Già sui siti Internet si stanno formando gruppi di ultrà, radunati sotto slogan piuttosto scamiciati: «De Falco presidente del consiglio». Sulle bancarelle stanno per arrivare le magliette con la frase del riscatto italiano: «Vada a bordo, *****!». Abbiamo un tale bisogno di aggrapparci a qualche modello presentabile, che scoprirlo proprio nella stessa nottata della figuraccia cosmica scatena entusiasmi popolari. Il nuovo idolo è un oscuro uomo della Marina, arruolato nel 1993. La sera del dannatissimo disastro si è trovato a comandare la sala operativa, con un team di cinque persone. Ci tiene a definirlo «il migliore possibile», con il classico orgoglio del capo militare, anche se si rammarica subito di non essere riuscito a «portare fino in fondo il nostro dovere, quello di salvare tutti».
Ironia del destino, De Falco è di origini napoletane. Il che, è bello dirlo, bilancia nel modo più sublime una certa tentazione di imputare il naufragio ai luoghi comuni della leggerezza partenopea. Sì, popoli padani e popoli di tutto il mondo, che già avete bollato geopoliticamente l’affondamento: il comandante improvvido e facilone è di Sorrento, area partenopea, come no, ma De Falco è di Napoli e allora dobbiamo quanto meno moderare i termini. Diciamo le cose come stanno: in quei minuti di parossismo puro, in quella Capitaneria di Livorno, è entrata virilmente in scena l’altra faccia dell’Italia, quella che esiste e sopravvive in barba ai sarcasmi mondiali, che sa benissimo cosa fare e come muoversi nei momenti difficili, senza temere di usare parole forti e assumersi pesanti responsabilità. Ascoltare le parole di De Falco suscita spontanea ammirazione, perché a parlare e a impartire le indicazioni giuste siamo tutti bravi dopo, quando sappiamo già com’è andata a finire, ma lui, nel cuore di una notte qualunque, schiacciato da circostanze terribili, è riuscito a condurre il gioco in tempo reale, nel modo esemplare, dicendo le cose giuste con il tono giusto, accorato e lucido, determinato e competente: ma soprattutto indignato.
Lo sappiamo tutti: c’è una necessità assoluta, qui e adesso, in questa nazione malmessa, di gente che al proprio posto sappia ancora indignarsi se le cose non vanno. Per troppo tempo abbiamo lasciato mano libera a quelli che si voltano dall’altra parte, che si defilano, che spariscono alla prima difficoltà, facendo finta di niente, pensando solo a se stessi. In quella notte pazzesca si sono trovate di fronte queste due anime italiane, opposte e inconciliabili, in un dialogo impietoso. Purtroppo, date le circostanze, ha prevalso ancora una volta l’impiastro. Ma riascoltando quel dialogo resta almeno la speranza che un giorno, se non già adesso, l’eccezione italiana sia Schettino, non De Falco