Titoli di Stato area Euro Paesi Baltici ed Est Europa: news, info, analisi

Moody's: L'outlook sul rating Baa1 della Lituania, il terzo grado più basso nella scala IG, è stato revocato a stabile da negativo. L'outlook sul rating Baa3 Lettonia è stato portato a stabile da negativo.
"L'economia lituana si è stabilizzata in modo più rapido di quanto precedentemente previsto, e anche più veloce rispetto agli altri paesi del Baltico", ha detto Kenneth Orchard, analista Moody's. La recessione "apparentemente" si è concluso già nel terzo trimestre dello scorso anno e "questo sviluppo dovrebbe avere un modesto impatto positivo sulla forza finanziaria del governo attraverso il deficit di bilancio leggermente inferiore e un meno rapido aumento del debito."

In Lettonia, "il peggio della recessione è passata, e la ripresa nascente dovrebbe sostenere la forza finanziaria del governo e del settore bancario", ha detto Orchard. "La prospettiva di una svalutazione della moneta è ora altamente improbabile".


Moody's raises outlook for Baltics

31.03.2010, 12:50Estonia’s ratings outlook was raised to stable from negative at Moody’s Investors Service today, prompted by “a clear improvement in the country’s financial and economic prospects since mid-2009, and the likelihood that the country will be admitted to the eurozone in January 2011.”
In a related news, Latvia and Lithuania had the outlooks on their credit ratings raised by Moody’s Investors Service as their economies recover faster than anticipated.
The outlook on Lithuania’s Baa1 rating, the third-lowest investment grade, was lifted to stable from negative, Moody’s said in a statement today. The outlook on Latvia’s Baa3 rating was also raised to stable from negative, it said.
Ratings companies are lifting outlooks for the region on signs of stabilization. Standard and Poor’s and Fitch Ratings raised their outlooks for the Baltic states of Estonia, Latvia and Lithuania to stable from negative in the past two months on recovery signs and government steps to curb budget deficits.
“The Lithuanian economy has stabilized more quickly than previously anticipated, and also faster than the other Baltic countries,” said Kenneth Orchard, a London-based analyst with Moody’s, in the statement. The recession “apparently” ended as early as the third quarter of last year and “this development is expected to have a modestly positive impact on government financial strength through slightly lower budget deficits and less rapid increase in debt.”
In Latvia “the worst of the recession has passed, and the fledgling recovery should support the government’s financial strength and the banking sector,” Orchard said. “The prospect of a disorderly currency devaluation is now highly unlikely.”
The yield on Lithuania’s 10-year bond maturing in 2020 fell 0.01 percentage points to 6.11 percent. The NASDAQ OMX Riga stock index dropped 1.76 percent to 321.19 at 11:42 a.m. and the Vilnius NASDAQ OMX stock index fell 0.19 percent to 311.73.
The cost of protecting Lithuanian debt with credit-default swaps rose 2.3 basis points to 225.7 yesterday. Latvia’s rose 2.46 basis points to 368.6, according to CMA DataVision.
Latvia turned to a group led by the European Commission and the International Monetary Fund for a 7.5 billion-euro ($10.08 billion) loan in 2008 after taking over its second-biggest bank. The economy contracted 16.9 percent in the fourth quarter.
Latvian Premier Valdis Dombrovskis pushed through the EU’s toughest austerity measures last year, cutting the budget by about 10 percent of gross domestic product. Lithuanian Prime Minister Andrius Kubilius cut budget spending and increased taxes to save about 9 percent of GDP last year.
The Baltic nations, which maintain a fixed-exchange rate for their currencies to the euro, are using deflation and wage cuts to restore competitiveness after a credit-fueled boom led to an economic overheating following the countries’ accession into the EU in 2004.
Lithuanian real wages fell 7.3 percent in 2009 from the previous year, the statistics office said on Jan. 28. The Finance Ministry estimates consumer prices may fall 1 percent this year, after rising 4.2 percent in 2009.
The government’s plans to reduce the deficit below 3 percent of GDP by 2012 “may be overly ambitious,” Moody’s said.
Optimism about an economic recovery in Lithuania is growing after GDP grew for two consecutive quarters from the previous three-month period. The improving economic situation in western European markets is boosting confidence about an export-led recovery.
The economy grew a seasonally adjusted 0.5 percent in the fourth quarter after rising 1 percent in the previous three months, the statistics office said. In the year, output shrank 12.8 percent, it said.
 
Est Europa, si torna a correre
Dimenticato l'effetto Pigs, gli investitori ricominciano a guardare con interesse l'area.

07-04-10 - Morningstar - Nell’Est Europa l’effetto Pigs è passato in fretta. L’indice Msci della regione, che aveva subito una battuta d’arresto quando si erano sparse le notizie di una possibile crisi di Portogallo, Irlanda, Grecia e Spagna (da cui l’acronimo Pigs), nell’ultimo mese (fino al 6 aprile e calcolato in euro) ha guadagnato quasi il 9% portando a +18,2% la performance da inizio anno. Per dirla con le parole usate dagli operatori in questi casi: le prospettive di crescita nel lungo termine dell’area restano ancora “intatte”, anche se gli investitori, ai primi segni di buriana (ma spesso basta una maretta) scappano verso lidi più sicuri. L’Europa dell’est, del resto, non fa nulla per scrollarsi di dosso la fama di zona a rischio. Uno dei Paesi che ha sofferto di più nelle settimane scorse, ad esempio, è stata la Turchia dove le quotazioni delle azioni hanno subito cali in alcuni casi superiori al 10% a causa delle crescenti turbolenze politiche.
Per motivi analoghi (in questo caso gli attacchi terroristici alla metropolitana di Mosca), la Russia, oltre che essere la locomotiva della regione, è entrata nella lista degli Stati da tenere d’occhio. Anche in questo caso, comunque, quando le sirene degli allarmi hanno cessato di suonare, gli operatori sono tornati a concentrarsi sulle possibilità di crescita del Paese. “Che non sono poche”, taglia corto uno studio della società di consulenza EMRA. “La fonte principale di reddito di Mosca resta il petrolio degli Urali, la cui esportazione, dalla fine del 2008 è aumentata del 99% portando nelle casse dello Stato grandi quantità di denaro che hanno permesso di contenere il deficit pubblico e favorito l’apprezzamento del rublo nei confronti del dollaro e dell’euro”. Secondo le indicazioni fornite nei giorni scorsi dal ministro russo delle finanze, Alexei Kudrin, il deficit di bilancio per quest’anno dovrebbe corrispondere al 6% del Pil. Le stime precedenti davano una percentuale del 6,8%.
La marcia della Russia potrebbe essere confermata dalla decisione di iniziare ad alzare il costo del denaro a partire dall’inizio del secondo semestre. Prima di allora, tuttavia, gli economisti non escludono un ulteriore taglio, anche se è difficile sapere quando il board dell’istituto monetario si riunirà, visto che non produce un calendario ufficiale. Secondo l’Ufficio nazionale di statistica i prezzi al consumo, dall’inizio dell’anno sono cresciuti del 3,2%.
I radar degli investitori sono puntati anche sulla Banca centrale della Repubblica Ceca che, secondo gli operatori, visto il basso livello di inflazione non dovrebbe restare al minimo storico dell’1%. Alcuni esponenti politici, tuttavia, stanno facendo pressione perché si arrivi ad un ulteriore calo di un altro quarto di punto.
Continua a crescere, intanto, la produzione industriale della Romania che a gennaio (ultimo dato disponibile) secondo il locale ufficio di statistica è salita di oltre il 7%, dopo il balzo del +8,3% segnato a dicembre dell’anno scorso.
 
LATVIA, UNA TIGRE NELLA GABBIA DEL FMI

In Lettonia gli anni del boom sono solo un ricordo: oggi il paese baltico ha il più alto tasso di disoccupazione della Ue. I lettoni sono temprati dalle ristrettezze del periodo sovietico, ma l'austerity potrebbe durare ancora a lungo.
Il maiale capitalista è tornato a Riga. Guance rosee, pancia gonfia e una valigetta piena di bigliettoni stretta nello zampone. Osserva tutto dal suo posto d'onore, un cartellone pubblicitario proprio di fronte al parlamento lettone, sul viale principale della capitale. Poco lontano, poveracci disoccupati si stringono attorno a un fuoco avvolti in passamontagna e giacca a vento. Soltanto due anni fa un simile sfoggio di anticapitalismo sarebbe stato considerato un segno di pazzia. Fino a due anni fa, appunto, quando la Lettonia si preparava a festeggiare i due decenni di libertà dal giogo sovietico e cavalcava il boom economico. Ora la festa è finita.
I lettoni, come il trentatreenne Gints Berneckis, hanno ormai perso la fede nel modello economico occidentale. Come migliaia di compatrioti, il cui tasso di disoccupazione è schizzato al 23 per cento, l'anno scorso Berneckis ha perso il suo posto di venditore di computer. "È vero - sbuffa con rabbia - i maiali capitalisti sono tornati. Solo che adesso arrivano e se ne vanno carichi dei soldi che il governo gli regala." Gints ha sfidato uno dei peggiori inverni degli ultimi decenni per manifestare insieme ai suoi "colleghi" disoccupati, accampandosi in una piccola tenda davanti al parlamento fin dall'inizio dell'anno. "Hanno tagliato tutto: previdenza sociale, educazione, pensioni. La gente sta scappando, lascia la città in massa."
Berneckis fa parte del crescente movimento di lettoni decisi a protestare contro l'incapacità del governo davanti ad una crisi che, a detta di molti, è di gran lunga peggiore di quella greca. Il momento più duro si è verificato nel febbraio 2008, quando il governo di Riga è stato costretto a rilevare la seconda maggiore banca del paese per evitarne il collasso. Da quel giorno lo spettro della bancarotta non si è mai allontanato. Ingolosito dagli aiuti economici alla Grecia, il governo lettone ha richiesto con successo un "pacchetto di salvataggio" all'Unione europea e al Fondo monetario internazionale, per un ammontare complessivo di 7,5 miliardi di euro. Il problema però è che per ottenere gli aiuti economici la Lettonia è stata costretta ad accettare un regime draconiano di tagli, con l'obiettivo di portare il deficit di budget dall'attuale 12 per cento al tre per cento richiesto. E i tagli alla spesa, come l'incremento selvaggio delle tasse, erano all'ordine del giorno già da prima.
Ascesa e caduta in cinque anni
Tra il 2005 e il 2008 i salari in Lettonia sono raddoppiati, e il giro d'affari dei prestiti è cresciuto del 60 per cento ogni anno. La combinazione di questi due elementi ha alimentato una gigantesca bolla economica che ha fatto guadagnare al paese l'appellativo di "tigre baltica". Nel 2008 la bolla è scoppiata. I prezzi delle proprietà sono precipitati e i consumatori, spaventati, hanno smesso di spendere. Gli investimenti nell'edilizia si sono interrotti e il tasso di disoccupazione ha raggiunto un livello da record per un paese membro dell'Unione europea. Nel corso dell'ultimo trimestre l'economia lettone si è contratta quasi del 17 per cento, dopo che le vendite al dettaglio si sono ridotte di un terzo. Nonostante tutto il governo insiste nel dichiarare che la Lettonia entrerà nell'eurozona nel 2014. "Se non fosse per l'aiuto del Fmi e della Ue, la Lettonia sarebbe in bancarotta totale", sottolinea l'analista Jens Fischer. "Il lato positivo è che non siamo in Grecia. Qui la gente ha visto di peggio durante il regime sovietico, e non si lamenta più di tanto".
I mendicanti però cominciano ad affollare lo splendido centro storico di Riga. Quasi tutti i negozi "occidentali" e le fashion boutique spuntate come funghi negli ultimi dieci anni sono desolatamente vuote. Il governo ha deciso di tagliare l'Iva agli alberghi, nel tentativo di trasformare Riga nella meta perfetta per il turismo da "addio al celibato". Il rischio però è che la mossa renda irragiungibili le condizioni del Fmi per l'erogazione degli aiuti.
La crisi contagia la politica
La terrificante situazione economica lettone ha già avuto pesanti ripercussioni sul piano politico. A marzo il primo ministro Valdis Dombrovskis, la cui colazione è crollata in seguito alle dimissioni cinque deputati dell'influente Partito del Popolo, è stato costretto a cercare nuovi partner politici. Il governo in carica è oggi un governo di minoranza. I cinque parlamentari hanno abbandonato il governo dopo che Dombrovskis ha rifiutato di firmare un decreto che avrebbe dovuto alleviare le conseguenze della crisi, posticipando l'aumento delle tasse e riducendo il numero di ministeri. Il premier ha definito le dimissioni dei cinque come un "chiaro e diretto attacco finalizzato a far cadere il governo" prima delle elezioni generali di quest'anno.
Osservatori esterni sostengono che l'instabilità politica della Lettonia, foriera di un periodo di inefficienza governativa, sarà un forte deterrente per gli investitori. "L'incertezza politica aumenterà il senso di sfiducia nell'economia lettone e porterà ad un aumento della pressione sui mercati finanziari", sostiene Violete Klyvenie, economista esperta dei paesi del Baltico. La maggior parte degli analisti è concorde nel sostenere che a questo punto il tormentato governo di Riga non ha più scelta. "Non è facile per un paese dipendere dal Fmi – ha dichiarato recentemente Dombrovskis riferendosi alla situazione della Grecia – ma quando uno stato è messo così male da non avere alternative, le cose non sono mai facili". (as)
Tony Paterson


(The Independent)
 
Lituania, la festa dell’austerity
pubblicato il 22 aprile 2010
The New York Times New York


Duramente colpito dalla crisi, il governo di Vilnius è stato costretto a tagli massicci della spesa pubblica. Il rigore non ha scatenato proteste come in Grecia e Spagna, ma ha avuto comunque un impatto tremendo sulla società lituana.
Se i leader dei paesi indebitati di tutto il mondo vogliono vedere com'è fatta l'austerity, non devono fare altro che venire in questo piccolo paese baltico di 3.3 milioni di abitanti. Alle prese con un debito in folle crescita e lo spettro della bancarotta, la Lituania è stata costratta a tagliare la spesa pubblica del 30 per cento. I salari sono stati ridotti del 20 o del 30 per cento, le pensioni dell'11 per cento. Il primo ministro Andrius Kubilius si è abbassato lo stipendio addirittura del 45 per cento.
Il governo ha fatto di tutto per salvarsi dal tracollo. Ha aumentato le imposte su un gran numero di beni, dagli alcolici ai prodotti farmaceutici. Le tasse sul reddito delle società sono salite dal 15 al 20 per cento. L'imposta sul valore aggiunto è passata dal 18 al 21 per cento. L'effetto sulle finanze statali è stato un risparmio pari al 9 per cento del Pil. Si tratta del più grande aggiustamento fiscale in un'economia sviluppata da quando è cominciata la crisi del credito dopo quello della Lettonia.
L'austerity, però, ha preteso il proprio tributo di sofferenza sociale e personale. I pensionati, messi in ginocchio dal taglio dei loro benefit, in questi giorni affollano le mense popolari. Il tasso di disoccupazione è passato dalla cifra singola al 14 per cento. L'economia del paese, già traballante, ha registrato l'anno passato una contrazione del 15 per cento. C'è da dire che la maggior parte delle misure sono state approvate con il riluttante supporto dei sindacati e dei partiti d'opposizione. Finora la società lituana ha dato prova di grande maturità. Nel paese non c'è ancora traccia del forte sentimento di protesta popolare visto in Gran Bretagna, Spagna e Grecia, sfociato in manifestazioni e scioperi a ripetizione.
Nell'euro a tutti i costi
Kubilius è stato comunque criticato aspramente, in patria come all'estero. Il governo ha scelto l'austerity come risposta alla crisi, quando la maggioranza dei paesi in difficoltà ha adottato l'approccio keynesiano, che prescrive l'aumento della spesa pubblica. Kubilius e i suoi si sono difesi dagli attacchi sostenendo di non avere avuto scelta. Con un deficit al 9 per cento del Pil, una moneta nazionale legata all'euro e i mercati internazionali riluttanti a concedere prestiti, il governo di Vilnius ha dovuto dimostrare al mondo di poter imporre la svalutazione tagliando la spesa pubblica, ritornando alla competitività commerciale e rimettendo in sesto il mercato dei bond. La motivazione di fondo rimane sempre la stessa. La Lituania vuole assolutamente entrare nell'euro entro il 2014, e per farlo deve conformarsi alle regole di ammissione alla moneta unica.
Fatta eccezione per l'Irlanda, nessun paese europeo ha attuato una politica restrittiva paragonabile a quella lituana senza l'aiuto del Fondo monetario internazionale. Dublino ha approvato il budget più austero della sua storia, con i tagli dei salari pubblici al centro dello sforzo del governo per risanare il paese. In questo momento storico molti stati d'Europa si interrogano sui costi sociali e politici di un eventuale taglio della spesa pubblica. La situazione lituana rappresenta un caso in evoluzione per lo studio del compromesso sociale.

#fin qui le luci#

Come i vicini baltici di Estonia e Lettonia, la Lituania ha attraversato negli ultimi decenni un lungo boom economico guidato dalle banche e dalle società immobiliari. L'edilizia ha dominato l'economia, con i tassi d'interesse ridotti che spingevano la popolazione all'acquisto di immobili. Molti cittadini lituani hanno contratto mutui a tasso agevolato in moneta estera. Con l'esplosione della crisi, però, i prezzi delle case sono crollati, lo sviluppo edilizio si è arrestato e in migliaia hanno perso il posto di lavoro e la possibilità di pagare i debiti.......
Suicidi in aumento
Il colpo psicologico è stato terrificante. In un paese dove già prima della crisi ogni anno 35 persone ogni centomila si toglievano la vita, il tasso di suicidi è cresciuto ancora. Secondo gli esperti è ormai uno dei più alti al mondo. Algirdas Malakauskis, prete del monastero di san Francesco e san Bernardino, ha sperimentato in prima persona l'impatto tragico della recessione. Ha dovuto officiare un numero crescente di funerali di uomini morti per propria mano. I parrocchiani si rivolgono a lui alla ricerca di un lavoro. I suoi anziani genitori hanno perso la pensione e sono in preda alla rabbia e allo sconforto. Nonostante tutto Algirdas, e come lui tanti altri, non ha voltato le spalle al governo. "È chiaro a tutti che stanno facendo tutto quello che possono per mantenere la situazione stabile", sostiene con convinzione.
"La svalutazione interna può anche portare ad una stabilizzazione a breve termine, ma a che prezzo?", si chiede Charles Woolfson, professore di diritto del lavoro all'università di Glasgow ed esperto dei paesi baltici. Woolfson fa notare che la crescente alienazione sociale in Lituania ha portato l'emigrazione ai livelli massimi dal 2004, quando il paese è entrato a far parte dell'Unione europea. "A quel tempo l'emigrazione era simbolo di speranza. Adesso è segno di disperazione".
L'edificio scintillante della Swedbank è il totem degli eccessi frenetici che hanno regalato alla Lituania un tasso di crescita record nel 2007. Completato solo l'anno scorso, è alto sedici piani e monopolizza la modesta skyline di Vilnius. Swedbank è la banca principale in Lituania. La sua politica aggressiva di prestiti per l'acquisto della prima casa è una sorta di pietra miliare del capitalismo locale. Nell'area di uffici che circonda il quartier generale della banca, gli impiegati della Swedbank ridevano e bevevano ogni giorno per festeggiare i loro successi vertiginosi, seduti comodamente in bar modernissimi con musica rock in sottofondo. Non lontano da lì, oggi, cinquecento persone si mettono in fila alla mensa popolare della chiesa di San Pietro e Paolo, nella speranza di ricevere un piatto di zuppa e una focaccia lituana.

#le ombre#
 
La crisi dell'Ungheria sta ripirtando al centro dell'attenzione
l'Europa dell'Est.
Nel grafo i CDS di alcuni paesi dell'area;
i dati sono presi dalle tabelle che Lorenzo pubblica nell'apposito 3d.
 

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Ottimo Giontra..:up:

In effetti adesso s'ha da vedere i Baltici e gli Scandinavi i quali se la memoria nn mi inganna hanno dato parecchi soldi appunto ai Baltici...
 
Romania

Fitch: economia della Romania in calo dell'1% nel 2010
15.06.2010 Bucarest - L'Agenzia di rating Fitch si aspetta che l'economia romena diminuisca dell'1% quest'anno, senza un "miglioramento significativo" del rating dello Stato. Lo ha affermato Richard Hunter, Direttore per Europa, Medio Oriente, Africa e Regione Asiatica del Pacifico, dell'agenzia di valutazione finanziaria.
 
Estonia

Estonia, S&P alza rating ad 'A' in vista ingresso zona euro

TALLINN 10 giugno (Reuters) - Standard & Poor's ha rivisto al rialzo il rating sull'Estonia a 'A' da 'A-' in vista dell'ingresso dello stato baltico nella zona euro all'inzio dell'anno prossimo. L'outolook rimane stabile.
Per l'agenzia di rating la partecipazione dell'Estonia alla zona euro ridurrà i rischi di cambio e favorirà l'accesso ai mercati dei capitali europei.
"Il rating riflette la nostra visione del chiaro impegno dei partiti politici estoni per sostenere e attuare politiche di bilancio e strutturali per affrontare gli effetti della grave recessione economica... e per salvaguardare le finanze pubbliche" ha detto in una nota S&P.
 
Ungheria

Ungheria, necessari dettagli su obiettivi medio termine - Fitch
BUDAPEST 9 giugno (Reuters) - Gli impegni fiscali presi dal governo ungherese per il 2010 sono "moderatamente incoraggianti" ma sono necessari ulteriori dettagli e una maggiore chiarezza sugli obiettivi di medio termine. Lo scrive Fitch in un report, all'indomani della presentazione del piano fiscale del governo di Budapest.
"Servono maggiori chiarimenti anche sugli obiettivi di deficit di medio termine. Questi saranno alla base della dinamica del debito pubblico e quindi centrali per i trend futuri del rating" afferma l'agenzia.
"Con la previsione di un debito pubblico già all'82% del pil nel 2010, c'è poco spazio di manovra per la politica economica" si legge nel report.
Secondo Fitch "i commenti della scorsa settimana da parte del nuovo governo che hanno comparato l'Ungheria alla Grecia, facendo sorgere dubbi sulla validità dei dati economici del paese e sollavando voci di un rischio di default, sono stati un grave errore che ne hanno compromesso la credibilità".
L'agenzia ha affermato chi il governo ungherese deve evitare futuri errori che possnao mettere a rischio la fiducia del mercato, come ad esempio gli attacchi all'indipendenza della banca centrale.
 
Panoramica

Dall'Ecofin timori sui conti pubblici della Bulgaria

8 giugno 2010 La Commissione europea guarda con preoccupazione ai conti pubblici della Bulgaria e già nei prossimi giorni potrebbe inviare una missione di esperti per effettuare opportuni controlli. Questa l'indicazione fornita oggi dal commissario per gli Affari economici e monetari Olli Rehn al termine del Consiglio Ecofin, e nel contesto del rafforzamento dei poteri di controllo di Eurostat.
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Dopo le notizie dall'Ungheria che hanno destabilizzato i mercati quindi, i dubbi sulla tenuta delle finanze pubbliche si allargano ad altri paesi europei. Budapest da parte sua si appresta a varare una nuova tassa sul settore bancario. Negli obiettivi dell'esecutivo il provvedimento porterà 200 miliardi di fiorini (1 miliardo di euro) alle casse dello stato quest'anno. Il premier Viktor Orban ha poi fatto sapere che il governo intende anche vietare i prestiti sui mutui in valuta estera.
E i nubi sull'economia dell'Europa dell'Est non si limitano ai conti pubblici. Secondo le cifre diffuse dall'Istituto viennese di studi economici comparati (Wiiw) l'area ha visto dimezzare l'afflusso di investimenti diretti esteri lo scorso anno rispetto al 2008.
Particolarmente colpiti i numerosi paesi Ue dell'area, dove gli investimenti sono quasi tornati ai livelli del 2003, momento dello scoppio della bolla internet. La Repubblica ceca, la Lettonia e la Lituania hanno ricevuto molto meno della metà degli investimenti stranieri del 2008 lo scorso anno.
Flussi addirittura negativi in Slovacchia e in Slovenia, che indicano che le riserve accumulate nei due paesi sono state ritirate. L'Estonia e la Polonia, l'economia più forte della regione, sono state le meno toccate. Il wiiw ricorda che in questi paesi il settore estero è estremamente importante nelle economie nazionali.
Meno compromessi i paesi del sud est europeo: gli investimenti diretti esteri nell'area balcanica erano pari a 5.469 miliardi lo scorso anno da 8.636 miliardi nel 2008. L'Albania e il Montenegro, dove sono in corso le privatizzazioni, hanno registrato un aumento degli investimenti esteri.
Nel paesi ex Csi gli investimenti sono passati da 60,89 miliardi di euro a 32,704 miliardi con situazioni molto differenziate: la Bielorussia ha sofferto un calo minimo, mentre i fondi verso la Moldavia sono crollati da 481 milioni di euro a 62 milioni.
Secondo il Wiiw sono calati, ma in misura minore, solo di un quarto rispetto al 2008, anche gli investimenti verso l'estero dei paesi dell'area. La Polonia, l'Estonia e la Slovacchia hanno addirittura investito all'estero più che nel 2008. Per il 2010, Wiiw prevede una lieve ripresa in tutta la regione, in particolare in Russia e in Polonia, che dovrebbero essere le economie più performanti. Romania e Bulgaria, sempre secondo l'istituto, potrebbero invece subire un nuovo calo degli investimenti esteri.
IlSole24ore
 

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