Giontra
Forumer storico
Ciao Tommy
Indiscutibilmente i lituani se la stanno giocando bene,
agevolati in questo dal fatto che sono persone serie.
Ripercorrendo il 3d a ritroso, molto istruttivo
per rendersi conto dell’evoluzione (per alcuni mesi si parlò di “Baltic Storm”),
due sono le notizie che mi pare siano la chiave di interpretazione:
il 28 novembre 2009 il primo ministro Andrius Kubilius in una conferenza stampa dichiara:
1)La Lituania non aderirirà ad un "doloroso" calendario di adozione dell'euro che reprimere la domanda e fa male all'economia, pertanto probabilmente non riuscirà a rispettare la procedura dell'Unione europea per i disavanzi eccessivi, che chiede al governo di ridurre il disavanzo sotto il 3 per cento del prodotto interno lordo entro il 2011.
2)Non si ritiene di fare ricorso all’aiuto del FMI, in quanto questo comporterebbe l’obbligo di svalutare il litas, e la medicina sarebbe peggiore della malattia, in quanto molti debiti (pubblici e privati) sono in valuta estera (euro e non solo).
L’aiuto dell’FMI fu rifiutato un po di mesi prima anche dalla Turchia, se ricordo bene,
e il risultato è sotto gli occhi di tutti.
Ora stiamo a vedere come se la cava l’Ungheria, l’ultima in ordine di tempo.
il 22 aprile 2010 il New York Times scriveva:
Duramente colpito dalla crisi, il governo di Vilnius è stato costretto a tagli massicci della spesa pubblica. Il rigore non ha scatenato proteste come in Grecia e Spagna, ma ha avuto comunque un impatto tremendo sulla società lituana.
Se i leader dei paesi indebitati di tutto il mondo vogliono vedere com'è fatta l'austerity, non devono fare altro che venire in questo piccolo paese baltico di 3.3 milioni di abitanti. Alle prese con un debito in folle crescita e lo spettro della bancarotta, la Lituania è stata costratta a tagliare la spesa pubblica del 30 per cento. I salari sono stati ridotti del 20 o del 30 per cento, le pensioni dell'11 per cento. Il primo ministro Andrius Kubilius si è abbassato lo stipendio addirittura del 45 per cento.
Il governo ha fatto di tutto per salvarsi dal tracollo. Ha aumentato le imposte su un gran numero di beni, dagli alcolici ai prodotti farmaceutici. Le tasse sul reddito delle società sono salite dal 15 al 20 per cento. L'imposta sul valore aggiunto è passata dal 18 al 21 per cento. L'effetto sulle finanze statali è stato un risparmio pari al 9 per cento del Pil. Si tratta del più grande aggiustamento fiscale in un'economia sviluppata da quando è cominciata la crisi del credito dopo quello della Lettonia.
L'austerity, però, ha preteso il proprio tributo di sofferenza sociale e personale. I pensionati, messi in ginocchio dal taglio dei loro benefit, in questi giorni affollano le mense popolari. Il tasso di disoccupazione è passato dalla cifra singola al 14 per cento. L'economia del paese, già traballante, ha registrato l'anno passato una contrazione del 15 per cento. C'è da dire che la maggior parte delle misure sono state approvate con il riluttante supporto dei sindacati e dei partiti d'opposizione. Finora la società lituana ha dato prova di grande maturità. Nel paese non c'è ancora traccia del forte sentimento di protesta popolare visto in Gran Bretagna, Spagna e Grecia, sfociato in manifestazioni e scioperi a ripetizione.
Gente seria i lituani
Indiscutibilmente i lituani se la stanno giocando bene,
agevolati in questo dal fatto che sono persone serie.
Ripercorrendo il 3d a ritroso, molto istruttivo
per rendersi conto dell’evoluzione (per alcuni mesi si parlò di “Baltic Storm”),
due sono le notizie che mi pare siano la chiave di interpretazione:
il 28 novembre 2009 il primo ministro Andrius Kubilius in una conferenza stampa dichiara:
1)La Lituania non aderirirà ad un "doloroso" calendario di adozione dell'euro che reprimere la domanda e fa male all'economia, pertanto probabilmente non riuscirà a rispettare la procedura dell'Unione europea per i disavanzi eccessivi, che chiede al governo di ridurre il disavanzo sotto il 3 per cento del prodotto interno lordo entro il 2011.
2)Non si ritiene di fare ricorso all’aiuto del FMI, in quanto questo comporterebbe l’obbligo di svalutare il litas, e la medicina sarebbe peggiore della malattia, in quanto molti debiti (pubblici e privati) sono in valuta estera (euro e non solo).
L’aiuto dell’FMI fu rifiutato un po di mesi prima anche dalla Turchia, se ricordo bene,
e il risultato è sotto gli occhi di tutti.
Ora stiamo a vedere come se la cava l’Ungheria, l’ultima in ordine di tempo.
il 22 aprile 2010 il New York Times scriveva:
Duramente colpito dalla crisi, il governo di Vilnius è stato costretto a tagli massicci della spesa pubblica. Il rigore non ha scatenato proteste come in Grecia e Spagna, ma ha avuto comunque un impatto tremendo sulla società lituana.
Se i leader dei paesi indebitati di tutto il mondo vogliono vedere com'è fatta l'austerity, non devono fare altro che venire in questo piccolo paese baltico di 3.3 milioni di abitanti. Alle prese con un debito in folle crescita e lo spettro della bancarotta, la Lituania è stata costratta a tagliare la spesa pubblica del 30 per cento. I salari sono stati ridotti del 20 o del 30 per cento, le pensioni dell'11 per cento. Il primo ministro Andrius Kubilius si è abbassato lo stipendio addirittura del 45 per cento.
Il governo ha fatto di tutto per salvarsi dal tracollo. Ha aumentato le imposte su un gran numero di beni, dagli alcolici ai prodotti farmaceutici. Le tasse sul reddito delle società sono salite dal 15 al 20 per cento. L'imposta sul valore aggiunto è passata dal 18 al 21 per cento. L'effetto sulle finanze statali è stato un risparmio pari al 9 per cento del Pil. Si tratta del più grande aggiustamento fiscale in un'economia sviluppata da quando è cominciata la crisi del credito dopo quello della Lettonia.
L'austerity, però, ha preteso il proprio tributo di sofferenza sociale e personale. I pensionati, messi in ginocchio dal taglio dei loro benefit, in questi giorni affollano le mense popolari. Il tasso di disoccupazione è passato dalla cifra singola al 14 per cento. L'economia del paese, già traballante, ha registrato l'anno passato una contrazione del 15 per cento. C'è da dire che la maggior parte delle misure sono state approvate con il riluttante supporto dei sindacati e dei partiti d'opposizione. Finora la società lituana ha dato prova di grande maturità. Nel paese non c'è ancora traccia del forte sentimento di protesta popolare visto in Gran Bretagna, Spagna e Grecia, sfociato in manifestazioni e scioperi a ripetizione.
Gente seria i lituani
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