Overfitting

Se la mia misura del rischio deriva dal mercato (e le mie attese di guadagno pure, immagino), allora farò gli stessi errori del mercato, comprando internet stocks nella bolla dot-com o azioni della fannie mae nel 2007 perché il mercato immobiliare americano conosce una sola direzione e gli mbs sono praticamente risk free, mentre l'anno successivo svenderò tutto perché il mondo sta finendo, le società quotate valgono meno del cash che hanno in cassa (perché d'ora in poi faranno solo perdite) e il futuro è nel baratto. ;)

Se non si è capito, sono un sostenitore della tesi di mercato inefficiente, il che non significa che possa permettermi di non considerare il market risk (Markets can remain irrational a lot longer than you and I can remain solvent), ma ancora più grave sarebbe considerare soltanto il market risk.

Ma io non dico che tu non possa essere più bravo del mercato.

Dico solo che il rischio in fin dei conti è che le cose non vadano come il tuo modello ha previsto.

Pur condividendo la tua tesi di mercato inefficiente, non posso valutare il rischio in base al mio modello, perché ironicamente farei lo stesso errore di chi considera il money management inutile: darei più fiducia a me stessa che al mercato, e peggio ancora trascurerei tutti gli infiniti agenti esogeni al mio modello, più o meno trasparenti, che potrebbero intervenire.

Oppure, più banalmente, nella gestione del rischio meglio partire dall'assunto che se il prezzo va in direzione contraria è più probabile che sia il tuo modello a sbagliare piuttosto che il mercato, ovvero che il tuo rischio stia salendo.

Ciliegina sulla torta, tieni presente che i tuoi esempi sono tutti a posteriori, ovvero ... overfittati :)
 
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Ma io non dico che tu non possa essere più bravo del mercato.

Dico solo che il rischio in fin dei conti è che le cose non vadano come il tuo modello ha previsto.

Su questo sono d'accordo con te.
Infatti un modello dovrebbe concentrarsi più sul vedere che sul prevedere.
Quanto vale un'azienda (piuttosto che un bond o un altro strumento finanziario) ora?
E quanto la prezza invece il mercato?

Se c'è sufficiente differenza e sono ragionevolmente certo sia delle informazioni che ho immesso nel modello che del processo che applico a questi input per giungere al mio valore, allora posso considerare di inserire quell'azione in portafoglio, con l'aspettativa che il prezzo converga al valore (o lì intorno).

Naturalmente può essere che i presupposti per cui ho dato quella valutazione vengano a mancare prima che il prezzo di mercato converga: è un rischio difficilmente eliminabile, per come la vedo devo semplicemente accollarmelo e trarne le conseguenze (= vendere in perdita).

Pur condividendo la tua tesi di mercato inefficiente, non posso valutare il rischio in base al mio modello, perché ironicamente farei lo stesso errore di chi considera il money management inutile: darei più fiducia a me stessa che al mercato, e peggio ancora trascurerei tutti gli infiniti agenti esogeni al mio modello, più o meno trasparenti, che potrebbero intervenire.

Oppure, più banalmente, nella gestione del rischio meglio partire dall'assunto che se il prezzo va in direzione contraria è più probabile che sia il tuo modello a sbagliare piuttosto che il mercato, ovvero che il tuo rischio stia salendo.

Il money management non lo reputo affatto inutile (grazie ancora per avermi suggerito il libro di Unger, lo sto leggendo), perché se è vero che do più fiducia a me stesso che non al mercato nel giudicare il valore delle cose, è vero altresì che do molta più fiducia al mercato che non a me stesso nello stabilirne il prezzo, sia presente che futuro (almeno fino a quando non avrò abbastanza soldi da potermi permettermi OPA totalitarie ;)).
Se trovo un'azione che a mio vedere quota ca. la metà del suo valore, anche supponendo che giudichi il risk/reward di quell'azione superiore(*) al resto dell'universo investibile di cui sono a conoscenza, investirò cmq soltanto una frazione della mia disponibilità perché:
1. il mercato cambia: non ho alcuna certezza che dopo l'acquisto non si presenti un'occasione migliore (su un'altra azione o sulla stessa, perché è ulteriormente calata di prezzo);
2. le informazioni cambiano: dopo un mese esce la trimestrale e c'è una sorpresa negativa, oppure l'economia va in recessione, oppure aggiorno il modello perché quello precedente aveva una falla nella carena e improvvisamente lo sconto dal 50% si riduce al 25% ;
3. le condizioni al contorno cambiano: p.e. il mio broker non mi lascia più comprare a margine;
4. e questi sono soltanto (alcuni) degli known unknown...


(*) "superiore" nel senso di "migliore" e non di "maggiore"
 
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Su questo sono d'accordo con te.
Infatti un modello dovrebbe concentrarsi più sul vedere che sul prevedere.
Quanto vale un'azienda (piuttosto che un bond o un altro strumento finanziario) ora?
E quanto la prezza invece il mercato?

Se c'è sufficiente differenza e sono ragionevolmente certo sia delle informazioni che ho immesso nel modello che del processo che applico a questi input per giungere al mio valore, allora posso considerare di inserire quell'azione in portafoglio, con l'aspettativa che il prezzo converga al valore (o lì intorno).

In realtà il tuo modello (quand'anche fosse semplicemente la tua discrezione) è sempre e comunque un previsore, perché quello è il suo scopo, e soprattutto perché sarà lui a decidere se, come e quando andare a mercato.

E nel momento in cui vai a mercato il tuo rischio dipenderà in maniera diretta dalla distanza del valore "previsto" dal modello dal prezzo di mercato.

Naturalmente può essere che i presupposti per cui ho dato quella valutazione vengano a mancare prima che il prezzo di mercato converga: è un rischio difficilmente eliminabile, per come la vedo devo semplicemente accollarmelo e trarne le conseguenze (= vendere in perdita).

Certo.

Tuttavia tu avevi ipotizzato nessuna variazione negli input del modello a parte il prezzo. Quello che io ti facevo presente e che neanche con tale assunto puoi considerare minore il tuo rischio quando il delta di mercato rispetto al tuo valore "previsto" aumenta, visto che, oltre quanto già detto, il tuo modello sarà sempre estremamente "approssimativo" rispetto alla realtà.

Il money management non lo reputo affatto inutile (grazie ancora per avermi suggerito il libro di Unger, lo sto leggendo),...

Occhio che così mi fai andare in galera (direttamente e senza passare dal via)!!! :D
Io ti ho solo evidenziato in forma generica l'oggetto dell'altro thread (per altro abbastanza evidente), ma lasciami specificare che sei stato tu a chiedermi i riferimenti! Nello specifico ricordo di averti addirittura "suggerito" che visto il tuo know how per te sarebbe stato sicuramente ridondante :bow:

Comunque grazie per darmi ancora una volta l'occasione per esprimere il mio sincero apprezzamento verso quel libro! :clap:
(Andrea ci dai un feedback sulle vendite??? :lol:)

...perché se è vero che do più fiducia a me stesso che non al mercato nel giudicare il valore delle cose, è vero altresì che do molta più fiducia al mercato che non a me stesso nello stabilirne il prezzo, sia presente che futuro (almeno fino a quando non avrò abbastanza soldi da potermi permettermi OPA totalitarie ;))...

:lol: :bow:

...Se trovo un'azione che a mio vedere quota ca. la metà del suo valore, anche supponendo che giudichi il risk/reward di quell'azione superiore(*) al resto dell'universo investibile di cui sono a conoscenza, investirò cmq soltanto una frazione della mia disponibilità perché:
1. il mercato cambia: non ho alcuna certezza che dopo l'acquisto non si presenti un'occasione migliore (su un'altra azione o sulla stessa, perché è ulteriormente calata di prezzo);
2. le informazioni cambiano: dopo un mese esce la trimestrale e c'è una sorpresa negativa, oppure l'economia va in recessione, oppure aggiorno il modello perché quello precedente aveva una falla nella carena e improvvisamente lo sconto dal 50% si riduce al 25% ;
3. le condizioni al contorno cambiano: p.e. il mio broker non mi lascia più comprare a margine;
4. e questi sono soltanto (alcuni) degli known unknown...


(*) "superiore" nel senso di "migliore" e non di "maggiore"

:bow: :bow: :bow:

Aggiungo:

5. gatto sulla tastiera
6. Godzilla
7. singolarità energetica
8. necessità imprevista
9. "ereditate da un lontano parente"
......
 
In realtà il tuo modello (quand'anche fosse semplicemente la tua discrezione) è sempre e comunque un previsore, perché quello è il suo scopo, e soprattutto perché sarà lui a decidere se, come e quando andare a mercato.

E nel momento in cui vai a mercato il tuo rischio dipenderà in maniera diretta dalla distanza del valore "previsto" dal modello dal prezzo di mercato.

[..]

Tuttavia tu avevi ipotizzato nessuna variazione negli input del modello a parte il prezzo. Quello che io ti facevo presente e che neanche con tale assunto puoi considerare minore il tuo rischio quando il delta di mercato rispetto al tuo valore "previsto" aumenta, visto che, oltre quanto già detto, il tuo modello sarà sempre estremamente "approssimativo" rispetto alla realtà.

[..]
Mi sono permesso di tagliare le parti in cui siamo fondamentalmente d'accordo (ed evidenziare invece la parte in cui l'accordo si incrina).

I miei presupposti sono:
1. esiste un valore degli oggetti che ci scambiamo che è diverso e indipendente dal prezzo;
2. il prezzo rispetto al valore è mean reverting.

Naturalmente puoi non essere d'accordo con questi presupposti, che ho enunciato senza alcuna dimostrazione a supporto (non sarei in grado).
Se li diamo per buoni, allora ne consegue che all'aumentare del delta tra prezzo e valore aumenta il guadagno atteso e diminuisce il rischio.

Ceteris paribus, rischio di meno se compro a 10 rispetto a comprare a 20.
E se avevo comprato a 20, ora a 10 il mio rischio è diminuito (anche la mia performance, sono riuscito a fare -50%, ma questo è un altro discorso).
Mi dici che ceteris non può essere paribus perché altrimenti il prezzo non sarebbe cambiato tanto?
Ti rispondo che questo è un articolo di fede.
Mi dici che anche i miei presupposti 1. e 2. sono articoli di fede?
Ti rispondo che hai ragione. :)

PS
rispetto all'approsimazione del modello: non ci serve un modello che dia una misura esatta del valore, ci basta uno stimatore, qlc che indichi la giusta direzione; starà a noi scegliere un margin of safety tale da essere fiduciosi che la mean reversion remi per noi e non contro di noi.

PS2
rileggendo mi viene il dubbio che "il prezzo rispetto al valore è mean reverting" non abbia molto senso; quello che intendo è che il prezzo oscilla attorno al valore e che la media dei delta nel lungo periodo non diverge... aiutami tu ad esprimere meglio il concetto
 
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...rispetto all'approsimazione del modello: non ci serve un modello che dia una misura esatta del valore, ci basta uno stimatore, qlc che indichi la giusta direzione; starà a noi scegliere un margin of safety tale da essere fiduciosi che la mean reversion remi per noi e non contro di noi.
Penso che questo sia pressapoco il medesimo ragionamento di chi vende cash secured Put su azioni ad un prezzo di esercizio al quale le riterrebbe senza dubbio sacrificate (tant'è vero che, anziché vendere quelle Put, potrei sempre prendere tutto il cash che metterei da parte per far fronte a un esercizio e cominciare a incrementare la mia posizione dopo ogni discesa ottenendo un risultato non troppo dissimile).

Eppure a chi vede valore in Tiscali non sempre le cose vanno nel verso giusto...
 
Penso che questo sia pressapoco il medesimo ragionamento di chi vende cash secured Put su azioni ad un prezzo di esercizio al quale le riterrebbe senza dubbio sacrificate (tant'è vero che, anziché vendere quelle Put, potrei sempre prendere tutto il cash che metterei da parte per far fronte a un esercizio e cominciare a incrementare la mia posizione dopo ogni discesa ottenendo un risultato non troppo dissimile).
Direi di sì, pur non avendole mai usate.
Non ho una buona esperienza rispetto agli spread delle opzioni OTM però (forse perché trado poco in opzioni, non è un mercato che conosco bene, so solo che quando vendo put sull'eurchf mi becco ca. un -5% nel m2m come benvenuto).
Eppure a chi vede valore in Tiscali non sempre le cose vanno nel verso giusto...
Se ricordo bene, Tiscali veniva valutata in base agli utenti futuri (tot migliaia di €/utente) che avrebbe dovuto avere se avesse continuato a crescere con gli stessi ritmi, sperando che in un futuro ancora più lontano quegli stessi utenti che al momento procuravano solo perdite si sarebbero convertiti in cash cows.

Il modello di valutazione dovrebbe avere una certa attinenza con la realtà altrimenti è come guidare ad occhi chiusi su una strada gelata con le gomme estive ad alta velocità e sperare che quando freniamo la traiettoria dell'auto coincida con il percorso stradale. ;)
 
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Mi sono permesso di tagliare le parti in cui siamo fondamentalmente d'accordo (ed evidenziare invece la parte in cui l'accordo si incrina).

I miei presupposti sono:
1. esiste un valore degli oggetti che ci scambiamo che è diverso e indipendente dal prezzo;
2. il prezzo rispetto al valore è mean reverting.

Naturalmente puoi non essere d'accordo con questi presupposti, che ho enunciato senza alcuna dimostrazione a supporto (non sarei in grado).

Ah, ma non occorrono dimostrazioni (non qui;), almeno).

Basta l'osservazione empirica che l'approccio value è in assoluto quello che ha fatto guadagnare più soldi sui mercati (in overperformance, cioè rispetto al benchmark) di ........... :-o tutti gli altri approcci messi assieme. :eek:

Ciò non stupisce, dato che è incomparabilmente più semplice (anche se semplice non significa "facile" o "alla portata di tutti") imitare Monish Pabrai di Jim Simons:lol::lol:, e dunque è anche - tuttora - l'approccio più praticato.


Se li diamo per buoni, allora ne consegue che all'aumentare del delta tra prezzo e valore aumenta il guadagno atteso e diminuisce il rischio.

Ceteris paribus, rischio di meno se compro a 10 rispetto a comprare a 20.
E se avevo comprato a 20, ora a 10 il mio rischio è diminuito (anche la mia performance, sono riuscito a fare -50%, ma questo è un altro discorso).

Questo è assolutamente vero, ma SE e SOLO SE le informazioni su cui ti basi per definire il valore sono sincere, corrette e ... determinanti.

Per l'analista fondamentale outsider (cioè, esterno all'azienda) raggiungere questa consapevolezza è molto difficile, non solo quando i bilanci sono palesemente falsi, ma anche in conseguenza dello stile di comunicazione agli investitori adottato dalla singola azienda: management ed investor relators non mentono (in genere :lol::lol:), ma espongono la realtà secondo la visuale più comoda.

Un esempio stupido, niente biotecnologie od internet, solida (:cool:) azienda manifatturiera "old economy": tanti anni fà, quando Iveco ripeteva ad ogni conference call
"vi sono forti spinte competitive al ribasso sui prezzi di vendita dei "large trucks", ma noi ne siamo poco toccati perchè il nostro MIX di fatturato è formato sopratutto nei segmenti "small/medium"
non mentiva.

Semplicemente "ometteva" (:lol::lol:) di specificare che nel segmento "large" vi era guerra dei prezzi perchè i margini lordi erano ancora interessanti, mentre nel segmento "small" erano ormai ridotti all'osso .... :lol::lol:

Non mentiva, però trasformava un punto di debolezza ("siamo nel segmento meno remunerativo del mercato"), in un punto di forza ("non c'è guerra sui prezzi").

Con me, se parli di approccio value, sfondi una aporta aperta. A condizione, però, di accettarne i limiti di applicabilità pratica.


Mi dici che ceteris non può essere paribus perché altrimenti il prezzo non sarebbe cambiato tanto?

:no::no: Ti dico che è anche peggio.

Ti dico che se sei un analista outsider non hai nessun modo per capire CON RAGIONEVOLE CERTEZZA se il prezzo sta cambiando per buone ragioni (acc... per qualche motivo ho sbagliato la stima, oppure è cambiato il "value", quindi - sia nell'uno che nell'altro caso - devo rivedere le mie scelte di investimento) oppure per motivi speculativi (i miei modelli e le mie stime sembrano corretti, il value è stabile, più il prezzo scende, meglio è).

Per quanto accurata l'analisi.

E' per questo che in un approccio di analisi "value" il money management è ancora più importante che per chi trae input centrifugando serie storiche di prezzi: è implicito nell' impostazione che quando il prezzo scende, il mercato non ti sta dando un feed back sulle tue idee di ieri, ma delle "nuove opportunità" ... :V:V:V:lol::lol::lol:

Almeno, finchè non ti trasferisci ad Omaha, trasformi una sonnolenta compagnia assicurativa in una specie di hedge fund, compri tutta l'azienda target ed ottieni l'accesso alle informazioni "interne" .... :bow::-o:D
 
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Ah, ma non occorrono dimostrazioni (non qui;), almeno).

Basta l'osservazione empirica che l'approccio value è in assoluto quello che ha fatto guadagnare più soldi sui mercati (in overperformance, cioè rispetto al benchmark) di ........... :-o tutti gli altri approcci messi assieme. :eek:

Ciò non stupisce, dato che è incomparabilmente più semplice (anche se smplice non significa "facile" o "alla portata di tutti") imitare Monish Pabrai di Jim Simons:lol::lol:, e dunque è anche - tuttora - l'approccio più praticato.




Questo è assolutamente vero, ma SE e SOLO SE le informazioni su cui ti basi per definire il valore sono sincere, corrette e ... determinanti.

Per l'analista fondamentale outsider (cioè, esterno all'azienda) raggiungere questa consapevolezza è molto difficile, non solo quando i bilanci sono palesemente falsi, ma anche in conseguenza dello stile di comunicazione agli investitori adottato dalla singola azienda: management ed investor relators non mentono (in genere :lol::lol:), ma espongono la realtà secondo la visuale più comoda.

Un esempio stupido, niente biotecnologie od internet, solida (:cool:) azienda manifatturiera "old economy": tanti anni fà, quando Iveco ripeteva ad ogni conference call
"vi sono forti spinte competitive al ribasso sui prezzi di vendita dei "large trucks", ma noi ne siamo poco toccati perchè il nostro MIX di fatturato è formato sopratutto nei segmenti "small/medium"
non mentiva.

Semplicemente "ometteva" (:lol::lol:) di specificare che nel segmento "large" vi era guerra dei prezzi perchè i margini lordi erano ancora interessanti, mentre nel segmento "small" erano ormai ridotti all'osso .... :lol::lol:

Non mentiva, però trasformava un punto di debolezza ("siamo nel segmento peggiore del mercato in termini di margini lordi), in un punto di forza ("non c'è guerra sui prezzi).




:no::no: Ti dico che è anche peggio.

Ti dico che se sei un analista outsider non hai nessun modo per capire CON RAGIONEVOLE CERTEZZA se il prezzo sta cambiando per buone ragioni (acc... per qualche motivo ho sbagliato la stima, oppure è cambiato il "value", quindi - sia nell'uno che nell'altro caso - devo rivedere le mie scelte di investimento) oppure per motivi speculativi (i miei modelli e le mie stime sembrano corretti, il value è stabile, più il prezzo scende, meglio è).

Per quanto accurata l'analisi.

E' per questo che in un approccio di analisi "value" il money management è ancora più importante che per chi trae input centrifugando serie storiche di prezzi: è implicito nell' impostazione che quando il prezzo scende, il mercato non ti sta dando un feed back sulle tue idee di ieri, ma delle "nuove opportunità" ... :V:V:V:lol::lol::lol:

Almeno, finchè non ti trasferisci ad Omaha, trasformi una sonnolenta compagnia assicurativa in una specie di hedge fund, compri tutta l'azienda target ed ottieni l'accesso alle informazioni "interne" .... :bow::-o:D

Sono d'accordo su praticamente tutto.
Qualche puntino sulle i perché dire "hai ragione" senza aggiungere "ma..." mi pare scortese :D

1. accesso alle informazioni
Se c'è una cosa di cui non ci possiamo lamentare secondo me è l'accesso alle informazioni; penso che questo sia il periodo storico nel quale chi vuole, anche senza grandi mezzi, può informarsi su quasi tutto fino all'eccesso; la differenza tra noi e i pro (o dovrei dire tra me e i pro? ;)) non è tanto nell'acceso quanto nella velocità: leggevo tempo fa che l'indice Michigan costa qualche milione di dollari al secondo, dopo 80 secondi è free e fa parte delle news diramate in tutto il mondo.
L'accesso a informazioni interne viene indubbiamente sfruttato per intenti speculativi, ma non mi pare che questo sposti di molto il discorso: la maggior parte del mercato ha accesso a ca. le stesse info alle quali ho accesso anch'io.

2. cambia il prezzo ma noi no
generalmente in un modello value gli input cambiano lentamente, mentre sul mercato i prezzi cambiano velocemente; questo non equivale a dire che le variazioni di prezzo sul mercato sono sempre sfruttabili, ma perlomeno sono in certa misura ignorabili (se compro la stessa impresa a 10 o a 12 non fa molta differenza nel medio lungo periodo, anche se nell'immediato la cosa sembra enorme)

3. Omaha
mi sto attrezzando ;)
cmq secondo me il successo di WB deriva solo secondariamente dalle informazioni "interne", molto più conta la grandissima capacità di leggere bilanci e situazioni aziendali, unita al funding a basso costo delle imprese assicurative che a sua volta gli ha permesso un uso giudizioso della leva.
 
cmq secondo me il successo di WB deriva solo secondariamente dalle informazioni "interne", molto più conta la grandissima capacità di leggere bilanci e situazioni aziendali, unita al funding a basso costo delle imprese assicurative che a sua volta gli ha permesso un uso giudizioso della leva.

giudizioso di sicuro visti i risultati, ma di certo non timido: pare abbia usato per decenni qualcosa molto vicino al full kelly come MM :)
http://www.wilmott.com/pdfs/050316_ziemba.pdf
 
giudizioso di sicuro visti i risultati, ma di certo non timido: pare abbia usato per decenni qualcosa molto vicino al full kelly come MM :)
http://www.wilmott.com/pdfs/050316_ziemba.pdf

Non mi torna.

1. Leverage secondo Kelly
The leverage f is defined as the ratio of the size of your portfolio to your equity. Kelly criterion says: f should equal the expected excess return of the strategy divided by the expected variance of the excess return, or
f = (m-r)/s^2
(The excess return being the return m minus the risk-free rate r.)
This quantity f looks like the familiar Sharpe ratio, but it is not, since the denominator is s^2, not s as in the Sharpe ratio.

Quantitative Trading: How much leverage should you use?

2. WB
From November 1976 through December 2011, Berkshire realized an average annual return of 19 percent in excess of the Treasury bill rate, significantly outperforming the general stock market's average excess return of 6.1 percent.
Berkshire stock also entailed more risk, realizing a volatility of 24.9 percent, 58 percent greater than the market volatility of 15.8 percent.
Berkshire's Sharpe ratio was 0.76 over the period November 1976-December 2011, nearly double the ratio of the overall stock market (0.39).
Buffett has boosted returns through the use of leverage, estimated at about 1.6.
How Warren Buffett beats the market - CBS News



Se secondo Kelly il leverage dovrebbe essere pari a Sharpe/sigma, allora per WB varrebbe:

f = 0.76 / 24.9% = 3.05

ca. il 90% superiore a quanto si stima che abbia effettivamente utilizzato.
 
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