca il suo benedetto piano (Gordon Brown ha annunciato il suo 5 giorni fa e ha rimandato a febbraio i dettagli creando solo il panico in borsa, sembra quasi lo faccia apposta per nazionalizzarle)

    E' una situazione simile alla guerra, i titoli bancari a questo punto sono in guerra in Inghilterra ed America e se non li proteggono nei prossimi giorni fai un altro schianto
    La speranza è che entro il weekend, magari anche domani, la gente di Obama si decida a chiarire il loro piano per le banche. Hanno tutti i soldi che occorrono (825+350 miliardi), ma dopo due mesi non hanno detto cosa faranno e invece negli ultimui giorni hanno agitato proposte demagogiche e dannose per le banche mentre ripetono sempre che devono ora prestare di più perchè senza le banche l'economia è paralizzata. Possono fermare il disastro anche domani se escono allo scoperto con dei dettagli del piano, ma finora sembra che a livello politico non si rendano conto che lasciare distruggere le banche in borsa significa la fine

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Broker88

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I PERICOLI DEL BUCO NERO DELLA FINANZA
Siamo prossimi ad un nuovo peggioramento della crisi, in cui il «buco nero» della finanza rischia di risucchiare tutto e tutti.

L’amministrazione Obama è al lavoro per varare un nuovo pacchetto di misure per salvare il sistema bancario americano. In un’audizione davanti al Senato l’ex presidente della Federal Reserve, Paul Volcker, ha detto che «il sistema bancario americano è rotto e che la recessione in cui versa il paese è molto grave». Nella stessa audizione il segretario al Tesoro designato Timothy Gaithner ha precisato che l’Amministrazione Obama sta studiando il progetto di un piano di salvataggio delle banche che prevede una radicale revisione dei meccanismi di funzionamento del Tarp (Troubled Asset Relief Program) varato dalla precedente amministrazione Bush.

I mercati finanziari stanno cominciando a prendere atto dello stato di insolvenza del sistema bancario internazionale. Stanno anche iniziando a scontare l’ineludibile prospettiva di altre centinaia di migliaia di dollari che spenderanno gli Stati per evitare la bancarotta dei grandi istituti di credito internazionali. Questa presa di consapevolezza, che sta maturando con grande ritardo, è confermata dall’andamento dei titoli bancari, il cui indice negli Stati Uniti ha toccato i minimi degli ultimi 14 anni. L’aspettativa di una nazionalizzazione di fatto delle grandi banche americane è confermata dal crollo registrato anche dalle obbligazioni convertibili.

L’allarme non si limita però al settore bancario, ma comincia ad intaccare la credibilità dei titoli di Stato. Infatti, martedì scorso è sceso il valore delle obbligazioni che i Governi emettono per finanziare i loro debiti pubblici. È pure salito l’oro che appare la vera alternativa alle monete e soprattutto ha perso ulteriormente terreno la sterlina britannica dopo che il primo ministro Gordon Brown aveva annunciato lunedì scorso il pacchetto di salvataggio delle banche, che prevede una forma di assicurazione sui titoli tossici ancora detenuti dagli istituti di credito, la modifica dei loro requisiti minimi di capitale per non far emergere lo stato di insolvenza e il via libera alla Banca d’Inghilterra a seguire le orme della Federal Reserve americana, cominciando a stampare moneta.

La caduta della sterlina induce a prevedere che la Gran Bretagna, già fortemente indebitata con l’estero, rischia di essere il primo Paese a mettere in mostra quali possono essere le conseguenze della scelta di far esplodere i disavanzi pubblici e di stampare moneta per salvare un sistema bancario irrimediabilmente fallito.

È oramai chiaro che la nuova amministrazione Obama sarà costretta nei prossimi giorni a presentare un nuovo piano di salvataggio delle banche. In discussione vi sono due varianti. La prima è un’assicurazione statale sui titoli tossici detenuti dalle banche. La seconda è la creazione di una «bad bank», che acquisterebbe i titoli tossici delle banche e che verrebbe capitalizzata grazie alle risorse della seconda tranche del Tarp (il pacchetto salvabanche dell’amministrazione Bush). Ambedue le ipotesi prevedono comunque un’iniezione di soldi pubblici e addirittura la nazionalizzazione delle banche che versano nelle peggiori condizioni.

Queste nuove misure, come già accaduto con i piani precedenti, daranno un temporaneo sospiro di sollievo, ma non risolveranno la crisi. I motivi sono semplici. In primo luogo vi è la cruciale questione della determinazione del prezzo di questi titoli, che è di grande importanza sia nell’ipotesi dell’assicurazione sia in quella della creazione di una banca che raccolga la spazzatura prodotta in questi anni dal settore finanziario. La questione non si ferma ai titoli tossici: vi è infatti da stabilire anche a chi resterà il cerino dei diversi strumenti derivati, a partire dai Credit Default Swap, che gravano sui bilanci delle banche: verrebbero assicurati o trasferiti alla bad bank oppure resterebbero nei bilanci delle banche?

In terzo luogo, questa operazione non risolverebbe i problemi di capitale delle banche. Infatti le banche dovrebbero immediatamente iscrivere a bilancio le perdite dovute alla differenza tra il prezzo di vendita alla bad bank e il prezzo al quale li hanno finora contabilizzati. Nel caso dell’assicurazione del loro valore da parte dello Stato dovrebbero, se venisse seguito l’esempio inglese, denunciare una perdita minima del 10%. Il problema della solvibilità del sistema bancario non verrebbe sostanzialmente migliorato e lo Stato dovrebbe cambiare i requisiti minimi di capitale, come ha fatto la Gran Bretagna, e/o dovrebbe in ogni caso ancora intervenire per ricapitalizzare le banche.

In quarto luogo le attività «tossiche» delle banche stanno rapidamente aumentando a causa della crisi economica. L’economista americano Nouriel Roubini prevede che le sofferenze (di tipo tradizionale) del sistema bancario statunitense dovute alla crisi economica si aggireranno quest’anno attorno ai 1.600 miliardi di dollari. A queste si devono aggiungere le perdite originate dai titoli tossici e dai vari strumenti della nuova ingegneria finanziaria. Il settore bancario, anche sgravato dai titoli tossici, continuerebbe ad avere enormi problemi di solvibilità e di liquidità, poiché continua a diminuire la sua capacità di generare reddito per coprire il crescere delle insolvenze.

Date queste condizioni è altamente improbabile che le banche americane riprendano ad erogare credito e che contribuiscano al rilancio dell’economia. Appare infatti sempre più chiaro che questa attività potrà essere assolta unicamente dagli istituti che non sono stati travolti dalla crisi, da banche costruite ex novo allo scopo e aiutate dallo Stato e dalle banche centrali. È quanto sta già in parte avvenendo negli Stati Uniti con la trasformazione della Federal Reserve nella maggiore banca commerciale americana.

Ma vi è un ultimo punto, che è il più importante. Quali saranno le conseguenze economiche di questi salvataggi? La questione, che si cerca di eludere, non è chi pagherà il costo di questi interventi (è evidente che le perdite accumulate dalle banche in questi anni ricadranno sulle spalle dei contribuenti dei diversi Paesi), ma quali saranno le conseguenze economiche di questi salvataggi.

La questione può essere posta così: l’esplosione dei disavanzi pubblici incrinerà la fiducia dei risparmiatori nei titoli con cui gli Stati si finanziano? E poi, soprattutto nei Paesi indebitati con l’estero, come Gran Bretagna e Stati Uniti, l’esplosione dei debiti pubblici e la continua stampa di moneta non incrineranno la fiducia nel valore delle monete nazionali?

Quanto sta avvenendo in questi giorni in Gran Bretagna fa temere che queste preoccupazioni siano già molto diffuse e che quindi ci si stia già avvicinando a pericolosi punti di rottura. Tutto ciò induce a ritenere che siamo prossimi ad un nuovo peggioramento della crisi, in cui il «buco nero» della finanza rischia di risucchiare tutto e tutti e di allontanare ulteriormente l’uscita dal tunnel imboccato nell’agosto del 2007 con lo scoppio della crisi dei mutui ipotecari subprime.
 

ZYGMUNT

Forumer attivo
I PERICOLI DEL BUCO NERO DELLA FINANZA
Siamo prossimi ad un nuovo peggioramento della crisi, in cui il «buco nero» della finanza rischia di risucchiare tutto e tutti.
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ciao, giovinotto, la prossima volta cita anche qualche notizia positiva.

A proposito sai che fine ha fatto Stockuccio?

Ps : ti ricordi quando ho citato il cigno nero di quel tal scrittore arabo (mi pare) di cui non ricordo il nome : tutti a toccarsi.
Ora speriamo che arrivi qualche evento imprevedibile in positivo, che dia una iniezione di un pò di fiducia.
D'altra parte se le bolle si autoalimentano con un esagerato ottimismo, è vero anche il contrario e cioè che le crisi si alimentano anche di overdose di pessimismo.
Sursum corda
 

paologorgo

Chapter 11
ho trovato una notizia positiva ;)

I soldi del TARP?!? Non ci interessano... (piccole cifre, però...)

Optimum Bank Holdings' (OPHC) board has decided to decline TARP funds. The company had been preapproved to receive up to $4.6M in December.
 

mostromarino

Guest
la televisione svizzera ha annunciato che UBS uscirà con una perdita di ca 20 mdi franchi (60 ammollati allo stato per tossici e 6 incassati sempre incassati da STATO)

ma darà benefits per 2 mdi
a quadri (media 26m franchi each)
ai managers invece parrebbe nisba

i benefits per il 09 verranno distribuiti solo se usciranno in utile
 
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METHOS

Forumer storico
CON LE BANCHE IN AGONIA SIAMO TUTTI PIÙ POVERI
di *Giuseppe Turani
Pensare che il valore di Citicorp possa essere passato in pochi mesi da 255 miliardi di dollari a 19 o Royal Bank of Scotland da 120 miliardi a meno di 5 fa veramente molto effetto.

*Giuseppe Turani e' editorialista di La Repubblica. Il contenuto di questo scritto esprime il pensiero dell' autore e non necessariamente rappresenta la linea editoriale di Wall Street Italia, che rimane autonoma e indipendente.
(WSI) – Il maggiore shock della settimana appena finita non è stata l´ennesima forte perdita degli indici borsistici, i 25mila licenziamenti in Bmw o anche in aziende simbolo come Google o Microsoft oppure i mega bonus pagati alla chetichella il 30 dicembre da Merrill Lynch, ma uno studio di Jp Morgan sulla perdita di valore dei colossi bancari nel mondo. Pensare che il valore di Citicorp possa essere passato in pochi mesi da 255 miliardi di dollari a 19 o Royal Bank of Scotland da 120 miliardi a meno di 5 fa veramente molto effetto.
E fa pensare al fatto che non solo gli azionisti di tali banche sono diventati immensamente più poveri, ma probabilmente tutti noi. I vari fondi sovrani e sceicchi, che nei mesi scorsi sono entrati nel capitale delle maggiori banche mondiali pensando di fare dei buoni affari e di essere un po´ i salvatori di questo scassato mondo occidentale, onestamente non fanno molta pena. Il fatto che quelli che per decenni erano stati i santuari della ricchezza siano ridotti a così poco non può non generare un grande shock. Se si avessero ancora dei dubbi basterebbe pensare a Ubs, che da numero uno del private banking mondiale, cioè da banca dei super ricchi, oggi al netto degli aiuti del governo elvetico ha un valore irrisorio.
Ma perché dovremmo essere tutti più poveri? Perché una minor capitalizzazione delle banche può significare cosi tanto? È semplice: le banche sono i maggiori propulsori del circuito del denaro, se funzionano peggio o se loro stesse hanno meno soldi (quindi ne prestano meno) si inceppa tutto: aziende, consumi, investimenti, tutto quello che dall´epoca del baratto in poi ha fatto girare il mondo. Abbiamo detto e scritto tante volte che l´esplosione del credito al consumo, delle cartolarizzazioni, dei derivati, dello operazioni a leva, delle stesse carte di credito intese come modo di rinviare i pagamenti, era uno degli eccessi che ci avrebbe portati al disastro; ora con le banche senza soldi siamo passati all´eccesso opposto.
E infatti non passa giorno che non si legga di interventi di governi, di stati nel capitale degli istituti, proprio per dare quell´ossigeno che non c´è più. E purtroppo proprio di ossigeno si tratta, perché par di capire che, se si facessero bene i conti, sarebbero fallite tutte, ed ecco che se non ci fosse la mano pubblica tante porterebbero i libri in tribunale. Un vero disastro, di dimensioni planetarie.
Chi avrebbe mai pensato che il signor Abramovic avrebbe dovuto mettere in vendita la squadra del Chelsea e i suoi panfili solo perché le banche gli hanno chiesto di rientrare dai fidi che loro stesse – chissà perché e chissà come – avevano concesso? E come lui tutti quegli oligarchi che fino a poche settimane fa – fino all´estate scorsa – giravano per la Costa Smeralda cercando di comprare ville a dieci volte il loro valore solo per il gusto di far vedere che l´assegno più grosso in giro era il loro. Se da Abramovic a chi non compra più il televisore a rate tutto si sta fermando è proprio vero che siamo tutti più poveri.
Un vicino di casa in più che perde il lavoro, milioni di persone in tutti gli angoli del mondo che sperano almeno nei sussidi di disoccupazione o in meccanismi come la cassa integrazione per avere almeno qualcosa ogni mese, questo è il quadro che abbiamo davanti con sempre maggiore chiarezza. Ed il fatto che tutti i principali uffici studi dicano che la crisi sarà lunga e difficile certo non conforta.
Anzi. La cosa sempre più evidente è che siamo vissuti per anni al di sopra delle nostre possibilità e ora si paga pegno. Qualcuno addirittura preconizza anni e anni di vera e propria miseria con disoccupazione a livelli record, con ridimensionamenti notevoli di status a tutti i livelli e con un crollo dei prezzi di quasi tutti i beni. Probabilmente però non sarà così perché da Obama alla Merkel, dal governo cinese a quello dell´Islanda tutti stanno capendo che i governi, coperti i buchi delle banche, dovranno cominciare a spendere e il loro spending sarà la vera grande stampella delle economie di tutto il mondo nei prossimi anni.
Già mesi fa – con l´idea del mega fondo di Paulson – si temeva la nascita di un grande Iri mondiale, oggi ci siamo in pieno e quasi quasi arriviamo a invocarlo. E infatti i valori pur irrisori delle banche che abbiamo citato prima sarebbero azzerati del tutto se non ci fossero state l´assicurazione verbale e in molti casi l´intervento finanziario dei governi o delle banche centrali. Non hanno alternative gli stati, devono evitare che tutto questo significhi crisi sociale ancor più grave e in fondo hanno, assieme alle banche centrali, la prerogativa di stampare moneta e la stamperanno, immetteranno quel denaro che sembra essere scomparso da ogni angolo del mondo e metteranno olio in tutti i meccanismi inceppati. In un certo senso si tratta di ricostruire (sia pure con molte correzioni) proprio quel mondo che fino a ieri in tanti avevano criticato. E poiché i governi sembrano molto decisi a intervenire, forse ci si riuscirà. Non a caso la Casa Bianca prevede un 2009 problematico ma un 2010 con una crescita del 5 per cento. C´è solo da sperare che ci riesca davvero. Se si muove l´America, alla fine ci muoviamo tutti.
 

METHOS

Forumer storico
Investors rush to exit hedge funds after record losses



Miles Costello


div#related-article-links p a, div#related-article-links p a:visited {color:#06c;} Investors withdrew a record $152 billion (£110 billion) from the stricken hedge fund industry during the final three months of last year as the worst investment performance on record left speculators scrambling for safety.
The extraordinary level of redemptions marked the culmination of a period of unprecedented turbulence. Dozens of funds, including Tudor Investments, Citadel, Highbridge and Drake Capital, were forced to restructure, suspend redemptions or negotiate lock-in deals with investors.
The rush to redeem was fuelled by the collapse in September of Lehman Brothers, the Wall Street bank, as well as a round of multibillion-dollar banking bailouts and the Bernard Madoff scandal, which continues to reverberate. Dozens of hedge fund “feeder funds” that channelled money into Madoff Investment Securities have been frozen in the wake of the alleged fraud.
Ken Heinz, president of Hedge Fund Research (HFR), based in Chicago, said: “It is almost understating it to say that there were record outflows from the industry. We’ve never seen anything like it since we started.”
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Worldwide assets under management fell from a peak of almost $2 trillion to $1.4 trillion as at the year-end, according to HFR. Hedge funds lost 18.3 per cent of their value over the 12-month period, only the second year of losses for the industry since records began, it said. December marked a modest recovery, when funds returned 0.41 per cent.
About 900 hedge funds went into liquidation or stopped declaring their monthly returns last year, Mr Heinz said. He added that pressure on performance was likely to continue for at least the next six months.
He was speaking amid further signs that hedge funds are consolidating or battening down the hatches for another difficult year. This week GLG, a $17 billion New York-listed hedge fund, recruited the two founding partners of Pendragon Capital, a London fund manager, and revealed plans to merge Pendragon’s $400 million of assets into its group.
Magnetar Capital, a global fund that at its height managed $10 billion, said that it would be shutting one of its trading desks in London and cutting staff numbers.
Yesterday, RAB Capital, the AIM-listed hedge fund that specialises in small-caps, revealed that assets under management had plummeted from $7.2 billion to $1.9 billion and annual management and performance fees had more than halved from £125 million to £51 million.
Philip Richards, co-founder of RAB, handed over his responsibilities as chief investment officer to focus on his funds. He has held the position since RAB listed on the stock market in 2004, but he stood down from the chief executive’s job last September.
Charles Kirwan-Taylor – who joined RAB in March last year and co-founded Greyshrike Capital, a hedge fund firm, in 2006 – has taken on Mr Richards’s investment duties to allow him to focus on the poorly performing RAB Special Situations and RAB Global Mining.
Investors in Special Situations, RAB’s flagship fund, agreed last year to tie up their money for a further three years in return for lower fees.




 

Imark

Forumer storico
Traballa la poltrona di Ken Lewis, CEO di BofA, sulla circostanza per cui la decisione di elargire ben 4 mld $ in bonus adottata da Merrill Lynch a dicembre sarebbe stata adottata non da Thain da solo, bensì in accordo con il management di BofA.

Rammento che Merrill ha indicato una perdita nel Q4/2008 pari a 15 mld $, per cui la scelta di utilizzare una bella fetta dei fondi TARP ricevuti pochi mesi addietro all'epoca degli accordi BofA-Merrill per pagare bonus (fosse anche ai quadri ed ai traders della banca e non ai top managers) è di quelle che in USA non passeranno sotto silenzio, di questo si può essere certi...

BofA played role in $4 bln Merrill bonuses - FT

Mon Jan 26, 2009 4:03am GMT

PHILADELPHIA, Jan 25 (Reuters) - Bank of America (BAC.N: Quote, Profile, Research) played a role in Merrill Lynch's controversial decision to pay $4 billion in bonuses in December, the Financial Times reported on Sunday.
Bank of America had said the payment of $4 billion in compensation in a fourth quarter in which Merrill suffered $15 billion in losses was sanctioned by John Thain, Merrill's chief executive.

The FT reported that Thain, who left the firm last week, had at least two conversations with Banc of America's chief administrative officer, J. Steele Alphin, before a Dec. 8 board meeting at which Merrill's bonus payments were approved.

Bank of America told the FT there were conversations about the bonus payments prior to the pay-outs.

"We never said we didn't talk with them about it. But, in the end, it was their decision and they informed us of it," the company said.
Bank of America could not be immediately reached for comment. (Reporting by Jessica Hall, Editing by Ian Geoghegan) (For more M&A news and our DealZone blog, go to here)
 

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