PIU' CHE SANTA PAZIENZA... AVREI BISOGNO DI SANTO DOMINGO

L'esito della votazione

La mozione presentata dal centrodestra è stata respinta con 160 voti contrari,
131 favorevoli e un astenuto su un totale di 297 senatori presenti.
 
Le parole d’ordine, tra le file del governo, continuano a essere sempre le stesse: semplicità, rapidità, efficienza.

Aiutare il Paese a rialzare la testa il prima possibile e farlo a partire da norme che aiutino i cittadini
e che non restino intrappolate tra le fitte maglie della burocrazia nostrana.

Peccato però che all’atto pratico i buoni intenti restino tali e far loro seguito siano, piuttosto, soluzioni cervellotiche e inadatte a questi tempi durissimi.

Pensare al solo decreto Rilancio, annunciato da Conte con la solita conferenza stampa glitterata:
non solo le dimensioni sono imponenti, con la bellezza di 206 articoli, ma anche i decreti attuativi a cui rimanda, ben 98,
sono uno sproposito per chi promette invece celerità nella distribuzione di aiuti per rialzare la testa.




Considerando quanto l’esperienza ci ha insegnato in questi anni,
ovvero che è l’attuazione delle riforme a essere faticosa più della loro stessa genesi,
non ci sono certo le premesse per quel portentoso successo di cui parlano i giallorossi.

Alcune delle misure attuative avranno, almeno sulla carta, tempi molto ristretti,
dovendo essere pronte entro un mese dall’entrata in vigore del decreto legge.

Ma come sì sa, tra il dire e il fare c’è spesso un oceano quando si parla delle decisioni prese dai nostri rappresentanti.

Considerando che diversi decreti richiedono il concerto di più dicasteri, per gli uffici legislativi si preannuncia l’ennesima corsa dai tempi tutt’altro che scontati.



Per consentire ai datori di lavoro di presentare la domanda di regolarizzazione dei lavoratori in nero, per esempio,
servirà entro fine maggio un decreto del ministero dell’Interno di concerto con quelli dell’Economia, del Lavoro e dell’Agricoltura.

Il sostegno alle start up innovative avrà invece bisogno di quattro decreti attuativi da parte del Ministero dello Sviluppo Economico,
attesi entro 60 giorni dall’entrata in vigore del decreto legge.

Il piano di rafforzamento patrimoniale per le medie imprese, con fatturato tra i 5 e i 50 milioni di euro,
potrà invece partire soltanto quando saranno adottati due decreti ministeriali da parte del Tesoro.


E ancora: lo stop a saldo e primo acconto dell’Irap è subordinato al fatto che il ministero delle Finanze
ripartisca tra le Regioni le risorse necessarie per sopperire al mancato incasso.

Il bonus vacanze, invece, è legato alla definizione delle modalità attuative da parte del direttore dell’Agenzia delle Entrate.

Anche soltanto a riassumerli così, viene il mal di testa.

E pensare che a creare un simile labirinto burocratico è stato lo stesso governo che,
a parole, continua a promettere semplificazioni e “velocità, velocità, velocità”.
 
Dopo quasi un mese e mezzo dall’approvazione del decreto liquidità,
ancora non si hanno dati ufficiali su quanti soldi sono stati erogati alle piccole imprese
che hanno richiesto il prestito a garanzia statale fino ai 25.000 euro.

La task force liquidità, che comprende anche Mef e Sviluppo economico,
era nata proprio con la funzione di monitorare lo sviluppo del provvedimento per garantire trasparenza ed efficacia.


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Da quando tale meccanismo è stato avviato, l’unico e ultimo comunicato che la squadra ha fornito risale al 12 maggio.

Mentre si aspetta il prossimo, le Associazioni provano a fornire delle stime;
secondo Rosario Trefiletti, del Centro Consumatori Italia, su 5 miliardi di finanziamenti approvati, solo 1 è stato versato.

“La Stampa” riferisce che al fondo di garanzia sono arrivate 238 mila domande, per un importo totale di 5 miliardi di finanziamenti.

Le domande sono approvate dal Mediocredito centrale, ma l’erogazione vera e propria spetta alle singole banche alle quali l’utente chiede il prestito.

Uno dei problemi che sembra rallentare il processo è il ‘rimbalzo di responsabilità’ tra Abi e il fondo.

La prima aspetta la conferma dalla seconda sulla garanzia statale e la seconda sostiene che non ci sia bisogno, il procedimento è automatico.


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Così i giorni passano e aumentano i malcontenti.

All’interno della task force, una fonte riferisce:

“Non sappiamo quanti soldi sono stati versati, nè quanti giorni ci vogliono per completare l’iter
dal momento in cui un cliente chiede il prestito a quando finalmente lo incassa.”

Questo non è l’unico ostacolo incontrato che riguarda il decreto liquidità.

Fin dall’inizio la situazione si è rivelata complessa e confusa.

L’eccessiva burocrazia non è mai mancata anche in questi tempi di emergenza.

Una fonte riferisce:

“Ci abbiamo messo un paio di settimane solo per interpretare le norme… È stato molto complicato cominciare a lavorare.”

Ma l’Italia non ha nulla di cui allarmarsi, i tempi dovrebbero accelerarsi ora che il presidente Conte e il ministro Gualtieri
hanno sollecitato gli intermediari con un appello che ricorda molto lo stile di quello che invocava “l’atto d’amore”.

E in mezzo a questa totale improvvisazione, nel frattempo i soldi chiesti con garanzia dello Stato da FIAT marciano spediti e senza intoppi.

Nel paese dei ‘gattopardi giallorossi’ cambia tutto per non cambiare nulla.
 
Sulla vicenda Fca c’è da chiarire molti punti.

Anche se ormai è pressoché evidente a tutti che l’ex Fiat sta facendo il solito gioco.

Carlo Di Foggia su Il Fatto Quotidiano ha raccontato la versione (finora inedita) del Tesoro,
il qualche ha dovuto chinare il capo agli Agnelli/Elkann e assecondare il prestito.

“Dopo giorni di polemiche – si legge nell’articolo – al Tesoro la frase se la lasciano sfuggire:

‘Il rischio era di perdere del tutto Fiat, fornire l’alibi per un ridimensionamento degli impianti e l’addio agli investimenti promessi’.

Riassume il senso di un’operazione che appare un regalo al colosso con sede legale in Olanda e fiscale nel Regno Unito
e alla olandese Exor, cassaforte degli Agnelli, ma che al dicastero guidato da Roberto Gualtieri difendono con forza,
definendola una, per così dire, scelta di politica industriale”.


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L’unica a disposizione, a quanto pare, di fronte a uno scenario drammatico, vista la tappa finale:

“Fra 8 mesi ci sarà la fusione con Peugeot, il punto è far restare in Italia almeno quel che ora c’è, vista anche la crisi enorme che attraverserà il settore”.

Insomma, sfruttare la garanzia pubblica sui debiti come arma, l’unica, in un sistema – il mercato unico europeo-
che lascia gli Stati senza munizioni per evitare fuga all’estero e delocalizzazioni.

Ricorda Di Foggia: “Fca Italia, cioè Fiat-Chrysler, chiederà alla pubblica Sace – come previsto dal “decreto Liquidità”, previa autorizzazione del Tesoro –
la garanzia statale sull’80% di un credito da 6,3 miliardi erogato da Intesa Sanpaolo da usare per le attività italiane.

Così risparmierà centinaia di milioni sui costi di finanziamento”.


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La trattativa con Fca va avanti da settimane.

Solo ieri il colosso ha girato a Intesa la richiesta formale di garanzia, che a sua volta la banca girerà a Sace.

“È una somma ingente e per autorizzarla servirà un decreto del ministro, che è già pronto, negoziato da settimane con gli uomini Fca,
insieme a giuristi e tecnici del ministero dello Sviluppo guidato dal 5 Stelle Stefano Patuanelli.
È su quel testo che al Tesoro insistono per spiegare il senso di un provvedimento, il decreto Liquidità,
che sembrava scritto fin dall’inizio per la fu Fiat (balzata in Borsa dell’8% il giorno dell’approvazione).
Gualtieri in serata assicura che nel decreto ministeriale sono previsti almeno tre impegni stringenti, pena la perdita della garanzia”.

Negli anni è sempre stato così con Fiat, salvo poi non vedere realizzati tutti i risultati.

Il primo, che a cascata si tira dietro gli altri, è
“l’impegno a fare gli investimenti promessi nel piano industriale: 5 miliardi annunciati a novembre 2018 e mai davvero partiti,
l’ultimo di una serie di annunci dell’ex Lingotto, già ai tempi di Sergio Marchionne, rimasti lettera morta
e a cui nessuno ha mai davvero creduto: oggi, implicitamente, lo ammette anche il Tesoro,
dove rivendicano di aver ottenuto un investimento aggiuntivo (alcune centinaia di milioni di euro su uno stabilimento nel Sud).

Il secondo impegno è che Fca possa ridiscutere i livelli occupazionali in Italia
(dove impiega 55 mila operai nei diversi stabilimenti falcidiati dalla cassa integrazione) solo con l’ok dei sindacati.

Il terzo è a non delocalizzare altre produzioni”.

Impegni segnati nel decreto del ministero e che spingono Roberto Gualtieri a svelare quello che realmente c’è dietro:
aver in qualche modo inchiodato Fca a una serie di impegni con l’Italia che invece Fca non voleva rispettare,
specie dopo l’annuncio della fusione con Psa-Peugeot

. “La realtà – riportano alcune fonti al Fatto – è che se ne volevano andare. Solo così possiamo assicurarci che rispettino i patti”.

Intanto, nel 2021 Fca potrà staccarsi il dividendo straordinario da 5,5 miliardi – più o meno equivalenti alla liquidità garantita dallo Stato –
di cui 1,5 andrà alla Exor degli Agnelli, completamente esentasse per il fisco italiano.
 
Rispondendo alle parole di George Soros l’economista tedesco Hans Olaf Henkel
ha affermato che l’Italia ha bisogno di solidarietà,
ma la migliore possibile è lasciarla uscire dall’Euro e permetterle di passare ad una “Nuova Lira”
.

Il miliardario e controverso filantropo Soros aveva affermato che l’Europa doveva mostrare la sua solidarietà all’Italia
ed i paesi più solidi avrebbero dovuto agire in modo diretto, inviando sovvenzioni al’Italia.

“Cos’hanno a che fare le decisioni prese dai politici italiani per il proprio sistema sanitario o le loro (tarde) decisioni di chiusura della Lombardia?”

“La ricchezza media dei cittadini italiani è doppia rispetto a quella dei tedeschi, per esempio.
Quindi prima che politici come Salvini o Conte o chiunque altro chieda dei soldi agli altri paesi
per mitigare i risultati economici delle proprie decisioni dovrebbero chiedere la solidarietà ai propri ricchi”:


Queste parole fanno il paio con quelle di Mafred Weber del Partito Popolare Europeo, dove milita anche Forza Italia,
che ha affermato che Italia e Spagna dovrebbero essere sottoposti a stretti controlli affinché non si spingano a fare dei massicci debiti pubblici.

Insomma la solidarietà europea, alla fine è una specie di enorme e gigantesca gabbia
nella quale alcuni paesi si arrogano il potere di essere i Kapò che tengono sotto controllo gli altri.


Hans Olaf Henkel non è un personaggio secondario nella prospettiva tedesca:
è stato il presidente della Confidustria locale, ex presidente di IBM in Europa e Medio Oriente,
ex membro del CDA di Bank of America e membro ancora dei comitati di sorveglianza di multinazionali tedesche, da Bayer AG a Continental AG.

Il suo consiglio è ovvio:

l’uscita dall’Euro permetterebbe al risparmio italiano di essere mobilitato a favore della ripresa italiana, non di altri,
tramite lo strumento legittimo del pagamento di interessi adeguati.

Comunque le sue parole riguardante l’Italia sono per lo meno ingenerose:
la Germania non ha pagato un centesimo all’Italia, anzi è più probabile sia avvenuto viceversa.


Tanto, non ci daranno nulla…
 
Era il 1762 quando Jean-Jacques Rousseau dava alle stampe il suo “contratto sociale“:

la sovranità appartiene non al sovrano, ma al popolo, una somma di individui che si fa comunità,
una sola comunità composta da individui diversi tra loro. Il sovrano, che non è messo in discussione, regna secondo le regole della comunità.

Tratto dall’Opera: «Trovare una forma di associazione che difenda e protegga, mediante tutta la forza comune,
la persona e i beni di ciascun associato e per mezzo della quale ognuno, unendosi a tutti,
non obbedisca tuttavia che a se stesso e rimanga libero come prima
».

All’interno dello Stato democratico, la Libertà al centro di tutto.


Tutto questo era una bestemmia per l’epoca.

Re Luigi XV ne impedì la diffusione, ma l’opera circolò ugualmente.

Improponibili e blasfeme le teorie del filosofo svizzero in quell’epoca.

L’Europa intera si reggeva, da circa mille anni, sul sistema feudale,
marcato dalla centralità del Re nella forma di stato della monarchia assoluta (“L’état, c’est moi“).

Eppure, dopo appena ventisette anni, il “contratto sociale” divenne il fondamento teorico dei rivoluzionari francesi.

Su quell’assetto e su quella architettura disegnate da Rousseau
si fondano ancora oggi i sistemi costituzionali degli Stati del mondo occidentale.

Fino a ieri.

Da un lato i processi democratici e decisionali sono stati trasferiti dalle comunità nazionali alla non-comunità sovranazionale della Ue,
superando l’originaria concezione del rapporto diretto tra rappresentato e rappresentanti.

Le assembleee rappresentative dei popoli di ciascuna nazione, nelle quali risiedeva la titolarità della funzione legislativa,
sono state esautorate quasi del tutto, trasferendo i processi decisionali verso organismi sovranazionali non eletti.

La rappresentanza dei popoli è stata così relegata all’interno di una assemblea elettiva – anch’essa sovranazionale – priva della piena funzione legislativa.


Questa la situazione.

Oggi v’è un elemento nuovo.

Con uno sguardo sul nostro Paese, l’attuale governo è frutto di un sovvertimento della volontà popolare .

Un primo aspetto di usurpazione del potere politico, avvenuto in modo legale – senza dubbio – ma senza alcun rispetto del principio democratico.

Può esistere legalità costituzionale senza il rispetto del principio democratico, indipendentemente dalla forma di governo?


Il dubbio resta ed è lacerante.

La pandemia, per quanto riguarda il nostro Paese, ha solo accelerato il processo di dissoluzione del sistema democratico, facendone emergere tutte le ferite.

Un totale scollamento tra gli interessi del popolo (in cui risiede l’interesse della comunità, quindi della nazione)
e quelli dei rappresentanti e governanti, che già da decenni non rispondono più al popolo ma agli organismi sovranazionali.


In buona sostanza, il “contratto sociale” è stato esautorato.

Nemmeno i diritti fondamentali, tra cui quello inviolabile della Libertà, sono riusciti a mantenere la loro solidità.

È bastato un virus perché il popolo, che ormai ha dimenticato il valore della Libertà, dandola per scontata,
si è presto mostrato disponibile – addirittura con formule di giubilo – a rinunciare alla Libertà.

Di questo passo, sarà felice di farsi impiantare anche un microchip sottopelle.

Tanto, è per il bene di tutti si dirà.

E poi, se non si ha nulla da nascondere, che problema c’è?

È la stessa vulgata di qualche anno fa sulle intercettazioni telefoniche: se non hai nulla da nascondere, non hai alcuna paura di essere ascoltato.

Il livello di civiltà giuridica è ormai scaduto definitivamente.

La Libertà ce l’hai dentro. Se non ce l’hai, nessuno te la può dare.

Il “contratto sociale“, che è sopravvissuto 250 anni circa, è morto.

E con esso la Libertà, che s’è trascinata nella tomba il sistema democratico.
 
La crisi economica che avanza sta producendo degli effetti sinora inediti sui titoli di stato.

Ad esempio l’emissione degli ultimi titoli a tre anni emessi dal Cancelliere dello Scacchiere
(il ministro del tesoro del Regno Unito anche se ci sarebbe una lunga spiegazione da fare sulla differenza fra Primo e Secondo Lord del Tesoro..)
hanno avuto un rendimento del MENO 0,03%.

Per la prima volta nel regno Unito un titolo di Stato ha presentato un rendimento negativo.

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Nel 2009 questi titoli rendevano oltre il 2 %.

Ora siamo al rendimento negativo.

Questo nonostante un budget statale incredibilmente generoso nel quale sono previsti 25 mila sterline per ogni azienda, a fondo perduto,
ed il pagamento diretto dallo stato dei dipendenti messi in aspettativa non retribuita, il tutto per un impulso pari al 4,5% subito,
a cui si sommeranno della azioni future.

Tutto questo è stato accompagnato da un intervento per 700 miliardi di sterline da parte della BoE.

L’intervento della Banca Centrale, accompagnato anche con un ribasso del tasso di riferimento allo 0,1%,
ha fatto si che i tassi andassero in area rossa per la prima volta nella storia del Regno Unito.

Molto importanti anche le aspettative inflazionistiche, con l’indice dei prezzi al consumo al di sotto dell’1%
e forti aspettative deflazionistiche dovute soprattutto a forti cali attesi nell’energia:

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Il debito quindi è un problema ?

NO SE SI HA LA POTESTA MONETARIA E VI E’ COLLABORAZIONE FRA TESORO E BANCA CENTRALE.

Il regno Unito, con la loro moneta, riescono a fornire importanti ed immediati aiuti economici alle proprie aziende
e GLI INTERESSI SONO NEGATIVI ANCHE DAL PUNTO DI VISTA NOMINALE

E noi abbiamo il super -euro e sembriamo in grado di fare nulla.

Capite ora la differenza?
 
Era il 1762 quando Jean-Jacques Rousseau dava alle stampe il suo “contratto sociale“:

la sovranità appartiene non al sovrano, ma al popolo, una somma di individui che si fa comunità,
una sola comunità composta da individui diversi tra loro. Il sovrano, che non è messo in discussione, regna secondo le regole della comunità.
....

Su quell’assetto e su quella architettura disegnate da Rousseau
si fondano ancora oggi i sistemi costituzionali degli Stati del mondo occidentale.

Fino a ieri.

Da un lato i processi democratici e decisionali sono stati trasferiti dalle comunità nazionali alla non-comunità sovranazionale della Ue,
superando l’originaria concezione del rapporto diretto tra rappresentato e rappresentanti.

Le assembleee rappresentative dei popoli di ciascuna nazione, nelle quali risiedeva la titolarità della funzione legislativa,
sono state esautorate quasi del tutto, trasferendo i processi decisionali verso organismi sovranazionali non eletti.

La rappresentanza dei popoli è stata così relegata all’interno di una assemblea elettiva – anch’essa sovranazionale – priva della piena funzione legislativa.
...

La pandemia, per quanto riguarda il nostro Paese, ha solo accelerato il processo di dissoluzione del sistema democratico, facendone emergere tutte le ferite.

Un totale scollamento tra gli interessi del popolo (in cui risiede l’interesse della comunità, quindi della nazione)
e quelli dei rappresentanti e governanti, che già da decenni non rispondono più al popolo ma agli organismi sovranazionali.


In buona sostanza, il “contratto sociale” è stato esautorato.

Nemmeno i diritti fondamentali, tra cui quello inviolabile della Libertà, sono riusciti a mantenere la loro solidità.
....

Il livello di civiltà giuridica è ormai scaduto definitivamente.

La Libertà ce l’hai dentro. Se non ce l’hai, nessuno te la può dare.

Il “contratto sociale“, che è sopravvissuto 250 anni circa, è morto.

E con esso la Libertà, che s’è trascinata nella tomba il sistema democratico.

Orwell e Hillary Clinton.

Ovvero IL NUOVO ORDINE MONDIALE, dove un governo lontanissimo dai cittadini-elettori decide delle loro vite e controlla puntigliosamente la loro obbedienza.

E il popolo social-democristiano abbocca, ignaro e imbelle.
Approva e ... vota. :wall:
 
Lecco sfida Madrid e Marsiglia.

Sabato 23 maggio, in mattinata, passeranno dal centro cittadino ben 3.200 pecore dei pastori Galbusera,
dinastia (alla quinta generazione) di pastori brianzoli doc.

Sono diretti ai pascoli della Valsassina, come succede ogni anno al ritorno della bella stagione.

Ma la transumanza 2020 ha un qualcosa in più che la renderà memorabile:

è la prima volta, infatti, che i tre greggi dei Galbusera la effettueranno insieme, regalando così alla città uno spettacolo da non perdere.
 
Ogni atto legislativo del Governo Conte si rivela un pasticcio che, quando va bene, è inutile, quando va male è dannoso.

Perfino il famoso “Decreto Liquidità” che avrebbe dovuto fornire alle aziende le risorse necessarie a sopravvivere.

Vediamo cosa è successo: il decreto liquidità prevede la possibilità di erogare dei prestiti,
anche di notevole entità con parziale garanzia, 80%, da parte dello Stato.

In cambio però richiede alle società che godono di questi finanziamenti di non distribuire utili o acquistare azioni proprie.

Vediamo cosa dice, a proposito, l’articolo 1, comma 2, lettera i del decreto 8/4/2020:

i) l'impresa che beneficia della garanzia assume l'impegno che
essa, nonche' ogni altra impresa con sede in Italia che faccia parte
del medesimo gruppo cui la prima appartiene, non approvi la
distribuzione di dividendi o il riacquisto di azioni nel corso del 2020;

Ora si tratta di una norma giusta, per evitare, come è successo con la crisi del 2008 negli USA,
che le società prendano gli aiuti e li usino per dare utili immediati agli azionisti.

Certo, sarebbe stata più completa se avesse previsto il divieto di superbonus ai manager
ed avesse contenuto una limitazione alla distribuzione degli utili anche al 2021, ma meglio di niente.


Però cosa accade se la società italiana è controllata da una holding straniera?

Anche Dagospia ha notato il problema, come molti analisti.

Può una norma del genere estendere la propria efficacia sulla holding estera?

Questa può o meno distribuire utili o effettuare operazioni di acquisto azioni proprie?


Se la risposta è negativa, allora le aziende con proprietà esplicita italiana vengono punite rispetto a quelle estere.

Se è positiva c’è un problema di controllo dell’applicazione di questa norma:
come si può controllare che una holding estera non quotata, non distribuisca utili?

Bisogna obbligare ad una comunicazione ad hoc?

Ricordiamo che le holding estere, con sede nei Paesi Bassi, Lussemburgo, Irlanda, etc,
sono il principale strumento di elusione fiscale e si calcola che le perdite annue
per l'italia superino i 4 miliardi solo per l’elusione delle imposte sui redditi societari.


Una norma così superficiale ed incompleta viene a favorire le società con holding estera rispetto a quelle con proprietà italiana,
perchè le prime potranno distribuire utili, in modo diretto o indiretto, senza limitazioni.

Già il gruppo FCA, chiaro esempio di holding estera, ha ottenuto 6,4 miliardi di prestito.

Così il governo premia chi elude le imposte e punisce chi le paga regolarmente,

salvo poi magari andare a caccia dell’idraulico che non emette fattura…..
 

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