Banca Nuova, l’altra spina nel fianco di Bpvi
L’AUDIT PER SCIOGLIERE IL CDA DELLA CONTROLLATA (AL 100%) È STATO AFFIDATO A DELOITTE, ANCHE PER LE RITROSIE E PAURE SORTE IN CITTÀ. SERVIRÀ A CAPIRE QUANTI NPL “SICILIANI” FINIRANNO NELLA BAD COMPANY DI GRUPPO, E SE SI PUÒ VENDERE IL RESTO
Andrea Greco10 Ottobre 2016
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<p>Milano Q uando la rinnovata Banca popolare di Vicenza si è presentata al pubblico, nella conferenza stampa del 7 luglio, uno dei punti fondamentali fu trasmettere l’idea che trasparenza e controllo dei rischi fossero il fulcro della discontinuità con la gestione di Gianni Zonin, che avrebbe portato dritto al fallimento senza l’intervento del fondo Atlante oggi socio unico. Nella conferenza stampa seguita alla nomina assembleare del nuovo cda, a fianco del presidente Gianni Mion e dell’amministratore delegato Francesco Iorio sedevano proprio i tre responsabili di controlli e rischi: Napoleone Francesco Barberio (audit interno), Eleonora Pezzino (compliance e antiriciclaggio), Alberto Piazza Spessa (gestione rischi). «Questi sono i signori fondamentali per fare bene questo mestiere », disse presentandoli lo storico braccio destro di Gilberto Benetton. Ma le cose non sono così facili come si potrebbe dire o pensare. Specie se sei una banca in Italia: come testimonia la storia che segue. Nell’affannoso lavoro per ristrutturare il gruppo Popolare di Vicenza si è subito aperto il dossier Banca Nuova, un centinaio di sportelli retaggio dell’avventura siciliana che Zonin intraprese 18 anni fa, dapprima come vignaiolo comprando il feudo dei principi Lanza di Scalea a Riesi, poco dopo con la nascita del polo bancario che negli anni ha fatto concorrenza a Banca di Sicilia (Unicredit) nella presenza sul territorio e nel cuore dei maggiorenti della politica e degli affari dell’isola. Senonché, come ha detto Iorio, «l’errore di diventare nazionali, commesso da molti, non ha portato a nulla e ha fatto perdere l’anima». L’anima e altri soldi: nel 2015 Banca Nuova è in rosso per 149 milioni, decuplicato rispetto all’anno prima a causa di «rettifiche di valore da deterioramento su crediti aumentate del 53%, nonché dell’integrale svalutazione degli avviamenti» (per 110 milioni). Il patrimonio netto, riporta sempre il bilancio, si è pertanto dimezzato a 158 milioni, con il Cet1 sceso a un pericoloso 6,74%.
Per rimediare e «ricondurre i coefficienti della controllata a un livello di equilibrio», la capogruppo vicentina nel giugno 2016 ha dovuto ricapitalizzare per 50 milioni Banca Nuova, convertendo in sue azioni certi crediti dell’ex collegata e ora controllata San Marco srl. Nelle vie di Vicenza si racconta che la prima intenzione dei nuovi padroni fosse convocare un’assemblea straordinaria e revocare il cda di Banca Nuova, doppione e fonte di costi dato che il controllo è al 100% (sembra un po’ il rapporto Parlamento- Assemblea Regionale Siciliana, di cui Banca Nuova è l’istituto di riferimento). Ma prima di far questo si è ritenuto di svolgere un audit, per avere miglior contezza di quel che c’è dentro la controllata, che a fine 2015 aveva 2,8 miliardi di impieghi e un costo del rischio di ben 320 punti base. Senonché sono passate le settimane fino all’estate e la struttura di controllo interno a Vicenza, composta di una cinquantina di persone, non avrebbe saputo formare la squadra da inviare a Palermo per fare le pulci ai conti. Dietro le quinte bancarie al ritardo si danno due spiegazioni: la scarsa fiducia in molti dei controllori interni che sono in auge fin dall’epoca Zonin, e il timore che un’ispezione troppo severa potesse avere conseguenze sulla loro incolumità personale. In Sicilia anche le storie di credito a volte diventano storie di violenza mafiosa. La capogruppo non ha voluto commentare queste voci. Sta il fatto che dell’audit siciliano è stata incaricata la società esterna di revisione Deloitte. La disamina dei crediti di Banca Nuova permetterà di capire quanti di essi finiranno nella bad company di cui presto si occuperà l’altro braccio del fondo Atlante, quello che sta acquistando sofferenze per miliardi da Mps, dalle due banche venete Vicenza e Veneto e - forse - dalle 4 good bank. Prima di fine anno il dossier Banca Nuova dovrebbe comunque confluire nel piano strategico della Vicenza, imperniato sulla cessione di 1,9 miliardi di sofferenze e sul relativo aumento di capitale. Ma nel piano per voltare pagina ci saranno altri sigilli alla grandeur di Zonin (non solo quella siciliana): come la vendita degli immobili del gruppo, valutati quasi un miliardo e in conferimento a un fondo ad hoc; o la valorizzazione del patrimonio artistico, altra passione dell’ex presidente che avrebbe accumulato opere per una sessantina di milioni (Sotheby’s ha in corso la stima). Quadri pregiati, l’intera collezione di medaglie d’oro dei dogi veneziani e altro. Gran parte dei pezzi, però, è vincolata dalla Sovrintendenza e inalienabile