La prostituzione divenne presto «tollerata» e regolamentata ovunque, persino nello Stato Pontificio. Cavour introdusse nel Regno di Sardegna il «meretricio di Stato» lungo il percorso delle truppe di napoleoniche nella seconda Guerra di Indipendenza, sul modello di quanto già esisteva in Francia. Legge poi estesa dopo l'Unità in tutta Italia. In essa lo Stato fissava prezzi e modalità a seconda della categoria e in base al mutato costo della vita. Per questo divennero subito molto popolari due ministri degli Interni: Urbano Rattazzi, fissando in 20 minuti il tempo di una prestazione «base», e Giovanni Nicotera, dimezzando il prezzo di una «semplice» nelle case di terza classe, con ulteriori sconti per soldati e sottufficiali. Il fascismo non fece altro che proseguire su questa linea emanando nel 1931 un Testo Unico con cui introduceva alcune restrizioni e obbligava le prostitute a farsi schedare in questura e a sottoporsi a periodici controlli sanitari.
Nel dopo guerra lo scenario cambiò completamente. La Francia fu la prima a «chiudere» nel 1946, ben presto seguita da altre Nazioni. Negli anni Cinquanta in Italia Lina Merlin iniziò la sua crociata che la sottopose a continui lazzi e sberleffi da parte dei suoi oppositori politici, ma anche molti compagni di partito. «Ma quando xe che la more?» fu sentito esclamare Franco Bellinazzo, funzionario della federazione di Rovigo. Tra i più strenui oppositori ci fu anche Indro Montanelli che nel 1956 pubblico «Addio, Wanda!», nel quale scriveva: «In Italia un colpo di piccone alle case chiuse fa crollare l'intero edificio, basato su tre fondamentali puntelli, la Fede cattolica, la Patria e la Famiglia. Perché era nei cosiddetti postriboli che queste tre istituzioni trovavano la più sicura garanzia». Ma la caparbia senatrice l'ebbe vinta e proprio alla fine della sua seconda legislatura, venne approvata la legge 75 di cui era prima firmataria. Con essa si dava tempo sei mesi per chiudere le case rimaste in attività, dal 1948 del resto il ministero degli Interni aveva smesso di concedere nuove licenze, e veniva introdotto il reato di sfruttamento.
La cosa gettò nel più cupo sconforto una parte dell'opinione pubblica e la questione si riflesse in molte pellicole d'epoca come appunto «Arrangiatevi», in cui Totò segue il genero Peppino di Filippo che, non avendo altre risorse, è costretto a portare la famiglia a vivere in una ex casa di tolleranza per questo affittata a un prezzo irrisorio. Con conseguente catena degli equivoci fino a quando appunto Totò spalanca le finestre e inizia a urlare a una speranzosa folla di soldatini, tradizionali e affezionati clienti dei bordelli: «E lo volete un consiglio, militari e civili, piantiamola con queste nostalgie! Oltre che incivile, è inutile! Oramai li hanno chiusi! A voi italiani è rimasto questo chiodo fisso, qui. Toglietevelo! Oramai li hanno chiusi! Arrangiatevi!».
Ma la nostalgia non passò tanto presto visto e nel 1965 Giancarlo Fusco pubblicò «Quando l'Italia tollerava» con racconti e testimonianze pieni di rimpianto di Alberto Bevilacqua, Giovanni Comisso, Dino Buzzati, Luigi Silori, Mario Soldati, Ercole Patti, Cesare Zavattini e Vincenzo Talarico. Un dibattito mai completamente chiuso, visto che in Italia si torna a parlare con insistenza di «riaprire» le case come hanno già fatto altri Paesi europei. Anche perché secondo l'ultima indagine della commissione Affari sociali della Camera, in Italia si prostituirebbero dalle 50 alle 70mila donne con 9 milioni di clienti. Almeno 25mila sarebbero immigrate, 2mile minorenni e altrettante ridotte in schiavitù e costrette a prostituirsi. Il 65 per cento lavora in strada, il 30 in albergo, il resto in case private. Per questo in Europa occidentale sono rimasti paesi abolizionisti, divieto di aprire bordelli ma non prostituirsi, oltre all'Italia Belgio, Danimarca, Finlandia, Francia, Irlanda, Portogallo e Regno Unito menre hanno «riaperto» i casini, quando non li hanno mai chiusi, Olanda e Germania, famose per le prostitute in vetrine nei quartieri a luci rosse, Austria, Svizzera, Grecia e Spagna. Dove, evidentemente, non hanno nessuna voglia di «arrangiarsi».